OSTETRICIA (dal lat. obstetricia; fr. obstétrique; sp. obstetricia; ted. Entbindungkunst; ingl. obstetrics, midwifery)
L'ostetricia è lo studio della fisiologia e della patologia della donna gravida. La presenza dell'uovo fecondato nell'organismo della donna importa una serie complessa di modificazioni strutturali e funzionali, per cui si può parlare di modi speciali di reagire dell'organismo stesso nello stato di gravidanza. Si deve dunque studiare una fisiologia speciale della donna gravida e, per necessario riflesso, anche una speciale patologia. Difatti, come variano le reazioni della donna a stimoli fisiologici, devono variare anche le reazioni della donna gravida di fronte a stimoli morbosi, cosicché le malattie comuni assumono nella donna gravida un andamento e una sintomatologia speciali. Inoltre si deve pensare che l'uovo fecondato, vivendo per tutta la gravidanza in contatto diretto col sangue materno, dentro il quale pescano le terminazioni dei villi placentarî, non può a meno di riversare nel sangue stesso i prodotti del ricambio degli elementi dei villi, prodotti che, in talune condizioni, possono acquistare valore patogeno di fronte all'organismo della madre. Accade così che la donna gravida, oltre al trovarsi esposta al pari della non gravida a tutti i comuni fattori patogeni, può anche ammalare di malattie a essa esclusive, quelle che vanno sotto il nome di "malattie da autointossicazioni gravidiche".
Se da ciò si può già desumere l'importanza dottrinale di questo ramo delle scienze mediche, non si può a meno di accennare alla sua altissima importanza sociale, perché a una buona cultura ostetrica del medico è legata la sorte della donna nel delicato periodo della maternità e, in gran parte, il destino del bambino.
Una delle più clamorose vittorie della medicina nella lotta contro le malattie infettive è dovuta a un ostetrico, Ignazio Semmelweiss, il cui libro sulla natura e profilassi della febbre puerperale (1861) è uno dei monumenti più gloriosi della letteratura medica. Le norme profilattiche dettate dal Semmelweiss si applicano ancora e gli ulteriori progressi della scienza nulla vi hanno aggiunto, all'infuori dell'introduzione dei guanti nella pratica ostetrica. Non solo, ma da lui è indicata la natura vera delle stesse infezioni chirurgiche, tanto che, se le sue dottrine avessero avuto la meritata attenzione, sarebbe stata anticipata di un quarto di secolo l'attuazione del metodo antisettico in chirurgia.
L'ostetricia è indissolubilmente legata alla ginecologia (v.), la dottrina delle funzioni e delle malattie degli organi genitali femminili all'infuori dello stato di gravidanza. Questo ramo degli studî medici, che si è così potentemente affermato nell'ultimo cinquantennio, è, si può dire, di origine prettamente ostetrica. Gli archivî di ginecologia italiani e stranieri forniscono la più chiara documentazione di quest'affermazione; i capitoli più interessanti della ginecologia sono stati elaborati da ostetrici: quelli, per esempio, sulla genesi e terapia degli spostamenti uterini, quelli sulla gravidanza extrauterina, sulla parte che ha la blenorragia nella genesi delle flogosi genitali, quelli sulla tubercolosi genitale, sul corionepitelioma, sulle cause e la cura della sterilità nella donna. In Italia, in Germania, in Austria, in Russia, questi due rami della medicina sono riuniti in un'unica cattedra, la clinica ostetrica-ginecologica, una delle cattedre fondamentali per l'insegnamento medico-chirurgico.
Ma l'insegnamento dell'ostetricia, oltre che ai medici, s'impartisce alle allieve levatrici. Nell'ordinamento dell'assistenza sanitaria la levatrice (v.) tiene un posto abbastanza importante, se si consideri che in Italia, come del resto in quasi tutti i paesi civili, è la levatrice che provvede all'assistenza di quasi il 90% dei parti, ed è perciò in gran parte responsabile della corretta applicazione delle regole antisettiche, e quindi di un'efficace profilassi della febbre puerperale. E che la levatrice, almeno in Italia, corrisponda all'importante missione che le è affidata, è ampiamente dimostrato. Un'inchiesta ufficiale attuata negli Stati Uniti per ricercare le cause della tuttora elevata mortalità e morbilità puerperale ha messo in evidenza che tra 27 nazioni civili la Scandinavia e l'Italia tengono il posto d'onore per la bassa cifra della mortalità puerperale. In Italia la levatrice fruisce di un corso di studî più esteso che negli altri paesi; grazie ai più recenti ordinamenti l'allieva levatrice riporta il diploma dopo tre anni di studio, mentre in molti altri paesi l'insegnamento è impartito in un anno o anche meno. La stessa inchiesta ha concluso che l'elevata mortalità puerperale negli Stati Uniti è in parte dovuta alla deficienza del servizio delle levatrici. In Italia poi l'importanza dei due insegnamenti si è molto accresciuta dopo la provvida istituzione dell'Opera nazionale per la tutela e l'assistenza della maternità e dell'infanzia (v. maternità e infanzia).
Storia dell'ostetricia. - La necessità di un'assistenza adatta alla donna nelle fasi della maternità, e più specialmente nel momento del parto si deve essere presentata fino dai primi albori dell'umanità. I ricordi storici che più si spingono indietro nei secoli parlano sempre ed esclusivamente di un'assistenza prestata alla partoriente da donne esperte. Col tempo si venne a creare una categoria speciale di donne a ciò deputate, le obstetrices, che in Roma assursero a una certa rinomanza di sapere. Dove attingessero le loro conoscenze non si sa; però con l'avanzare della civiltà si vedono i medici più celebrati interessarsi di questioni ostetriche e di parti difficili, probabilmente per fornire alle levatrici cognizioni in proposito, mentre il pratico esercizio dell'ostetricia rimaneva inibito agli uomini. Ippocrate indubbiamente conosceva la situazione longitudinale e quella trasversale del feto e per quest'ultima formulò il precetto del rivolgimento cefalico. Consigliava per le difficoltà create dal volume eccessivo della testa fetale la craniotomia, e l'uso degli uncini per l'estrazione del feto. Da Ippocrate bisogna arrivare fino a Celso, nel primo secolo d. C., per trovare particolari maggiori di ostetricia pratica, sulla tecnica del rivolgimento, sulla decollazione, sul secondamento artificiale. Nei secoli successivi dell'impero Mustio, Galeno, Aezio, Paolo d'Egina portano contributo di conoscenze ostetriche, e specialmente precetti di ostetricia operativa, i quali farebbero pensare che l'ostetricia fosse passata dalle mani delle levatrici a quelle dei medici, per lo meno per i casi più difficili; ma di ciò non si ha alcuna testimonianza diretta.
