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IOSELIANI, Otar Davidovič

di Altiero Scicchitano - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Ioseliani, Otar Davidovič

Altiero Scicchitano

Regista cinematografico georgiano, nato a Tbilisi il 2 febbraio 1934. I. è un malinconico analista dei comportamenti umani, che vengono considerati alla stregua di fenomeni naturali e quindi descritti con precisione musicale e matematica. La passione giovanile per la musica e le scienze non lo ha mai abbandonato; la sua opera è improntata a strutture analoghe alla sinfonia o alla sonata e a una continua ricerca di precisione formale spinta all'estremo e mai fine a sé stessa. Gli stessi rapporti tra personaggi sono segnati da confronti tra vuoti e pieni, silenzio e suoni, come in una partitura musicale.Studiò pianoforte al conservatorio di Tbilisi dal 1944 al 1953. Trasferitosi a Mosca, si iscrisse alla facoltà di Matematica, che frequentò per due anni (1953-1955), per poi abbandonarla e iscriversi al VGIK, dove ebbe come insegnante Aleksandr P. Dovženko. Diplomatosi nel 1961, realizzò il suo primo mediometraggio, Aprel′ (1962, Aprile), che non ottenne l'autorizzazione a circolare. Con i film seguenti ‒ Listopad (1968, La caduta delle foglie), Žil pevčij drozd (1971; C'era una volta un merlo canterino), Pastoral′ (1976, Pastorale), i problemi con la censura sovietica si aggravarono al punto da costringerlo a cercare finanziamenti in Francia. Iniziò allora una nuova fase creativa, con Les favoris de la Lune (1984; I favoriti della Luna), Et la lumière fut (1989; Un incendio visto da lontano), ambedue Premi speciali della giuria alla Mostra del cinema di Venezia, La chasse aux papillons (1992; Caccia alle farfalle), Brigands ‒ Chapitre VII (1996; Briganti), grazie al quale ha ottenuto per la terza volta il Gran premio speciale della giuria a Venezia, Adieu, plancher des vaches (1999; Addio terraferma) e Lundi matin (2002; Lunedì mattina), Orso d'argento per la regia al festival di Berlino. I. è anche un raffinato documentarista televisivo (Cugun, 1965; Euzkadi, 1982; Un petit monastère en Toscane, 1988; Seule, Géorgie, 1994). I suoi film rifiutano apertamente la trama romanzesca e la psicologia, per interessarsi unicamente alle azioni di personaggi osservati a distanza da una macchina da presa in costante movimento e sempre pronta ad abbandonarli per seguire un altro evento, e un altro ancora. Il montaggio secco elimina il tessuto connettivo tra i piani-sequenza e spezza la continuità narrativa, reputata menzognera. Per I. conta solo la realtà fenomenica, intesa come descrizione degli atti e delle loro conseguenze, e non i moventi, che devono restare oscuri, così come l'educazione impone di non spiare l'intimità dell'altro attraverso il buco della serratura. In tal senso, Les favoris de la Lune (ossia i ladri secondo Falstaff) è il suo film più significativo. Servendosi di un esile filo narrativo ‒ una collezione di porcellane del 18° sec., che viaggia attraverso il tempo passando di mano in mano e frantumandosi a poco a poco, finché non rimarrà che un piattino sbrecciato destinato a diventare un posacenere; un ritratto femminile ottocentesco che va riducendosi come una pelle di zigrino in seguito a compravendite, furti e traslochi ‒ I. organizza un girotondo di personaggi, tutti dediti a rubare, in senso reale o metaforico. Se la circolazione di esseri e cose sembra frutto di criteri astratti ‒ le vite si intersecano casualmente, come le molecole di Braun ‒ il movimento, figura chiave dell'autore, è segnato da una visione accorata e poetica dell'esistenza. Essa è sottomessa alla legge dell'entropia, che nel terzo principio della termodinamica prevede la morte termica dell'universo, e di cui l'inevitabile logorio di oggetti (Les favoris de la Lune), sentimenti (Aprel′) e usanze (Et la lumière fut) sono l'indizio e le vittime. A fronte di tale legge naturale, guardata al contempo con ironia e serena disperazione, ossia con il disincanto dell'Ecclesiaste, Brigands declina, attraverso il tempo e lo spazio, la capacità dell'uomo a commettere il male, in modo quasi ludico, ingenuo e insieme spaventosamente inventivo, grazie a un progresso tecnologico che fornisce continui e sempre rinnovati strumenti di tortura. La ferocia e la stoltezza umane sono delle costanti; a esse non si può opporre che la fuga, nell'alcol (come fece il regista e amico Boris Barnet, uno dei principali modelli di I. assieme a Jacques Tati e Jean Vigo) e in un ozioso nomadismo, fantasticato nella quadriglia a cui è assimilabile la struttura di Adieu, plancheur de vaches, e solo momentaneamente identificato nella Venezia di Lundi matin. Nei suoi contes philosophiques I. risparmia infatti solo i nullafacenti (come il protagonista parzialmente autobiografico di Žil pevčij drozd, che alla burocratizzazione sovietica oppone una sorda e forse inconsapevole resistenza, dimenticando gli appuntamenti, fermandosi a chiacchierare per strada con i passanti, e che finirà travolto da un'automobile mentre si volta a guardare due fanciulle) e le compagnie di barboni: nella sua opera bere insieme vino rosso è quasi sempre sinonimo di generosità, se non di spiritualità.

