OSTRAKA
Con la parola ὄστρακον i Greci indicavano il guscio della testuggine e le conchiglie, ed anche, per estensione, altri oggetti di forma incavata e rotonda come i vasi di terracotta (cfr. ὀστρακεύς, "vasaio") e in particolare i frammenti di tale vasellame. Appunto a questi cocci, usati spesso nell'antichità come materiale scrittorio estremamente economico, diamo ancora per convenzione il nome di o. quand'essi siano stati adibiti a ricevere qualche scrittura; la denominazione è poi estesa, specialmente nel campo egittologico, anche a frammenti di calcare utilizzati per scritture o disegni.
Già nella Grecia dell'età classica l'uso di scriver sui cocci dové essere abituale. Su quei frammenti votavano gli Ateniesi, com'è noto, per infliggere a cittadini il cosiddetto "ostracismo" (ci sono pervenute alcune centinaia di o. con i nomi dei condannati); e precise testimonianze, come quella di Diogene Laerzio (Vitae philos., vii, 174) circa il filosofo Cleante, provano l'uso, sia pure eccezionale, di ricopiare su cocci anche testi letterarî di una certa estensione. Ma soprattutto dal suolo d'Egitto, specialmente dell'Alto Egitto, e della Nubia gli scavi archeologici hanno riportato alla luce una massa imponente di o.: da quelli nell'antica scrittura ieratica (che risalgono più di frequente al Nuovo Regno) ai moltissimi demotici e greci (particolarmente copiosi dal sec. III a. C. al III d. C.), a quern copti (anch'essi numerosi a cominciare dal sec. IV). E non mancano, anche se sono piuttosto una rarità, o. aramaici, latini, arabi, pur essi testimoni delle tante civiltà e nazionalità che si sono incontrate e avvicendate nei millenni sul suolo egiziano.
L'aspetto di questi o. ce li presenta come frammenti del più comune vasellame domestico. Il colore della superficie esterna, convessa, varia dal rosso mattone al grigio chiaro o al giallastro (e si è creduto di poter precisare che il giallo chiaro ed il grigio sarebbero caratteristici dei frammenti più antichi; il rosso più frequente in quelli dell'età romana; una maggiore lucentezza distinguerebbe gli o. dell'età bizantina), mentre la parte concava, interna, presenta spesso una tinta nerastra in quei frammenti di vasi che, adibiti alla conservazione di vino o di altre bevande, erano stati impeciati all'interno. La superficie usata per la scrittura è regolarmente quella convessa (il recto) del coccio, ma talvolta, in via eccezionale, ci si è serviti anche della faccia concava (verso) specialmente per continuare lo scritto del recto o apportarvi qualche aggiunta. E non sorprende che in qualche caso, sempre a scopo di risparmio, si sia lavata da un coccio una prima scrittura per far posto ad un'altra (potremmo dunque parlare di o. palinsesti), o si sia utilizzato, in uno stesso frammento, lo spazio lasciato libero da uno scritto precedente.