Con la caduta dell'Impero d'Occidente e con le invasioni barbariche, ogni traccia di cultura medica sembra travolta, ma subentrarono gli Arabi a raccogliere i resti della cultura classica; degni particolarmente di nota Rāzī, Avicenna, Albucasis. Ma il pratico esercizio era ricaduto nelle mani di levatrici ignoranti. Un primo bagliore di risorgimento degli studî ostetrici si ha nella pubblicazione di E. Roesslin (1513), e successivamente in quella di J. Rüff, libri destinati precisamente alle levatrici. Ma ormai sono gli anatomici a rivolgere la loro attenzione a questo campo. In Italia Berengario da Carpi, poi Leonardo, e da Padova il belga Vesalio, indi il suo successore Realdo Colombo, Gabriele Falloppia, Bartolomeo Eustachi, in Francia Severin Pineau. Sono questi studî anatomici che fornirono la base necessaria a un'esatta conoscenza scientifica dei fenomeni della gravidanza e del parto. E così s'iniziava, specialmente in Francia, quel movimento che doveva a poco a poco familiarizzare i medici con l'esercizio dell'ostetricia, per lo meno per i parti operativi. Apre la strada Ambroise Paré, che ripristinò nella pratica il rivolgimento sui piedi. Più particolarmente si specializzò in ostetricia il suo allievo J. Guillemeau, autore di un trattato nel quale per la prima volta si parla di emorragie da placenta previa e della loro cura col rivolgimento, e si discorre del parto forzato. Il vero avviamento dell'ostetricia nelle direttive chirurgiche è segnato dal libro di F. Rousset sul taglio cesareo sulla donna viva, che segna l'inizio di un'era nuova. Si prepara così per il secolo seguente l'avvento, sempre in Francia, di una schiera di valenti ostetrici; caposcuola F. Mauriceau, il cui trattato, largamente tradotto, doveva far testo per più di un secolo, C. Viardel, P. Portal, Ph. Peu, P. Amand, P. Dionis, G.-M. de La Motte, J. Clément contribuirono a fare della Francia in quell'epoca il centro più celebrato degli studî ostetrici. In Italia ebbe voga e ripetute edizioni il libro di Geronimo Mercurio (domenicano con il nome di Scipione), La comare o raccoglitrice, che sta a dimostrare come quivi il medico non avesse ancora potuto sostituirsi alla levatrice nel largo esercizio dell'ostetricia. Per converso in Olanda giganteggiò il nome di H. van Deventer col suo famoso Operationes chirurgicae novum lumen exibentes ostetricantibus, ecc. (Leida 1701); in Svezia si acquistò fama J. van der Hoorn.
Mentre in questo periodo l'ostetricia inglese era rimasta piuttosto nell'ombra, si andava preparando l'avvento del forcipe (v.), che doveva rivoluzionare l'ostetricia pratica. Il merito dell'invenzione del forcipe pare spetti a Peter Chamberlen senior, ma egli e i suoi discendenti mantennero segreto l'uso del forcipe in seno alla loro famiglia per più di un secolo. Divulgato finalmente nella prima metà del Settecento, il forcipe subì per contemporaneo suggerimento di W. Smellie in Inghilterra e di A. Levret in Francia un essenziale miglioramento con l'introduzione della nuova curvatura pelvica. L'esperienza del forcipe così modificato contribuì molto a migliorare le conoscenze sul meccanismo del parto, e a diffondere sane norme di assistenza. Nei nomi di Smellie e di Levret si può dire compendiato l'enorme progresso che fece l'ostetricia nel secolo XVIII. Alle loro scuole si accorreva da tutta l'Europa. Col Levret ricorderemo i nomi dei francesi J. Astruc, A. Pétit, F. Deleurye, e sul finire del secolo, dominante sugli altri per la notorietà acquistata con la nuova operazione da lui proposta e felicemente attuata, la sinfisiotomia, più che per la profondità della dottrina, J.-R. Sigault. La sinfisiotomia fu certo un notevole acquisto per l'ostetricia operativa, ed è singolare la varietà delle sue vicende, per cui dopo quasi un secolo e mezzo la si vide ora portata sugli altari, ora votata all'oblio. Attualmente, per esempio, si può dire che in Europa sia quasi completamente abbandonata, mentre ha entusiasti cultori nell'America Meridionale. Certo lo scopo che i suoi ideatori si proponevano, di sostituire cioè il taglio cesareo, non è stato raggiunto. Il vero continuatore della fama del Levret in Francia fu J.-L. Baudelocque, tra la fine del sec. XVIII e il principio del XIX, il capo riconosciuto del moderno indirizzo delle scuole di ostetricia.
Nel sec. XVIII, comincia anche in Italia una serie di valorosi cultori dell'ostetricia, formati specialmente alla scuola di Levret. Era il tempo in cui per opera dei governi si aprivano ricoveri per le partorienti, e specialmente ambienti di studio clinico. Possiamo anzi dire che a questo riguardo l'Italia figuri in prima linea. Se si fa eccezione per Vienna, dove l'insegnamento clinico dell'ostetricia cominciò con H. J. N. Crantz nel 1754, le prime scuole di ostetricia aperte agli studenti di medicina furono infatti quelle di Firenze nel 1756, di Bologna nel 1757, di Torino nel 1758, mentre solo nel 1759 ebbe principio quella di Copenaghen, nel 1763 quella famosa di Cassel con G. W. Stein, e nel 1765 quella di Londra con J. Leake. Le altre scuole italiane sorsero a Milano nel 1767, a Padova nel 1769, a Venezia nel 1770, a Pavia nel 1772, a Napoli nel 1777, a Roma nel 1786.
Assecondando le illuminate direttive di quei governi, ecco sorgere in Italia una schiera di cultori dell'ostetricia che non tardò a distinguers. per originalità di vedute. J. Vespa, F. Valli, L. Calza, V. Malacarne, G. B. Monteggia, P. Assalini, A. Bertrandi, ma più specialmente Fr. Asdrubali col suo trattato, hanno contribuito a emancipare l'ostetricia italiana dalle influenze straniere.
Fra le questioni che più appassionarono gli ostetrici nella prima metà del sec. XIX ricorderemo, oltre aî dibattiti sulla sinfisiotomia, quello sulle indicazioni alla provocazione del parto prematuro e dell'aborto provocato. Ma la data più saliente del secolo è quella della prima pubblicazione delle già ricordate osservazioni di Semmelweiss sulla natura e profilassi della febbre puerperale. Il prodigioso intuito che attraverso alle discordanti opinioni lo guidò alla scoperta del vero gli suggerì una serie di precauzioni per evitare l'infezione durante il travaglio del parto, precauzioni che si riferivano essenzialmente alla disinfezione delle mani. La loro adozione nella clinica di Vienna, dov'egli era aiuto, valse a fare quasi scomparire i casi di mortalità per febbre puerperale, che nei momenti di epidemia faceva in quelle cliniche, su un totale di circa diecimila partorienti, non meno di 500 vittime all'anno. Disgraziatamente la gelosia dei colleghi, l'assoluta incomprensione del nuovo linguaggio scientifico (basti dire che il Virchow stesso in quegli anni si accontentava, per spiegare la febbre puerperale, della meschina ipotesi di una metastasi lattea) tentarono di soffocare al suo sorgere la mirabile scoperta.
Quando appena cominciavano a diffondersi i benefici dell'assistenza antisettica al parto, ecco disegnarsi un nuovo gigantesco progresso nella ostetricia operativa, e questa volta per opera di un italiano, Edoardo Porro. Col proporre ed eseguire per la prima volta (21 maggio 1876) l'asportazione sopravaginale dell'utero e degli annessi a complemento del taglio cesareo, Porro veniva a liberare la donna operata dai maggiori pericoli che la minacciavano, l'emorragia e l'infezione. In realtà, se anche da qualche secolo il taglio cesareo sulla vivente era entrato nella pratica, i suoi risultati si potevano ancora dire disastrosi. È vero che si salvava con esso un certo numero di bambini, ma per la donna, salvo qualche fortunato caso sporadico, l'esito infausto si poteva dire la regola dolorosa. Nella clinica di Vienna, per esempio, di tutte le donne operate di taglio cesareo per grave viziatura pelvica, dal 1776 al 1876, non una era sopravvissuta. La proposta di Porro diede in quell'ambiente la prima donna salva dopo un secolo d'insuccessi. E l'operazione, sotto il nome di operazione Porro, non tardò a diffondersi in tutto il mondo, segnando per il taglio cesareo una vera risurrezione. Ancora pochi anni e, assicurata l'operata contro l'infezione per il diffondersi delle norme antisettiche, ed eliminato il pericolo dell'emorragia con una corretta tecnica di sutura della parete uterina per opera specialmente di M. Saenger e G. Leopold, il classico taglio cesareo conservatore tornava a sostituirsi al demolitore. Ma l'operazione Porro rimase e rimane tuttora per alcune speciali indicazioni. Ad ogni modo essa ebbe il merito essenziale di avere fatto rinascere la fiducia nel taglio cesareo, agevolando così la sua estensione ad altre indicazioni oltre quelle create dalle viziature pelviche gravi. E così che, a poco a poco, il taglio cesareo divenne familiare agli ostetrici anche per viziature pelviche lievi, e fu poi introdotto, ed è ora applicato con successo, nella cura delle emorragie da placenta previa centrale e da distacco prematuro di placenta normalmente inserta, e, secondo alcune vedute, nella cura dell'eclampsia.
