LICINI, Osvaldo
Nacque il 22 marzo 1894 da Vincenzo e da Amedea Corazza a Monte Vidon Corrado, nelle Marche, dove trascorse l'infanzia con il nonno Filippo, essendosi la sua famiglia trasferita, già nel 1895, a Parigi, dove il padre, abile disegnatore e cromolitografo, iniziò a lavorare come cartellonista; mentre la madre diresse un atelier di moda e la sorella, Esmé, fu ballerina all'Opéra.
A soli quattordici anni il L. si iscrisse all'Accademia di belle arti di Bologna, che frequentò fino al 1914, quando conseguì il diploma di pittura.
In Accademia furono suoi compagni G. Morandi, G. Vespignani, M. Bacchelli, S. Pozzati e, dal 1912, M. Tozzi. Avido raccoglitore di notizie e materiali sugli artisti francesi e la cultura d'Oltralpe, che si andava diffondendo in Italia, il L. trascorreva le serate discutendo con gli amici di "Soffici e della "Voce", di Cézanne e degli Impressionisti" (Solmi, p. 22).
Con Morandi aderì al futurismo partecipando ad alcune serate del movimento a Modena nel 1913 e, successivamente, a Bologna e a Firenze. Pur definendosi pittore, il L. si interessò di letteratura d'avanguardia e sperimentò direttamente le sue capacità creative nella scrittura. La passione per la poesia e la pratica poetica lo accompagnarono, infatti, per tutta la vita. Durante l'estate del 1913 a Monte Vidon Corrado il L. scrisse i Racconti di Bruto, cinque brevi storie che hanno come protagonisti, oltre al cinico Bruto-Licini, Giorgio e Giacomo, suoi compagni di studi.
Archetipo autobiografico della ribellione, il Bruto liciniano è una figura sospesa tra la provocazione avanguardistica e il nonsense surreale ma, soprattutto, rappresenta la prima apparizione del tema dell'erranza e del flâneur, che, attraversando come topos della condizione poetica moderna la cultura europea tra Otto e Novecento, avrà una rilevanza centrale nella poetica dell'artista. Il L. inviò al musicista F. Balilla Pratella il primo racconto, intitolato La passeggiata sentimentale, chiedendogli di intercedere per la sua pubblicazione nella rivista del futurismo fiorentino, Lacerba, diretta da G. Papini e A. Soffici. La richiesta non ebbe esito positivo, probabilmente perché il gusto coprofilo, l'intonazione scurrile e l'eccessiva e gratuita crudeltà del testo dovettero apparire troppo dirompenti per un periodico che, al di là delle affermazioni estremiste, cercava comunque un ampio consenso.
Nel marzo del 1914 il L. partecipò per la prima volta a una esposizione - mostra dei "secessionisti" fu chiamata all'epoca - con Morandi, Pozzati, Vespignani e Bacchelli nei sotterranei dell'hotel Baglioni di Bologna, presenziata da F.T. Marinetti, C. Carrà, U. Boccioni e L. Russolo. La partecipazione del pubblico, incuriosito dalla novità, fu molto ampia tanto che i giovani artisti poterono usufruire degli inaspettati guadagni derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso.
Scarse tracce permangono della produzione del L. di questi anni anche a causa delle distruzioni volontarie e delle cancellazioni che subirono in epoca successiva i quadri figurativi. L'Autoritratto (1913: Livorno, collezione Licini) e il ritratto di Giacomo Vespignani (1913), che con alcuni piccoli paesaggi "arabeschi" - come li definì l'artista - furono esposti a Bologna, sembrano, comunque, suggerire una consonanza formale con il coevo goticismo dei ritratti di A. Derain nell'impianto verticale dell'opera, nel ritmo segmentato dell'immagine, nel colore scabro, asciutto, al limite del monocromo.
