CHILESOTTI, Oscar Paolo Rocco
Nato a Bassano del Grappa (Vicenza) il 12 luglio 1848 da Luigi e da Angela Cantele, seguì gli studi di giurisprudenza all'università di Padova, ove si laureò nel 1871, ma la naturale inclinazione alla musica lo distolse presto da progetti di professione legale. Si pose così agli studi musicali in parte sotto la guida di un singolare dilettante del luogo, il nobile Antonio Sale, in parte da autodidatta. Studiò vari strumenti (violoncello, flauto, chitarra), si formò il necessario corredo di teoria musicale e, fuori dalla musica ma sempre con lo sguardo ai collegamenti con essa, quello di studi letterari, filosofici, scientifici: della qual larghezza di orizzonti ben presto si dovevano veder prove nelle sue pubblicazioni. È però da dire subito che, nello stesso ambito delle discipline musicali, ciò che sin dalla giovinezza più lo attrasse, e assorbì poi la maggior parte della sua attività, fu lo studio degli strumenti antichi, in particolare di quelli a pizzico con manico e tastatura; dall'esercizio della chitarra facilmente passò a quello del liuto, collegando l'interesse pratico d'esecuzione a quello per la storia degli strumenti di quella famiglia nella loro struttura, nella tecnica esecutiva, e soprattutto a quello per la musica scritta per essi, dall'origine alla fioritura e decadenza, ove il liuto ebbe, come strumento solista, preminenza indiscussa. In tale ricerca era parte integrante l'aspetto paleografico, ossia lo studio del sistema di notazione usato durante i secoli in cui la fioritura di quegli strumenti si svolse, cioè dal XV al XVII: sistema fondamentalmente diverso da quello della più comune scrittura musicale, in quanto costituito da lettere e numeri, con notevole differenziazione dall'uno all'altro paese europeo.
Già nelle prime pubblicazioni del C. appare la raggiunta familiarità con quelle scritture, per più aspetti problematiche e a volte complicate. Ciò può esser ben visto in prospettiva nella triade di saggi: Capricci armonici sopra la chitarra spagnola del conte Ludovico Roncalli(1692)trascritti nella moderna notazione (Milano 1881); Di Giovanni Battista Besardo e del suo "Thesaurus harmonicus"(ibid. 1888); Di Hans Newsidler e di un'antica intavolatura tedesca di liuto (in Riv. musicale italiana, I [1894], pp. 48-59). È così presentato il quadro delle tre più importanti intavolature di liuto - italiana (di cui la spagnola non è che una variante), francese, e tedesca -, e il C. dimostra ormai di possedere i fondamentali strumenti di ricerca.
In quel primo numero della Riv. musicale italiana il nome del C. appare con quello di Luigi Torchi: sono i due autori a cui buona parte dei moderni musicologi italiani dà un posto preferenziale nell'insieme certamente limitato degli studiosi del tempo, oggetto in generale di un discredito davvero eccessivo perché pure tra essi ve n'erano di più che rispettabili: è vero tuttavia che il Torchi e il C. si distinsero per un indirizzo musicologico più scientifico, e ciò si addice più particolarmente al C. per la ricerca in prevalenza rivolta a un argomento specifico ma nello stesso tempo ampio e poliedrico.
Il C. rivolgeva però il suo interesse anche alla storia della musica in generale, soprattutto a quella italiana, un interesse fatto anche di passione patriottica. Lo spingevano due esigenze: da un lato stimolare gli studi della storia musicale in un paese come l'Italia già da tempo aperto a quelli di storiografia generale, dall'altro far meglio conoscere il passato musicale italiano, ove abbondavano - e tuttora abbondano - ampi spazi oscuri. Maturò così, nel quarto decennio di vita del C., la ricca serie di studi sui musicisti italiani, raccolti poi in un volume col titolo I nostri maestri del passato - Note biografiche sui più grandi musicisti italiani da Palestrina a Bellini (Milano s. a., dedica del 1882).