Se è considerevole la quantità e varietà degli o. ieratici, specialmente frammenti calcarei, provenienti per lo più dalla Tebaide (vi troviamo, tra l'altro, racconti popolari, inni, testi religiosi, modelli epistolari; e poi contratti, lettere private, ricette mediche, ecc.), ancora maggiore è la massa degli o. con scritture demotiche e greche, particolarmente frequenti dal sec. III a. C.; né mancano gli o. in aramaico: si ha l'impressione, com'è stato rilevato dal Wilcken, che l'uso di scrivere sui cocci sia divenuto in quest'epoca veramente popolare in Egitto. La grande maggioranza degli o. greci restituisce brevi testi di contenuto amministrativo: soprattutto quietanze per pagamenti di tasse in denaro o in natura, rilasciate dalle banche regie ai contribuenti o dagli amministratori dei pubblici granai (ϑησαυροί) ai coltivatori che versavano all'amministrazione le prescritte quote dei raccolti. Non è dubbio che i testi a noi pervenuti siano gli originali, e non abbozzi o copie, di tali quietanze, e appare quindi evidente che gli impiegati degli uffici finanziarî e dei pubblici magazzini, addetti all'esazione delle imposte, si servivano abitualmente di quei pezzi di terracotta allo scopo di risparmiare il costoso papiro (v.). Anche gli o. demotici dell'età tolemaica e romana presentano per lo più questi stessi contenuti, e sono numerosi quelli bilingui, per esempio con il testo della ricevuta in greco e la sottoscrizione in demotico; il bilinguismo degli uffici è del resto comprovato dal fatto che nella stessa epoca, in una stessa località, per la medesima tassa, le quietanze sono state redatte ora in demotico ora in greco, senza che si scorga una ragione oggettiva della preferenza accordata all'una lingua od all'altra. Per quanto banale e monotono possa sembrarci a prima vista il contenuto di questi o. amministrativi, che si contano a molte migliaia nelle varie collezioni, il loro apporto alle nostre conoscenze dell'economia e dell'amministrazione dell'Egitto greco-romano risulta grandissimo: l'opera fondamentale di U. Wilcken, apparsa nel 1899, raccogliendo un gran numero di quietanze dall'età tolemaica alla romana e alla bizantina, e portando ordine e chiarezza ammirevoli nello studio di questo materiale, ha splendidamente illustrato i molteplici aspetti del sistema fiscale egiziano nel suo stesso modificarsi e complicarsi da una epoca all'altra.
Numerosi e variamente interessanti sono anche gli o. greci documentarî di carattere privato, contenenti per esempio lettere amichevoli o di affari, pro-memoria, abbozzi di contratti, ricevute, conti, elenchi nominativi, istanze. Vi troviamo, in qualche misura, quella sorprendente varietà di contenuti che ci è nota dai papiri tolemaici e dell'età romana, e anche qui, come nell'ambito papirologico, ogni pezzo ha il suo preciso valore documentario per quei particolari di vita quotidiana che ci vengono restituiti in tutta la loro freschezza. Ma singolarmente istruttivi, tutte le volte che possiamo intraprenderne lo studio, sono quei gruppi di o. che costituiscono come altrettanti archivî di famiglia o d'ufficio; per esempio i nn. 220-304 della Collezione Flinders Petrie (il cosiddetto Archivio di Nicanor), editi dal Tait, ci consentono di seguire per più di cinquant'anni, dalla fine del sec. I a. C., l'attività commerciale di una ditta di trasporti, le cui carovane collegavano Koptos ai porti di Myos Hormos e di Berenice provvedendo alle più svariate operazioni di commercio tra l'Egitto e il Vicino Oriente. E, per dare un altro esempio, gli o. di Pselkis del sec. II d. C., divisi tra la Bodleian Library di Oxford ed altre collezioni, forniscono interessanti notizie circa la vita e l'amministrazione della guarnigione militare romana stanziata in quella località (l'odierna Dakkeh), un centinaio di chilometri a S d'Assuan, sulla sinistra del Nilo. Importerebbe ricostruire e studiare, dovunque è possibile, tali gruppi omogenei di o., archivî privati e amministrativi, perché pare certo che molti degli o. a noi pervenuti - non escluse le numerosissime quietanze - fossero raccolti originariamente in grandi aggruppamenti, e soltanto per effetto delle capricciose vicende dei ritrovamenti e degli acquisti sono andati divisi fra diverse collezioni.