Negli anni precedenti al 1915 è probabile che il L. si sia recato a Parigi a trovare la famiglia, mentre sono documentati i suoi soggiorni a Firenze dove risiedevano alcuni suoi parenti e dove, alla fine del 1914, il L. decise di trasferirsi definitivamente. Qui seguì i corsi di figura e di scultura, potendo così approfondire l'interesse manifestato fin dall'infanzia, e aprì il suo primo studio in via Landino. Influenzato dalla propaganda interventista e seguendo l'esempio di altri artisti e letterati amati e ammirati come Boccioni, A. Sant'Elia, G. Apollinaire, il L. decise di arruolarsi per la guerra. Durante il conflitto, ferito gravemente a una gamba, fu ricoverato all'ospedale militare S. Gallo di Firenze dove conobbe un'infermiera volontaria della Croce rossa, la svizzera Beatrice Müller, con la quale visse una breve e appassionata relazione e dalla quale ebbe un figlio, Paolo. Finita quella relazione, il L. decise, nel 1917, di trascorrere la convalescenza presso la sorella Esmé, a Parigi, dove avrebbe potuto realizzare pienamente la sua vocazione a una cultura di respiro europeo. A Parigi, al café de la Rotonde, il L. conobbe P. Picasso, J. Cocteau, B. Cendrars, O. Ortiz, M. Kisling, il mercante L. Zborowski, che gli acquistò i primi quadri, e altri ancora, tra cui A. Modigliani, del quale divenne amico.
Quella con Modigliani fu un'amicizia notturna, trascorsa nei caffè clandestini aperti tutta la notte nonostante il coprifuoco. Parlavano "dell'Italia, di Venezia, di Lautréamont, del cubismo, della scultura greca arcaica, della scultura negra": girovagando per le strade di notte Modigliani declamava i canti del Paradiso di Dante e il L. faceva conoscere all'amico le poesie di D. Campana, che sapeva a memoria (secondo il racconto dello stesso L. in Errante erotico eretico. Gli scritti letterari e tutte le lettere, a cura di G. Baratta - F. Bartoli - Z. Birolli, Milano 1974, p. 94). La precoce conoscenza dell'opera di Campana riveste, peraltro, una notevole importanza nella formazione culturale del L. relativamente ai temi del vagabondaggio e del viaggio.
Il 18 maggio 1917 il L. fu presente al teatro dello Châtelet alla famosa prima di Parade di Cocteau, con musiche di E. Satie e scenografie di Picasso. Proprio dalla suggestione esercitata sull'artista dai balletti e dalle scenografie teatrali sembrano derivare alcuni dipinti eseguiti poco dopo la metà degli anni Dieci.
Le versioni del 1917 di Soldati italiani, Ballerine, Cacciatore, Due pattinatori (tutte a Livorno nella collezione Licini) e Lo scontro denotano, infatti, una tale omogeneità stilistica che possono essere considerate una serie a sé. Comune è, infatti, l'adozione del monocromo o della dicromia, la forte stilizzazione, la struttura dinamicizzata dell'immagine attraverso l'uso di ombre portate e di sfaccettature geometriche che sembrano richiamare echi cubisti e l'impiego di quinte, vere e proprie citazioni da scenografie teatrali. Anche se vi si può rintracciare una qualche affinità con opere di Morandi (per esempio Bagnanti del 1914), analoghe suggestioni possono provenire dalle sperimentazioni di area cubista (A. Archipenko, R. Delaunay, R. Dufy) o dai disegni e bozzetti di F. Depero per i balletti russi. Permane, evidentemente, in questo insieme di opere, definite dall'artista in un questionario, sottopostogli da G. Scheiwiller nel 1929, come "episodi di guerra" (ibid., pp. 97 s.), un'attitudine al fantastico e una componente ironica tipiche della sua poetica.