Verso la fine del sec. XIX un nuovo vivace impulso allo studio dell'ostetricia veniva dato dalle fortunate ricerche sui primi stadî di sviluppo dell'uovo fecondato, e specialmente sul processo di annidamento (v.) dell'uovo stesso. Tale annidamento, come generalmente si ritiene, avviene in grazia del potere erosivo di cui è dotato l'epitelio di rivestimento esterno dell'uovo fecondato, per cui l'uovo, giunto nella cavità uterina, comincia con l'attaccare e distruggere l'epitelio di rivestimento della mucosa uterina, poi s'infossa nello spessore della mucosa distruggendo gli elementi dello stroma, per scavarsi in seno a esso un nido, la camera incubatrice; e infine usura e perfora le pareti dei vasi sanguigni mettendosi a contatto diretto col sangue materno. Questo modo di intendere l'annidamento trovava appoggio in alcuni fatti patologici, da poco messi in evidenza, nella proprietà che assumono talora gli elementi dell'uovo di invadere per le vie sanguigne l'organismo materno, come succede nel corionepitelioma.
All'antico punto di vista, quasi esclusivamente meccanico, dal quale erano prima considerati i rapporti materno-fetali, veniva così a sostituirsi un punto di vista biologico dal quale non tardarono a ricevere una singolare luce tanto i fenomeni fisiologici della gravidanza quanto quelli patologici. È così, considerando l'uovo come un ospite del sangue materno, che si poterono interpretare i fenomeni simpatici della gravidanza, e nel campo patologico tutto il vasto gruppo delle malattie da intossicazione gravidica. A confortare l'ipotesi che il contatto degli elementi placentari col sangue sia la ragione essenziale dei mutamenti che tutto l'organismo materno, e specialmente il siero del sangue della donna gravida, subisce per il fatto della gravidanza, sopravvennero la scoperta della reazione di Abderhalden, e, in epoca recentissima, la reazione di Ascheim-Zondeck, dimostranti l'una e l'altra che dagli elementi placentari passano al sangue, e di lì anche alle urine, prodotti del ricambio degli elementi stessi od ormoni da essi elaborati.
Immenso è il lavoro che dagli ostetrici di tutto il mondo fu compiuto in questo indirizzo, rivoluzionando tutte le precedenti nozioni di fisiologia e patologia gravidica. Quasi contemporaneamente, e di pari passo con le nuove conoscenze ostetriche, andava maturando un nuovo corpo di dottrina, la ginecologia. In Italia i primi a dare sviluppo alla ginecologia e alle sue applicazioni terapeutiche furono D. Chiara, A. Cuzzi, L. Mangiagalli, G. Inverardi, L. Acconci, per non parlare dei viventi. Mangiagalli ha anche dotato la scienza italiana di un prezioso trattato di ginecologia. I vincoli intercedenti fra ostetricia e ginecologia si fanno tanto più stretti, in quanto si va sempre più affermando nel campo dell'ostetricia la tendenza a un indirizzo che si vuol dire chirurgico, e nel campo ginecologico la tendenza a una chirurgia possibilmente conservatrice. Ostetricia e ginecologia non possono a meno, nel momento attuale, di occuparsi anche di questioni sociali, per quanto riguarda specialmente la difesa della stirpe.
Bibl.: E. Roesslin, Rosengarten, Strasburgo 1515; A. Paré, Collection de l'administration anatomique... avec la manière... d'extraire les enfants tant morts que vivants du ventre de la mère, Parigi 1549; C. Gesner e C. Wolf, ΜΟΣΧΙΩΝΟΥ περὶ γυναικείων παϑῶν, Basilea 1566; F. Rousset, Traité novueaux de l'hysterotomotokie ou enfantement césarien, ecc., Parigi 1581; G. Mercurio, La comare o raccoglitrice, Venezia 1595; S. Pineau, Opusculum physiologicum... tractans... partum naturalem mulierum, Parigi 1598; J. Guillemenau, L'heureux accouchement des femmes, ivi 1609; C. Vialet, Observations sur la pratique des accouchements naturels, ecc., ivi 1671; F. Mauriceau, Traité des maladies des femmes grosses et des celles qui sont nouvellement accouchées, ivi 1675; P. Portal, La pratique des accouchements, ecc., ivi 1685; Ph. Peu, La pratique des accouchements, ivi 1694; H. van Deventer, Operationes chirurgicae novum lumen exibentes obstetricantibus, ecc., Leida 1701; P. Amand, Nouvellès observations sur la pratique des accouchements, ecc., Parigi 1713; G.-M. de La Motte, Traité des accouchements naturels, non naturels et contre nature, ecc., ivi 1715; P. Dionis, Traité général des accouchements, ecc., ivi 1718; W. Smellie, Treatise on the theory and practice of midwifery, Londra 1752; A. Levret, L'art des accouchements, ecc., Parigi 1753; H. J. N. Crantz, Einleitung in eine wahre und gegründete Hebammenkunst, Vienna 1756; J. Vespa, Dell'arte ostetrica, Firenze 1761; F. Deleurye, Traité des accouchements, Parigi 1770; J. R. Sigault, An in partu contra naturam sectio symphyseos ossium sectione caesarea promptior et tutior?, Angers 1772; J. Leake, Lecture introductory to the theory and practice of midwifery, Londra 1773; G. W. Stein, Kleine Werke zur praktischen Geburtshülfe, Marburgo 1798; A. Pétit, Traité des maladies des femmes enceintes, ecc., Parigi 1800; A. Corradi, L'ostetricia in Italia, Bologna 1874; E. Porro, Della amputazione uteroovarica come complemento al taglio cesareo, Milano 1876; M. Saenger, Der Kaiserschnitt bei uterus-fibromen, Lipsia 1882; L. Mangiagalli, Trattato di ostetricia e ginecologia, Milano 1892-99; G. E. Curatulo, L'arte di Juno Lucina in Roma, Roma 1901; A. Guzzoni degli Ancarani, Ostetricia (Storia della), in Enciclopedia medica italiana, Milano 1887; A. Cuzzi, Trattato di ostetricia e ginecologia, I, introduzione storica, Milano 1892-98; M. Pazzi, Saggio bibliografico di ostetricia e ginecologia, Bologna 1896; A. Guzzoni degli Ancarani, L'Italia ostetrica, Siena 1911; id., I trattati di ostetricia stampati in italiano sino al 1900, in Atti Società italiana di ostetricia e ginecologia, Milano 1906; O. Viana e F. Vozza, L'ostetricia e la ginecologia in Italia, Milano 1933; E. Pestalozza, Il bilancio scientifico della Società italiana di ostetricia e ginecologia nel primo trentennio della sua attività, Milano 1933, in O. Viana e F. Vozza, op. cit.
Operazioni ostetriche.
Che su una donna gravida si possa essere chiamati a eseguire una qualsiasi operazione, anche addominale (appendicectomia, colecistectomia, ovariotomia, perfino una miomectomia enucleando dalle carni dell'utero gravido un fibroma) e che la gravidanza non costituisca una controindicazione ad alcuna di queste operazioni è cosa nota; ma in questi casi si pratica un'operazione chirurgica o ginecologica, non una operazione ostetrica. Volendo circoscrivere la trattazione a queste ultime, a quelle operazioni cioè che si propongono direttamente o indirettamente l'estrazione del prodotto del concepimento, potremo distinguerle a seconda che siano eseguite durante la gravidanza, o nel parto, e queste ultime a seconda che siano eseguite nel periodo dilatante, nel periodo espulsivo o nel periodo del secondamento.
