OSCILLAZIONI e VIBRAZIONI
. Nozioni matematiche. - 1. Un corpo è animato da un moto periodico di periodo T se, qualunque sia l'istante t, esso si ritrova all'istante t + T nello stesso stato in cui era all'istante t.
Comunemente, quando il periodo T è molto breve, si dice in egual senso che il moto è vibratorio o che il corpo vibra. Si hanno però esempî, in cui il carattere vibratorio dev'essere inteso in un significato più largo di quello che compete alla periodicità, e ciò accade quando intervengono nel fenomeno di moto influenze passive.
Dal punto di vista sperimentale lo studio dei moti vibratorî si fa applicando i metodi generali per l'analisi dei moti di qualsiasi natura, quali le fotografie istantanee o i procedimenti stroboscopici. L'esempio più semplice dei moti in discorso è quello di un punto materiale, che si muova su di un asse, essendo sollecitato da una forza attrattiva, emanante da un punto dell'asse, proporzionale alla distanza da questo (oscillatore). Se O è il centro d'attrazione, m la massa del punto M sollecitato, k l'intensità dell'attrazione alla distanza 1, e si indica con x la distanza di M da O, l'equazione del moto è
in cui
La soluzione generale di (1) è
essendo r, α due costanti arbitrarie, di cui si dispone per caratterizzare quel particolare moto di M, nel quale, in un istante determinato t0, M si trovi in una posizione assegnata, con velocità assegnata.
Un qualunque moto espresso dalla (2), o la cui equazione (finita) si possa ricondurre alla (2), si dice armonico o vibratorio semplice o alternativo semplice.
Si tratta di un moto periodico di cui il periodo è T = 2 π/ω. La reciproca ω/2π si dice frequenza.
2. In natura non si hanno esempî di moti rigorosamente armonici, poiché diverse cause di carattere dissipativo fanno sì che l'oscillazione non sia permanente. Se, ad es., si considera un pendolo semplice che è, in sostanza, l'oscillatore nel caso in cui il supporto del punto materiale M sia un arco circolare, le sue oscillazioni sono ostacolate da una resistenza di carattere viscoso dovuta all'aria, il cui effetto è di smorzare le oscillazioni pendolari. Un altro esempio di sistema vibrante non armonico è fornito dal diapason, il quale compie vibrazioni non appena sia eccitato. L'estremità di uno dei rebbî del diapason si può considerare come un punto materiale che vibra, descrivendo una traiettoria pressoché rettilinea. Il suo collegamento con l'asta determina un'intensa forza elastica di richiamo verso la posizione di equilibrio e un insieme di eventuali resistenze passive (quali, ad es., l'attrito), cui si aggiunge quella dell'aria.
In prima approssimazione è da ritenere che siano soddisfatte le condizioni, perché il sistema compia delle vibrazioni smorzate. Indicando con x lo spostamento dalla posizione di equilibrio, si trova come caratteristica delle vibrazioni smorzate un'equazione del tipo
La tendenza a zero di x al crescere indefinito di t è dovuta alla presenza del fattore esponenziale e-ht (h > 0). Pur non essendo il secondo membro di (2′) una funzione periodica di t, si riconosce che fra due passaggi consecutivi di M per la posizione x = 0 intercede l'intervallo di tempo costante π/ω, che è anche la durata di ogni oscillazione semplice (fra due posizioni di arresto consecutive). La quantità T = 2 π/ω prende anche qui il nome di periodo del moto vibratorio smorzato.
Teoricamente i moti vibratorî smorzati non si estinguono mai, ma in pratica se si prende un numero t0 tale che h/t0 sia trascurabile, basterà che sia t > t0, perché x sia trascurabile; perciò a partire dall'istante t0 il punto M si potrà considerare in quiete rispetto agli assi di riferimento. Come (2) soddisfa l'equazione (1), così (2′) è soluzione generale dell'equazione
in cui il secondo e terzo termine esprimono, rispettivamente, la resistenza proporzionale alla velocità e la forza di richiamo proporzionale a x, che determinano il moto vibratorio smorzato di M.
I moti armonici e più in generale quelli vibratorî smorzati, sopra caratterizzati, costituiscono gli elementi primordiali di fenomeni più complessi, poiché s'incontrano nell'analisi dei moti naturali aventi carattere vibratorio quando si tenga debito conto delle influenze passive.
3. All'oscillazione o vibrazione naturale di un corpo si può sovrapporre una vibrazione provocata da una causa esterna di carattere periodico, la quale nei casi più semplici si suppone sinusoidale (se non costante).