Ma il carattere economico del coccio e la sua praticità fecero sì che, in particolari circostanze, esso fosse preferito ad altri materiali scrittori anche per la trascrizione di testi letterari. Ciò accadde innanzi tutto nell'ambiente scolastico, com'è provato dal numero rilevante di cocci contenenti sillabarî, combinazioni di lettere, saggi calligrafici, esercizî di declinazione e coniugazione. A questo ambiente apparterranno certamente anche frammenti di contenuto più complesso, come l'o. 1147 della raccolta del Wilcken, d'età tolemaica, con un brano dell'Ippolito d'Euripide; l'o. Reinach, del sec. II-I a. C., contenente un frammento di mimo; l'o. Berl. 12319, del sec. III d. C., contenente un florilegio di sentenze dallo Pseudo-Epicarmo, da Euripide, Teognide, Omero, Esiodo, ecc.; l'o. 18711 del British Museum, del sec. II a. C., con una scena delle Fenicie d'Euripide; il celebre o. tolemaico della raccolta fiorentina (P.S.I., 1300) che ha restituito gran parte di un'ode di Saffo. È comprensibile che il coccio fosse usato abitualmente nelle scuole a scopo economico, ed anche gli errori materiali, che si trovano copiosi in questi frammenti, sembrano denotare la mano di scolari inesperti, spesso impacciati di fronte alle difficoltà della lingua e della scrittura greca. Un'altra categoria di o., contenente testi astrologici, ricette mediche, amuleti, frammenti magici, oroscopi, dimostra sempre meglio come fosse popolare l'impiego di quel modesto materiale, vera carta dei poveri e dei parsimoniosi, dovunque esso poteva sostituirsi con vantaggio al costoso materiale scrittorio rappresentato comunemente dal papiro.
Dal sec. IV d. C., in seguito al progressivo scomparire della scrittura demotica, fa la sua apparizione la massa degli o. in scrittura copta, particolarmente copiosa fra il sec. V ed il VII, sino al pieno instaurarsi della dominazione araba in Egitto. Troviamo qui, frequentemente, quei testi documentari che conosciamo dagli o. greci e demotici, ma troviamo anche gran copia di lettere private, specialmente scambiate fra ecclesiastici, e testi liturgici, formule di preghiera, frammenti di omelie, citazioni dai Salmi. Non è un caso che gli o. greci, già tanto numerosi nell'età tolemaica e in quella romana, divengano sempre meno frequenti nel periodo bizantino: la ragione è certamente nel fatto che la parte più povera della popolazione egiziana, quella maggiormente portata a servirsi degli umili cocci, parlava e scriveva copto. Perciò si può dire che nessun'altra fonte d'informazione in nostro possesso - neppure i papiri - rispecchia più da vicino la mentalità, le consuetudini, il sentimento religioso delle infime classi sociali in questo periodo; e studiosi di varie discipline, dallo storico al filologo e al giurista, attingono a questi frammenti come a testimonianze di singolare interesse.
Bibl.: Sugli o. rinvenuti ad Atene v.: O. W. Reinmuth, in Pauly-Wissowa, XVIII-2, 1942, col. 1678, s. v. Ostrakismos. Sull'uso degli o. come materiale scrittorio nel mondo antico, sui ritrovamenti ed acquisti di o. nel sec. XIX, v. i primi capp. di U. Wilcken, Griechische O. aus Aegypten u. Nubien, Lipsia-Berlino 1899; il vol. I di quest'opera è fondamentale per lo studio dell'economia e dell'amministrazione dell'Egitto greco-romano, il vol. II contiene l'ediz. di 1624 o. appartenenti a varie collez. (Berlino, Londra, Parigi, Roma, Torino, Bonn, Vienna, ecc.). Altre