Operazioni ostetriche della gravidanza sono: 1. la provocazione dell'aborto; 2. la provocazione del parto prematuro; 3. il parto forzato; 4. la versione per manovre esterne.
L'aborto provocato è un'operazione che va perdendo continuamente terreno col progredire della scienza. Nessuno penserebbe oggi a provocare l'aborto per una grave viziatura pelvica, né per l'incarceramento dell'utero gravido retroflesso e nemmeno per la complicazione della gravidanza con un tumore ovarico o con un fibroma uterino. Vi sono però certe malattie che in gravidanza assumono un andamento particolarmente grave, e che, non essendo suscettibili di cura diretta, esporrebbero a grave rischio di morte la donna. Tale in certi casi il vomito grave, se inutilmente esperimentate tutte le cure mediche; tali alcune altre forme d'intossicazione gravidica (corea, tetania, polinevrite). Anche la nefrite cronica complicante la gravidanza può giustificarne l'interruzione. Fino a qualche tempo fa si largheggiava da molti nell'aborto provocato nelle gravide tubercolose; ora si delinea una forte corrente contraria, preferendosi esperimentare l'efficacia della cura sanatoriale e specialmente della collassoterapia, che si è vista benissimo tollerata e anche efficace in gravidanza. La questione non è ancora definitivamente risolta; ma nel paragonare statistiche di tubercolose trattate con o senza aborto non si dimentichi di tenere in conto anche il numero dei feti salvati dalle cure sanatoriali. In tesi generale possiamo dire che la tendenza prevalente è quella che mira a limitare sempre più le indicazioni all'aborto provocato, che con gli sperati progressi della scienza è destinato a scomparire dal novero delle operazioni ostetriche. In favore di questa tendenza militano anche ovvie considerazioni d'indole morale e religiosa, nonché l'interesse sociale a veder diminuire la frequenza dell'aborto criminoso; è infatti fuor di dubbio che un abuso d'indicazioni mediche all'aborto crea nel pubblico la convinzione che l'aborto non sia poi un grave delitto. E saviamente si è in Italia provveduto, con l'obbligo della denuncia dell'aborto al medico provinciale, a porre un freno a questi abusi, mentre le modificazioni apportate nel codice penale impongono al giudice la maggior severità nel giudicare questo genere di reato che è considerato, non più come un reato contro la persona, ma come un reato contro la stirpe. Altre volte non si tratta già di provocare l'aborto, ma di espletare l'aborto già in atto quando insorgano pericolo per la donna; e a questo riguardo non v'è nessuna riserva da fare.
Anche le indicazioni alla provocazione del parto prematuro hanno subito una forte limitazione; l'indicazione più generalmente accolta è quella fornita dall'albuminuria in gravidanza, o dai prodromi della eclampsia. Per quanto riguarda la provocazione del parto prematuro nelle viziature pelviche, i più recenti progressi dell'arte, ispirando sempre maggior fiducia nei risultati del taglio cesareo, tendono a ridurre il parto prematuro entro limiti sempre più angusti.
Accade qualche volta che l'ostetrico si trovi nella necessità di interrompere rapidamente la gravidanza nei mesi avanzati, di fare, per così dire, un parto prematuro estemporaneo. Tale operazione praticata prima che siano insorte le contrazioni uterine prende il nome di parto forzato. Mentre nel parto prematuro provocato il medico si propone di provocare l'insorgenza delle contrazioni uterine, che dovranno poi espletare il parto, non fa altro insomma che preparare le vie al parto spontaneo, il parto forzato mira invece a estrarre rapidamente il feto attraverso alle vie genitali non preparate, il che si può ottenere previa dilatazione rapida delle vie genitali per mezzo di dilatatori metallici, oppure incidendo in tutta la sua altezza il collo dell'utero, per poi procedere all'immediata estrazione del feto per lo più mediante il rivolgimento seguito dall'estrazione podalica (taglio cesareo vaginale).
Un'altra operazione ostetrica possibile in gravidanza, purché esistano determinate condizioni favorevoli, è il rivolgimento per manovre esterne, col quale a una presentazione giudicata meno favorevole se ne vuole sostituire una più favorevole. La principale indicazione a questo intervento è rappresentata dalla presentazione di spalla diagnosticata nPali ultimi giorni della gravidanza o nell'imminenza del parto. E se il rivolgimento riesce, si dovrà poi assicurare la permanenza della nuova presentazione per mezzo di una cosiddetta fasciatura eutocica.
Le operazioni ostetriche del periodo dilatante del travaglio sono quelle che si propongono di accelerare o completare la dilatazione della bocca uterina, sia mediante le dita, sia per mezzo di strumenti metallici (p. es., il dilatatore del Tarnier), sia per mezzo d'incisioni sul margine della bocca uterina praticate con le forbici o col bisturi (isterostomatomia), sia infine per mezzo di sacchetti di seta gommata (sacchetto di Champetier). L'indicazione più comune a questa forma d'intervento è data dall'insorgenza di febbre in periodo dilatante come conseguenza della rottura intempestiva della borsa delle acque. Oltre a ciò qualunque incidente che sopravvenga in periodo dilatante, lo scoppio, p. es., di convulsioni eclampsiche, può giustificare quest'intervento come preparazione alla successiva estrazione del feto.
Un'altra operazione della quale si può presentare la necessità nel periodo dilatante del parto è il rivolgimento per manovre miste. Se, p. es., essendo il feto in presentazione di spalla il sacco si rompe prima che la dilatazione sia completa, non essendo ancora possibile praticare il rivolgimento per manovre interne, si potrebbe tentare il rivolgimento con la sola introduzione di due dita nella bocca incompletamente dilatata, afferrare con esse un piede del feto e aiutarsi con la mano esterna per respingere in alto la spalla e spingere in basso il podice. È però operazione di particolare difficoltà e che per lo più richiede la narcosi. Per un certo tempo ebbe voga nella cura delle emorragie da placenta previa centrale (metodo della scuola di Berlino); oggi è quasi completamente abbandonata. Potrebbe forse trovare la sua applicazione nei rari casi di rivolgimento profilattico per viziatura pelvica.
Fra le operazioni del periodo dilatante possono figurare le manovre di riduzione del cordone prolassato (a seconda del grado di dilatazione della bocca dell'utero, riduzione manuale o strumentale).
Non riteniamo che meriti un posto fra le operazioni ostetriche del periodo dilatante la rottura artificiale delle membrane. Si può dire che l'unica indicazione seria a un intervento del genere sia rappresentata dall'emorragia da placenta previa laterale. Assolutamente ingiustificato è quest'intervento nel corso del parto normale, sotto il pretesto di accelerarne il corso, perché per esso si rinuncia all'innegabile efficacia della borsa integra nel favorire la dilatazione della bocca dell'utero, e perché ne deriva quasi inevitabilmente uno spasmo della muscolatura uterina al quale si dovrà poi riparare con degli antispasmodici (il cosiddetto parto medico alla Kreis). Anche il taglio cesareo può trovare la sua applicazione nel periodo dilatante, se, stabilitane già la necessità, il sacco delle acque si rompa precocemente; il ritardo nell'intervento potrebbe dar luogo all'inquinamento del liquido amniotico, il che comprometterebbe gravemente l'esito dell'operazione.
La maggior parte delle operazioni ostetriche sono quelle che si praticano nel periodo espulsivo del parto. Essendo oramai completa la dilatazione della bocca dell'utero, i soli ostacoli che possono opporsi alla estrazione del feto sono rappresentati dalla resistenza delle parti molli del canale genitale e precisamente dal piano perineale profondo (bottoniera vaginale del muscolo elevatore dell'ano) e dal piano perineale superficiale (muscolo costrittore della vulva). Quest'ultima resistenza può essere facilmente superata con un'operazione cruenta, l'episiotomia, con la quale viene sbrigliato il costrittore della vulva, e, volendo, anche il muscolo elevatore dell'ano, che a periodo espulsivo avanzato è facilmente raggiunto. Tale incisione si soleva praticare verso uno dei lati della vulva, ma può benissimo essere eseguita anche sulla linea mediana, il che ne rende più facile l'esatta ricostituzione mediante sutura.
