POLENTA, Ostasio da
POLENTA, Ostasio da. – Terzo di questo nome, nacque a Ravenna presumibilmente non prima del 1407 e non più tardi dei primi mesi del 1410 da Obizzo, signore di Ravenna e vicario apostolico per la S. Sede, e da Lisa di Alberigo Manfredi, signore di Marradi.
Allo stato attuale delle ricerche si ignorano il tipo, i modi e la qualità della sua prima formazione e le tappe della sua vita giovanile, se non che sposò nel 1428 Costanza di Ludovico Migliorati di Fermo, morta nel 1430. Il 25 novembre 1431 si unì in seconde nozze con Ginevra, figlia di Gian Galeazzo Manfredi, signore di Faenza attestato in un documento conservato nell’Archivio Vaticano, dalla quale il 15 febbraio 1435 ebbe un figlio di nome Girolamo, di cui fu padrino il doge di Venezia, Francesco Foscari. Le notizie su di lui cominciano a farsi più numerose a partire dal 31 gennaio 1431 quando, a pochi giorni dalla morte del padre, come risulta da un istrumento rogato il 6 febbraio di quell’anno, fu nominato vicario apostolico per la S. Sede. Lo stesso padre aveva ricoperto questa carica, ma nonostante ciò aveva intrattenuto contemporaneamente stretti rapporti politici e militari con la Serenissima, della quale era stato spesso al soldo, lasciando che fosse la sorella Beatrice a tenere il governo sulla città e la reggenza per Ostasio.
Proprio in conseguenza dello stretto legame instaurato con la Repubblica di Venezia e delle sue sempre più frequenti assenze nel governo della città, gestito già in buona parte dagli uomini della Serenissima, Obizzo, nell’autunno del 1406, aveva preso la decisione di avanzare formale promessa alla Repubblica veneziana di trasferirle il dominio su Ravenna e il suo distretto nel caso si fosse estinta la dinastia polentana per mancanza di eredi maschi. La nascita di Ostasio aveva modificato le prospettive del patto, come si evince dal testamento di Obizzo del 20 giugno 1410, con il quale il giovane polentano era stato istituito erede universale e successore legittimo nel dominio personale paterno su Ravenna, a condizione però che venisse rispettato l’accordo che privilegiava la Repubblica veneziana.
In quell’anno Venezia si preoccupò infatti di mandare un provveditore, Girolamo Caotorta, a vigilare su Ostasio, come figura in un documento del 3 aprile 1432, il quale affiancò il già presente podestà veneziano Angelo Venier, registrato assieme al signore ravennate in atti del 16 marzo e del 24 e 28 maggio di quello stesso anno. Se il podestà, per la natura stessa della sua carica, dovette occuparsi degli affari interni della città, il provveditore occupò il ruolo di consigliere e controllore di Ostasio per la Serenissima e al contempo di curatore degli affari veneziani a Ravenna, sottraendogli sempre maggiore spazio decisionale. Nel corso del suo breve governo, e finché i fattori esterni non glielo impedirono, Ostasio da Polenta si mostrò attento e disponibile verso i suoi cittadini, acconsentendo alle richieste che da più parti gli vennero formulate. Ne è un esempio la riattivazione nel 1433 delle saline costruite dal padre presso S. Apollinare in Classe; o la pacificazione da lui promossa il 14 maggio dell’anno seguente presso la basilica Ursiana, in presenza del podestà Paolo Contarini, tra clero e popolo di Ravenna a seguito della rinnovata concordia per le enfiteusi ecclesiastiche, e fra Curia arcivescovile e corte signorile, grazie alla concessione livellaria da parte del vicario arcivescovile nei confronti di Ostasio di mulini idraulici sul fiume Acquedotto. Sempre nel 1434 inoltre, su richiesta del prefetto generale dell’Ordine dei camaldolesi Ambrogio Traversari, Ostasio restituì ai monaci la casa-ospizio della Misericordia a Ravenna, con l’annessa chiesa di S. Bartolomeo, già concessa loro dal padre, ma alla morte dell’abate tolta e data ad altri. Infine il conferimento a Ostasio e ad altri personaggi di rilievo dell’aristocrazia locale della dignità cavalleresca da parte dell’imperatore Sigismondo durante il suo viaggio di rientro da Roma, dove aveva ricevuto l’incoronazione da parte di papa Eugenio V, fu la conclusione di un anno particolarmente felice per Ostasio.
Tutto ciò, oltre al rinnovato sostegno della S. Sede con la continua conferma della carica di vicario apostolico, non valse a evitare che la forte presenza veneziana e il malcontento diffuso tra i cittadini confluissero, nei primi mesi del 1438, in quella che può essere definita la prima congiura contro Ostasio, ordita proprio dal partito filoveneziano suo avversario e conclusasi con una violenta repressione degli avversari da parte del signore ravennate.
Nel 1438 il distacco tra Ostasio e i cittadini ravennati, sempre più inclini a una dominazione veneziana che lo scalzasse definitivamente da qualsiasi posizione di potere, fu ulteriormente segnato dai patti che questi strinse con Niccolò Piccinino, per evitare che la città fosse invasa dalle truppe da lui guidate per conto del duca di Milano, Filippo Maria Visconti. Questa azione fu probabilmente decretata non solo dalla propensione di Ostasio all’assoggettamento a poteri più forti (sembra che solo in occasione della penetrazione nei territori di Lugo e Bagnacavallo da parte di Astorgio Manfredi, egli abbia difeso le proprie posizioni), ma sicuramente anche dalla non adeguata protezione che i veneziani fornirono alla città, nonostante il 13 giugno 1435 il signore ravennate avesse aderito alla lega veneto-toscano-papale contro i Visconti. Il passaggio al campo visconteo decretò la rottura di ogni patto con la Serenissima, la cacciata dei veneziani da Ravenna e un pesante tributo di tremila ducati, che Ostasio dovette raccogliere inasprendo la pressione fiscale sui propri sudditi. Con quella decisione segnò il destino della sua già evanescente famiglia nonché quello della città: nel 1440 infatti fu costretto dalla situazione politica estremamente instabile e dalle richieste dei cittadini a lasciare la città e ad accettare l’asilo offertogli dal doge.
Questo atteggiamento, a lungo dibattuto dagli storici, fece sì che i suoi contemporanei lo considerassero perlopiù un -città fu senz’altro improvviso e inaspettato se, appena un mese prima, il vescovo di Cervia in segno di fiducia lo aveva investito di numerose terre nel Ravennate e nel Cerviese.
Le sorti dell’ultimo signore di Ravenna si conclusero in un esilio forzato prima a Venezia, poi a Treviso, infine nell’isola di Creta per volere dello stesso doge. Ostasio e il figlio Girolamo morirono a Creta presumibilmente nel 1444, ma non sono note le circostanze esatte in cui entrambi morirono, né il luogo della loro sepoltura. La moglie sarebbe invece morta qualche anno dopo il suo ritorno in patria.
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