improtanti ediz. di o. in: W. E. Crum, Coptic O. from the Collections of the Egypt Exploration Fund, the Cairo Museum and Others, Londra 1902; P. Jouguet, O. du Fayoum, in Bull. de l'Inst. franç. d'Arch. or., II, 1902, p. 91 ss.; H. R. Hall, Coptic and Greek Texts of the Christian Period in the British Museum, Londra 1905; A. H. Gardiner-H. Thompson-J. G. Milne, Theban O., parte I: Hieratic Texts; II: Demotic Texts; III: Greek Texts; IV: Coptic Texts (Univ. of Toronto Stud. 1913); F. Preisigke-W. Spiegelberg, Prinz-Joachim-O., in Schr. d. Wiss. Ges. Strassburg, XIX, 1914; P. M. Meyer, Griech. Texte aus Aegypten, II: O. d. Sammlung Deissmann, Berlino 1916; H. G. E. White, Graeco-Rom. O. from Dakka (Nubia), in Class. Rev., XXXIII, 1919, p. 49 ss.; E. Kühn, in Ägypt. Urkunden aus den staatl. Museen zu Berlin, Gr. Urk., VI, Berlino 1922, nn. 1304-1499; P. Viereck, O. aus Brüssel u. Berlin (Pap. Inst. Heidelberg, IV), Berlino-Lipsia 1922; id., Griech. u. griechisch-demotische O. der Universitäts- u. Landsbibliothek zu Strassburg von Elsass, I, Berlino 1923; P. Viereck-F. Zucker, Pap., O. u. Wachstafeln aus Philadelphia im Fayûm, in Ägypt. Urkunden aus den staatl. Museen zu Berlin, Gr. Urk., VII, Berlino 1926; J. G. Tait, Greek O. in the Bodleian Library at Oxford a. Other Collections, I, Londra 1930; J. Černý, O. hiératiques, i Catal. gén. des antiq. égypt., 87, 1930; 89, 1831; 95, 1937; L. Amundsen, O. Osloënsia. Greek O. in Norwegian Collections, in Avh. Norske Vidensk.-Ak. i Oslo, II. Hist.-fil. Kl., 1933; id., Greek O. in the Univ. of Michigan Collection, Nos. 1-699 (Univ. Mich. Studies), Hum. Ser. 34, Ann Arbor 1935; C. Préaux, Les o. grecs de la Collection Charles-Edwin Wilbour au Musée de Brooklyn, New York 1935; O. Guéraud, O. grecs et latins de l'Wâdi Fawâkhir, in Bull. de l'Inst. franç. d'Arch. or., XLI, 1942, p. 141 ss.; H. C. Youtie-O. M. Pearl, Papyri and O. from Karanis, Nos. 700-971 (Univ. Mich. Studies), Hum. Ser. 47, pp. 143-199, Ann Arbor 1944; G. Mattha, Demotic O. from the Collect. at Oxford, Paris, Berlin, Vienna and Cairo, Il Cairo 1945; H. C. Youtie, Greek O. from Egypt, in Trans. of the Amer. Philol. Assoc., LXXXI, 1950, p. 99 ss.; id., Papyri and O. from Karanis, Nos. 972-1111 (Univ. Mich. Studies, Hum.), Ser. 50, pp. 165-209, Ann Arbor 1951; C. Préaux, O. de Pselkis de la Bibl. Bodléenne, in Chron. d'Egypte, XXVI, 1951, p. 121 ss.; A. Fuks, Notes on the Archive of Nicanor, in Journ. Jur. Papyrol., V, 1951, p. 207 ss.; E. Stefanski-M. Lichtheim, Coptic O. from Medinet Habu, Chicago 1952; C. Préaux, O. ptolémaïques du Musée du Caire, in Chron. d'Egypte, XXVIII, 1953, p. 109 ss.; S. V. Wångstedt, Ausgewählte Demotische O. aus der Sammlung des Victoria-Museums zu Uppsala u. der staatl. Papyrussammlung zu Berlin, Uppsala 1954; J. G. Tait-C. Préaux, Greek O. in the Bodleian Library at Oxford, II, nn. 407-2565, Londra 1955; D. S. Crawford, Papyri Michaelidae (una serie di o. greci ai nn. 63-127), Aberdeen 1955; Ph. I. Price, Some Roman O. fr. Egypt, in Journ. Jur. Papyrol., IX-X, 1955-56, p. 159 ss.; M. Lichtheim, Demotic O. from Medinet Habu, Chicago 1957; S. Sauneron, Catalogue des o. hiératiques non littéraires de Deir el-Médineh, nn. 550-623, Il Cairo 1959; W. C. Till, Die koptischen O. der Papyrussammlung der österreich. Nationalbibliothek, in Denkschr. Ak. Wien, LXXVIII, 1960, p. 21 ss.