Le più importanti fra le operazioni ostetriche del periodo espulsivo sono quelle che si propongono la diretta estrazione del feto. Se questo è in presentazione cefalica, il mezzo migliore di estrazione è l'uso del forcipe. Di questo strumento, che si può dire il principe degli strumenti ostetrici, l'indicazione più comune è quella fornita dal prolungarsi del periodo espulsivo, specialmente nelle donne primipare, per l'eccessiva resistenza del piano perineale. Se condotta con tecnica corretta, è operazione assolutamente innocua sia per la madre sia per il feto.
Altra operazione del periodo espulsivo è l'estrazione podalica, tirando cioè sui piedi quando il feto è in presentazione podalica. Se il feto fosse invece in presentazione cefalica e se le circostanze non permettessero l'estrazione col forcipe, per estrarlo occorrerebbe prima ricorrere al rivolgimento podalico per manovre interne o rivolgimento classico. Vi si ricorre particolarmente se a dilatazione completa si verificasse il prolasso del cordone ombelicale. Contro questo incidente il rivolgimento classico è il mezzo che dà il miglior affidamento per l'estrazione di un feto vivo.
Ma l'indicazione principale al rivolgimento classico è la presentazione di spalla; a esso però non si deve ricorrere se le membrane siano rotte da molto tempo, perché allora si verificano quelle condizioni che possono portare alla rottura dell'utero. In tal caso si parla di presentazione di spalla trascurata, la quale non richiede il rivolgimento, ma un atto embriotomico.
Si parla di embriotomia quando si praticano sul feto operazioni cruente incompatibili con la sua vita. L'embriotomia può essere eseguita sulla testa del feto, e si chiama craniotomia quando consiste nella perforazione del cranio e successiva estrazione della polpa cerebrale, allo scopo di diminuire il volume del cranio; cefalotrissia, se vi si aggiunga la frantumazione delle ossa della base del cranio; cranioclastia, se la testa perforata venga estratta per mezzo di apposito strumento, il cranioclaste. L'embriotomia può essere eseguita anche sul tronco del feto, nei casi di presentazione di spalla trascurata, e si distingue in rachiotomia e in eviscerazione; la rachiotomia a sua volta in decollazione e detroncazione. Norma generale è che non si debba ricorrere a un'embriotomia se non quando il feto è morto. Eccezionalmente vi si ricorrerà anche a feto vivo, se questo sia così sofferente da non lasciar sperare in una sua sopravvivenza, o se lo stato di salute della donna non permetta di ricorrere a quelle operazioni che potrebbero salvare la vita del feto, come per es. il taglio cesareo. Va ricordato che l'embriotomia a feto vivo è condannata dalla Chiesa cattolica.
L'operazione ostetrica più importante per la sua gravità, e per gli splendidi risultati che può dare là dove sia esclusa la possibilità dell'estrazione del feto vivo per le vie naturali, è il taglio cesareo. Il taglio cesareo classico consiste nell'estrazione del feto e dei suoi annessi attraverso a una breccia aperta nelle pareti addominali e nella parete uterina. Attualmente si preferisce far cadere l'incisione della parete uterina sul segmento inferiore dell'utero; la ferita poi viene rinchiusa con sutura a due strati. A questa modalità di taglio cesareo si dà da alcuni il nome di taglio cesareo transperitoneale. Quando si dubiti dell'asepsi della cavità uterina si può ricorrere con vantaggio al taglio cesareo extraperitoneale, oppure completare il taglio cesareo con l'esportazione dell'utero e degli annessi (operazione di Porro). Infine, operazione molto discussa e ora caduta piuttosto in disuso, è la sinfisiotomia, che si propone il taglio della sinfisi del pube per divaricare poi i due pubi divisi e permettere così l'ampliamento di un bacino ristretto. Lo stesso risultato si può ottenere se invece di tagliare la sinfisi s'interrompa nella sua continuità uno dei pubi, per lo più con l'uso di un filosega, operazione che prende il nome di pubiotomia od operazione di Gigli, dal nome dell'ostetrico italiano che l'ha proposta e che per attuarla ha appunto ideato il filosega che da lui prende il nome. Per chiudere l'enumerazione delle operazioni ostetriche resta a dire delle operazioni del secondamento e più precisamente del secondamento artificiale. È operazione che, richiedendo l'introduzione della mano nella cavità uterina, espone abbastanza spesso al pericolo d'infezione, e perciò va riservata ai casi in cui nel corso del secondamento insorgano gravi pericoli per la madre, specialmente ai casi di emorragia grave nel secondamento.
Ostetricia veterinaria.
L'ostetricia, anche nella medicina veterinaria, è l'arte dell'assistenza al parto per la conservazione della madre e del figlio.
La parola ostetricia non trova etimologicamente (lat. obstare "star da presso") in veterinaria una precisa corrispondenza poiché diversa è la posizione dell'ostetrico che assiste al parto della donna da quella dell'ostetrico delle femmine degli animali domestici: ma altri vocaboli proposti, come "tocologia" o "tocognosia" (τόκος "parto") non sono stati fortunati e la parola ostetricia è ormai universalmente accettata.
Per molto tempo l'ostetricia veterinaria fu unita e insegnata con la chirurgia e solo alla fine del sec. XVIII apparvero opere proprie della materia: la prima ad Amsterdam nel 1793 con una Verhandeling over het Verlossen der Koeyen di S. Eberhard e C. Günther; in Inghilterra il trattato dello Skellet, A Pratical Treatise on the Parturition (Londra 1807) e qualche anno dopo, a Torino, l'opera di F. Toggia, Del governo delle cavalle pregnanti. Da quel tempo l'ostetricia veterinaria si sollevò a specialità per essere più tardi oggetto di apposito insegnamento negli istituti di veterinaria. Essa mantiene anche ora nei programmi accademici la stessa denominazione; ma nello svolgimento della materia trovano posto necessarie cognizioni di ginecologia veterinaria indispensabili ai giovani studenti che nella pratica dovranno portare la loro consapevole opera a vantaggio dei problemi zootecnico e zooeconomico.
Note anatomiche. - Gli organi essenziali dell'apparato genitale nelle femmine domestiche sono posti in parte nella cavità addominale e in parte nella pelvi, in quella specie di canale formato dalle due ossa coxali costituenti il bacino e dal sacro, canale che acquista eccezionale importanza nell'espletamento del parto. Gli organi essenziali all'accoppiamento e alla riproduzione, vulva, vagina, utero, ovaia e mammelle hanno nelle femmine delle diverse specie domestiche differenze più o meno notevoli, istologiche, per forma, per grandezza, per posizione, per numero. Ricorderemo come le mammelle siano solo un paio, inguinali, nella cavalla, asina, vacca, pecora e capra; siano invece 4-6 paia nella scrofa, distinte in inguinali, addominali e toraciche; 4-5 paia nella cagna e nella gatta; nella quale ultima però ordinariamente sono attive solo un paio toraciche e un paio addominali.
L'utero, semplice nella donna, è nelle femmine degli animali domestici del tipo bicorne, formato cioè dal corpo e dalle due corna dell'utero che lo continuano cranialmente. Però la coniglia ha due uteri distinti, che si aprono in vagina con due distinte aperture.
Anche le ovaie variano nel loro aspetto macroscopico da specie a specie e nelle diverse età della stessa specie. Nella giovane cavalla sono a superficie liscia, nell'adulta vi sono numerosi rilievi per la presenza di follicoli ovarici a diverso grado di evoluzione. Nella vacca, invece, portano spesso rilievi anche nella giovane età. Nella scrofa hanno una speciale disposizione bernoccoluta a grappolo e similmente nella coniglia. Sono invece a superficie liscia nella cagna.
