ORTENSIO (Q. Hortensius Hortălus)
Oratore, nato nel 114 a. C., edile nel 75 e pretore nel 72. Dotato di una grande vivacità di temperamento, di una bella voce e di un porgere quasi teatrale, fu a Roma il più grande rappresentante dell'asianesimo. È forse lui l'eloquente oratore anonimo ricordato da Appiano (Bell. Civ., I, 500), che tenne il discorso funebre in onore di Silla, e Cicerone lo ebbe di fronte nel processo di Verre, svoltosi nel 70, anno in cui fu eletto console, e più tardi, nella discussione della legge Manilia, di cui O. fu avversario tenace, come era stato l'anno precedente della legge Gabinia. Ma le qualità di O. erano di quelle che il tempo attenua, non approfondisce, e nonostante il suo tentativo di raccogliere le forze e di riprendere il terreno perduto, dopo l'elezione del grande emulo a console, il suo astro tramontò rapidamente. Nei processi di Rabirio, di Murena, di Sestio, di M. Emilio Scauro, egli non è ormai che in seconda linea. Caratteristico per la sua figura e per la sua azione politica il fatto che rinunciò alla provincia della Macedonia Acaia, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto condurre la guerra contro Creta. Morì nel 50.
Delle sue orazioni, perdute, come le altre sue opere, nessuna è rimasta famosa, anche perché, scritte, perdevano gran parte del loro colore, e la sua gloria poggia in sostanza sul Brutus ciceroniano, che si inizia appunto ricordando la morte di O., e nel quale l'oratore viene idealizzato accanto a Cicerone, come l'ultimo grande rappresentante della moribonda eloquenza romana. Così avvenne che Cicerone intitolò a O. il famoso dialogo introduttivo alle sue opere filosofiche, che si sarebbe svolto fra O., Q. Lutazio Catulo e Cicerone tra il 60 e il 65, anche se attribuendogli, in piena coerenza col carattere di O., la parte di advocatus diaboli; e immaginò che il dialogo degli Academici, nella prima edizione, si svolgesse in una villa di O. e con la sua partecipazione.
Scrisse in versi per una scommessa con Lucullo e Sisenna una storia della guerra marsica dal titolo Annales, e gettò giù con una facilità che Catullo (carme 95,5) non ammira, centinaia di versi d'argomento leggiero. Ciò non toglie che Catullo abbia scritto per lui, accompagnando la traduzione della Chioma di Berenice, una delle sue cose più sentite e più belle (c. 65), e che per uno strano giuoco del destino il nome di O. resti legato, oltre che alla gloria di Cicerone e alla conversione di Agostino, alla poesia di Catullo.
Bibl.: Von der Muehl, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 2470 segg.; M. Schanz, Gesch. d. röm. Lit., 3ª ed,. I, ii, Monaco 1909, pp. 207-210; 4ª ed. (C. Hosius) I, ivi 1927, pp. 385-87; W. Drumann e P. Groebe, Gesch. Roms, 2ª ed., III, Lipsia 1906, p. 78 segg.; E. Ciaceri, Cicerone e i suoi tempi, I e II, Milano 1926-30, passim; A. Cima, L'eloquenza lat. prima di Cicerone, Roma 1903, p. 103 segg.