OSORIO ALARCON, Giuseppe Antonio
OSORIO (Ossorio) ALARÇON, Giuseppe Antonio. – Nacque a Trapani, il 22 settembre 1697, figlio di Luigi e di Caterina Clavica.
Apparteneva a un ramo cadetto di un’importante famiglia nobile spagnola, stabilitasi in Sicilia alla fine del Cinquecento.
Orfano dei genitori, fu accolto in casa dal barone Saverio Fardella Osorio di S. Lorenzo, suo cugino, il quale nel 1713 ne ottenne l’ingresso nelle Guardie reali, costituite in occasione dell’arrivo a Palermo di Vittorio Amedeo II, creato re di Sicilia alla pace di Utrecht. Quando, dopo un anno di permanenza dell’isola, il sovrano rientrò a Torino, Osorio fu fra i giovani nobili che lo seguirono per servirlo nella paggeria reale. La sua educazione si svolse, quindi, fra le sale dell’Accademia reale e quelle dell’Università, i cui corsi i giovani paggi erano tenuti a seguire. A Trapani lasciò due sorelle, Desiderata e Caterina, poi monacate.
Molto portato per gli studi, si guadagnò la stima del sovrano e l’amicizia del giovane principe ereditario Carlo Emanuele III. Nel 1718, Vittorio Amedeo II lo inviò in Olanda perché studiasse legge all’Università di Leida, così da apprendere i principi del diritto internazionale. Frutto di tale esperienza fu anche una descrizione dei Paesi Bassi consegnata al sovrano nel 1719 (Compendio delle notizie concernenti lo stato delle Provincie Unite dei Paesi Bassi raccolte…nel suo soggiorno in Olanda, in Arch. di Stato di Torino, Corte, Materie Politiche relative agli esteri, Olanda, mz. 1, f. 6). Nel febbraio 1723 Vittorio Amedeo II lo nominò proprio rappresentante (col rango di ministro) presso le Province Unite, dove giunse nell’estate dello stesso anno (La clef du cabinet des princes…, 1723, Mai, p. 352). Si trattava di una nomina importante, anche perché sino ad allora lo Stato sabaudo non aveva avuto una sede diplomatica stabile all’Aia. Nelle Istruzioni per la sua missione, il punto più significativo riguardava il riconoscimento di Vittorio Amedeo II come re di Sardegna da parte delle Province Unite. A Osorio furono necessari due anni ma infine, nell’agosto 1725, ottenne quanto richiesto (Mercure de France, 1725, Septembre, I, p. 2074). Nella capitale dei Paesi Bassi Osorio rimase sei anni: un periodo centrale nella sua formazione culturale e in cui entrò, fra l’altro, in contatto con gli ambienti del giansenismo, cui da allora rimase legato.
Quasi nulla è noto delle relazioni che stabilì in questi anni, in cui si allontanò, non solo culturalmente, dalla sua terra d’origine: curiosa è a questo proposito la lettera che le due sorelle monache inviarono a Vittorio Amedeo II il 25 ottobre 1724, chiedendogli di «imponere» al fratello «che di tanto in tanto» inviasse loro qualche notizia (Arch. di Stato di Torino, Corte, Lettere di particolari, «O», mz. 13, Ossorio Desiderata).
Alla fine del 1729 Vittorio Amedeo II, ormai risolutosi ad abdicare, decise di inviare Osorio alla sede di Londra, la più importante, insieme a quella di Parigi, per un inviato sabaudo.
La nomina avvenne formalmente il 25 novembre 1729, ma essa era stata decisa già da diversi mesi, considerando che Osorio già a metà ottobre aveva inviato al re un Mémoire sulla situazione delle Province Unite (ibid., Corte, Materie Politiche relative agli esteri, Negoziazioni con Inghilterra e Olanda, mz. 1 di 1a add., f. 6). In ogni caso, la scelta fece scalpore, considerando che solitamente tale carica veniva assegnata a esponenti delle più antiche e ricche famiglie della nobiltà subalpina.
