ostriche, cozze, vongole
Setacci del mare
La caratteristica che accomuna ostriche, cozze e vongole è quella di possedere un corpo bilaterale simmetrico rivestito da una conchiglia fatta di due metà. Questi Molluschi, appartenenti alla classe dei Bivalvi, vivono infossati nei sedimenti marini e delle acque dolci, o ancorati sulle rocce e i coralli. Si nutrono per lo più filtrando con le branchie particelle alimentari dall’acqua. Sono tra le più importanti risorse alimentari del mare
Gli spaghetti con le vongole, l’impepata di cozze, le ostriche (francesi o meno che siano) hanno un comune denominatore zoologico: gli ingredienti principali sono forniti da Molluschi Bivalvi, che comprendono oltre 10.000 specie, delle quali circa il 20% vive in acque dolci. I Bivalvi sono una classe molto antica: esistono infatti da oltre 400 milioni di anni, essendosi probabilmente originati nel periodo Ordoviciano.
Si chiamano Bivalvi in quanto la conchiglia calcarea è composta di due parti separate, dette valve, articolate in una cerniera a incastro e tenute insieme da un legamento flessibile, corneo. Questa conchiglia contiene e protegge al suo interno le parti molli dell’animale. In generale l’effetto protettivo della conchiglia è garantito dall’efficacia dei muscoli adduttori, quelli cioè che in azione tirano le due valve una contro l’altra tenendole serrate. Il mantello, la piega cutanea che riveste il corpo dei Molluschi, è particolarmente sviluppato in tutti i Bivalvi. All’interno della cavità determinata dal mantello sono racchiuse le branchie, che in molti Bivalvi sono utilizzate oltre che per la respirazione anche per l’alimentazione (v. fig. 1).
I Bivalvi sono caratterizzati dalla scarsa mobilità; questo spiega per esempio l’assenza di un vero e proprio capo con relativi organi di senso. La maggior parte delle specie tende a scegliere tra due fondamentali strategie di vita: vivere infossati nei sedimenti o in cavità, oppure attaccati a substrati rigidi come rocce o coralli (v. fig. 2).
Le specie cosiddette infaunali, la maggioranza tra i Bivalvi, come le vongole o le telline, vivono infossandosi nei sedimenti sabbiosi, fangosi o detritici. Il principale muscolo per la locomozione, il piede, è notevolmente sviluppato, ed è conformato in maniera da facilitare l’infossamento. Quando è necessario insabbiarsi rapidamente, il piede si assottiglia e si allunga in profondità nel sedimento; poi si ingrossa e funge da àncora, tirando la tellina o la vongola sotto la sabbia con tutta la conchiglia. Una volta infossati i Bivalvi estendono verso la superficie due tubicini, detti sifoni: con questi fanno circolare acqua nel loro corpo sia per alimentarsi sia per respirare. Alcune specie vivono per così dire infossate pur vivendo su fondi rocciosi. Un classico esempio sono i datteri di mare, o le foladi. Queste specie sono definite perforanti in quanto con vari sistemi (tra cui le secrezioni corrosive e l’uso della conchiglia per grattare) forano il substrato per crearvi un alloggiamento protettivo. Diventa così impossibile per qualunque predatore catturarle, una volta che si siano ritratte in profondità nel foro. Per questo i datteri di mare sono una specie protetta e non possono essere commercializzati: per pescarli l’unico sistema è frantumare gli scogli dentro cui vivono, distruggendo così migliaia di altri organismi e interi ecosistemi.
Nelle specie che vivono invece sopra rocce o coralli (dette epifaunali, una minoranza tra i Bivalvi), il piede è molto ridotto e sono stati sviluppati sistemi per rimanere fortemente attaccati al substrato. Per esempio, nelle cozze (nome comune dei mitili) un’apposita ghiandola secerne una struttura filamentosa molto resistente, detta bisso: questi ciuffi simili a capelli molto grossi fungono da àncora per il Bivalve sia sul substrato, sia per tenere aggregati vari individui l’uno all’altro. Il bisso è usato anche da alcune specie che vivono su fondi mobili (sabbia, fango e simili). Le grandi nacchere dei nostri mari (Pinna nobilis), che possono raggiungere in rari casi oltre un metro di lunghezza, producono un bisso talmente grande e resistente che in alcune regioni italiane è nata la tradizione di filarlo e tesserlo. Altre specie epifaunali, come certe ostriche o gli spondili, cementano una delle due valve alla roccia o al corallo.