In queste condizioni si dice che il corpo compie delle vibrazioni forzate; si tratta di un moto che si può dire perturbato nei confronti di quello in assenza della forza addizionale; e si riconosce per via analitica, oltre che sperimentalmente, che il periodo di questa forza deve essere eguale a quello dell'oscillazione libera affìnché si ottenga la massima ampiezza possibile per il moto perturbato. Quando ciò accade si dice che c'è risonanza. Si ha un esempio tipico di questo fenomeno in un diapason. Se l'aria circostante è messa in vibrazione sonora, per es. da una canna d'organo o da un secondo diapason, il diapason considerato subisce generalmente una debolissima azione periodica di carattere sinusoidale; ma se il suono esterno ha altezza eguale (o molto prossima) a quella caratteristica del diapason, la vibrazione di questo subisce un cospicuo rinforzo.
Un altro esempio è costituito da un bastimento in balia delle onde. Se il periodo di oscillazione naturale del bastimento è eguale a quello delle acque, la sua stabilità può essere compromessa; e per evitare ciò si rende il più grande possibile il periodo proprio di oscillazione del bastimento, perché le onde hanno in generale un periodo di pochi secondi soltanto.
Infine si possono segnalare le eventuali oscillazioni forzate di certe costruzioni metalliche. Se c'è risonanza tra la vibrazione propria di un ponte metallico sospeso e la vibrazione provocata, ad es., dal passaggio di truppa che marcia al passo, l'amplificazione della vibrazione naturale può provocare la rottura del ponte, come è accaduto ad Angers, in Francia. L'importanza attribuita al caso, in cui la forza perturbatrice sia sinusoidale, è giustificata dal fatto che per un classico teorema del Fourier (v. fourier, XV, p. 823) ogni funzione periodica (sotto certe condizioni che sono generalmente verificate in pratica) si può sviluppare nella somma di termini di tipo sinusoidale. È questa decomposizione che costituisce la cosiddetta analisi armonica.
4. Se si considera un punto materiale sollecitato da una forza conservativa, ogni posizione di massimo effettivo del potenziale è per il punto sollecitato una posizione di equilibrio stabile. Ha allora importanza lo studio dei moti del punto nei quali questo si conserva indefinitamente nell'immediata prossimità di quella posizione.
Siffatti moti prendono il nome di piccole oscillazioni e tale qualifica è giustificata da ciò che essi possono sempre decomporsi in tre moti armonici secondo tre direzioni due a due ortogonali opportunamente scelte.
Se xi (i =1, 2, 3) sono le coordinate cartesiane ortogonali del punto M, le equazioni (finite) del moto sono
essendo le costanti ri ϑi dipendenti dalle condizioni iniziali.
Il moto di M non è, in generale, periodico; lo è soltanto quando tra le ω intercedono due relazioni omogenee a coefficienti interi (commensurabilità delle costanti di frequenza dei moti componenti).
Se non sussistono relazioni di questo tipo, la traiettoria del Punto M riempie praticamente il parallelepipedo rettangolo racchiuso tra le tre coppie di piani paralleli xi = ± ri, nel senso che, preso comunque entro il parallelepipedo un punto M0 e fissato un numero δ > 0 arbitrariamente piccolo, il punto M passa durante il moto infinite volte a una distanza da M0 minore di δ.
Moti oscillatorî analoghi si hanno quando si consideri un punto mobile sopra una superficie nell'intorno di una posizione di equilibrio stabile. Caso tipico è quello del pendolo sferico (v. pendolo).
5. La possibilità di analizzare il moto mediante moti armonici sussiste più generalmente per ogni sistema meccanico, le cui configurazioni siano individuabili mediante un numero finito di parametri, più precisamente per i cosiddetti sistemi olonomi a n gradi di libertà (v. cinematica, n. 32). Tale è, ad es., per citare un sistema che trova applicazioni nella tecnica, il regolatore di Watt (sistema a due gradi di libertà), che serve a regolare l'accesso di vapore nel cassetto di distribuzione di una macchina a vapore.
Si consideri una configurazione di equilibrio stabile di un sistema siffatto. Qual'è il carattere delle piccole oscillazioni intorno ad essa? Si dimostra che, se si prescinde dagli attriti dei vincoli, il sistema si può riferire a parametri tali (coordinate normali) che ciascuno di essi varii con legge armonica. Allora il particolare moto vibratorio del sistema in cui n − 1 delle coordinate risultano costanti, mentre la rimanente varia armonicamente, si dice vibrazione principale; e quindi il moto del sistema, sempre nell'intorno di una configurazione di equilibrio stabile, si può immaginare ottenuto dalla composizione di n vibrazioni principali (Bernoulli). Le frequenze di queste si dicono principali; e se si tratta di un fenomeno acustico la più piccola prende il nome di nota fondamentale, mentre le altre, disposte in ordine crescente, si chiamano rispettivamente armonica prima, seconda, ecc.
