OSCHI
. La nazionalità nata dalla fusione dei Sanniti con gli Opici, in seguito all'eliminazione della potenza etrusca nella seconda metà del sec. V ha assunto il nome di osca per un adattamento del nome di Opici alle parole sannitiche opos "lavoro", opsaom "fare". Per un processo analogo l'ex-provincia di Caserta ha conservato fino ai giorni nostri il nome di Terra di Lavoro.
L'organizzazione dello stato, federale secondo la tradizione sannitica, e la vicinanza dei centri di cultura greca fanno sì che di uno stato osco non si possa parlare, ma solo di tre federazioni, quella campana in senso stretto o di Capua, quella di Nola e Abella, quella di Nocera. D'altra parte la ricchezza della regione, che costituisce un'attrattiva incessante per gli abitanti della montagna, e nel tempo stesso la sovrapopolazione, documentata dalla presenza già nel 413 di mercenarî campani a Siracusa, fanno sì che la divergenza d'interessi fra gli Oschi della pianura e i Sanniti della montagna si manifesti in modo netto e la storia politica degli Oschi assuma spesso un aspetto diverso e opposto rispetto a quella sannitica.
L'estensione delle federazioni osche può essere misurata solo con dati indiretti, come le monete, la distribuzione delle colonie romane, l'atteggiamento delle singole città verso i Romani. La federazione di Capua doveva comprendere così le città di Capua, Atella, Calatia, Velecha, Volturno, Literno, Cuma e Pozzuoli strappate ai Greci, Casilino, Acerra, Suessula, e, al di là del Volturno, gli agri Falerno e Stellate. In tutto, secondo i calcoli del Beloch, 1150 kmq.
Le altre due federazioni si trovano a oriente di quella di Capua. Nola e Abella fra il M. Taburno e il Vesuvio. Nocera, a mezzogiorno della precedente, comprendeva Pompei, Stabia, Sorrento ed Ercolano. La colonia greca di Napoli era circondata strettamente da città e da territorio oschi e, nonostante avesse ospitato i fuggiaschi di Cuma, entrò in rapporti strettissimi con l'elemento osco.
Le prime relazioni con Roma si annodarono indirettamente per difesa contro i Sanniti. La prima guerra sannitica, conclusa nel 341, si chiuse con l'impegno dei Sanniti di non disturbare Capua. Dentro a questa però, come per lungo tempo ancora dopo, cominciarono a dibattersi i due partiti, aristocratico e democratico, anche sul terreno delle relazioni con Roma, essendo filoromano il primo, antiromano il secondo. Già l'anno successivo T. Manlio trionfava de Campaneis, i quali perdettero l'agro Falerno. Negli anni immediatamente successivi Capua, Acerra, Calatia, Atella, Suessula, Cuma ebbero la cittadinanza senza suffragio. Altre città osche dovevano divenire alleate; Napoli nel 326. Dopo un periodo di ribellione, Capua venne riammessa nella cittadinanza nel 314 (Liv., IX, 26); Nola presa nel 314; la federazione nucerina è di nuovo alleata nel 308. Dopo di che, per tutto il resto delle guerre sannitiche, la guerra di Pirro, la prima punica, gli Oschi, contenti del loro stato, non cambiarono atteggiamento rispetto ai Romani. Durarono nella fedeltà anche al principio della guerra annibalica, fino alla battaglia di Canne: dopo la quale Capua strinse alleanza con Annibale (216), mentre Nola rimaneva fedele a Roma e Nocera, pure fedele, veniva distrutta da Annibale. Gli abitanti furono accolti a Nola, Napoli, Cuma, ma, con un tratto che illumina i rapporti fra le diverse città osche, non a Capua. Le vicende ulteriori della guerra fecero sì che nel 211, dopo lungo assedio, Capua venne presa e perdette tutte le magistrature autonome.
Nel 194 furono fondate le colonie di Volturno, Literno, Pozzuoli. Solo con la guerra sociale fu fondata una colonia a Pompei. Ma di un'attività politica degli Oschi dalla fine del sec. III in poi non c'è più da parlare.