I. è un regista caratterizzato da una meticolosità di costruzione (al posto della tradizionale sceneggiatura si serve di storyboard estremamente dettagliati, tavole di pura geometria dove curve e frecce indicano direzione e movimento dei personaggi e della macchina da presa) e da un profondo e personalissimo senso etico. Il rifiuto della psicologia diventa in tal modo una forma estrema di rispetto verso i personaggi (incarnati da attori non professionisti e amici), che I. guarda con affetto e soprattutto 'da lontano' (non a caso il primo piano è una figura pressoché assente) per non essere tentato di disvelarne i segreti.

Bibliografia

E. Carrère, Du rythme naît l'émotion, in "Positif", 1985, 287, pp. 10-12; A. Scicchitano, Ladri, briganti e maleducati. Conversazione con Otar Ioseliani, in "Cinecritica", 1997, 7, pp. 32-53; Addio terraferma. Ioseliani secondo Ioseliani, a cura di L. Barcaroli, C. Hintermann, D. Villa, Milano 1999.

Vedi anche
Nikita Sergeevič Michalkov Michalkov ‹m'ikℎalkòf›, Nikita Sergeevič. - Regista e attore cinematografico russo (n. Mosca 1945). Appartenente a una nota famiglia di intellettuali, studiò, come il fratello maggiore Andrej (v.), presso l'Istituto statale di cinematografia, diplomandosi in regia nel 1971. Si segnalò presto come uno ... Dardenne, Jean-Pierre e Luc Dardenne ‹dardèn›, Jean-Pierre e Luc. - Registi, sceneggiatori e produttori belgi (Jean-Pierre: n. Angis, Liegi, 1951; Luc: n. Awirs, Liegi, 1954). Già dalla fine degli anni Settanta sono stati autori di documentari (Le chant du rossignol, 1978; Lorsque le bateau de Léon descendit la Meuse pour la première ... Zanussi, Krzysztof Zanussi ‹ʃanùš'i›, Krzysztof. - Regista cinematografico e televisivo (n. Varsavia 1939). Considerato il caposcuola della "terza generazione" di cineasti polacchi, dopo alcuni film per la televisione ha realizzato nel 1968 Struktura krysztalu (La struttura di cristallo). Il dissidio tra passato e presente, ... Michel Piccoli Piccoli ‹pikolì›, Michel. - Attore francese (n. Parigi 1925). Ha esordito nei piccoli teatri parigini della rive gauche, affermandosi per il suo stile di recitazione asciutto e netto (Célestine di F. de Rojas, 1945; Androclès et le lion di G. B. Shaw, 1952; Phèdre di J. Racine, 1957). Nel cinema, dove ...
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Vocabolario
otària
otaria otària s. f. [lat. scient. Otaria, dal gr. ὠτάριον, dim. di οὖς ὠτός «orecchio»]. – Nome di alcune specie della famiglia otaridi, quali l’o. orsina (Callorhinus ursinus), l’o. di Steller (Eumetopias jubatus), l’o. della California...
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