Ricevuto alla corte di S. Giorgio il 5 gennaio 1730, Osorio restò a Londra, col titolo di inviato straordinario, quasi 20 anni, tenendo i rapporti fra i due Stati durante le crisi che portarono alle guerre di successione polacca e austriaca. In questo periodo si guadagnò la stima di Giorgio II e di alcuni dei principali politici inglesi. Nel 1734, per rassicurare il sovrano della fedeltà sabauda all’alleanza inglese, s’incontrò segretamente con lui e – d’intesa col marchese Carlo Vincenzo Ferrero d’Ormea, segretario di Stato agli Esteri – lo informò degli articoli segreti (antibritannici) del trattato dell’Escorial, firmato l’anno precedente da Luigi XV e Filippo V.
Il credito goduto a corte e la grande cultura personale, fecero di Osorio uno dei principali esponenti della comunità diplomatica di stanza a Londra. Fu allora, fra l’altro, l’animatore del cosiddetto ‘Ministerial Club’, che raccoglieva i diplomatici italiani e iberici di stanza nella capitale e in cui Osorio fu definito le législateur. In tale club, oltre che di musica, arte e letteratura si discuteva di politica e fu uno degli spazi attraverso i quali egli esplicò la sua attività diplomatica.
Nel dicembre 1730 fu nominato cavaliere di gran croce dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
La cerimonia d’investitura si tenne il 7 aprile 1731 nella cappella della legazione sabauda a Londra (principale chiesa cattolica della città), e fu officiata dal vescovo di Prussia (Torino, Arch. storico dell’Ordine Mauriziano, Documenti diversi del Gran Magistero (1676-1751), c. 439r). Padrino di Osorio fu il conte Francesco Maria Broglia, ambasciatore francese a Londra, appartenente a una famiglia d’origine piemontese. La clef du cabinet des princes de l’Europe (1731, Mai, p. 385) riportò che siccome Osorio s’era fatto «autant aimer et estimer», molto pubblico aveva «pris part à cette marque de distinction».
Due anni dopo, nel giugno 1733, fu nominato Gran conservatore, una delle cariche più importanti dell’Ordine. Si trattava d’un escamotage utilizzato da Carlo Emanuele III per migliorare la condizione sociale e finanziaria di Osorio, il quale, ovviamente, risiedendo all’estero non poteva svolgere i compiti legati a tale carica (Torino, Arch. storico dell’Ordine Mauriziano, Registro provvisioni 1733-1741, cc. 16r-v).
Nel 1740 il re, d’intesa con il marchese d’Ormea, decise di richiamare Osorio a Torino e di crearlo segretario di Stato agli Esteri (Ormea, allora a capo sia dell’Interno sia degli Esteri, avrebbe mantenuto il primo ministero), ma quando la nomina stava per esser ratificata, la morte di Carlo VI e lo scoppio della guerra di successione austriaca convinsero a rimandare la promozione. Nelle nuove contingenze politiche, in effetti, il ruolo di Osorio si rivelò preziosissimo: a lui si dovette, infatti, nel 1743 la stipula del trattato di Worms, con cui l’imperatore Carlo VI accettava di cedere ampi territori allo Stato sabaudo, in cambio dell’appoggio di questo durante la Guerra di successione austriaca. Alla morte di Ormea, il 29 maggio 1745, sembrava che la nomina di Osorio alla guida della Segreteria fosse imminente, tuttavia il re ritenne che egli fosse più necessario all’estero per seguire personalmente le trattative dell’ormai imminente pace e perciò, dopo avergli spiegato le ragioni della sua decisione (fatto decisamente inusuale per un monarca d’antico regime) nominò a tale incarico il marchese Leopoldo Del Carretto di Gorzegno.