Per un elenco degli o. greci di carattere scolastico, unitamente ai papiri d'analogo contenuto: v. P. Collart, Les papyrus scolaires, in Mél. Desrousseaux, Parigi 1937, p. 69 ss.; R. A. Pack, The Greek and Latin Liter. Texts fr. Greco-Roman Egypt, Ann Arbor 1952, p. 89 ss. - Pubblicazioni particolari: U. Wilcken, Gr. O., II, Berlino-Lipsia 1899, n. 1147 (Eurip., Hippol., 616-624); 1148 (epigr. sulla patria d'Omero); 1149 (verso omerico); Th. Reinach, in Mél. Perrot, Parigi 1903, p. 291 ss. (framm. di mimo); H. R. Hall, in Class. Rev., XVIII, 1904, p. 2 ss. (Eurip., Phoen., 105-118, 128-139); P. Jouguet-G. Lefebvre, in Bull. Corr. Hell., XXVIII, 1904, p. 201 (favola in trimetri); J. G. Milne, in Journ. Hell. Stud., XXVIII, 1908, p. 121 ss. (eserc. scolast., trim. giamb., narraz. mitologiche, ecc.); U. v. Wilamowitz-Moellendorff, in Sitzungsber. d. Kön. Preuss. Akad. d. Wissensch., XXXVI, 1918, p. 739 ss. (glosse omeriche, raccolta di sentenze); B. G. Grenfell, in Journ. of Egyptian Archaeol., V, 1918, p. 16 s. (epigramma); J. G. Miln, ibid., VIII, 1922, p. 156 s. (sentenze acrostiche); P. Viereck, in Raccolta di scritti in onore di G. Lumbroso, Milano 1925, p. 253 ss. (versi di Teognide, versi di Euripide, epigr. funerario); J. G. Tait, Greek O., I, 1930: O. Flindes Petrie, 405 (sentenze di Menandro), 408 (framm. omerico), 415 (preghiere cristiane); H. Kortenbeutel, in Aegyptus, XV, 1935, p. 415 s. (Psalm. 117); M. Norsa, in Ann. d. R. Scuola Norm. Super. di Pisa, VI, 1937, p. 8 ss. (versi di Saffo); P. Collart, in Comptes Rendus de l'Acad. d. Inscript. et Bell. Lettr., Parigi 1945, p. 249 ss. (verso di Cheremone); J. Schwartz, in Rev. Biblique, LIII, 1946, p. 534 ss. (framm. biblico); G. Manteuffel, in Journ. jur. Papyrol., III, 1949, p. 102 ss. (framm. d'inno).
Per gli o. aramaici: v. E. Sechau, Aramäische Pap. und O. aus einer jüdischen Militärkolonie zu Elephantine, Lipsia 1912. Ediz. di o. latini in U. Wilcken, Gr. O., II, Berlino-Lipsia 1899, n. 1266 (sec. II d. C.); G. Manteuffel, in Fouilles franco-polonaises, Rapport I, Tell Edfou 1937, Il Cairo 1937 (o. 196-204 e 209); Rapport II, Tell Edfou 1938, Il Cairo 1938 (o. 324-325); Rapport III, Tell Edfu 1939, Il Cairo 1950 (o. latini i nn. 472 e 475, demotici con sottoscriz. lat. i nn. 473-474). Per gli o. arabi: cfr. A. Grohmann, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, II, Milano 1957, pp. 499-509. - Un o. con disegno rudimentale, in O. Mich., III, Ann Arbor 1951, n. 1111 e tav. XI c.