Negli anni 1917-20 il L. alternò i soggiorni a Parigi con prolungate soste a Firenze, mentre, dall'inizio del secondo decennio, decise di vivere ed esporre con una certa regolarità nella capitale francese. Peraltro le lettere e le testimonianze degli amici marchigiani documentano i soggiorni del L. nelle Marche durante le estati del 1923 e del 1924 e anche un suo incarico come insegnante di disegno presso l'istituto tecnico di Fermo. Al suo arrivo a Parigi il L. andò ad abitare presso la madre al n. 28 di rue du Faubourg Poissonnière a Montmartre; in seguito, nel 1924, si trasferì nella grande abitazione della sorella a boulevard Lannes, di fronte al Bois de Boulogne, dove tenne nello stesso anno la sua seconda mostra personale (la prima aveva avuto luogo nel 1922 presso la galleria Devambez). Tramite la sorella conobbe il famoso costruttore di aerei Gabriel Voisin e con ambedue trascorse diverse vacanze a Mâcon, in Borgogna. Frequentò, inoltre, l'ambiente degli "Italiens de Paris" e divenne amico di M. Tozzi e di F. De Pisis.
L'amicizia con quest'ultimo, testimoniata tra l'altro da diverse opere con dedica, sembra far luce sulla particolare vibrazione atmosferica e sulla sospensione metafisica di alcune nature morte liciniane della metà degli anni Venti. Le prime esposizioni parigine ebbero luogo nei caffè: nel 1921 espose alla collettiva "Le cent du Parnasse" alla Rotonde e l'anno dopo fu tra i "Cent vingt artistes au café du Parnasse"; mentre nel 1924 è documentato alla mostra organizzata dalla Compagnie des peintres et sculpteurs professionnels alla Closerie des Lilas.
Nel 1921 il L. espose tre studi al Salon d'automne, dove tornò nel 1922 con Jeune berger (Livorno, collezione Licini), Portrait de Nerina e Tête de garçon; mentre nel 1923 fu presente al Salon des indépendants con tre opere (Portrait de femme, in vendita per 1000 franchi; La cueillette, per la stessa cifra; ed Étude, per 500 franchi) e nel 1925 con due dipinti (Paysage e Portraitde fillette). Tramite il pittore G.E. Malerba, conosciuto attraverso Tozzi, il L. fu invitato a partecipare con tre opere, una Natura morta e due Marine, alla I Mostra del Novecento italiano che ebbe luogo al palazzo della Permanente di Milano nel 1926. In quell'anno sposò Nanny Hellstrom, pittrice svedese conosciuta in Francia, allieva di A. Lhote all'Académie Julian e con lei decise di tornare definitivamente in Italia, a Monte Vidon Corrado. Il paese divenne così il luogo eletto per la sua solitaria meditazione pittorica incentrata sulla contemplazione del paesaggio marchigiano.
Del gruppo Novecento, animato da Margherita Sarfatti, il L. diede un distaccato giudizio, nonostante continuasse a esporre con esso ad Amsterdam nel 1927, a Milano nel 1929, a Basilea e a Berna nel 1930, a Stoccolma nel 1931.
Nel 1928 fu presente alla prima mostra degli "Italiens de Paris", organizzata da Tozzi e presentata da W. George, al Salon de l'escalier, insieme con, tra gli altri, G. Severini, M. Campigli, De Pisis, F. Menzio e R. Paresce.
La meditazione sull'opera e sulla ricerca espressiva di H. Matisse e di P. Cézanne sono al centro dell'interesse del L. negli anni Venti pur non risolvendosi in citazioni o riprese stilistiche evidenti. Saltuari raffronti e suggestioni si possono istituire, invece, tra qualche ritratto e nudo del L. e quelli di Modigliani, così come è possibile proporre confronti tra le malinconiche figure di M. Kisling e i ritratti della madre del L., o tra le marine dipinte sulla Costa Azzurra e sull'Adriatico del L. e le spiagge di A. Marquet e di K. Van Dongen.
Ma, soprattutto, la Francia significò per il L. l'elaborazione delle ricerche d'avanguardia, l'avida lettura dei Cahiers d'art e dei Documents e l'assimilazione del filone autre dell'arte e della letteratura: da C. Baudelaire a Cocteau, da A. Rimbaud a S. Mallarmé, da G. Apollinaire ai surrealisti. A Parigi, per esempio, si delinea la prima formulazione della figura dell'angelo (L'Arcangelo e Angelo Gabriele: Livorno, collezione Licini, 1919) che tanta importanza avrà anche nella sua produzione successiva.