Tre anni dopo, all’inizio del 1748 Carlo Emanuele III nominò poi Osorio rappresentante sabaudo alla pace di Aquisgrana, che doveva porre fine alla guerra di successione austriaca. La sua opera si rivelò fondamentale perché lo Stato sabaudo ottenesse quanto concordato col trattato di Worms. Affinché la pace fosse duratura Carlo Emanuele III decise di far sposare suo figlio ed erede Vittorio Amedeo III a una principessa spagnola. A questo scopo, il 20 aprile 1749 nominò Osorio ambasciatore a Madrid.
Dopo un breve soggiorno in Francia, durante il quale fu ricevuto a Versailles da Luigi XV (Mercure de France, 1749, Juillet, p. 199), giunse in Spagna, dove si fermò per quasi un anno. Gli articoli matrimoniali fra il duca di Savoia e l’infanta Maria Antonietta Ferdinanda furono stipulati il 3 dicembre 1749. Ferdinando VI offrì allora a Osorio l’ordine del Toson d’oro, ma questi rifiutò poiché ai nobili al servizio sabaudo era vietato accettare ordini cavallereschi di sovrani stranieri. In cambio, Carlo Emanuele III lo cooptò poi nell’Ordine della Ss. Annunziata.
Il 3 marzo 1750 Carlo Emanuele III nominò infine Osorio ministro di Stato: un premio, ma anche un segnale di quanto il sovrano stava preparando per lui. Lasciata la Spagna, egli accompagnò in Piemonte l’Infanta e il 3 giugno (solo tre giorni dopo le nozze, avvenute a Ulzio il 31 maggio 1750) fu creato nuovo segretario di Stato agli Esteri, carica che mantenne per 13 anni. Fu questo un periodo di pace per lo Stato sabaudo, che non prese parte alla guerra dei Sette Anni e vide le sue possibilità di manovra ridotte dall’inedita alleanza franco-imperiale. In questo periodo, molti videro in Osorio il vero primo ministro dello Stato, anche se la leadership era perlomeno condivisa col conte Giovan Lorenzo Bogino, segretario di Stato alla Guerra.
Nel 1758, quando si temeva per la sua salute, Giorgio II scrisse a Carlo Emanuele III che non aveva «jamais connu de ministre étranger qui ait plus réuni en lui toutes les qualités qui font un grand ministre et en même temps un parfait honnête homme» (cit. in Carutti, 1859, II, p. 167). Il diplomatico inglese Louis Dutens, che lo conobbe nel 1762, ne ha lasciato un ritratto fortemente positivo, scrivendo che egli «avoit beaucoup de génie et de talent, plus même qu’il n’ étoit nécessaire pour le gouvernement d’un Etat qui ne joue pas l’un des premiers rôles en Europe; il avoit de trop grandes vues pour cette cour, mais elles étoient toujours sagement modérées par le Roi Charles Emanuel» (1806, t. I, p. 124).
Morì a Torino l’8 giugno 1763 e fu sepolto nella Basilica magistrale dell’Ordine mauriziano.
Col suo testamento (Arch. storico dell’Ordine Mauriziano, mz. 16, f. 21), Osorio lasciò i beni torinesi all’Ospedale mauriziano, tranne la biblioteca che donò all’abate Giacomo Michele Bentivoglio, elemosiniere di corte e a lungo suo stretto collaboratore, con cui aveva condiviso anche l’adesione al giansenismo. Dei beni siciliani, invece, nominò erede Stanislao Maria Clavica, «nobile patrizio della città di Trapani, suo cugino germano dal canto materno» (Arch. di Stato di Torino, Sezioni riunite, Insinuazione di Torino, 1763, l. IV, c. 1661). Un ritratto di Osorio è conservato nella Weisser Saal del Municipio di Aquisgrana, accanto a quelli degli altri protagonisti della pace del 1748; un busto era, invece, presso l’Ospedale mauriziano di Torino, insieme a una lapide che ne ricordava l’azione politica.
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