Lord Rayleigh ha indagato come si alterino le frequenze principali quando, considerato un sistema materiale vibrante, si aumentino i vincoli o le masse del sistema o infine l'energia potenziale.
6. Notevole dal punto di vista fisico, e non meno da quello matematico, è lo studio delle vibrazioni trasversali di una corda. Si tratta di caratterizzarne le piccole oscillazioni a partire dalla sua configurazione di riposo.
Si supponga che le dimensioni trasversali della corda siano trascurabili di fronte alla lunghezza supposta costante e che la corda non opponga resistenza alla flessione. Volendo caratterizzare lo stato della corda, dopo averne perturbato comunque la configurazione di riposo, si supponga che la corda sia distesa inizialmente lungo il semiasse delle x positive a partire dall'origine di un sistema cartesiano ortogonale nel piano.
Se si denota con η (x, t) lo spostamento che, in direzione ortogonale all'asse x, subisce l'elemento di ascissa x all'istante t, l'applicazione della legge dinamica fondamentale conduce a caratterizzare la funzione come soluzione dell'equazione a derivate parziali del 2° ordine
dove V2 è il rapporto della tensione della corda alla massa di un centimetro di lunghezza (densità lineare).
L'equazione (3) detta delle corde vibranti ha un'importanza particolare in tutta la fisica vibratoria e appare come elemento primordiale per lo studio delle vibrazioni dei mezzi deformabili. La sua importanza è paragonabile a quella delle equazioni (1), (1′) che reggono i fenomeni di oscillazioni di mezzi deformabili (in particolare particelle materiali) in una dimensione.
La soluzione generale della (3) è data da
essendo η1, η2 funzioni arbitrarie.
Fissiamo in primo luogo l'attenzione sulla soluzione η1 (x − Vt). Se si suppone che x, t siano legate in modo che risulti
la caratteristica η1 del fenomeno vibratorio è costante. Ciò equivale a dire che per un osservatore che si muova lungo la corda con la velocità costante V, il fenomeno appare stazionario. La costante V si può dunque interpretare come velocità di propagazione dello stato vibratorio della corda. In questo senso si parla di onde determinate dalle vibrazioni della corda, che si propagano con la velocità V (v. onde).
La soluzione η2 (x + Vt) corrisponde alla propagazione di un'onda con la velocità − V. In generale, le due propagazioni coesistono e la vibrazione generale della corda risulterà dalla sovrapposizione delle due vibrazioni di caratteristiche η1, η2 che dànno luogo a due onde, che si propagano in senso inverso.
Dal punto di vista matematico si dimostra che esiste ed è unica la soluzione (x, t) della (3) quando si supponga che la corda sia incastrata agli estremi e inoltre all'istante iniziale siano note la configurazione e la velocità di ogni particella della corda.
Oggetto di studî più elevati, di cui si occupa sistematicamente la teoria matematica dell'elasticità, sono le vibrazioni di una membrana o di un corpo deformabile a tre dimensioni. Per questi studî, come per le vibrazioni sonore, luminose o elettromagnetiche, che dànno luogo a propagazioni di onde che tanto interessano la fisica moderna, si consultino i trattati di fisica generale.
Bibl.: T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, I, 2ª ed., Bologna 1930; II, i, ivi 1926; J. W. S. Rayleigh, Theory of Sound, voll. 2, Londra 1894-96; A. E. H. Love, A Treatise on the mathematical theory of elasticity, 4ª ed., Cambridge 1927.
Fenomeni oscillatorî.
Le oscillazioni hanno in fisica natura, origine ed applicazioni diverse. Come si può chiaramente scorgere dalla trattazione matematica, la condizione per la comparsa di oscillazioni consiste nell'esistenza di una forza, funzione dello spostamento di un punto materiale dalla sua posizione di equilibrio. In prima approssimazione si considera che questa forza sia proporzionale allo spostamento; si giunge in tal modo allo studio delle oscillazioni armoniche; ma naturalmente la trattazione matematica non si limita a questo caso, e si sviluppa anche la teoria delle oscillazioni dipendenti da forze date dalla somma di due, o tre, termini, uno proporzionale allo spostamento, l'altro al quadrato di esso e così via. Si possono infine considerare leggi di dipendenza dello spostamento di natura anche più complicata.