Nel 1931, dopo aver partecipato con poca soddisfazione alla I Quadriennale romana, viaggiò a lungo con la moglie nell'Europa del Nord.
Visitò Göteborg, Amburgo, Stoccolma e sul finire dell'anno soggiornò a Parigi dove ebbe modo di documentarsi direttamente sul movimento non figurativo, di cui facevano parte tra gli altri P. Mondrian, W. Kandinsky, A. Pevsner, K. Schwitters e H. Arp, costituitosi intorno alla rivista Cercle et carré, animata da M. Seuphor e da J. Torres García, cui fece seguito, un anno dopo, Abstraction-Création. Art non figuratif che aveva fra i suoi sostenitori A. Herbin e G. Vantongerloo. Pur nella diversità dei percorsi personali questi artisti sostenevano l'adesione a un ideale di astrazione costruttiva in cui la dimensione architettonica assumesse un carattere determinante come possibilità di sviluppo razionale e di sintesi delle diverse ricerche plastico-pittoriche.
Nel silenzio e nella solitudine di Monte Vidon Corrado, tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo, il L. maturò la sua conversione all'astrattismo. Affermò polemicamente di aver messo al rogo - in realtà le conservò, almeno in parte, in soffitta - le opere figurative dipinte dal vero e iniziò dal 1933 il sodalizio col critico G. Marchiori che lo seguì per tutta la vita. A differenza di analoghe esperienze, il L. si dedicò a una pittura astratta caratterizzata dall'asimmetria della costruzione visiva, dall'equilibrio instabile delle forme - tipiche sono le sue composizioni con due triangoli che collidono ai vertici, vero e proprio emblema del bilico, come Il bilico (Livorno, collezione Licini) e L'equilibrista del 1932 - e da un gusto materico nella stesura del colore. Nel 1934 fu fondato, presso la galleria del Milione di Milano, il Gruppo degli astrattisti italiani, animato da C. Belli e composto da L. Fontana, M. Reggiani, A. Soldati, L. Veronesi, F. Melotti e G. Ghiringhelli; e il L. fu invitato a partecipare con loro alla II Quadriennale. Il 1935 fu per il L. un anno cruciale: a Roma espose con gli astrattisti tre dipinti - Castello in aria (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione Giovanardi), Stratosfera e Il bilico (Livorno, collezione Licini) - e si appassionò al saggio di Belli Kn, riconoscendo nel libro appena uscito del teorico dell'astrattismo, il suo pensiero sull'arte.
In verità, più che di una coincidenza di intenti teorici, principi e regole, sembra opportuno parlare di affinità del L. con il Gruppo degli astrattisti, anche in considerazione della comune battaglia per il rinnovamento dell'arte d'avanguardia osteggiato dal regime fascista.
In marzo il L. fu presente con sei oli alla I Mostra collettiva di arte astratta nello studio di F. Casorati ed E. Paolucci a Torino; e a maggio ebbe luogo la sua prima mostra personale in Italia alla galleria del Milione dove espose trentasette dipinti e alcuni disegni datati dal 1909 al 1934.
Nello scritto di autopresentazione si legge: "la pittura è l'arte dei colori e delle forme liberamente concepite, ed è anche un atto di volontà e di creazione, ed è, contrariamente a quello che è l'architettura, un'arte irrazionale con predominio di fantasia e immaginazione, cioè poesia" (O. Licini, Lettera aperta al Milione, in Il Milione, Bollettino, 1935, n. 39: ripubblicato in Id., Errante erotico eretico…, pp. 99 s.). Già da questa dichiarazione trapela l'eccentricità del pensiero liciniano: più che aderire asetticamente al credo razionalista il L. sublima il modulo geometrico in architetture aeree e instabili; le sue immagini piuttosto che assumere un aspetto depurato e asettico sembrano trasformarsi in emblemi simbolici, così come i titoli delle sue opere non si limitano alla semplice definizione di "composizioni" - come era usuale tra gli astrattisti - ma conservano sempre una valenza fantastica evidenziando un'insolita densità di significato.