(V. Bartoletti)
Egitto. Ostraka con figurazioni. - Convenzionalmente col nome di o. si indicano anche delle piccole lastre di calcare che recano su una superficie, meno spesso su entrambe, disegni di vario genere, talvolta colorati. Sebbene o. di questo tipo o anche, meno frequentemente, di coccio siano stati rinvenuti in Egitto in diverse località (Gīzah ad esempio, Saqqārah, Hemoka) e si datino in varî periodi della storia egiziana, a cominciare dalla I dinastia, pure il grosso dei trovamenti di quel particolare tipo di o. a cui prima si accennava, è avvenuto nell'Alto Egitto, intorno alla zona delle grandi sepolture tebane, e più precisamente nelle necropoli di Deir el-Baḥrī (interessanti i pezzi provenienti dalla tomba di Senmut, l'architetto della regina Ḥashepsowe, databili alla prima metà della XVIII dinastia) e di Biban el-Moluk, e nel villaggio operaio di Deir el-Medīneh. La ristretta zona dei trovamenti e il carattere particolare del villaggio di Deir el-Medīneh (sorto per ospitare tutti coloro che con varî incarichi lavoravano alle tombe nelle vicine valli "dei Re" e "delle Regine") permettono di stabilire con certezza la datazione al Nuovo Regno degli o. figurati (compresi tutti all'incirca tra la XVIII e la XX dinastia) e spiegano il significato e l'uso di questi disegni, vario così come varî sono i soggetti rappresentati.
La piccola lastra di calcare, facilmente ricavata per sfaldatura dal particolare tipo di roccia presente in tutta la regione dell'Alto Egitto, fu spesso presa in sostituzione del più prezioso papiro per svariati scopi: fu usata talvolta, come ora un quadernetto di appunti, per schizzi, progetti e calcoli dagli architetti delle tombe, numerose nella località: tale ci appare il complesso disegno di una tomba su un lungo frammento calcareo conservato al Museo Egizio del Cairo, proveniente da una tomba di Biban el-Moluk (Daressy, tav. xxxii). Il disegno che indica la pianta dell'edificio in tutto il suo sviluppo di camere (si noti il modo convenzionale con cui vengono segnate le porte tra i varî ambienti) è accompagnato da una didascalia in caratteri ieratici, nella quale sono brevemente indicate le dimensioni e i nomi dei diversi vani, probabilmente utili indicazioni che l'architetto forniva ai costruttori, non diversamente da quanto appare su un ben più antico o., datato alla III Dinastia (Museo del Cairo, n. 50036) sul quale l'architetto ha segnato, evidentemente per i costruttori, un diagramma numerico con una curva di coordinate. Un altro progetto architettonico appare su un piccolo o. del Cairo (n. 51936): con disegno sommario è stata indicata la pianta di una tomba rettangolare, probabilmente una delle camere ausiliari di un complesso funerario regale, con 4 pilastri all'interno destinati a reggerne il tetto: alcune cancellature e rifacimenti sia nel disegno che nella didascalia annessa denotano un mutamento del progetto originario, che si riflette in una diminuzione delle dimensioni dei pilastri.
Accanto a questi disegni sommari, veri e proprî appunti di lavoro, si ha un gruppo di o. equivalenti ai disegni o "cartoni" che ogni artista generalmente prepara prima di trasferire, in maggiori dimensioni, la composizione a pittura o in rilievo sulla parete da decorare. In questo gruppo di o., per lo più rinvenuti in tombe, le figurazioni sulle piccole lastre di calcare sono all'incirca le stesse che vediamo nelle tombe o templi del Nuovo Regno: la caccia regale, il re vittorioso ritto sul carro (Cairo, Museo Egiziano, n. 25124), figure di divinità, omaggio di sudditi al re o alle divinità, scene familiari nell'ambiente di corte. In questi o. il disegno è talvolta rapido e sommario - e allora si avverte che l'interesse maggiore dell'artista è volto a problemi compositivi - talvolta lento e accurato, con cancellature, ritocchi e riprese; ma in entrambi i casi l'indicazione che siamo davanti a modelli destinati ad essere riportati sulle pareti di edifici è offerta dal luogo di trovamento degli o. - le tombe - e da una leggera quadrettatura della lastra del calcare (cfr. il già citato pezzo del Cairo, n. 25124 o un altro, pure al Cairo, n. 25132, con la vivace rappresentazione di due lottatori).