Oscillazioni elastiche. - Qualunque sia la legge che regola la forza, è interessante stabilire in che modo si possano realizzare fisicamente le oscillazioni. In primo luogo sono da ricordare le oscillazioni elastiche. In base alla legge di Hooke, che stabilisce una proporzionalità fra le forze e le deformazioni elastiche, deriva che in un corpo elastico una causa perturbatrice, che produca una deformazione, è capace ancora di determinare un'oscillazione. A seconda del tipo di deformazione, si avrà un tipo di oscillazione che, nella supposizione fatta di una forza istantanea, sarà un'oscillazione libera. Una linguetta metallica fissa a un estremo, e cimentata all'altro estremo alla flessione, una molla sottoposta a uno sforzo di trazione, un filo sospeso con un estremo fisso e cimentato all'altro estremo da un momento torcente sono tutti corpi che compiono oscillazioni corrispondenti a tipi diversi di deformazioni elastiche. Questi corpi compiranno le oscillazioni che sono individuate dalla loro natura e forma e le frequenze di queste oscillazioni sono le frequenze caratteristiehe di essi. Se si prendono in esame membrane, piastre metalliche, corde, o sbarre, il problema si presenta molto più complesso matematicamente, e si giunge teoricamente a stabilire che questi corpi hanno alcuni modi di vibrare che sono compatibili con i vincoli e con le loro proprietà caratteristiche; questi corpi cioè hanno delle frequenze proprie che possono essere eccitate stazionariamente. Queste deduzioni matematiche hanno la loro conferma dall'esperienza. L'esistenza di questi modi particolari di vibrare, l'esistenza cioè di queste frequenze proprie, è da porre in evidenza specialmente nel caso di corde o di membrane di piastre. In effetti, come si sa dalla teoria, la corda tesa può vibrare in modo che il punto medio sia un ventre ed i due estremi due nodi, o in modo che il punto medio sia un nodo, o in modo che, essendo il punto medio un ventre, ci siano prima dei due estremi ancora due nodi, e così via; sperimentalmente eccitando le oscillazioni trasversali, che sono poi in questo caso quelle che normalmente si ottengono, in una corda tesa si possono chiaramente vedere a secondo dell'entità dell'eccitazione questi modi distinti di oscillazione (fig. 1). Nel caso delle membrane circolari tese, o delle piastre, si avranno non più punti nodali, ma curve nodali che si presentano con una notevolissima varietà di aspetto a seconda delle condizioni ai vincoli nel caso delle piastre e del tipo del perimetro e a seconda del tipo di eccitazione. Pure in questi casi è possibile porre nettamente in evidenza l'esistenza di questi modi stazionarî di vibrazione cospargendo di sabbia o di polvere di licopodio la lastra o la membrana ed eccitando quindi tali corpi. La sabbia o la polvere si vanno a disporre nei punti di quiete, e cioè nelle linee nodali, che vengono quindi ad essere chiaramente visibili.
La conferma sperimentale avuta in questi casi (figg. 2 e 3), per i quali si può procedere a una realizzazione perfettamente visibile delle oscillazioni stazionarie, dà grande valore alla teoria, e fa ritenere come sicuramente prevedibili anche i casi che non si prestano ad esperienze dirette. In ogni modo la teoria matematica è sempre in grado, sia con metodi diretti, sia mediante calcoli numerici dotati di maggiore o minore approssimazione, di trovare le frequenze caratteristiche di un qualsiasi sistema oscillante individuato da particolari condizioni.
La ricerca delle frequenze delle vibrazioni libere in base alla teoria matematica e la conseguente verifica sperimentale possono servire anche per lo studio delle proprietà elastiche del mezzo che si considera.
