ORSINI DEL BALZO, Giovanni Antonio
ORSINI DEL BALZO (Del Balzo Orsini), Giovanni Antonio. – Nacque a Lecce il 9 settembre 1401, primogenito di Raimondo, principe di Taranto e conte di Soleto, e di Maria d’Enghien, contessa di Lecce.
La madre proseguì la ribellione iniziata dal marito (morto il 17 gennaio 1406) contro Ladislao d’Angiò Durazzo e prese contatto con il pretendente al trono Luigi II d’Angiò, i cui legati, il 21 luglio 1406, concessero in feudo a Giovanni Antonio, di appena cinque anni, il Principato di Taranto e le Contee di Soleto e di Acerra. L’atto risultò tuttavia inutile, poiché Maria d’Enghien presto abbandonò la ribellione contro Ladislao e il 23 aprile 1407 lo sposò; di conseguenza tutti i feudi suoi e del figlio furono inglobati nel regio demanio. Morto Ladislao nell’agosto 1414, gli succedette la sorella Giovanna II, che fece imprigionare Maria d’Enghien e i suoi figli, rendendo loro la libertà solo nell’autunno del 1417. Nella primavera del 1418 la regina restituì a Orsini Del Balzo la Contea di Soleto e la Baronia di Flumeri, nonché Altamura e Minervino Murge; il 4 maggio 1420 fu nuovamente infeudato con il Principato di Taranto.
Scoppiato nel 1423 il conflitto per la successione al trono tra Giovanna II e Alfonso V d’Aragona (la regina che non aveva figli, aveva in un primo momento proclamato suo erede Alfonso per poi cambiare idea e scegliere Luigi III d’Angiò, figlio primogenito di Luigi II), Orsini Del Balzo inizialmente non prese posizione, dedicandosi in quel periodo soprattutto all’ampliamento dei suoi possedimenti in Terra d’Otranto. Alla fine del 1425 o all’inizio del 1426 sposò Anna Colonna, nipote del papa Martino V. In seguito, quando Giovanna II, l’11 ottobre 1432, insignì il suo avversario Giacomo Caldora del titolo di duca di Bari, si schierò apertamente dalla parte di Alfonso d’Aragona; da allora la regina lo considerò un ribelle e nell’estate del 1434 fece occupare da Caldora quasi tutti i suoi possedimenti in Terra d’Otranto, che però Orsini Del Balzo riuscì a riconquistare in breve tempo.
Dopo la morte della regina (2 febbraio 1435), nel conflitto tra Alfonso V e Renato d’Angiò, fratello minore di Luigi III ed erede designato da Giovanna, Orsini Del Balzo prese di nuovo le parti dell’aragonese, con il quale durante la battaglia navale di Ponza (5 agosto 1435) fu fatto prigioniero dai genovesi; ma già a metà ottobre dello stesso anno furono entrambi messi in libertà. Tre mesi dopo essere stato nominato da Alfonso magnus comestabulus del Regno (7 marzo 1437), fu sconfitto e nuovamente catturato a Montefusco dalle truppe del legato papale Giovanni Vitelleschi, cui tentava di impedire di raggiungere la Puglia. Tornato dopo breve tempo in libertà, alla fine del 1440 riuscì a strappare ad Antonio Caldora, figlio di Giacomo, il Ducato di Bari e la Contea di Conversano, conquiste formalmente sancite da Alfonso V nel settembre 1441.
Dopo la vittoria definitiva dell’aragonese su Renato d’Angiò, nel 1442, Orsini Del Balzo si trovò a essere il più potente feudatario del Regno, signore di più di 400 castelli, il cui dominio si estendeva da Marigliano a Leuca (cfr. la Descrizione[…] del Regno di Napoli del 1444, in Dispacci sforzeschi, I, pp. 5, 12). Quando, dopo la morte della madre (9 maggio 1446), ottenne le Contee di Lecce e di Soleto, l’intera Terra d’Otranto e la parte meridionale della Terra di Bari finirono sotto il suo dominio.
