ORSINI, Gentile Virginio, signore di Bracciano, conte di Albe e Tagliacozzo
Nato in anno non precisato, morto a Napoli il 17 gennaio 1497. Figlio di Napoleone, iniziò la sua carriera politico-militare alla corte aragonese. Servì il re Ferrante durante la guerra di successione e in premio, nel 1463, fu fatto cavaliere dell'ordine dell'Ermellino. Nel 1478-79 seguì il duca di Calabria nella guerra del papa e di re Ferdinando contro Lorenzo il Magnifico. Nel 1482 invece, durante la prima fase della guerra di Ferrara, si trovò coi Veneziano-Pontifici contro i Napoletani, e partecipò alla battaglia vittoriosa di Campomorto. Per questa ragione il re Ferrante gli tolse la contea di Albe e Tagliacozzo, e la diede ai Colonna. Ma passato poco dopo il papa dalla parte del re, contro Venezia, O. riebbe questo feudo, sebbene non senza accanita lotta coi Colonnesi. Nel 1485-86, durante la guerra provocata dalla congiura dei baroni napoletani, posto al comando delle forze della lega aderente a Napoli, si distinse assai, e vinse a Montorio, l'8 maggio 1486, Roberto Sanseverino con l'esercito pontificio. Nel 1489 ebbe il comando supremo dell'esercito napoletano, e l'anno dopo fu aggregato alla nobiltà napoletana. Nel 1493, acquistando da Franceschetto Cybo la contea di Anguillara e altre terre, provocò una vera coalizione degli stati italiani e di Carlo VIII di Francia, perché era considerato un alter ego del re e parve quindi che in questo modo il vecchio Ferrante volesse penetrare nel cuore dello Stato Pontificio. Nel 1494 ebbe in Romagna il comando delle forze aragonesi contro le truppe di Carlo VIII e del Moro, poi le lasciò per correre a fronteggiare i Colonnesi, quindi tentò invano di fermare i Francesi che invadevano il regno. Fatto anzi prigioniero da costoro, e condotto poi da Carlo VIII verso la Francia, riuscì nel trambusto della battaglia di Fornovo a fuggire, e nello stesso anno 1495 guidò un'infruttuosa spedizione per rimettere in Firenze i Medici, suoi parenti. Passò poi al servizio francese, e combatté a fianco delle truppe lasciate da Carlo VIII nel regno di Napoli. Fatto prigioniero nella resa di Atella, fu, contro i patti, rinchiuso a Napoli nel Castel dell'Ovo, e quivi, per incitamento di Alessandro VI, che bramava schiacciare gli Orsini e stava combattendo contro di loro la guerra di Bracciano, fatto morire di veleno. Guerriero mediocre e troppo esaltato dal Giovio, fu sommo intrigante, tipico rappresentante di quei capitani di ventura avvezzi a vedere nella guerra un'operazione finanziaria e diplomatica, elementi negativi nella storia dell'arte militare di questo periodo.