Brik, Osip Maksimovič
Teorico russo della letteratura e del cinema, sceneggiatore, nato a Mosca il 16 gennaio 1888 e morto ivi il 22 febbraio 1945. Fu tra i protagonisti del movimento formalista (v. formalismo), di cui condivise l'interesse non occasionale per la teoria e la pratica creativa del cinema. Nonostante l'esiguità della sua produzione scritta, spesso lasciata a livello di abbozzo, B. contribuì autorevolmente al dibattito politico-culturale che si svolse sull'importante rivista "Lef" (1923-1925) divenuta poi "Novyj Lef" (1927-28), dove, nel nr. 11-12 del 1927, comparve Fiksacija fakta (trad. it. La fissazione del fatto, in I formalisti russi nel cinema, 1971, pp. 89-97), il suo articolo più significativo sul cinema. Come autore o coautore di sceneggiature collaborò, tra gli altri, con Vsevolod I. Pudovkin (Potomok Čingischana, 1929, Tempeste sull'Asia) e con Lev V. Kulešov (Dva-Bul′di-dva, 1930, Due Bul′di due). Va ancora ricordata la sua partecipazione al volume collettivo Kak my rabotaem nad kinoscenariem (Come lavoriamo alla sceneggiatura cinematografica, 1936).
L'opzione fondamentale di B. si può sintetizzare nell'idea di un cinema senza intreccio narrativo, assai vicina al progetto di un cinema non-recitato avanzato e in parte realizzato da Dziga Vertov negli anni Venti. In entrambi i casi, del resto, lo sfondo più generale è quello della condanna decretata dai raggruppamenti dell'avanguardia sovietica nei confronti dell'esperienza dell'arte intesa come mera occasione di consumo culturale. Da questo punto di vista, l'espressione narrativa e drammaturgica del cinema si risolve, per B., non solo in cattiva letteratura e in cattivo teatro, ma anche ‒ e l'addebito è più grave ‒ nel sostanziale occultamento delle autonome potenzialità del nuovo mezzo di riproduzione e comunicazione, che debbono essere colte nella messa in forma di un materiale direttamente fornito dalla realtà visibile. Sarebbe un errore, però, confondere la proposta di B. con una difesa del cinema documentario (peraltro all'epoca praticato in URSS con risultati d'eccezione). Il suo obiettivo è più ambizioso: non si tratta tanto di "fissare gli avvenimenti reali", quanto di ricostruirli e di riorganizzarli in modo significativo; ma quest'operazione di rimontaggio, a sua volta ‒ e questo è il punto decisivo ‒ deve saper trarre il suo principio ordinatore dai fatti stessi (dai "materiali", come li chiama B. con un termine che coniuga le posizioni del formalismo con quelle del costruttivismo) e non da modelli compositivi di tipo letterario o drammaturgico. Il cinema, in altri termini, può e deve costituirsi come esplorazione, trascrizione e valutazione (anche politica) del mondo fattuale, respingendo ogni deriva di carattere finzionale ed 'estetico' in senso corrivo. Solo così la sua autonomia formale può dispiegarsi in modo autentico, e anzi, secondo B., gli stessi perfezionamenti tecnici del cinema debbono trovare spunto e legittimazione nella natura dei materiali concreti posti sotto costruzione. L'idea che l'autonomia formale del cinema potesse coincidere con un'intima vocazione materialistica (e in ultima analisi politica) ebbe larga diffusione nell'avanguardia cinematografica sovietica, che la elaborò con una straordinaria ampiezza di proposte: nel caso di B., tuttavia, l'orientamento antinarrativo che meglio la qualifica restò sul piano della semplice indicazione programmatica, per cui il suo contributo è piuttosto da registrare tra gli interventi militanti che non tra quelli in senso stretto teorici.
Théorie de la littérature, éd. Tz. Todorov, Paris 1965 (trad. it. I formalisti russi, Torino 1968).
V. Erlich, Il formalismo russo, Milano 1966.
G. Kraiski, Le poetiche russe del Novecento. Dal simbolismo alla poesia proletaria, Roma-Bari 1968.
I formalisti russi nel cinema, a cura di G. Kraiski, Milano 1971.