In luglio il L. fu nuovamente a Göteborg e poi, a settembre, tornò a Parigi dove conobbe e frequentò, tra gli altri, Kandinsky, C. Zervos, M. Ray e A. Magnelli. Nel 1936, invitato da A. Sartoris, partecipò alla Mostra di pittura moderna italiana ed ebbe modo di conoscere l'ambiente degli architetti e pittori comaschi. Accanto alla passione per l'arte contemporanea, per quella letteratura e per la musica, compresa quella dodecafonica, il L. in questi anni coltivò un vivo interesse per l'espressività medievale dalle Nozze di s. Francesco del Sassetta (Stefano di Giovanni) a Chantilly ai mosaici di S. Vitale a Ravenna, alle stratificazioni delle pitture murali di S. Maria Antiqua a Roma, non solo come possibile origine dell'arte astratta, ma anche come suggestiva fonte stilistica per le ricerche che andava maturando.
Nel 1938 a Roma partecipò, a fianco di Marinetti, alla conferenza al teatro delle Arti sulla "Italianità dell'arte moderna", in difesa della libertà della ricerca artistica d'avanguardia e contro la distruzione delle opere d'arte che stava avvenendo nella Germania nazista. Nello stesso anno iniziò il sodalizio con il filosofo F. Ciliberti e il suo movimento "Valori primordiali" di cui fecero parte A. Ghiron, P. Lingeri e G. Terragni. Nel 1939, sempre per manifestare la propria solidarietà a Marinetti, espose con i futuristi alla III Quadriennale: "Resta inteso - scrisse a Marchiori in una lettera del 1° febbr. 1939 - che io non aderisco ufficialmente al Futurismo. Però debbo riconoscere che la battaglia è stata vinta grazie all'intervento disinteressato e tempestivo di Marinetti" (Errante erotico eretico…, p. 140).
Gli anni che precedettero e seguirono l'inizio della seconda guerra mondiale furono per il L. anni di riflessione e di silenzio pur se, tramite Sartoris, aderì al "Gruppo primordiale futurista" e sottoscrisse il manifesto "Valori primordiali Milano-Como" con M. Nizzoli e B. Munari. "Abbasso l'uomo - scrisse a Marchiori in una lettera del 24 apr. 1940 - Dichiaro che comincio a vergognarmi di essere uomo, di recitare ancora questa commedia" (ibid., p. 147).
Nel voluto isolamento di Monte Vidon Corrado, il L. riprese le opere figurative abbandonate da tempo insieme con quelle astratte e rielaborò questi lavori dipingendovi sopra diversi strati di colori e nuove immagini. "Dal reale all'astratto. E dall'astratto io me ne sto volando adesso, in foglie e fiori, verso lo sconfinato e il soprannaturale. Certo, la solitudine mi è di grande aiuto" scrisse in una lettera del 15 genn. 1940 all'amica Maria Cernuschi Ghiringhelli (ibid., p. 173).
Nell'aprile del 1946 fu eletto, nelle liste del Partito comunista italiano, sindaco di Monte Vidon Corrado, carica che mantenne fino al 1956. Nel 1948 fu presente alla prima Biennale del dopoguerra con tre dipinti, due versioni di Memorie d'Oltretomba e il Miracolo di s. Marrrr…co: quest'ultima opera, citando i "miracoli" del Tintoretto (I. Robusti), raffigura un inedito personaggio volante che sta precipitando. A Venezia il L. si entusiasmò solo per Picasso, per la prima volta presente in Italia con una personale, e per un piccolo disegno di Scipione (G. Bonichi), Cortigiana romana. Quando nel 1950 il L. decise di esporre alla XXV Biennale di Venezia nove dipinti con un nuovo, misterioso, personaggio, l'Amalassunta, scrisse a Marchiori, in una lettera del 21 maggio 1950: "Se dovessi mancare e qualche anima curiosa dovesse rivolgersi proprio a Lei, critico d'arte senza macchia e senza paura, per sapere chi è questa misteriosa Amalassunta di cui tanto ancora non si parla, risponda pure a mio nome, senza ombra di dubbio, sorridendo, che Amalassunta è la luna nostra bella, garantita d'argento per l'eternità, personificata in poche parole, amica di ogni cuore un poco stanco" (ibid., p. 148).
