oscuro
Ricorre in tutte le opere sicuramente dantesche, mentre non è mai usato né nel Fiore né nel Detto.
L'esplorazione del materiale manoscritto ha consentito di accertare come l'oscillazione tra o. e ‛ scuro ' sia attestata da tutta la tradizione per un numero relativamente elevato di passi, né all'incertezza nella scelta tra l'uno o l'altro vocabolo si sono sottratti in modo concorde gli editori moderni. Data questa situazione, si rinvia alla voce ‛ scuro ' per gli esempi di o. comunque attestati per la Commedia che qui non siano stati accolti perché non conformi alla lezione preferita dal Petrocchi; si fa inoltre presente che, per tutte le altre opere, le edizioni seguite in questa Enciclopedia adottano sempre la voce o.; anche per i tre passi del Convivio (III IX 16, XIV 7, IV II 4) nei quali il Moore (1894) leggeva ‛ scuro '.
Nella sua accezione fondamentale indica mancanza o scarsezza di luce o di chiarezza, sia in senso proprio che in quello figurato (Cv IV II 4 come ciò può essere, che una medesima cosa... sia chiara e paia oscura, qui[vi] sufficientemente vedere si può). Spesso all'idea delle tenebre si affianca quella dell'ostilità; o. è perciò qualificazione abituale per la voragine infernale o per le sue parti: If IV 10 la valle d'abisso dolorosa / ... Oscura e profonda era e nebulosa; e così pure in IX 28, XXI 6, XXIX 65.
La complessità dell'allegoria che serve di proemio al poema spiega la pregnanza dei significati posti in luce dall'esegesi in If I 2 mi ritrovai per una selva oscura. Che l'aggettivo alluda anche alla mancanza di luce è indubbio, come dimostra fra l'altro l'eco di Aen. VI 268 ss. " ibant obscuri sola sub nocte per umbram / … quale... / est iter in silvis... "; su quella fisica prevale però la metaforica oscurità della ragione ottenebrata dal peccato, come bene ha dimostrato il Pagliaro (Ulisse 10-11) chiarendo e approfondendo la chiosa di Benvenuto (" et dicit oscura propter ignorantiam et peccatum quae obcaecant et obscurant... quia qui male agit, odit lucem "). Lo confermano i passi biblici (Prov. 2, 13; II Petr. Epist. 2, 15) e del Convivio (IV XII 18, XXIV 12) addotti a riscontro, e in particolare IV VII 9 La via... de li malvagi è oscura. Elli non sanno dove rovinano, traduzione di un versetto sapienziale (Prov. 4, 19 " Via impiorum tenebrosa, nesciunt ubi corruant "), che ha offerto due spunti al lessico del proemio (con " tenebrosa " per If I 2; con " corruant " per I 61 i' rovinava in basso loco).
Con un'accezione più limitata si riferisce a un luogo o a un tratto di terreno in tutto o in parte coperto d'ombra: Cv III IX 16 per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi... tornai nel primo buono stato de la vista; e così pure in Pg III 21 (dove la '21 legge scura).
Può essere citato qui anche l'esempio di If II 40, giacché l'oscurità gravante sulla costa è l'effetto del calar del crepuscolo cui si accenna in apertura di canto. Secondo Sapegno, Porena e Mattalia, o. varrebbe " colmo d'ombra " anche in Pg XXIII 22 Ne li occhi era ciascuna oscura e cava, che però Casini-Barbi interpretano " gli occhi dei golosi erano così infossati che avevano perduto il loro splendore ".
Può indicare colore non chiaro, tendente al nero: Pg XV 143 Ed ecco a poco a poco un fummo farsi / verso di noi come la notte oscuro (scuro nella '21). Per If III 10 Queste parole di colore oscuro / vid'io scritte al sommo d'una porta, i più intendono che l'epigrafe sia scritta a lettere nere; il Momigliano, invece, come il Sapegno e il Pagliaro (Ulisse 764) e altri spiega " piene di oscure minacce, minacciose ".
L'idea dell'offuscamento, della perdita totale o parziale di vivezza permane anche quando si passa dalla sfera dei dati sensibili a quella delle esperienze o delle capacità intellettuali: Cv III XIV 7 dovunque questo amore [per la sapienza] splende, tutti gli altri amori si fanno oscuri e quasi spenti; altro esempio in Pg XXXIII 126. Riferito a cose, allude a difficile intelligibilità: Pd IV 135 Questo m'invita... a dimandarvi / d'un'altra verità che m'è oscura; e così pure in Rime CVI 58. In un esempio è usato come avverbio e allude a disonore e infamia: Sinone si reca a noia / d'esser nomato sì oscuro (If XXX 101), si adonta che maestro Adamo gli abbia rivolto l'appellativo infamante e sprezzante di falso.
Secondo un uso comune nella lirica e anche nella prosa del tempo (se ne vedano gli esempi in Barbi-Maggini, Rime 167), può valere " doloroso ", " triste ", " afflitto ": Vn XVI 7 2 Spesse fiate vegnonmi a la mente / le oscure qualità ch'Amor mi dona, ripenso allo " stato triste " in cui mi pone Amore; e così pure in Rime CXVI 59, Vn XXXV 6 6. In Pg VI 111 già molti fra i commentatori antichi leggevano e vedrai Santafior com'è sicura! o come si cura!, e queste varianti hanno trovato il consenso del Moore, Del Lungo e Torraca la prima, del Witte, Porena e Chimenz la seconda. La '21 e il Petrocchi leggono invece e vedrai Santafior com'è oscura!; in questo caso, l'aggettivo non può significare " ignota ", " decaduta ", com'è stato proposto dal Sapegno, ma " trista ", " afflitta ", " tribolata ", giacche all'epoca di D. i Santafiora erano tutt'altro che privi di fama (per tutta la questione, v. Petrocchi, Introduzione 194 e ad l.).