OTTAVA e OTTAVARIO
. La parola viene da octava (dies; cfr. dominica dies), e designa o il giorno ottavo dopo una festa solenne (anch'esso festivo nella liturgia romana), ovvero tutti gli otto giorni successivi alla festa.
Non pare di derivazione giudaica, né se ne hanno segni certi avanti l'epoca costantiniana (cfr. Sozomeno, II, 26, in Patrol. Graeca, LXVII, col. 1008). Dal sec. IV sino all'epoca carolingia non si celebrarono ottave se non della Pasqua, della Pentecoste, del Natale, della dedicazione della chiesa. Già Amalario (Patrol. Lat., CV, col. 1228) fa menzione di un'ottava dei Ss. Pietro e Paolo celebrata da varie chiese; ma è da ricordare anche la commemorazione, dopo otto giorni, della festività di un dato santo: p. es. festum S. Agnetis secundo. Col sec. XIII il numero delle ottave si estese ai santi, e si moltiplicò. Dopo il concilio di Trento, nella riforma dei libri liturgici, si regolò anche la celebrazione delle ottave; e sempre, in seguito, tutte le volte che si operò una riforma liturgica di qualche valore, per es. ai tempi di Pio X.
Col nome ottavario (esattamente sarebbe Octavarium Romanum) s'intende un libro non propriamente liturgico né d'obbligo, pubblicato nel 1628 la prima volta e poi spesso in seguito, nel quale si contengono le lezioni del 2° e 3° notturno (v. breviario), da recitare nelle ottave delle feste; ma nell'uso odierno dei fedeli il termine indica anche una serie di pratiche di pietà che si protrae per otto giorni: celebre l'ottavario dei Morti, in suffragio appunto delle anime dei defunti.