In questi anni, riappaiono, accanto alle inedite figure delle Amalassunte, degli Olandesi volanti di ascendenza wagneriana, dei tentacolari Fiori fantastici che si muovono lentamente nei cieli scuri, le immagini degli angeli, per esempio quelli di Angeli primo amore (1951: Livorno, collezione Licini). Si tratta quasi sempre di Angeli ribelli per i quali il celestiale è strettamente congiunto al demoniaco e ai movimenti ascensionali si alternano rovinose cadute.
Il 1956 e il 1957 furono anni di felicità creativa e di ampi riconoscimenti critici (L. Carluccio, U. Apollonio, L. Venturi scrissero sul suo lavoro).
Partecipò con una personale alla mostra torinese "Pittori d'oggi. Francia-Italia" nel 1957 dove espose, tra le altre opere, diversi Notturni. Alcune collezioni pubbliche, come la Galleria civica di Torino, iniziarono ad acquistare le sue opere. L'anno successivo ebbe luogo al Centro culturale di Ivrea la più importante mostra antologica del L. dove, introdotte da Marchiori, furono esposte sessantadue opere dal 1921 al 1957. Qualche mese dopo, invitato da Apollonio, il L. partecipò alla XXIX Biennale di Venezia dove presentò cinquantatré opere dal 1925 al 1958 allestite da C. Scarpa, che gli valsero il gran premio internazionale per la pittura. Si emozionò quando la musica e i fuochi d'artificio lo accolsero al suo ritorno a Monte Vidon Corrado.
Tra le sue ultime opere si ricordano l'Angelo di Santo Domingo (collezione privata: L.: gli anni Cinquanta, fig. p. 91) e l'Angelo di s. Rosa (collezione privata), entrambi del 1957, ma soprattutto Notturno del 1958, dove l'ombra blu di una figura alata traspare dalla satura spazialità cromatica del cielo.
Il L. morì a Monte Vidon Corrado l'11 ott. 1958.
Fonti e Bibl.: A. Forti, La mostra dei "Secessionisti al Baglioni", in Il Resto del carlino, 2 marzo 1914; C. Carrà, Mostre d'arte, in Ambrosiano, 15 maggio 1935; G. Marchiori, La mostra del pittore L. alla Galleria del Milione, in Corriere padano, 29 maggio 1935; A. Sartoris, O. L. archipittore, in Origini, 1941, nn. 5-6, pp. 8-11; L. Carluccio, O. L., in V Mostra pittori d'oggi. Francia-Italia (catal., Palazzo delle arti), Torino 1957, pp. n.n.; G. Dorfles, O. L., in Domus, maggio 1958, pp. 25 s.; O. L. (catal.), a cura di G. Marchiori, Ivrea 1958; P.C. Santini, Considerazioni sulla pittura di L., in Comunità, 1958, n. 60, pp. 72-81; U. Apollonio, in XXIX Esposizione biennale d'arte (catal.), Venezia 1958, pp. 32-36; G. Marchiori, Ricordi di L., in Sele arte (Firenze), maggio-giugno 1959, pp. 59-72; Id., O. L. con 21 lettere inedite del pittore, in Quaderni della Quadriennale d'arte di Roma, Roma 1960, pp. 7-41; L. (catal., Galleria Lorenzelli), a cura di M. Valsecchi, Milano 1961; O. L., 30 disegni (catal., Galleria L'Arco d'Alibert), a cura di C. Vivaldi, Roma 1966; O. L. (catal.), a cura di Z. Birolli - A. Passoni, Torino 1968; G. Marchiori, I cieli segreti di O. L., Venezia 1968 (con bibl.); C.L. Ragghianti, Bologna cruciale 1914, in Critica d'arte, XVI (1969), 106-107, pp. 28-34; Un ricordo e un omaggio a O. L. (catal., Galleria Lorenzelli), Bergamo 1969; P. Fossati, L'immagine