L'ordinamento statale s'impernia sul meddix, etimologicamente iudex ma tradotto latinamente praetor, che riassume in sé il massimo dei poteri. Esso appare accompagnato talvolta da attributi, chiari come kapv "campano", oscuri come ad Abella degetasis "decentario", o dubbî come tuticus, che secondo alcuni vorrebbe dire "federale" in contrapposto del semplice meddix che sarebbe strettamente cittadino. Questo è poco credibile, perché la federazione non agisce mai nella storia come un tutto organico guidato da un capo e perché il nome tuticus è aggettivo paragonabile a un derivato del latino civitas. Non mancano le prove che i meddices potessero essere due: ma si trattava allora di un meddix e di un vice meddix. Di altre magistrature presso gli Oschi non ci sono tracce. Di assemblee compaiono il senato, particolarmente in vista a Capua, e due assemblee minori a Pompei, dette in lingua osca kombennion - l'una, komparakion - l'altra. Entrambe deliberano o esprimono un parere su argomenti finanziarî. Sono documentate a Capua e a Pompei associazioni di giovani dette verehias. Nomi di magistrature romane compaiono sotto forma osca, come i questori e gli edili. Particolarmente interessante è il contratto stipulato fra il questore di Abella e il meddix di Nola per delimitare il territorio di un tempio di Ercole posto proprio sul confine dei rispettivi territorî; contratto contenuto in un'iscrizione famosa, il cosiddetto Cippo Abellano.
Culti che meritano particolare rilievo compaiono attraverso i monumenti epigrafici: iscrizioni dedicatorie, maledizioni, voti. La Venere degli Oschi, Herentas (etimologicamente il "Desiderio"), compare su una lastra di marmo trovata ad Ercolano, con l'attributo grecizzante di Ericina. Giove compare indirettamente in una serie d'iscrizioni di Capua che contengono la parola diuvila o iuvila scritta su blocchi di tufo o mattoni. In una di queste compare l'attributo caratteristico di Flagio, probabilmente analogo al latino fulguriator, che trova solo un riscontro a Pozzuoli, in una iscrizione latina, con la forma Flazius. Giove Flagio non compare solo, ma accompagnato da due divinità femminili, in una triade, secondo uno schema che si trova anche presso il popolo (assai affine) degli Umbri. Le due divinità si chiamano Damusa e Vesuna, l'una documentata solo a Capua, l'altra nota anche al difuori del territorio osco, presso gli Umbri. Altra divinità osca è Mamerte, corrispondente al latino e all'umbro Marte che ha dato fra l'altro origine al nome di Mamertini, i mercenarî campani che costituirono uno stato autonomo a Messina. Altro dio antichissimo è Fisu che è attestato presso gli Oschi solo attraverso il derivato Fisio, attributo di una parola oscura pomperia.
Infine Cerere-Demetra nella sua funzione di dea infernale compare nella cosiddetta "maledizione di Vibia", tavoletta di piombo contenente una maledizione ai danni di certo Pacio Clovatio. L'invocazione è rivolta Keri Arentikai, a Cerere vendicatrice.
Padroni di Cuma, intimamente legati con Napoli, gli Oschi sono stati esposti a tutte le influenze della cultura greca, ma sono stati anche intermediarî di cultura greca rispetto ai Romani, in concorrenza con gli Etruschi, rispetto ai Sanniti in concorrenza con Taranto e le colonie della Magna Grecia. Mentre Proserpina porta l'impronta della trafila etrusca che l'ha resa così diversa dal modello greco, Pollux rispetto a Πολυδεύκης esclude l'intermediario etrusco e ne presuppone uno osco, o, data l'antichità del culto dei Dioscuri, opico. Capua fu una metropoli di fronte alla quale Roma fu per lungo tempo una città oscura: la sua influenza culturale ebbe una risonanza politica al tempo della ribellione del 216, quando accarezzò l'idea di divenire capitale d'Italia. Nessuna premura ebbero i Romani di latinizzare questo mondo, perché solo nel 180 "autorizzarono" l'uso del latino a Cuma.
Mentre la nazionalità osca si riferisce a un ramo ristretto della famiglia sannitica, e per di più a un ramo che si è sentito presto staccato dal tronco originario, il nome di lingua osca si riferisce alla lingua dei Sanniti e dei loro discendenti, dalla Maiella al Golfo di Taranto, dalla costa adriatica del Molise al Golfo di Napoli, alla Lucania, al Bruzio e perfino a Messina, dove è stata portata. dai Mamertini. Questa denominazione è dovuta al fatto che, sopra 200 iscrizioni, circa due terzi appartengono alla Campania, cioè al territorio propriamente degli Oschi, il resto appartiene in piccola parte al territorio dei Mamertini, Bruzî e Lucani, in maggior parte a quello sannita.