Esistono anche varie specie di Bivalvi a vita libera, come per esempio alcune specie di pettini (Pecten), che si muovono nuotando a reazione. Sbattendo rapidamente le valve tra loro causano la fuoriuscita rapida dell’acqua e riescono così a sollevarsi dal fondo e a nuotare per alcuni metri. I pettini sono tra i pochi Bivalvi a possedere numerosi veri occhi sparsi sul bordo del mantello, un adattamento probabilmente legato in qualche modo alla capacità di nuotare.
I Bivalvi si nutrono prevalentemente per filtrazione: utilizzano infatti le branchie come veri e propri setacci. Nelle specie fossorie, il sifone inalante fa entrare insieme all’acqua il detrito vegetale, le alghe unicellulari e i batteri che si trovano nel sedimento; queste particelle alimentari vengono trattenute dalle branchie (che nel frattempo provvedono anche a ossigenare il sangue) e quindi trasportate verso la bocca, mentre l’acqua filtrata viene espulsa attraverso l’altro sifone (esalante) assieme ai prodotti di rifiuto. Nella bocca dei Bivalvi manca la radula, struttura caratteristica di tutti gli altri Molluschi che la usano per tagliare, sminuzzare o raschiare il cibo; con un’alimentazione così filtrata, le particelle alimentari arrivano alla bocca già selezionate per dimensioni e possono essere indirizzate direttamente all’apparato digerente.
Entrando nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, non si può non notare un particolare tipo di acquasantiera. Si tratta della conchiglia, anzi della mezza conchiglia, del più grande Bivalve vivente, la tridacna gigante (Tridacna gigas). Le grandi dimensioni delle tridacne sono in gran parte dovute alla simbiosi con microrganismi che vivono nei tessuti del mantello. Sono alghe unicellulari che aiutano il mollusco nella costruzione delle conchiglie. In caso di necessità le tridacne, che normalmente si nutrono per filtrazione, utilizzano queste coltivazioni di alghe presenti nei loro tessuti come fonte di cibo supplementare.
Quando le barche e le navi erano costruite in legno, uno dei peggiori flagelli delle marinerie di tutto il mondo erano le teredini (Teredo navalis), Bivalvi xilofagi (che in greco significa «mangiatori di legno»). Questi minuscoli animaletti (le specie di maggiori dimensioni non superano i 2 cm di larghezza delle valve) scavano fori lunghissimi nel legno. Il fasciame dei galeoni, dopo pochi anni di navigazione, diventava un colabrodo fragilissimo e necessitava di dispendiose manutenzioni in secco, per evitare drammatici naufragi alla prima burrasca.
Si calcola in milioni di tonnellate la quantità di Bivalvi annualmente consumata dall’uomo per l’alimentazione. Molte specie sono raccolte in grandi quantità e trasportate spesso a notevoli distanze ancora vive. In vari casi ciò ha causato l’introduzione più o meno accidentale di specie (dette anche aliene) estranee alla fauna locale, provenienti da aree anche molto distanti. È il caso delle vongole veraci in Italia: la specie mediterranea originale (Tapes decussatus), appunto la vongola verace, è oggi rimpiazzata sul mercato e nei nostri mari da una specie importata dal Sud-Est asiatico, la vongola filippina (Tapes philippinarum), tra l’altro inferiore per qualità.
La conchiglia dei Bivalvi, come in tutti i Molluschi, è prodotta da cellule specializzate del bordo del mantello. Quando corpuscoli estranei restano intrappolati tra la conchiglia e il mantello, quest’ultimo provvede a ricoprirli con uno strato protettivo di madreperla. Nel caso in cui questi corpi estranei incapsulati restino staccati dal resto della conchiglia si hanno le perle. Sono note perle prodotte da molte specie di Bivalvi sia marini sia d’acqua dolce.