BENINCASA, Orsola
Discendente per parte di padre da una famiglia di nobile origine, forse siciliana, la B. nacque a Napoli (dove la famiglia, si era trasferita nel sec. XVI da Citara, borgo di proprietà del monastero della Trinità di Cava dei Tirreni, situato presso Vietri sul Mare, forse in seguito al sacco da parte del Barbarossa, nel 1533) il 21 ott. 1547, secondo la testimonianza dei suoi biografi. Tuttavia dagli atti del processo di S. Filippo Neri risulta che nel gennaio 1612 ella testimoniò di avere sessantun anni; il che sposterebbe la nascita al 1551.
Girolamo Benincasa, ingegnere e architetto militare, ebbe otto figli: il primogenito Francesco, Ludovico (morto a sette anni nel 1540) e sei figlie; la B. fu l'ultimogenita. Francesco si addottorò in utroque e divenne poi prete. Le biografie agiografiche della B. narrano come questi conducesse vita ascetica, sembra a volte premiata da estasi e rapimenti, e come avesse impresso alla vita quotidiana e alle pratiche di pietà della devota famiglia una regolarità e severità tali da far parlare di rigore claustrale; altri autori attribuiscono l'introduzione di quelle regole alla stessa B., dopo la morte del padre. Si può comunque parlare di un'intensa religiosità di tutta la famiglia: sacerdote fu il primogenito; delle sorelle, due si dedicarono fin da principio alla vita religiosa: le altre due, sposate, ne seguirono, con le proprie figlie, l'esempio; furono anzi esse le primissime socie della congregazione fondata dalla Benincasa. Cristina (che ebbe sei figli) aveva sposato un Fabrizio Palmieri; Bernardina, un Disiato Fasano, rimanendo però presto vedova; dei marito di Lucrezia non sappiamo il nome, ma forse fu anch'egli un Palmieri; Antonia e Giovanna, votate alla vita monacale, morirono presto, prima della nascita della Benincasa.
Fin dall'infanzia la B. aveva dimostrato inclinazione alla vita religiosa; rimasta fra il 1554 e il 1556 senza il padre, nel 1557 chiese ammissione nel convento di S. Maria in Gerusalemme, detto delle cappuccinelle, che era stato fondato da una gentildonna spagnola, Maria Lorenza Longa, su consiglio di s. Gaetano da Thiene, e che aveva adottato la regola di s. Chiara. Respinta perché non aveva compiuto i dodici anni prescritti, si mise a seguire scrupolosamente in casa la regola delle cappuccinelle; rimasta orfana anche di madre, visse alcuni anni col fratello Francesco e la sorella Antonia presso uno zio, poi in un'abitazione propria dove li venne a raggiungere Fabrizio Palmieri con la moglie Cristina. In questo periodo le biografie agiografiche collocano la morte del fratello. Attorno al decimo anno della vita della B. vengono poste le prime estasi, descritte sul modulo di una evidente imitatio della vita di S. Caterina Benincasa da Siena, ma analoghe anche a quelle della contemporanea toscana Maria Maddalena de' Pazzi. Sembra che tali estasi fossero molto frequenti e che, con il passar del tempo, divenissero anche abbastanza prolungate, tali da occupare gran parte della giornata; si rinnovavano ogni qualvolta la B. sentiva pronunciar devotamente parole come "amor divino" e quando si accostava all'Eucarestia, sicché la sua comunione divenne spettacolo frequentatissimo di edificazione devota.
Il fenomeno era accompagnato da irrigidimento generale del corpo, che perdeva sensibilità al dolore, da grande aumento della temperatura, tanto che a volte era necessario aspergere la donna di acqua fredda, da risate, da canti che alcuni paragonavano a quelli degli uccelli, altri a suoni di organo, da dialoghi a due voci; si parlò anche di fenomeni di levitazione. La B. aveva visioni, riceveva rivelazioni che la spingevano ad ammonire il mondo affinché purificasse i suoi costumi, facesse penitenza, tornasse a Dio; parlava anche di crociate e di conversione degli eretici. Quando lanciava questi ammonimenti sembrava invasata da forze superiori; si diceva latrice di un messaggio di "Gesù amore" e si riteneva "sposa del Signore".