L'unità linguistica dimostra che tutta questa regione, indipendentemente dalle vicende politiche, costituì in tempi antichi un tutto civile organico, alimentato, dopo, da continui scambî commerciali e culturali. La lingua osca ha resistito efficacemente al processo di disintegrazione dei diversi stati autonomi e ostili, e all'azione livellatrice della lingua latina durante i primi secoli dell'alleanza e della dominazione romana. Solo le devastazioni della guerra sociale e il moltiplicarsi delle colonie hanno distrutto la possibilità di sopravvivenza della lingua osca. Dopo la guerra sociale non si trovano più iscrizioni in lingua osca.
La lingua osca fa parte del gruppo osco-umbro (v. italici) e, insieme con l'umbro, ne costituisce la documentazione principale. Le lingue intermedie dei Peligni, Marrucini, ecc. (v. sabini), si accordano ora con l'uno ora con l'altro. Le maggiori differenze fra l'osco e l'umbro stanno nel fatto che l'osco nel suo insieme è conservatore e l'umbro è invece innovatore. Una caratteristica dell'osco è la conservazione fedele dei dittonghi ereditati ai, ei, oi, ou che è comune solo al greco: in tutte le altre lingue indoeuropee i dittonghi sono stati più o meno alterati: lat. privus, umbro prevo ma osco preiuatud. Il rotacismo o passaggio dell'-s intervocalico a -r è sconosciuto in osco, mentre compare in umbro e in latino: gen. pl. -arum latino, -aru umbro, ma -azum osco. Il dat. abl. plurale della 3ª declinazione in umbro è -us, in osco -is: umbro fratrus "fratribus", osco ligis "legibus". L'abl. sing. della stessa declinazione in umbro e in latino è in -e, in osco in -ud: lat. lege, umbro capirse, ma osco ligud. La congiunzione copulativa è in latino e in umbro et, in osco inim. Viceversa nella formula onomastica gli Oschi vanno d'accordo con i Latini mettendo il patronimico dopo il gentilizio, mentre gli Umbri lo mettono prima: Minnieis Kaisillieis Minateis vuol dire "di Minio Cesillio figlio di Minato". Presso gli Umbri si usa Ner. T. Babr. per dire "di Nerio Babrio figlio di Tito". La differenza più importante per le risonanze che ha in epoca più tarda, probabilmente anche nel latino volgare, è la distinzione di vocali aperte e vocali chiuse nel caso di i e di u che compare alla fine del secolo IV a. C. e riappare nel latino parlato del sec. III d. C. Essa è propria dell'alfabeto nazionale osco: pid che corrisponde al latino quid ma imad-en di fronte al latino imus.
La grande estensione occupata dalla lingua osca e i diversi ambienti linguistici in cui è stata introdotta hanno fatto sì che essa non sia priva di differenze dialettali. Due sono le più salienti: in Campania, salvo che in Capua (già etrusca), certi gruppi di consonanti sono separati da vocali "anaptittiche", in contraddizione con le tendenze più antiche del gruppo osco-umbro, che favorivano piuttosto la sincope: paterei per "patri", Herekleis per "Herculis" (v. opici). A Bantia in Lucania, invece di tia si pronuncia -sa e il nome della località è scritto Bansa. Mentre di solito questo è giudicato come un particolare dialettale "bantino", importa rilevare che la tendenza a palatalizzare questi gruppi consonantici è nota anche in umbro.
La lingua osca è scritta in tre alfabeti: nazionale, derivato da un alfabeto etrusco-campano con forti modificazioni; latino, greco.
Bibl.: J. Beloch, Campanien, 2ª ed., Breslavia 1890; H. Nissen, Italische Landeskunde, Berlino 1883; G. Devoto, Gli antichi italici, Firenze 1931; R. S. Conway, The Italic Dialects, Cambridge 1897; Planta, Grammatik der oskisch-umbrischen Dialekte, voll. 2, Strasburgo 1892-1897; la collezione intiera della Rivista indo-greco-italica, Napoli 1917 segg.