Di diverso carattere sono invece gli o. rinvenuti in gran numero nelle abitazioni di Deir el-Medīneh. Gli scavi intrapresi in questa località da successive missioni, tedesche, italiane e soprattutto francesi, hanno messo in luce varie centinaia di o. figurati, conservati ora non solo al Cairo, Torino e al Louvre, ma anche a Bruxelles (Mus. Royaux d'Art et d'Histoire con una collezione di particolare interesse artistico), e al British Museum, per non citare che le collezioni più importanti. In questo villaggio che sorse e visse per un certo tempo in funzione della costruzione e decorazione delle tombe di re, dignitari di corte, sacerdoti e pubblici ufficiali, e anche delle più umili tombe degli stessi lavoranti, numerose dovettero essere le scuole di carattere artigianale in cui i giovani si preparavano a continuare il lavoro dei padri. E vere e proprie esercitazioni di scuola sono infatti molti degli o. rinvenuti nell'area dell'abitato di Deir el-Medīneh. Tra questi disegni di scuola spesso riprodotti in numerosi esemplari, con qualche variante e che denotano maggiore o minore abilità, cura o talento da parte degli autori (a seconda che si tratti dei maestri che tracciano un disegno o compongono una scena, o degli allievi che copiano o che si esercitano in composizioni che talvolta il maestro corregge) i soggetti raffigurati sono molteplici: la figura del faraone innanzi tutto, talvolta espressa in forme perfettamente auliche come sull'o. rinvenuto a Saqqārah (Cairo, n. 25147), figure di divinità o di offerenti, figure di danzatrici (probabilmente a questa categoria appartiene la bellissima figura femminile, ripiegata all'indietro in una ardita posizione di danza, conservata al museo di Torino), singoli animali (la mucca, il cavallo e poi gazzelle, pantere, ma soprattutto la scimmia, tanto spesso riprodotta nei più diversi e gustosi atteggiamenti), composizioni di animali e alberi, o piccole scene di vita quotidiana. E accanto a questi, c'è inoltre tutta una categoria di divertenti composizioni, che hanno a protagonisti gli animali: il gatto, in primo luogo, la volpe, la scimmia. Talvolta l'intento ironico e parodistico è evidente (scene di toletta dove una volpe o una scimmia reggono con grazia lo specchio a un sorcio); talaltra queste piccole scenette con animali (il ben noto gatto con bisaccia conduttore di papere, le varie e numerose "conversazioni" tra lupi, cani, capretti, iene ecc.), che sono poi le stesse che si ritrovano sui papiri detti "satirici" del Cairo, di Torino, del British Museum, rappresentano probabilmente le illustrazioni connesse con una diffusa tradizione favolistica, della quale sono andati perduti i testi.
Oltre a queste varie categorie, esistono infine alcuni o. che portano figurazioni di giochi (quale ad esempio il n. 25183 del museo del Cairo, più probabilmente una specie di gioco "della dama" che un calendario, come pure è stato proposto), o che hanno offerto essi stessi, con la loro liscia superficie, divertimento a oziosi disegni o composizioni: così forse è da intendersi il disegno ripetuto due volte in opposte direzioni di una fila di facciate di tombe rupestri (frammento n. 47705 del Cairo), dove un'interrotta decorazione geometrica al di sopra delle porte indica che siamo lontani dai disegni schematici, ma essenziali degli architetti, più vicini invece al libero gioco di una mano esercitata, in un momento di ozio.