Nel 1576 la B. si ritirò a vita eremitica sul monte Sant'Elmo, dove sorelle e cognati le fecero fabbricare una capanna, poi affittarono per lei la casupola d'un contadino col suo orto. La predicazione elementare della B. e i fenomeni vistosi di estasi, i digiuni rigorosissimi ed estenuanti le avevano procurato gran fama presso i Napoletani d'ogni ceto; già prima del suo ritiro l'arcivescovo di Napoli, Annibale da Capua, l'aveva fatta sorvegliare ed esaminare, e anche gli agenti dell'Inquisizione la tenevano sotto sorveglianza. Nel 1581, nel corso di un'estasi, la B. ricevette l'ordine di costruire una chiesa nei pressi del suo ritiro. In precedenza aveva ricevuto aiuti, oltre che dal cognato Fabrizio Palmieri, da altri personaggi, laici ed ecclesiastici (specialmente da Tommaso Coscia duca di Sant'Agata); ora trovò un sovvenzionatore nella persona di un ricco ecclesiastico, che alcune biografie presentano come napoletano, altre come spagnolo, Gregorio Navarro abate di Francavilla, il quale aveva avuto al suo servizio Francesco Benincasa. A questo abate sembra che la B. profetasse che egli sarebbe stato eletto papa e sarebbe diventato il "papa angelico".
La B. pose la prima pietra delle fondamenta della nuova chiesa, dopo aver deposto nella fossa l'agnus dei, e fu lei stessa a benedire l'edificio in'nome della Trinità: la chiesa fu detta dell'Immacolata Concezione. A costruzione ultimata, nella primavera del 1582, la B. si fece ricevere dall'arcivescovo per annunciargli lo sdegno divino e l'imminenza di gravi castighi per la città e per l'umanità; gli comunicò d'aver ricevuto in una visione l'ordine di recarsi dal papa, per intimargli una riforma generale della cristianità. Poiché l'arcivescovo esitava, partì senza il suo permesso, munita però di una commendatizia del Navarro per il cardinal Santoro, che la accolse e le fece ottenere un'udienza da Gregorio XIII. Alla presenza del pontefice la B. cadde in estasi tre volte e non riuscìad esporre il suo messaggio, invocando tuttavia le estasi stesse a garanzia della divinità della propria ispirazione; il papa, dubitando che essa fosse preda di spiriti malvagi, nominò una commissione di nove prelati e teologi, di cui faceva parte anche il cardinal Santoro, allora inquisitore maggiore (che in seguito avrebbe esorcizzato la B. secondo le formule più solenni). Ma l'esaminatore principale, direttamente responsabile, fu Filippo Neri, nominato espressamente dal pontefice. Questi ebbe anche in custodia la persona della B., che fu in un primo tempo affidata al sacerdote Marcello Ferro, custode di S. Angelo della Scala, poi rinchiusa nella casa di Antonina e Cassandra Raida devote di Filippo Neri, e per sette mesi sottoposta a rigorosi esami, forse più severi del solito. La B. venne infatti separata dai parenti che l'avevano accompagnata in Roma, costretta a servizi umilianti, insultata sistematicamente, durante i colloqui col Neri, tenuta lontana dall'eucarestia (cosa che sembra la riducesse in fin di vita), diffidata dal cantar laudi e pregare, sottoposta a sorveglianza continua, minacciata a più riprese d'esser deferita al Sant'Uffizio con tutti i parenti. La mancanza di notizie fece sì che a Napoli si diffondesse la voce che essa fosse stata destinata al rogo. La pazienza e l'umiltà con le quali queste prove furono sopportate determinarono infine il giudizio positivo di Filippo Neri sullo "spirito" della B.: in essa non era inganno satanico, la sua anima era pura e semplice, ed ella poteva tornare a Napoli. Il papa concesse il permesso, ma proibi alla B. di profetare. Per un certo tempo ella fu ospite del monastero di S. Andrea; le fu assegnato come confessore l'oratoriano Stefano Motta, attraverso il quale Filippo Neri continuò la sorveglianza, poiché lo "spirito" della B. era pur sempre considerato potenzialmente pericoloso per lei stessa e per la Chiesa in generale, anche se non c'era ragione di nuocerle con punizioni immeritate.
Ben presto la B. poté tornare al suo romitorio di Sant'Elmo con il permesso di organizzare, presso la chiesa costruita nel 1581, una comunità religiosa. Nel 1584 ella fondò in effetti una congregazione di religiose astrette non da voti solenni, ma da una pubblica "oblazione" accompagnata da voti semplici. Il primo nucleo fu costituito dalle sorelle Benincasa con le loro figlie e nipoti Fasano e Palmieri; una di queste ultime, Caterina Palmieri, addetta fin da bambina al servizio della zia, ne divenne la portavoce e l'interprete, poi la continuatrice.
Le regole dettate dalla B. per la "Congregazione delle oblate della SS. Immacolata Concezione di Maria Vergine" prevedevano, oltre che una vita ascetica, rigorosa per privazioni e mortificazioni, meditazione della passione e della crocifissione, orazione mentale e orazione vocale a ciclo continuo di gruppi avvicendantisi.