Oscillazioni smorzate. - Sempre rimanendo in questa prima parte dell'esposizione nel campo elastico, si è parlato finora di oscillazioni libere. Si osserva sperimentalmente che, eccitata l'oscillazione per effetto di una causa perturbatrice, questa oscillazione, dopo un tempo più o meno lungo, cessa: le oscillazioni fisiche sono sempre più o meno smorzate. La causa di questo smorzamento dipende dal fatto che il corpo che compie le oscillazioni non è mai perfettamente isolato. Il mezzo in cui il corpo è immerso offre una resistenza al moto, e si può ritenere che la resistenza offerta sia proporzionale alla velocità. Non esiste in verità una ragione teorica sicura che giustifichi la posizione precedente: forza resistente o dissipativa, proporzionale alla velocità. La migliore verifica si ha dallo studio sperimentale dello smorzamento che risulta effettivamente di tipo essenzialmente uguale a quello che si deduce dalla teoria. In tal modo la continua diminuzione di ampiezza di una oscillazione libera, o nel caso limite, l'impossibilità dell'oscillazione, cioè l'aperiodicità, risiede nell'attrito dinamieo offerto dal mezzo esterno. In altri casi però può avvenire che le cause dissipatrici risiedano nel corpo elastico stesso, per cui ci sia un attrito, una resistenza non solo alla deformazione ma anche alle variazioni rapide della deformazione; si parla allora di un attrito interno, di imperfezioni del comportamento elastico del corpo. Quando le oscillazioni elastiche avvengono nel vuoto, lo smorzamento che si osserva è molto limitato, perché cessa questa causa di attrito rimanendo solo la sottrazione di energia per le oscillazioni trasmesse ai sostegni. La determinazione dello smorzamento può dunque servire alla determinazione della resistenza che un corpo in movimento subisce in un mezzo fluido. In tal modo si giunge alla determinazione del coefficiente di viscosità del mezzo. Uno dei dispositivi sperimentali in uso è il seguente: un filo, sospeso a un estremo, porta all'altro estremo un disco, che viene fissato al filo mediante un gambo portante uno specchietto. Il disco di dimensioni note viene immerso in un fluido del quale si vuol determinare il coefficiente di viscosità, ed il filo viene inizialmente torto. Lasciato a sé stesso, questo sistema compie oscillazioni smorzate le cui ampiezze si possono determinare mediante lo specchietto, e conosciuta la posizione del disco rispetto ad altri oggetti disposti nello stesso fluido, dalla determinazione del decremento logaritmico delle oscillazioni può ricavarsi il coefficiente di viscosità. In questi casi l'energia delle oscillazioni viene dissipata nel mezzo circostante, e questa energia serve solo ad aumentare i moti interni del mezzo, si ottiene cioè un aumento di temperatura.
Le oscillazioni dunque sono sempre più o meno smorzate, e l'osservazione dà come risultato che rapidamente si giunge di nuovo alla quiete, quantunque, secondo la teoria matematica, questa dovrebbe raggiungersi dopo un tempo ìnfinitamente grande. Ciò dipende dal fatto che il coefficiente di proporzionalità fra le forze dissipatrici e la velocità non è costante rispetto a queste per valori molto bassi; la costanza può solo ammettersi per valori elevati; quando le oscillazioni diminuiscono di ampiezza, e la velocità si riduce, aumenta rapidamente lo smorzamento, e quindi ancora più rapidamente si raggiunge la quiete.
Ma lo smorzamento delle oscillazioni può avvenire anche per un'altra causa, che ha nella pratica una importanza e un significato molto maggiore. Il corpo oscillante costringe il mezzo ambiente a oscillare con la stessa frequenza, e quindi tutti i punti nelle vicinanze, in base al principio di Huygens, diventano centri di oscillazione. Il corpo oscillante per tale motivo irraggia energia sotto forma di onde e l'energia che tali onde trasportano in tutti i punti del mezzo viene appunto a essere sottratta al corpo oscillante, la cui ampiezza di oscillazione necessariamente deve diminuire. La forza dissipatrice in tal caso risulta necessariamente proporzionale alla quantità d'energia comunicata, "irraggiata" nel mezzo circostante nell'unità di tempo. Il coefficiente di proporzionalità fra la forza dissipatrice e l'energia perduta nell'unità di tempo dipende dal tipo di accoppiamento che si verifica tra il corpo oscillante e il mezzo. Ora nel caso delle vibrazioni armoniche, che sono quelle che maggiormente interessano, può calcolarsi l'energia irraggiata nell'unità di tempo e quindi la grandezza della forza dissipatrice. Si può anche, nell'ipotesi dell'irraggiamento, giustificare lo smorzamento e il tipo della legge di smorzamento.