Bibl.: M. G. Daressy, Ostraca, in Cat. gén. Ant. égypt., Il Cairo 1901; E. Schiaparelli, relazioni sui lavori della missione arch. in Egitto, 1903-1920, I, Torino 1923, p. 167, fig. 120 ss.; H. Schaefer, Ägyptische Zeichnungen auf Scherben, in Jahrb. d. k. Preuss. Kunstsammlungen, 1916; N. d. G. Davies, Egyptian Drawings on Limestone Flakes, in Journ. Eg. Arch., 1917, p. 234 ss., tavv. L-LII; J. Vandier d'Abbadie, Cat. d. Ostraca figurés de Deir el-Medineh, in Documents Fouilles de l'Inst. Fr. Arch. Or., II, Il Cairo, 4 fascicoli, dal 1936 al 1959; id., Deux nouveaux ostraca figurés, in Ann. Soc. Arch. Eg., XL, 1941, tav. XLIV; M. Werbrouck, Ostraca à figures, in Bull. d. Musées R. Art. et Hist., V, 1932, p. 106 ss.; VI, 1934, p. 138 ss.; XI, 1939, p. 41 ss. e XXV, 1953, p. 93 ss.; L. Keimer, Études d'égyptologie, III, Il Cairo 1941, p. i ss.; W. C. Hayes, Ostraca and Name Stones from the Tomb of Sen-Mut (n. 71) at Thèbes, in Egypt. Exp. Pubbl., XV, 1942; E. Brunner-Traut, Die altägyptischen Scherbenbilder (Bilderostraca) d. Deutschen Museum u. Sammlungen, Wiesbaden 1956; P. Matthiae, L'o. dipinto di Ramat Rahel in Rend. Lincei, S. VIII, vol. XVII, 1962, p. 265 ss.
(L. Guerrini)
Ostraka parthici. - Gli scavi condotti dall'Accademia delle Scienze del Turkmenistan (U.R.S.S.) hanno portato al rinvenimento (nel 1948 e nel 1949) di alcuni o. tra le rovine della nuova (6 esemplari) e della vecchia (1 esemplare) Nisa dei Parthi (v.). Tali o. consistono in frammenti ceramici (di grandezza diversa, sempre minore di 25 cm) iscritti sul diritto (più raramente sul rovescio o su ambedue i lati) con brevi iscrizioni: è dubbio se in aramaico o in iranico (sono presenti elementi di entrambe le lingue). Sono ricevute del saldo mediante vino di imposte su vigne, con il nome dell'esattore e con una data. L'èra cronologica che caratterizza le iscrizioni è stata interpretata come quella arsàcide (e non quella seleucide, parimenti usata nel regno parthico); gli o. pertanto sono stati datati tra il 114-113 e il 106-105 a. C. (secondo il sistema seleucide si avrebbero gli anni 178/177-170/169) in concomitanza con il regno di Mitridate Il (ricordato dagli storici come particolarmente fiorente).
L'ostrakon n. vii (qui riprodotto), è costituito da un frammento di grosso recipiente fabbricato a ruota (larghezza mm 175) di color rosa, ricoperto esternamente di mastice chiaro; la scrittura si trova nella parte interna del coccio. Fra la seconda e la terza riga tracce di correzione. Testo: Per ricevuta di imposta su una vigna di (località) chiamata Ntrk (?) 8 (opp. 7?) [riga inserita: recipienti pagamento nell'anno 133] sono stati consegnati Michredat contabile (?). Datazione con l'èra arsacide: 114-113 a. C.; con l'èra seleucide: 178-177 a. C.
Bibl.: Accademia delle Scienze del Turkemnistan, Materiali della spedizione del gruppo archeologico del Turkmenistan meridionale, JUTAKE (in russo), 2a ed., Mosca-Leningrado 1951.
(Red.)