La Congregazione si dedicava anche all'educazione delle fanciulle e presto s'accrebbe tanto che fu necessaria una direzione, che la B. non volle assumere su di sé: designò come superiora la sorella Cristina. L'abate Navarro, che aveva fatto costruire una casa presso quella delle suore, divenendo confessore della B. e delle altre oblate, nel dicembre 1584 cedette agli oratoriani la casa e la chiesa., e nel luglio 1585 donò loro addirittura un'abbazia, S. Giovanni in Venere, nella diocesi di Chieti, che comprendeva neRa sua giurisdizione, tanto per lo spirituale che per il temporale, una diecina di borgate con centosessanta chiese: un vero vescovato.
Quando gli oratoriani cercarono di insediarsi a Napoli, il successo che incontrarono fu attribuito da alcuni di essi alle preghiere della B. e della sua comunità. Del resto, dopo il viaggio del 1582, molti oratoriani, oltre ad Alessandro Borla (che era stato fra quelli che avevano temuto la condanna al rogo per la B. e che successivamente ne era diventato confessore), avevano preso a frequentare la profetessa: Giovenale Ancina, Filippo Maria Tarugi, Antonio Carli. Nel 1588 il gruppo oratoriano di Napoli sera impegnato ad assumere il governo della piccola comunità che stava per trasformarsi in monastero; uno di essi, Antonio Talpa, nutriva idee analoghe a quelle della B. ed aveva instaurato tra gli oratoriani di Napoli un sistema di vita comune che avrebbe dovuto essere la premessa di quella riforma del clero secolare di tutta la cristianità dalla B. predicata. A questa devozione da parte degli oratoriani di Napoli corrispondeva da parte di Filippo Neri una certa diffidenza; solo a sua insaputa i seguaci del Neri avevano potuto assumere la direzione della comunità della Benincasa.
Un altro Ordine di recente istituzione seguiva lo sviluppo della piccola comunità: l'Ordine dei chierici regolari di S. Gaetano di Thiene. Amici ed estimatori della B. furono Francesco Olimpio e S. Andrea Avellino; pare che fin dal 1607 due teatini, Marco Parascandolo e Clemente Alonzo, suggerissero alla B. di fondare, accanto alla comunità delle oblate, una seconda comunità di "romite" astrette da voti solenni. Il consiglio si spiega con la speranza di veder sorgere in connessione con questo monastero di clausura femminile una comunità teatina maschile dedita al ritiro e alla vita contemplativa, comunità che, nei voti di questi religiosi, doveva identificarsi con la società di sacerdoti "apostolici", fonte di rinnovamento della cristianità, della quale la B. profetizzava l'avvento.
Per quanto la B. inizialmente non accogliesse l'invito di fondare una comunità di romite, i suoi rapporti con i chierici regolari si fecero sempre più stretti. Nel 1615 un chierico regolare, Lorenzo Santacroce, divenne formalmente confessore della comunità; e finalmente nel 1617 la B. ricevette la rivelazione che la sua comunità (fino a quel momento non afffliata ad alcun Ordine costituito) era destinata a militare nell'Ordine teatino. Nello stesso anno ella si risolse, in seguito ad una visione, a fondare il monastero femminile di clausura stretta auspicato dai teatini. La comunità delle romite dell'Immacolata Concezione, di cui la B. preparò lo schema organizzativo e le regole (le romite dovevano costituirsi in un monastero contiguo alla casa della Congregazione, il loro numero era fissato a trentatrè, l'abito doveva essere turchino e bianco, la clausura doveva valere anche nei confronti delle suore della Congregazione, dalle quali le romite dovevano dipendere quanto al sostentamento), fu approvata dal pontefice Gregorio XV nell'anno 1623, con breve apostolico nel quale sono implicitamente approvate anche le oblate, ma fu costituita effettivamente solo nel 1667. Il piano della B. prevedeva anche l'istituzione di un monastero di clausura maschile, composto di dodici teatini, che avrebbero dovuto assumersi la cura delle romite; essi sarebbero stati i "sacerdoti apostolici" promotori della riforma del mondo. Loro capo sarebbe stato Matteo Santomagno, allora prevosto di S. Paolo Maggiore in Napoli. L'Ordine dei teatini esitò molto prima di assumere il peso della direzione della seconda come della prima fondazione della B. (avendo s. Gaetano di Thiene dato disposizioni affinché non si accettasse il governo di comunità femminili), e non vi si risolse che nel 1633, quando era generale il Santomagno.
La B. era morta a Napoli il 20 ottobre 1618.