Oscillazioni forzate. - Come si è già detto, in pratica le oscillazioni sono sempre smorzate e per conservare le vibrazioni stazionarie bisogna continuamente somministrare energia, la quale poi si ritrova sotto forma di calore, o sotto forma di energia vibratoria del mezzo. D'altra parte un oscillatore, che supponiamo sempre di tipo elastico, immerso in un mezzo percorso da onde, viene a essere cimentato da perturbazioni periodiche. Si passa in questi casi al problema delle oscillazioni forzate. La trattazione teorica distingue i casi nei quali vi sia smorzamento, da quello nei quali tale smorzamento non esiste. In tale ipotesi c'è d'attendere che la massa oscillante, cimentata da queste perturbazioni, vibri con la stessa frequenza della perturbazione incidente, e che l'ampiezza sia tanto più grande quanto minore è la differenza tra la frequenza caratteristica delle masse oscillanti e la frequenza della perturbazione. V'è inoltre da considerare una differenza di fase fra la perturbazione incidente e l'oscillazione forzata. Nel caso di una perfetta coincidenza fra le due frequenze c'è da attendere che l'ampiezza dell'oscillazione forzata cresca oltre ogni limite. Fisicamente questo caso è da considerare come impossibile per la presenza dello smorzamento in ogni tipo di oscillazione. Ciò però non esclude l'aumento dell'ampiezza della vibrazione forzata man mano che si avvicinano le condizioni di risuonanza o di sintonia; l'aumento d'ampiezza, se non porta al valore infinito, può portare al limite elastico di rottura del sistema materiale, sia esso una lastra, una membrana, una corda ecc. per cui la risuonanza può produrre effetti molto vistosi pur essendo limitata l'ampiezza della vibrazione eccitatrice. La teoria completa delle vibrazioni forzate tiene necessariamente conto della presenza di una forza dissipatrice, che evita appunto l'aumento oltre ogni limite dell'ampiezza della oscillazione forzata. Si trova che per smorzamenti molto piccoli il campo di risuonanza è molto limitato, intendendo per campo di risuonanza l'intervallo di frequenza per il quale una perturbazione periodica, con frequenza compresa in detto intervallo, può produrre un'oscillazione forzata con ampiezza di un'entità misurabile; man mano che lo smorzamento aumenta la zona di risuonanza si allarga, il massimo diventa sempre meno accentuato, e compare inoltre una dissimmetria per l'ampiezza della vibrazione forzata rispettivamente a frequenze maggiori o minori della frequenza cui corrisponde l'ampiezza massima. Per valori ancora maggiori dello smorzamento può dirsi che praticamente manca una frequenza di risuonanza e per un notevole intervallo può ritenersi che l'ampiezza dell'oscillazione sia indipendente dalla frequenza della perturbazione incidente.
I due casi estremi di una sintonia limitata a un piccolo intervallo, o di mancanza quasi completa di sintonia, hanno notevolissime applicazioni. Infatti, disponendo di un oscillatore del primo tipo, che si denomina oscillatore di grande selettività, si può stabilire se una perturbazione che giunge su tale oscillatore abbia esattamente la frequenza caratteristica di questo. Infatti, se si verifica questo caso, si eccita nel risuonatore l'oscillazione forzata che raggiunge un'ampiezza considerevole, e contemporaneamente si ha un notevole assorbimento della perturbazione incidente da parte di questo oscillatore. Nell'altro caso si ottiene che, qualunque sia la perturbazione incidente, essa viene a essere riprodotta dall'oscillatore, in modo che le varie frequenze che la compongono compaiono con ampiezze ridotte ugualmente o quasi ugualmente. La possibilità di ottenere risuonatori di grande selettività permette di ottenere l'analisi armonica, cioè la determinazione più o meno precisa delle frequenze fondamentali che compaiono in una data perturbazione.
Le considerazioni precedenti riferite a oscillazioni elastiche generiche possono applicarsi naturalmente a quelle di tipo speciale dette acustiche. Gli oscillatori dotati di selettività in questo caso sono allora scatole di speciale forma che hanno un'imboccatura per ricevere la perturbazione ed un piccolo gambo forato per verificare se l'aria contenuta in esse sia entrata in vibrazione; essi sono stati chiamati, dal nome del fisico che li ideò, risuonatori di Helmholtz.
La costruzione di apparecchi oscillanti a grande smorzamento, in modo da poter avere, quasi senza distorsione, la riproduzione di una perturbazione, presenta notevole interesse specie quando si tratta di riprodurre i moti del suolo e cioè i moti sismici; tali apparecchi vengono detti sismografi.