Nell'opera si deve apprezzare soprattutto un serio intento divulgativo o anche informativo di dati generali e particolari: non era materialmente possibile, allo stato degli studi del tempo, dare un profilo sintetico e approfondito di quasi settanta autori operanti in uno spazio di tre secoli e mezzo, né si trattava solo di musicisti di primo piano, come Palestrina e Bellini, Frescobaldi, Monteverdi, Stradella, i due Scarlatti, Marcello, Pergolesi, ecc., ma altresì di molti minori, e di teorici, come lo Zarlino, Giambattista Doni, padre G. B. Martini, ecc. Si tratta generalmente di profili di carattere compilativo, ma con abbondanti elenchi di opere, citazioni di fonti e accenni ad argomenti particolari che più tardi il C. avrebbe approfondito, estendendo le sue ricerche anche a opere di storiografia pertinenti alla teoria musicale medievale e rinascimentale.
Nel periodo in cui apparve il suddetto volume il C., pur non tralasciando i suoi studi musicologici, assunse la direzione, che tenne dal 1884 al 1891, del museo di Bassano, su cui lasciò una memoria, La mia direzione al museo di Bassano (Torino 1902):da essa risulta che il suo lavoro non fu affatto facile né sereno, per insufficienze amministrative e culturali e per contrasti e incomprensioni. Pertanto, dopo un'altalena di dimissioni presentate e ritirate, le rassegnò definitivamente nel gennaio del '91. Da ricordare inoltre che, prima di diventare direttore del Museo civico, il C. già dirigeva l'osservatorio meteorologico da lui stesso ivi portato dalla propria casa. È chiaro comunque che una simile attività poteva essere solo accessoria nella vita dello studioso, il quale nello stesso periodo continuò indefessamente le sue ricerche, come comprova il succedersi si può dire ininterrotto delle pubblicazioni, che in tutto l'arco della sua esistenza superarono la sessantina.
Dopo I nostri maestri del passato il C. pubblicò il saggio Sulla lettera critica di Benedetto Marcello contro Antonio Lotti - Note ed osservazioni (Bassano 1885); i due musicisti sono presentati in una posizione di contrasto, da cui non buona luce si riverberava sul Marcello, presumibile autore di una Lettera critica di cui non aveva mai dichiarato la paternità. Il C. dava la cosa per sicura e su ciò vi fa una polemica con l'avv. L. Busi, biografo del Marcello: più che sull'identità dell'autore della lettera, su cui i due erano concordi, si discuteva se essa fosse stata data alle stampe, cosa negata dal Busi e affermata dal C. (cfr. Gazzetta musicale di Milano, XXXIX [1884], n. 34). Ad ogni modo, la sua disapprovazione per le censure certo non serene rivolte dal Marcello a composizioni del Lotti - che forse ne era stato maestro - non intaccò l'ammirazione e l'interesse artistico del C. per lo stesso Marcello, come è dimostrato dalla trascrizione ch'egli poi pubblicò dell'Arianna, detta dall'autore stesso "intreccio scenico musicale" - in sostanza una sorta di melodramma sui generis - inclusa pochi anni dopo nella importante raccolta "Biblioteca di rarità musicali", del cui contenuto diamo più oltre l'elenco particolareggiato. Fu questo, si può dire, uno dei rari notevoli contributi agli studi marcelliani fino a tutt'oggi apparsi.