Gli scrittori delle Vite agiografiche della B. insistono soprattutto, oltre che sulla discendenza in linea diretta da s. Caterina da Siena, sull'orazione mentale nonché sulla profezia di tipo apocalittico, che sarebbe giunta fino a preannunciare al Navarro la sua elezione a "papa angelico". L'ascendenza senese e il parallelismo tra la vita di Caterina e quella della B., benché risalgano ai primissimi biogiafi, non hanno probabilmente consistenza alcuna. Il tipo della "profezia" e l'orazione mentale meritano maggior attenzione, benché non abbiano quell'importanza e quel carattere che furono loro attribuiti dal teatino Francesco Maria Maggi nella sua Vita del 1655 con una tale tendenziosità che la prima parte dell'opera fu immediatamente messa all'Indice, e la seconda nemmeno stampata (H. Reusch, Der Index der verbotenen Bacher, II, Bonn 1885, p. 224). L'orazione mentale era patrocinata nella seconda metà del sec. XVI da molti teatini e serviti: basterà notare che fra coloro che la consigliavano e ne scrissero fu s. Andrea Avellino. Ma l'insistenza del Maggi è tale da far pensare che nella sua opera si riscontrassero anche tendenze quietistiche. Quanto allo "spirito profetico" di tipo apocalittico, accompagnato dalla credenza nel futuro avvento del "papa angelico" e della riforma della cristianità, si deve tener presente che negli ultimi decenni del sec. XVI tali attese erano largamente rappresentate e non solo nell'ambiente. del clero napoletano.
La B. fu dichiarata venerabile il 7 ag. 1793, nel corso delle numerose cause di beatificazione e per riconoscimento di culto risolte da Pio VI con procedura che destò alcune riserve (L. von Pastor, Storia dei Papi, XVI, 3, Roma 1934, pp. 264 s.).
Opere: Regole per le vergini Romite Teatine dell'Immacolata Concettione date dalla Venerabile Madre Orsola Benincasa con l'aggiunta di alcuni documenti per la più esatta osservanza delle medesime regole, cavati da diverse memorie lasciate dalla stessa venerabile madre, Napoli 1860 (il manoscritto delle Regole si conserva nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, Bs. II, 20). A detta di Silos (Catalogus Theatini Ordinis Scriptorum, in appendice a Historiae Clericorum Regularium, Panormi 1666, III, p. 658), la B. avrebbe scritto anche delle Aspirazioni e sentenze spirituali uscite per le stampe a Napoli.
Fonti e Bibl.: I processi informativi della curia arcivescovile di Napoli, iniziati nel 1626 e durati con alterne vicende fino al 1628, e quelli apostolici, iniziati nel 1751, sono conservati nell'Archivio Vaticano, S. Congreg. Rit. 1854-1860. Cfr. Neapolitana Beatificatio et Canonicatio Servae Dei Sor. Ursulae Benincasa, Novissima Positio; Responsio ad novissimas animadversiones, Romæ 1793, pp. 1-347. Delle biografie agiogr., assai numerose, le più importanti sono: F. M. Maggi, Vita della Venerabile O. B., Roma 1655, parte prima; la seconda parte, che il Maggi aveva cominciato a stampare a Palermo, presso Andrea Colicchia, nel 1666, si conserva manoscritta nella Biblioteca Comun. di Palermo, ms. 3Qq. D. 54 (alla vita e al culto della B. il Maggi dedicò molte altre opere, stampate e manoscritte, di cui si può trovare l'elenco in A. F. Vezzosi, Scrittori dei Chierici Regolari, Roma 1780, II, pp. 4-23); G. B. Bagatta, Vita della Venerabile serva di Dio O. B. Napoletana, Venezia 1671 (quest'opera, che ebbe diverse edizioni, è un compendio della precedente e fu, come quella, messa all'Indice); Vita della Ven. Serva di Dio Suor O. B. scritta da un chierico regolare, Roma 1796 (è la biografia ufficiale, scritta in seguito alla beatificazione). Vedi inoltre: L. Ponnelle-L. Bordet, Saint Philippe Néri et la société romaine de son temps, Paris 1928, pp. 85-87, 308, 316, 317, 383 s., 391, 399, 424, 485; H. Thurston, Three surprising mystics. II. O. B., in The Month, CLXXIII (1939). pp. 149-59; F. Andreu, L'abitino ceruleo dell'Immacolata, in Regnum Dei, X (1954), pp. 97-114; Primo processo per S. Filippo Neri, a cura di G. Incisa della Rocchetta e N. Vian, Città del Vaticano 1957-63, I, pp. 76 e n. 250, 330 s. e nn. 855-56; II, pp. 46 s., 357 e n. 1677, 359; III, pp. 35, 67 e n. 1814. 265 e n. 2174, 379 s., 395 e n. 2410; IV, pp. 30, 156 s.