orto
Il termine ricorre otto volte (di cui due nel Fiore), sempre con valore traslato. In Rime CVI 147 crede amor fuor d'orto di ragione, la metafora si può rendere con " campo ", " dominio " (" crede che possa esistere vero amore fuori del campo razionale ", Barbi-Pernicone; altri, per es. il Pézard, meno persuasivamente intendono: " e crede che vi possa essere amore che non abbia avuto origine dalla ragione ", richiamandosi al significato dell'omofono o., per cui v. il lemma seguente).
In If XXIX 129 l'orto dove tal seme s'appicca è comunemente inteso per la città di Siena, " dove cotali costumi [ossia la costuma ricca / del garofano di cui ai vv. 127-128, introdotta dal senese Niccolò dei Salimbeni o dei Bonsignori] s'appiccano bene per gola e ghiottornia " (Ottimo); ma il Lana, più genericamente: " tra glutti e guluxi "; e Guido da Pisa: " in horto vanorum hominum ".
Assai improbabile, e del resto avanzata cautamente, appare l'ipotesi del Del Lungo, secondo cui la parola o. " contiene forse allusione equivoca tra il significato suo comune e l'uso poetico per ‛ oriente ' (cf. Purg. XXX, 2; Parad. IX, 91), paese del garofano e consimili spezie od aromi ".
In If XXXIII 119 le frutta del mal orto di cui fa cenno frate Alberigo (convitatore in Faenza dei suoi parenti, fatti uccidere al portar delle frutta) sono secondo l'Ottimo " le frutte dell'orto del tradimento ".
Così o pressappoco (" frutta nate nel terreno del male ") tutti i commentatori moderni; ma Benvenuto intese per o. la città di Faenza, " quae produxit aliquando tam malos fructus in nobilibus suis. Unde auctor posuit duos nobiles proditores de Faventia in ista glacie, scilicet Thebaldellum... et Albericum "; e lo stesso Benvenuto accenna a una terza interpretazione di o.: " Alii tamen dicunt, quod ista coena maledicta facta est in quodam horto ".
Suggerite da parabole o similitudini evangeliche (cfr. Matt. 21, 33-42; Ioann. 15, 1; ecc.) sono le metafore dell'o. in altri tre passi, tutti della terza cantica: Pd XII 72 l'agricola che Cristo / elesse a l'orto suo per aiutarlo, e 104 diversi rivi / onde l'orto catolico si riga; XXVI 64 Le fronde onde s'infronda tutto l'orto / de l'ortolano etterno. Nei primi due passi la metafora si riferisce chiaramente alla cristianità, più precisamente alla Chiesa militante. Per il terzo passo i commentatori oscillano fra un'interpretazione lata, che fa coincidere l'o. con l'intero mondo di cui le fronde sarebbero genericamente gli uomini (così una tradizione imponente che va dal Lana e da Benvenuto fino a parecchi moderni, fra cui Casini-Barbi, Scartazzini-Vandelli, Mattalia) e un'interpretazione più restrittiva, che richiamandosi al significato di o. nei due passi precedenti, intende la metafora come riferita specificamente alla comunità dei cristiani, escludendo perciò che si debba vedere in questi versi " una dichiarazione incondizionata d'amore a tutta l'umanità " (Porena; così anche, più o meno esplicitamente, il Torraca, il Sapegno e il Chimenz).
Ma par difficile non avvertire nel passo in questione una latitudine semantica (tutto l'orto, l'ortolano etterno), potenziata dallo stesso fervore delle replicazioni (fronde-infronda, orto-ortolano), che distingue la metafora dell'o. dai due usi precedenti, più specifici (l'orto suo, l'orto catolico), anche se la fonte culturale rimane la medesima. Può essere forse utile ricordare, per analogia, quanto D. stesso afferma sull'estensione dell'autorità imperiale in Ep V 21 Hortus... eius et lacus est quod coelum circuit. Né si può dire che quella di D. venga a essere così una dichiarazione incondizionata di amore per tutta l'umanità, in quanto rimane in lui fermo il criterio di distinzione dato dalla quantità di grazia partecipata da Dio agli uomini: Le fronde... am'io cotanto / quanto da lui a lor di bene è porto (Pd XXVI 64-66). È anche il caso di ricordare altre due interpretazioni del passo: la prima che identifica l'o. col Paradiso (con richiamo al mistico fiore degli ultimi canti) e le fronde coi beati, sostenuta dall'Ottimo e dal Buti e ripresa più tardi dal Cesari e dal Tommaseo; la seconda, avanzata dal Del Lungo, che intende le fronde per le bellezze di cui Dio ha vestito e adornato tutto l'orto del mondo.
Con valore ugualmente traslato o. è adoperato due volte nel Fiore: LXVI 14 Allor la prendi e sì le 'nnafia l'orto; CXCIX 7 che tu sì coglierai il fior dell'orto, dove la metafora è da intendersi in senso erotico, e nel secondo caso s'inquadra entro il sistema simbolico che regge l'intero poemetto.