Dopo queste pubblicazioni, il C. ritornò agli studi sul suo tema preferito, come si vede dai saggi più sopra menzionati. E fra la memoria del 1888 su J. B. Bésard, al quale dedicò poi diversi scritti, e quella del 1894 sul Newsidler pubblicò lo scritto Sulla melodia popolare del Cinquecento (Milano s.d., ma 1889), ove già chiaramente si profila, tra osservazioni storiche e trascrizioni musicali, quella che diverrà poi l'idea cardine ispiratrice della sua opera di studioso: la visione cioè di un contrasto - entro lo stesso periodo rinascimentale - tra la musica popolare fatta soprattutto di melodia e di semplici accordi, rappresentati dalla fioritura strumentale europea ma specialmente italiana per liuto e strumenti affini (con o senza unione con la voce) e la musica dotta dal C. sostanzialmente identificata con la scuola fiamminga ed espressasi in uno stile contrappuntistico ch'egli diceva esser in generale complicato e artificioso. Visione dunque tendenzialmente nazionalistica e popolaristica, che venne da molti accettata anche in seguito, ma a rigore invece contestabile, che ebbe tuttavia il merito di promuovere lo studio approfondito di tutta una corrente particolare d'ispirazioni musicali allora rimasta in gran parte in ombra. Quel saggio dunque, come il C. dichiarò, si può considerare strettamente connesso alle più specifiche ricerche sulla letteratura liutistica del Cinquecento, di cui l'anno dopo apparve la prima ampia raccolta di trascrizioni del C. pubblicata in Germania sotto il titolo Da un codice Lautenbuch del Cinquecento (Lipsia s.d., prefazione datata 1890): codice ch'egli dice compilato da un tedesco, ma che contiene musiche per lo più di origine italiana, dato l'aspetto della notazione e le composizioni trascritte, generalmente anonime, e spesso in forma di danza (Passemezzo. Romanesca. Gagliarda).In questa raccolta, di grande importanza, è ribadito il sistema di trascrizione adottato ormai costantemente dal C., con trasposizione dell'accordatura una sesta maggiore sopra rispetto all'originale (fondato, nell'intavolatura italiana, prevalentemente sul sol scritto in prima linea nella chiave di basso); e con generale prolungamento delle note dell'implicita polifonia, che nel liuto o nella chitarra non possono essere integralmente tenute con le dita: il tutto contenuto in un rigo solo con la chiave di violino. Tale sistema fu poi solo parzialmente seguito dagli altri studiosi, ma serba tuttavia il merito di una limpidezza visiva e una sostanziale fedeltà all'originale. È anche da ricordare che questa raccolta, come altre successive, fu utilizzata da O. Respighi per le sue rielaborazioni pubblicate in Antiche arie e danze per liuto trascritte per pianoforte od orchestra (3 serie, 1917-23-31): rielaborazioni naturalmente libere e concertistiche, di cui è un esempio significativo la congiunzione di un pezzo anonimo della raccolta sopra citata con una Gagliarda di Vincenzo Galilei inclusa in un'altra di quelle che indichiamo qui sotto.
Appunto il Galilei fu tra gli autori cinquecenteschi per liuto studiati con più attenzione dal C.: cfr. la raccolta di trascrizioni da un codice fiorentino di composizioni liutistiche del Galilei, in Atti del Congresso internaz. di scienze storiche,Roma 1903, Roma 1904-1907, III, pp. 135 ss.; i saggi Il primo libro di liuto di V. Galilei, in Riv. musicale ital., XV (1908), pp. 753-58, e Di Nicola Vicentino e dei generi greci secondo Vincentio Galilei,ibid, XIX (1912), pp. 546-65.
Dal secondo di questi saggi si vede come in connessione con la storia del liuto il C. giustamente considerasse lo studio storico-teorico dell'evoluzione del sistema insieme acustico e armonico, coi relativi problemi degli intervalli e degli accordi; ovviamente vedeva nell'accordatura del liuto una istintiva soluzione del difficile problema di conciliare esigenze teoriche con necessità pratiche in un'applicazione del temperamento equabile, in un momento di sottili e intricate disquisizioni astratte.
Fra le altre numerose importanti pubblicazioni attinenti alla letteratura liutistica ci limitiamo a ricordare lo studio su Francesco da Milano in Sammelbände der Internationalen Musikgesellschaft, IV (1903), pp. 382 ss., e la raccolta di trascrizioni Lautenspiele des XVI. Jahrhunderts. Ein Beitrag zur Kenntnis des Ursprungs der modernen Tonkunst, Leipzig s.d., prefaz. 1891, continuazione di quella apparsa pure essa a Lipsia e più sopra citata (Da un codice Lautenbuch...).
Ma gli interessi culturali del C. non si fermano qui, ché il suo sguardo fu aperto anche a problemi d'estetica e di filosofia generale (come attestano le sue traduzioni Il mondo come volontà e come rappresentazione di Schopenhauer, Milano 1888, e degli Aforismi sulla saggezza della vita dello stesso, ibid. 1892) e altresì di estetica in senso scientifico (L'evoluzione della musica,Appunti sulla teoria di H. Spencer, in Riv. music. ital., V [1898], pp. 559-73).