Fisiologia. - Nei primi tempi della vita extrauterina gli organi essenziali della riproduzione nelle femmine domestiche mantengono un'attività latente oscura fino a una certa età, variabile da specie a specie, nella quale gli animali diventano sessualmente maturi. Quest'età si chiama pubertà anche in medicina veterinaria e si manifesta con indubbî segni esteriori e con l'inizio del ciclo estrale che anche nelle femmine domestiche ha carattere di periodicità e sta a dimostrare che gl'individui hanno raggiunto la capacità di riprodursi. L'epoca della pubertà varia col variare della specie; e nella stessa specie può essere notevolmente influenzata dal clima, dalla razza, dall'alimentazione, dalle condizioni ambientali. L'epoca della pubertà cade tra i 15-20 mesi nelle equine; tra gli 11-16 nelle bovine; tra gli 8-12 nella pecora e nella capra; è precoce nella scrofa tra i 5 e gli 8; nella cagna e nella gatta tra i 7 e i 12 mesi. Questi termini già ampî possono facilmente subire oscillazioni notevoli.
Epoca dei calori. - Con la raggiunta pubertà sopravviene l'epoca dei calori o dell'estro venereo, manifestazione esteriore periodica dell'ovulazione determinata dalla maturazione e deiscenza dei follicoli ovarici. Il periodo dei calori, che noi consideriamo come iniziale del ciclo sessuale femminile, è caratterizzato nelle femmine domestiche da manifestazioni di eccitamento sessuale per cui esse sono portate alla ricerca e all'avvicinamento del maschio; hanno turbe psichiche con cambiamenti del carattere o delle abitudini; hanno oppure no, a seconda della specie, manifestazioni esteriori, flusso sanguigno, apprezzabili sugli organi genitali esterni.
La rottura del follicolo ovarico avviene spontaneamente nella cavalla e asina, nella vacca, nella cagna e nella scrofa, ciò che rende periodico il presentarsi dei calori; invece nella gatta e nella coniglia la rottura del follicolo durante i calori si ha solo quando è provocata dal maschio durante la copula. L'estro venereo si presenta in varie epoche e ha diversa durata nelle diverse specie. Nella cavalla in generale da aprile a luglio, ogni tre o quattro settimane e dura due o tre giorni. Se la cavalla è stata fecondata i calori possono riapparire circa 8 giormi dopo il parto. Nella vacca può presentarsi in primavera o anche in autunno; ma il periodo più favorevole è luglio-agosto ogni 3-4 settimane o anche ogni 2 e dura da 24 a 60 ore. Se fecondata, i calori possono riapparire circa 20 giorni dopo il parto. Nella pecora e nella capra l'estro appare normalmente in autunno, ogni 2 settimane e dura 24-48 ore e in caso di gravidanza riappare circa 4 mesi dopo il parto. Nella cagna normalmente i calori si presentano in primavera e in autunno, hanno una durata di 8-15 giorni e ricompaiono dopo circa 4 mesi dal parto. Nella scrofa generalmente in ottobre-novembre, ma anche in primavera, durano circa 48 ore e, se l'animale è fecondato, si ripresentano al secondo mese dopo il parto.
Corpo luteo. - La comparsa dei calori ci fa manifesto che il follicolo o i follicoli ovarici, secondo che si tratti di femmina unipara o pluripara, giunti alla maturazione si preparano alla deiscenza. Con la loro rottura e la caduta dell'ovulo nella cavità follicolare s'inizia la formazione del corpo luteo: corpo luteo falso o dei calori se, non essendo avvenuta la fecondazione, esso regredisce in una decina di giorni; corpo luteo vero o della gestazione, se la femmina è stata fecondata. In questo caso il corpo luteo persiste per tutta la durata della gravidanza e regredisce dopo il parto attraverso degenerazione delle sue cellule luteiniche e attiva proliferazione connettivale, fino a ridursi a una semplice cicatrice (corpo albicante); così come il corpo luteo da calore. Al corpo luteo sono legate importantissime attività. Esso ha influenza sulla mucosa uterina per renderla atta all'annidamento dell'uovo fecondato; e d'altra parte è esso stesso influenzato da particolari condizioni dell'endometrio (endometriti, piometra, corpi estranei accidentali nell'utero) che lo rendono "persistente" anche in casi di non gravidanza. Il corpo luteo normalmente impedisce la maturazione dei follicoli e quindi la comparsa dei calori; inibisce le contrazioni uterine agendo sulla secrezione dell'ipofisi; determina l'ìpertrofia della mammella. Azione quindi molto complessa e tale da influenzare decisamente la fecondità della femmina.
Fecondazione. - A seguito dell'eccitazione sessuale che si manifesta col periodo dei calori, la femmina può essere fecondata quando gli spermî lanciati dal maschio nel canale genitale, per il movimento loro proprio e per quello delle ciglia della mucosa dell'utero e degli ovidutti, raggiungono l'ovulo già disceso dall'ovaio in seguito alla rottura del follicolo maturo. L'incontro dell'ovulo con uno spermio e la penetrazione di questo attraverso la membrana che avvolge l'ovulo stesso determina l'inizio della gravidanza.
Gravidanza. - Questo incontro normalmente avviene nella tuba e l'ovulo fecondato continua la sua discesa verso la cavità uterina che raggiunge in 8-10 giorni nella cavalla e nella cagna e in circa 3 giorni nelle altre femmine domestiche. Solo eccezionalmente l'ovulo fecondato non raggiunge la cavità uterina, ma si può fermare lungo la tuba dando luogo a una gravidanza estrauterina, tubarica; o può avvenire che attraverso l'apertura frangiata della tuba cada nell'addome a dar luogo a una gravidanza addominale; o può fermarsi all'ingresso della tuba nell'utero e dar luogo a una gravidanza interstiziale. Queste gravidanze sono veramente rare nelle femmine domestiche e hanno sempre un decorso patologico. La cellula-uovo fecondata, regolarmente discesa e annidatasi nella cavità uterina, durante lo stadio della segmentazione ha lo stesso comportamento in tutti i mammiferi domestici per ciò che riguarda la blastogenesi e l'embriogenesi.
Annessi fetali. - Differenze notevoli si hanno invece nella formazione degli annessi fetali. Pertanto in tutti i Mammiferi si ha l'amnion, membrana completa che avvolge il feto circoscrivendogli intorno una cavità ripiena di liquido amniotico e la cui superficie interna si ricopre di proliferazioni epiteliali verso la decima settimana, come negli equini; o di veri villi come nei ruminanti; oppure resta liscia come nel maiale e nei carnivori. Segue l'allantoide, altra membrana a grande sviluppo, completamente avvolgente negli animali a differenza di ciò che si ha nell'uomo, e sulla cui superficie esterna si sviluppano i vasi ombelicali, ripiena anch'essa di liquido, per cui, come l'amnion, protegge il feto ripartendo in modo uniforme le pressioni che possono agire su esso. Si ha poi la vescicola ombellicale, importante come organo produttore di sangue e forse anche per una sua particolare funzione endocrina. Infine il corion forma la membrana esterna del feto, importantissima per le relazioni che essa stabilisce tra embrione e utero materno. Essa è a contatto per la sua faccia interna con l'allantoide a cui si salda e da cui viene vascolarizzata. Sulla sua superficie esterna sorgono presto appendici in forma di villi che rapidamente vascolarizzati penetrano nella mucosa uterina. Questa parte del corion prende intima relazione con l'utero materno, che diventa placenta e attraverso la circolazione placentare tra le pareti dei vasi e i tessuti dei villi e della mucosa uterina provvede d'ora in avanti agli scambî nutritizî tra madre e feto il quale per l'innanzi si era nutrito del latte uterino secreto dalla mucosa della matrice. Per la particolare disposizione che assumono i villi, si considerano varî tipi di placenta: cioè una placenta diffusa quando i villi sono disseminati su tutto il corion come negli equini (completa) e nei suini (incompleta); una placenta molteplice quando i villi sono raccolti in gruppi (cotiledoni o placentomi), come nei bovini; una placenta discoidale quando i villi sono disseminati in una zona circolare, come nei roditori; una placenta zonata che ha i villi disseminati sulla zona equatoriale del corion, come nei carnivori.