sospesa. Pittura e scultura astratte in Italia, 1934-1940, Torino 1971, pp. 159-167; O. L. (catal.), a cura di Z. Birolli, Dortmund 1974; G.C. Argan, O. L. (catal., Casa dell'arte, 1976-77), Sasso Marconi 1976; O. L. In ricordo del ventesimo anniversario della morte, a cura di L. Dania - C. Ferrari - G. Vitali, Servigliano 1978; F. Bartoli, La natura, la iena e l'equilibrista - O. L., in Acrobat mime parfait, 1980, n. 0, pp. 66-77; O. L. (catal.), a cura di F. Bartoli - G. Baratta, Ferrara 1980; O. L., la condizione scalza (catal., Galleria Lorenzelli), a cura di F. Gualdoni, Milano 1982; L.: opere dal 1913 al 1957 (catal., Urbino), a cura di M. Apa, Milano 1985; M. Apa, Giorgio Morandi e O. L., in Quaderni morandiani, 1985, n. 1 Incontro internazionale di studi su Giorgio Morandi, pp. 136-150; O. L., Bruto, l'Incostante, l'Angelo (catal.), a cura di F. Gualdoni, Acqui Terme 1985; F. Solmi, Dagli esordi alla Metafisica, in Morandi e il suo tempo (catal., Bologna), a cura di R. Barilli, Milano 1985, pp. 20-43; L. (catal., Venezia), a cura di M. Apa et alii, Milano 1988; O. L., dipinti e disegni (catal., Ascoli Piceno), a cura di G. Malatesta, Milano 1988; C. Melloni - F. Minuti, Luoghi dell'immaginario e scene della vita di O. L. (catal.), Monte Vidon Corrado 1988; M. Calvesi, L.: O. e Amalassunta, in Art e dossier, settembre 1989, pp. 13-15; F. Pirani, L.: L'angelo del Novecento, ibid., pp. 16-19; O. L., Gemälde und Zeichnungen 1919-1958 (catal., Wolfsburg-Ludwigshafen-Wien, 1989-90), a cura di J. Schilling - J. Marko, s.l. 1989; O. L., disegni inediti (catal., Modena-Como-Capri, 1991), a cura di E. Pontiggia, Modena 1991; L. Gli anni Venti (catal.), a cura di E. Pontiggia - E. Torelli Landini, Monte Vidon Corrado 1992 (con bibl. ed elenco mostre); O. L. (catal., Locarno), a cura di F. Gualdoni - L. Cavadini - E. Torelli Landini, Lugano 1992; Z. Birolli, Sorbi, Tordi e nitidezze. Arte in Italia dopo la Metafisica, Milano 1993, pp. 9-53; O. L. Una retrospettiva nel centenario della nascita (catal.), a cura di S. De Rosa, Firenze 1994; Introduzione a L., s.l. [ma Monte Vidon Corrado] 1994; Quaderni liciniani, a cura di E. Pontiggia - E. Torelli Landini, 1994, n. 1; P. Fossati, Mangiare, addentare, in Storie di figure ed immagini. Da Boccioni a L., Torino 1995, pp. 270-281; Quaderni liciniani, a cura di E. Pontiggia - E. Torelli Landini, 1995, n. 2; E. Pontiggia - E. Torelli Landini, L. Gli anni Quaranta, Monte Vidon Corrado 1996; Quaderni liciniani, a cura di E. Pontiggia - E. Torelli Landini, 1997, n. 3; L.: gli anni Cinquanta (catal.), a cura di E. Pontiggia - E. Torelli Landini, Monte Vidon Corrado 1998; Chagall - L. e il sopra-naturale (catal., Ascoli Piceno), a cura di M. Vescovo, Milano 2001; O. L., secondo noi… (catal., Galleria Lorenzelli), a cura di B. Lorenzelli - M. Lorenzelli, Milano 2002; V. Baradel, O. L. tra géométrie e imagerie, in Da Ca' Pesaro a Morandi… (catal.), a cura di M. Goldin, Conegliano 2002, pp. 91-96; F. Pirani, Poesia e pittura in Scipione e L., in Abitare l'immagine (catal., Frascati), a cura di M. Apa, Roma 2002, pp. 76-90.