Da tutto ciò si ricava che l'opera del C. rappresenta non solo una delle più importanti espressioni della giovane musicologia italiana del suo tempo, ma anche un punto di riferimento indispensabile per lo sviluppo delle ulteriori ricerche. Della sua attività di studioso ricordiamo inoltre: la collaborazione ad altre riviste, oltre alle già ricordate, come Revue d'histoire et de critique musicale,la Rivista storica italiana, ecc.; le conferenze in varie città di Italia, tra cui una a Roma nel 1889 attestata dal Carducci in una nota alla poesia Il liuto e la lira.Quanto alla vita privata del C., essa appare caratterizzata da semplicità e raccoglimento in coerenza con la sua vita di studioso: il 24 sett. 1872 sposò Maria Lauretana (Loredana) Bianco di Feltre. Il C. morì a Bassano del Grappa il 20 giugno 1916, mentre infuriava la prima guerra mondiale, di cui il C. seguì con profonda e accorata partecipazione gli eventi, come è attestato dalle lettere scritte all'amico Vito Fedeli, ove parla anche di studi in corso, rimasti incompiuti e inediti.
Pubblicò inoltre: Una canzone celebre nel Cinquecento: Io mi son giovinetta... (in Rivista musicale italiana, I [1894], pp. 446-53); Sulle gamme (ibid., V [1898], pp. 754-85), aparte col titolo Sulle gamme e sui suoni di combinazione (Torino 1898); Note circa alcuni liutisti italiani della prima metà del Cinquecento (Rivista musicale ital., IX [1902], pp. 36-61, 233-63); Le scale arabo persiane e indù. Appunti (Lipsia 1902). Curò infine la "Biblioteca di rarità musicale" in nove volumi, pubbl. a Milano presso l'editore Ricordi: I, Danze del secolo XVI trascritte in notazione moderna dalle opere "Nobiltà di dame" del sig. Fabrizio Caroso di Sermoneta,e "Le grazie d'amore" di Cesare Negri milanese detto il Trombone (s.d., ma 1883, secondo V. Fedeli); II, "Balli d'Arpicordo" di Giovanni Picchi organista della Casa Grande in Venezia [1621], trascritti in notazione moderna (s.d., ma 1884?);III, "Affetti amorosi". Canzonette ad una voce sola raccolte da Giovanni Stefani [1621], con la parte del basso e le lettere dell'alfabeto della chitarra alla spagnola (s.d., ma 1885?); IV, "Arianna" - Intreccio scenico musicale di Benedetto Marcello nob. ven. [1727], trascrizioni per canto e pianoforte (s.d., avvertenza datata 1885); V, Oratio Vecchi [1590]. Arie,canzonette e balli a tre,a quattro e cinque voci,con liuto (s.d. prefaz. datata 1892); VI, Partite di Gerolamo Frescobaldi sopra la Romanesca,la Monica,Ruggiera e la Follia [1614] (s.d., ma 1909?); VII, "Airs de Court"[sec. XVI] del "Thesaurus harmonicus" di J. B. Bésard. Trascritti per canto e pianoforte (s.d., ma 1914?); VIII, Musica del passato,da intavolature antiche (s. d., ma 1915?); Madrigali,villanelle ed arie di danza del Cinquecento. Dalle opere di J. B. Bésard (s.d., ma 1915?).
Fonti e Bibl.: Necrol., in Il Marzocco, 2 luglio 1916, p. 27; Bassano del Grappa, Archivio com., I, Registro, p. 69; Gazzetta musicale di Milano, XXXIX (1884), pp. 368-80; V. Fedeli, Il Dr. O. C., in Riv. mus. ital., XXIII (1916), pp. 596-616; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secc. XVIII e XIX, I, Venezia 1901, pp. 414-19; F. Ghisi, O. C., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, II, Kassel 1952, coll. 1193 s.; G. Mantese, Storia musicale vicentina, Vicenza 1956, p. 126; G. Vecchi, La melodia popolare sul pensiero e nella ricerca filol. di O. C., in Chigiana, n.s., XXIII (1966), 3, estratto; C. Schmidl, Dizion. univ. dei musicisti, I, p. 336; La Musica. Diz., I, p. 397.