La gestazione è il periodo in cui viene a trovarsi la femmina dal momento in cui l'ovocellula incontrata dallo spermio è stata fecondata fino a quello in cui il prodotto dell'accoppiamento viene espulso dall'utero materno in seguito a parto o ad aborto. La gestazione o gravidanza è indicata anche in veterinaria con varie attribuzioni che non hanno bisogno di chiarimento: essa è vera quando la femmina è realmente gravida; ma può essere anche falsa o simulata per forme patologiche; o immaginaria, come non raramente si osserva nella cagna per una psicosi o più probabilmente per una anormale evoluzione dei corpi lutei. Comunque la gravidanza può avere un decorso normale e anormale. È semplice quando è normale la produzione di un solo feto; o gemellare o poligemina quando la femmina unipara dà alla luce due o più feti. Si ritengono tipicamente unipare la cavalla e l'asina; gemellari la vacca e la pecora, più spesso la capra, frequentemente trigemina. Sono pluripare la cagna, la gatta, la scrofa, ecc. Lo stato di gravidanza porta non solo modificazioni profonde, negli organi della sfera genitale, ma anche modificazioni esteriori e psichiche. L'utero più degli altri organi si modifica per volume, per forma, consistenza, posizione e rapporti con gli altri organi della cavità addominale e si modificano pure le ovaie e i legamenti larghi. Modificazioni esteriori sono date dalla tendenza all'ingrassamento, dall'aumento e dall'abbassamento dell'addome, dallo sviluppo delle mammelle. Il cambiamento di carattere è frequentissimo e più accentuato nella cavalla e nella cagna, nella quale ultima si sono osservati anche turbamenti tanto profondi da farli considerare quali vere e proprie psicosi.
Diagnosi della gravidanza. - Le diverse modificazioni cui abbiamo accennato assumono molta importanza per la diagnosi della gravidanza che in alcune femmine domestiche può essere di grande interesse zootecnico e zooeconomico.
Dobbiamo distinguere in veterinaria nelle grandi femmine, la diagnosi precoce da farsi nei primi tempi della gravidanza, dalla diagnosi richiesta oltre la prima metà della durata della gravidanza stessa. A questa ultima si giunge attraverso l'osservazione delle modificazioni esteriori cui già abbiamo accennato e mediante l'ispezione, per via rettale, degli organi della sfera genitale nei quali è facile apprezzare le modificazioni profonde avvenute in seguito a gravidanza inoltrata oltre la metà della sua durata; ispezione che, facendoci apprezzare entro la matrice la presenza del feto o almeno l'utero profondamente modificato, è tale da darci un indubbio responso. La gravidanza precoce offre invece difficoltà maggiori per cui essa è soccorsa da prove di laboratorio che a loro volta non offrono sempre responsi indiscutibili. Tuttavia la diagnosi precoce è anche possibile attraverso un attento esame manuale degli organi genitali, particolarrmiente dell'utero e dell'ovaia, quando attraverso l'ispezione rettale si possa accertare o no la presenza del corpo luteo della gestazione oltre il trentesimo giorno dall'accoppiamento; e quando al quarantesimo giorno si possa osservare la chiusura del canale cervicale a mezzo del tappo mucoso; oppure, dato molto importante anche per una diagnosi differenziale tra la gravidanza e una eventuale affezione dell'utero, si possa percepire il fremito vascolare dell'arteria uterina media, presente solo in caso di utero gravido. A queste ricerche non sempre definitive soccorrono anche in veterinaria le varie prove biologiche in uso nella specie umana quali la reazione dell'Abderhalden, quella del Kottmann, la reazione alla novocaina-formalina del Costa; e quella alla fluorizina del Kannitzer e Joseph, ecc.
Durata della gravidanza. - È diversa nelle femmine delle diverse specie: è di circa mesi 11½ nella cavalla e di qualche giorno più lunga nell'asina; di mesi 9½ circa nella vacca; 5 mesi nella pecora; di 4 nella scrofa; di circa 9 settimane nella cagna e di 8 settimane nella gatta; di 1 mese nella coniglia; è di 10½-12 mesi nella cammella, 10½ mesi nella bufala.
Parto. - Giunta alla fine della sua normale durata la gravidanza termina col parto, il quale può essere a termine o normale, oppure prematuro o pretermesso; ma entro i limiti di queste espressioni presuppone sempre che il feto sia capace di vita propria. Il parto è fisiologico, eutocico, quando si espleta naturalmente; è invece anormale, laborioso, distocico, quando, per espletarlo, l'ostetrico deve intervenire con la sua arte. Ai segni precursori del parto succedono le doglie, la rottura della borsa delle acque e, infine, l'espulsione del feto cui segue il secondamento o parto annessiale. Nel parto eutocico il feto non solo trova le vie e gli organi genitali interni in condizioni normali, ma si trova esso stesso in presentazione, posizione, e atteggiamenti buoni, che altrimenti il parto sarebbe laborioso o addirittura distocico.
Patologia. - Parti distocici si possono avere per parecchie cause, quali la presentazione e la posizione anormale del feto, la sua eccessiva grandezza, alcune sue forme teratologiche o altre patologiche; mentre altre cause vanno ricercate in lesioni degli invogli fetali, in malattie della madre, in particolari accidenti (torsione, rottura) e lesioni dell'utero, degli altri organi genitali e del bacino.
Il parto distocico richiama urgente l'intervento del veterinario che ha a disposizione, a seconda dei casi, buone risorse farmacoterapiche e un vasto armamentario ostetrico (lacci e capezze da parto, uncini, propulsori, forcipi, isterotomi, embriotomi).
Sterilità. - Non sempre l'accoppiamento porta la fecondazione: qualche volta, con percentuale spesso alta, la femmina domestica non viene fecondata essendo sterile. La sterilità, che può essere del maschio come della femmina, è intesa come l'inattitudine permanente o temporanea alla riproduzione. L'inattitudine a riprodursi negli animali domestici colpisce più raramente il maschio, nel quale la sterilità può essere congenita per deficiente sviluppo o mancata discesa dei testicoli; oppure acquisita per pregresse malattie generali o degli organi sessuali; o per forme estenuanti da eccessivo lavoro fisico o sessuale, per cause ambientali da alimentazione o acclimazione, cause cioè, che in definitiva si manifestano con mancanza dell'estro sessuale o con una impotentia coeundi o generandi.
Nella femmina la sterilità è molto più frequente ed è dovuta a cause "endogenitali" per lesioni cioè che hanno la loro sede negli organi dell'apparato sessuale; ed "extragenitali" per forme patologiche o generali o localizzate al di fuori degli organi sessuali. Sono cause endogenitali le malformazioni congenite o acquisite dei varî organi formanti ostacolo all'accoppiamento o al cammino degli spermi. Così le forme infiammatorie banali o specifiche della vulva (vulviti) o della vagina (vaginiti); che raggiungono un risultato negativo principalmente a causa dell'insorgente "vaginismo" e, in modo trascurabile, a causa dell'acidità e della quantità del secreto vaginale. Più gravi le lesioni dell'utero, sia per sé stesse sia per le correlazioni che hanno con le altre parti dell'apparato genitale e specialmente con l'ovaio. La cervice uterina, oltre che per malformazioni congenite, può essere causa di sterilità in seguito a infiammazioni specifiche o non, che qualche volta, determinano secrezione ad azione chimico-tossica deleteria per i nemaspermî; ma molto più spesso per la conseguente sclerosi stenosante che impedisce allo sperma di attraversare il canale cervicale.