In quanto precede si è trascurato però un fatto importante, che cioè nella trattazione del moto oscillatorio forzato si ottiene oltre all'oscillazione forzata anche l'oscillazione libera caratteristica del vibratore; per gli istanti iniziali bisogna tener presente che c'è questa vibrazione; passata tale fase transitoria, che, come si dimostra matematicamente, sarà tanto più rapida quanto più grande è lo smorzamento, si potrà considerare l'ampiezza dell'escursione dell'oscillatore come dipendente solamente dalla oscillazione forzata. Nella riproduzione di un'oscillazione per mezzo di questo fenomeno di risuonanza, oltre all'inevitabile fenomeno di distorsione dell'ampiezza, v'è anche un'altra manifestazione, e cioè la differenza di fase fra la perturbazione e l'oscillazione forzata che ne deriva. Questa differenza di fase, che rappresenta sempre un ritardo, può, specie per piccoli smorzamenti, assumere valori molto diversi per frequenze di poco maggiori o minori della frequenza di risuonanza, e nel caso di oscillazioni meccaniche l'esperienza conferma pienamente le previsioni ricavate dalla teoria. L'esistenza di frequenze proprie caratteristiche in ogni corpo materiale, frequenze che dipendono dalle forze elastiche presenti, dalla natura del corpo e dalla possibilità dell'eccitazione di oscillazioni forzate, richiede in ogni problema meccanico un accurato studio, perché non vengano a prodursi in un meccanismo perturbazioni che abbiano frequenze uguali a quelle caratteristiche di qualche parte di questo meccanismo; infatti pur essendo piccola l'ampiezza della perturbazione incidente l'ampiezza della vibrazione forzata può, per fenomeno di risuonanza, raggiungere e superare il limite di rottura del pezzo cimentato.
Particolare riguardo per certi campi di applicazione devono avere le oscillazioni anarmoniche; in queste la legge della forza non è semplicemente data da una proporzionalità allo spostamento, ma anche al quadrato del medesimo e così via. Si ritrova che in tali condizioni il punto materiale, che per l'oscillazione armonica non è spostato in media dalla posizione di riposo, e oscilla simmetricamente intorno ad esso, presenta invece uno spostamento finito rispetto alla posizione di riposo, spostamento che cresce col crescere dell'anarmonicità. D'altro canto oltre a vibrare con la frequenza fondamentale, vibra anche con la frequenza doppia, tripla e così via. Queste frequenze compaiono in numero più o meno grande a seconda dell'entità dell'anarmonicità.
In fisica oltre le oscillazioni elastiche, sulle quali possono provarsi facilmente le deduzioni teoriche, e che sono denominate acustiche se le frequenze sono comprese fra 20 hertz e circa 10.000 hertz, e ultracustiche se superano questo limite, vi sono ancora altri tipi di oscillazioni.
In primo luogo sono da ricordare le oscillazioni termiche dei corpi solidi. Secondo le indagini moderne, teoriche e sperimentali, i cristalli sono costituiti da punti materiali disposti nei punti d'incontro di rette che costituiscono il reticolo cristallino. Questi punti materiali non sono in quiete, ma compiono delle oscillazioni intorno ai punti del reticolo, con frequenze caratteristiche, e l'aumento di temperatura rappresenta un aumento d'ampiezza delle vibrazioni. Ora queste vibrazioni in prima approssimazione possono considerarsi come armoniche, ma tale posizione non può considerarsi rigorosa. In effetti ammettendo l'anarmonicità delle oscillazioni si trova che aumentando man mano l'ampiezza aumenta lo spostamento medio dalla posizione di riposo dei singoli punti materiali. Ne deriva dunque che un aumento di temperatura porta come risultato ad un aumento di distanza fra i vari punti del reticolo, e cioè con l'ipotesi dell'anarmonicità si giustifica una proprietà fondamentale dei corpi, la dilatazione termica. Questa dunque è strettamente dipendente dal carattere anarmonico delle vibrazioni reticolari.
Se mediante una causa esterna si riesce a realizzare nel reticolo una oscillazione forzata, si ha un rapido aumento di ampiezza, il che si traduce in un aumento di temperatura. Poiché queste particelle materiali in molti casi portano anche cariche di elettricità, la presenza di un campo elettrico alternativo di frequenza in risuonanza con quella del reticolo può produrre questo aumento di temperatura. Il processo ora descritto corrisponde al fenomeno di assorbimento delle radiazioni ultrarosse.
Anche le particelle, ioniche o neutre, che costituiscono le molecole dei corpi compiono oscillazioni. Queste risultano anarmoniche e con leggi molto complesse per la forza che tenta di riportare alla quiete la massa spostata dalla posizione di equilibrio. Questo tipo di oscillazioni secondo i moderni concetti della meccanica ondulatoria sono stazionarie, e cioè manca completamente in esse qualsiasi traccia di smorzamento.
Oscillazioni elettriche. - Bisogna infine ricordare che tutti i processi fisici che si lasciano tradurre in equazioni del tipo caratteristico delle oscillazioni, dànno luogo a fenomeni oscillatorî. Qui vogliamo brevemente riportare il caso delle oscillazioni elettriche. Si supponga che in un circuito elettrico sia applicata una differenza di potenziale V(t) variabile rispetto al tempo secondo una certa legge, che inoltre questo circuito sia dotato di un'autoinduzione L, e che comprenda una capacità C: la legge di Ohm applicata a tale circuito afferma che il prodotto dell'intensità della corrente in ogni istante per la resistenza ohmica di detto circuito è uguale alla forza elettromotrice variabile V(t) diminuita della forza elettromotrice dovuta all'autoinduzione, che è data da
diminuita ancora della differenza di potenziale ΔV esistente fra le due armature del condensatore: si ottiene cioè
e ricordando che per la definizione di capacità e d'intensità, detta q la carica elettrica si può porre
si ottiene
si ritorna quindi all'equazione caratteristica delle oscillazioni forzate.
Nel caso elettrico si vede che lo smorzamento è condizionato dalla presenza di una resistenza ohmica r nel circuito, e che, nel caso che si possa considerare trascurabile lo smorzamento, il periodo delle oscillazioni, e cioè il tempo che deve trascorrere perché la carica q ritorni per esempio su una delle due armature del condensatore, è dato da
D'altra parte si vede che perché si possa avere un'oscillazi0ne, e cioè perché il circuito sia oscillante, deve essere soddisfatta la condizione
Nel caso elettrico è molto facile avere un circuito in cui sia l'autoinduzione sia la capacità siano variabili, anche entro grandi limiti. È quindi possibile, variando opportunamente L e C, di ottenere per T un valore uguale a un valore fisso a piacere, e cioè sintonizzare il circuito alla frequenza di una perturbazione elettrica incidente.
Queste oscillazioni di cariche sono state per la prima volta realizzate da Hertz per la verifica sperimentale della teoria di Maxwell. La difficoltà incontrata da Hertz in questo studio era rappresentata dall'impossibilità di ottenere valori piccoli per i periodi di queste oscillazioni senza usare circuiti di piccola capacità ed autoinduzione. La necessità di sperimentare con periodi molto piccoli dipendeva dal fatto che proprio in queste condizioni si potevano ottenere particolarità caratteristiche per la teoria di Maxwell, d'altra parte la piccolezza di L e di C portava a piccole quantità di energia in giuoco. L'Hertz risolvette queste difficoltà con l'oscillatore riprodotto in fig. 4; in esso v'è un piccolo strato di coibente (aria nelle prime esperienze) fra le due sferette; l'autoinduzione e la capacità sono molto piccole. Collegando questo oscillatore coi due poli di un rocchetto d'induzione si aveva la possibilità di portare le due sferette a potenziali molto elevati per un periodo di tempo, piccolo rispetto alle durate direttamente percepibili dall'uomo, ma molto grande rispetto alla durata di un'oscillazione caratteristica del circuito: in virtù dell'elevato potenziale l'energia assunta dall'oscillatore è molto elevata. In queste condizioni il coibente cede alla differenza di potenziale applicata alle due sferette, scocca la scintilla fra queste e quindi per tutta la durata della scintilla la resistenza ohmica del circuito oscillante viene a essere molto ridotta. Durante tale intervallo di tempo, il circuito che, per l'elevata differenza di potenziale stabilitasi agli estremi, possiede un'elevata energia, può compiere molte oscillazioni. Questo tipo di oscillatore più o meno modificato ha permesso la verifica della teoria elettromagnetica della luce.
Le oscillazioni così prodotte sono smorzate. Nella pratica attuale si usano altri mezzi per produrre oscillazioni elettriche, anche persistenti; si usano cioè circuiti in cui sono inserite valvole termoioniche.
Conseguenza della teoria di Maxwell, verificata sperimentalmente da Hertz, è la possibiiità che onde luminose e in generale onde elettromagnetiche provochino oscillazioni forzate sempre che nella loro propagazione trovino circuiti oscillanti. I processi di assorbimento e di emissione delle radiazioni sono stati spiegati per molti anni appunto con l'ipotesi che nei corpi materiali fossero contenuti oscillatori elettrici di frequenze opportune. Tale interpretazione, se applicata a frequenze non eccessivamente elevate può ancora considerarsi soddisfacente, ma non lo è più quando si considerano manifestazioni connesse con frequenze molto elevate. Per effetto di questo disaccordo fra teoria e realtà sperimentale è nata la nuova teoria dei quanti.