Più gravi le lesioni che hanno sede nel corpo e nelle corna dell'utero (endometriti), capaci di determinare sterilità per le modificazioni istologiche che le varie forme di "metrite", facili ad acquistare un andamento cronico, possono determinare nella mucosa uterina, sia creando condizioni meccaniche e secretorie sfavorevoli al cammino degli spermî, sia perché la mucosa ammalata inibisce l'annidamento o lo sviluppo dell'uovo fecondato; tanto per la desquamazione dell'epitelio e congestione della mucosa in conseguenza dell'infiammazione della matrice, quanto perché le condizioni dell'endometrio possono determinare la persistenza del corpo luteo, causa essa stessa a sua volta di sterilità inibendo la maturazione dei follicoli. Qualche volta si forma l'idrometra per ipersecrezione delle ghiandole a muco, causata da persistenza del corpo luteo, capace di determinare la chiusura del canale cervicale e quindi l'impossibilità della fecondazione.
Cade qui opportuno ricordare che il fenomeno della fecondazione è un fatto così complesso che per giungere a buon fine ha bisogno dell'integrità e del perfetto equilibrio funzionale di tutti gli organi dell'apparato genitale.
Press'a poco per le stesse ragioni della matrice, sebbene più raramente, anche le salpingi, oltre che per malformazioni congenite, possono essere causa di sterilità perché l'"ostio ovarico" immobilizzato o ristretto da aderenze con organi vicini, non può raccogliere l'ovulo che cade dall'ovaio; o perché in seguito a salpingite di una qualsiasi natura, la mucosa congesta o ipersecernente o sclerosata, impedisce il passaggio o la vita all'ovulo stesso. È logico che se una sola delle salpingi è ammalata, la sterilità può essere allontanata.
Molto più importanti le lesioni dell'ovaio il quale è capace di influenzare gli altri organi dell'apparato genitale attraverso la sua secrezione follicolare o luteinica. Tolte le malformazioni congenite o la presenza di tumori, le infiammazioni, le "ovariti" specifiche o non, rarissime, sono le lesioni capaci di determinare sterilità. Spesso però le modificazioni dell'ovaio, più che rivelare delle lesioni anatomiche, rivelano una disfunzione, un'insufficienza ovarica che si manifesta con l'irregolarità o con la scomparsa dei calori, cioè con il turbamento o la soppressione delle due fasi, follicolare o luteinica, dominanti il ciclo estrale, che resta profondamente turbato dalla persistenza del corpo luteo o dall'insorgenza di "cisti follicolari".
Quali siano le ragioni di queste turbe funzionali dell'ovaio ancora non è ben noto, ma si ammette che debbano essere ricercate nelle varie infezioni di origine puerperale o in un'alimentazione insufficiente per qualità o quantità.
Queste cause, che agirebbero indirettamente facendo risentire i loro effetti deleterî sia sul sistema simpatico ovarico sia sulla secrezione ormonica, specialmente su quella dell'ipofisi, debbono essere considerate, secondo la divisione già accennata, come cause indirette extragenitali ad azione generale.
Numerosi fattori extragenitali debbono essere ritenuti quali cause determinanti sterilità. E alcuni di essi, considerati ordinariamente quali fattori di diminuita fecondità, possono infine determinare sterilità vera e propria.
Di grande importanza il fattore "alimentazione", sia per la quantità sia per la qualità. Che un'alimentazione insufficiente, apportando uno stato di debolezza generale e di intensa anemia, porti all'affievolimento progressivo di ogni stimolo genesico, è logico, ma è anche provato praticamente che in casi di grave carestia e insufficiente alimentazione a lungo protratta (come durante l'ultima guerra in alcune regioni germaniche), si ha incompleto sviluppo degli organi genitali e, nelle femmine, scomparsa dei calori: la "sterilità da fame".
D'altra parte forme di "sovralimentazione", e quindi d'ingrassamento eccessivo, possono determinare invasione di tessuto adiposo negli organi sessuali, particolarmente nelle ghiandole, che sono spinte all'inattività e all'atrofia; o, determinando uno squilibrio nel bilancio organico, apportano nella funzione della riproduzione un progressivo abbassamento di tono che giunge fino alla sterilità. La qualità degli alimenti agisce indubbiamente sulla prolificità, limitandola fino a raggiungere la completa sterilità, quando l'alimentazione è troppo uniforme o si allontana troppo da quella propria tipica dell'animale o vi è carenza di sostanze minerali (calcio, cloruro di sodio, fosforo, iodio), o di vitamine. Il metodo di riproduzione negli animali domestici può apportare sterilità tanto per "consanguineità" in cui si avrebbe "una mortalità embrioriale prodotta da eccesso di affinità gametica", quanto per "ibridismo" per cui avremmo invece una "mancanza di affinità gametica produttiva di eterozigoti sterili" (A. Ghigi).
Egualmente la sterilità può avere un'origine genetica, trasmessa dai genitori ai figli attraverso un processo di ridotta fecondità per "fattori letali" o per "intersessualità", e anche un'origine "gemellare" per cui, p. es. le vitelle nate con un maschio, dallo stesso parto gemellare, sono sterili in altissima percentuale. Il clima e l'ambiente, influendo profondamente sulle varie funzioni dell'organismo, e quindi anche su quella genitale, possono essere causa di sterilità o di ridotta fecondità, come lo possono essere in diverso grado anche le condizioni di lavoro e i metodi di accoppiamento cui sono sottoposti i varî animali domestici.
Superfecondazione. - È possibile, per quanto raro, che una femmina coperta da due maschi diversi, a breve distanza, durante lo stesso periodo di calori, resti fecondata dall'uno e dall'altro, si abbia cioè una superfecondazione, e partorisca prodotti diversi, ciascuno con i caratteri proprî dell'uno o dell'altro padre.
Fecondazione artificiale. - Consiste nel portare artificialmente nell'utero di una femmina, non avvicinata dal maschio, lo sperma che è stato emesso e raccolto nella vagina di un'altra femmina coperta. Questo metodo, frequentemente utilizzato in zootecnica, richiede una pratica delicata e si usa quando la femmina non può essere coperta per lesioni delle prime vie genitali o quando si vogliano fecondare più femmine con lo sperma eiaculato in un solo salto da un riproduttore molto pregiato per la sua genealogia.
Aborto. - Quando si abbia l'interruzione della gravidanza a un'epoca nella quale il prodotto dell'accoppiamento non può vivere di vita propria, si ha l'aborto. È la mancanza di vitalità che fa distinguere l'aborto dal parto prematuro, sebbene anche questo frequentemente riconosca una etiologia abortiva. L'aborto, per l'epoca in cui si produce, può essere ovulare, embrionale o fetale e può essere dovuto a varie cause banali o accidentali che interessano la madre quali le cadute, i traumi, la ingestione di alimenti o bevande fredde o in quantità troppo grandi o contenenti sostanze ad azione abortiva; o a lesione di organi genitali o a malattie generali acute febbrili; e allora si è in presenza di un aborto sporadico. Oppure è dovuto a malattia infettiva specifica degli organi genitali e dell'ovulo ad opera del Corynebacterium abortus del Nocard (bacillo di Bang) e siamo allora in presenza dell'aborto infettivo o epizootico.
Accidenti consecutivi al parto. - Si avverano nelle femmine domestiche con relativa frequenza. Oltre alle varie lesioni nei diversi organi e al prolasso della vagina e dell'utero, sono da ricordare la ritenzione degli annessi fetali, le varie forme di metrite, la setticemia puerperale, la febbre vitellare della vacca, l'eclampsia, la podoflemmatite, la paraplegia post-partum.
Bibl.: N. Lanzillotti-Buonsanti, Manuale di ostetricia veterinaria, Milano 1871-73; E. Saint-Cyr, Traité d'obstetrique, Parigi 1875; G. Fleming, Text Book of Veterinary obstetrics, Londra 1877; A. Vachetta, Ostetricia veterinaria, varie voci nel Vocabolario, Milano 1911; T. Bournay e M. Robin, Ostetricia veterinaria, Torino 1926; A. Stoss, Tierärztliche Geburtskunde und Gynäkologie, Stoccarda 1928; W. Williams, Veterinary Obstetrics, Ithaca 1930.