Il principe introdusse importanti riforme nell’amministrazione dei suoi feudi, per es. l’istituzione di due erari generali per la riscossione delle tasse in Terra d’Otranto e la creazione di una corte dei conti e di un tribunale feudale, il consistorium principis; batté inoltre una propria moneta intorno al 1460.
Motivo determinante della rottura con Alfonso V fu la successione del Ducato di Venosa e degli altri feudi di suo fratello minore Gabriele, morto nell’ottobre 1453. Nonostante il 1° marzo 1435 Alfonso V avesse concesso a quest’ultimo il Ducato di Venosa con un atto che stabiliva espressamente la successione in linea maschile e i due fratelli avessero concluso un accordo diretto riguardante la reciproca successione nei loro feudi in caso di morte senza eredi maschi di uno dei due, Alfonso V, nel giugno 1454, concesse tutti i feudi di Gabriele alla figlia di questo, Maria Donata. Privato dell’eredità fraterna, Orsini Del Balzo non osò entrare apertamente in conflitto con Alfonso, ma tentò di procurarsi, attraverso alleanze matrimoniali, dei sostenitori con cui affrontare successivamente uno scontro con la Corona: l’11 aprile 1456 la figlia illegittima Caterina, che portava in dote la contea di Conversano, fu dunque data in moglie a Giulio Antonio Acquaviva, figlio del duca di Atri e conte di San Flaviano.
Dopo la morte di Alfonso V (27 giugno 1458), Orsini Del Balzo considerò giunta l’ora di rivendicare i propri diritti sul Ducato di Venosa, anche con l’impiego delle armi. Non solo si rifiutò di rendere a Ferdinando I (Ferrante), figlio e successore di Alfonso, l’homagium, cioè l’atto di omaggio feudale, chiedendo la restituzione dell’eredità del fratello, ma pretese la cessione dell’intera fascia costiera settentrionale della Terra di Bari. Mirava infatti alla creazione di un esteso Stato unitario, comprendente non soltanto la Terra d’Otranto e l’intera Terra di Bari, ma anche parte della Basilicata orientale. Sostenuto dall’alleanza con Antonio Centelles, marchese di Crotone, con Giosuè Acquaviva, duca di Atri, e persino con il vecchio rivale Antonio Caldora, nel novembre 1458 si ribellò apertamente alla Corona e prese contatto con Giovanni d’Angiò, figlio di Renato. Nei tre anni successivi all’arrivo di Giovanni nel Regno (ottobre 1459), riuscì effettivamente a realizzare quasi per intero il suo ambizioso progetto e a conquistare quasi tutta la Terra di Bari. Non auspicava tuttavia una rapida e definitiva vittoria di Giovanni d’Angiò, poiché sperava che il perdurare della guerra gli desse l’opportunità di incrementare ulteriormente i propri possedimenti. Lo prova chiaramene l’atteggiamento che tenne dopo la schiacciante vittoria dei ribelli su Ferdinando a Sarno (7 luglio 1460): sebbene sembrasse concreta la possibilità di conquistare Napoli e porre fine alla guerra, si oppose all’attacco sulla capitale e all’inseguimento dell’esercito aragonese.
In realtà in quegli anni era rimasto sempre in contatto con Ferdinando e aveva ripetutamente avviato con lui delle trattative, sempre fallite a causa della reciproca diffidenza. Soltanto dopo la determinante vittoria degli aragonesi nella battaglia di Troia (18 agosto 1462), colpito dalla malaria, cercò seriamente di raggiungere un accordo con Ferdinando. Già il 21 settembre 1462, a Bisceglie, ottenne con i procuratori del re un’intesa molto vantaggiosa: rimaneva in possesso di quasi tutte le sue conquiste (eccetto Trani, Salerno e la Baronia di Trevico) e manteneva la giurisdizione d’appello nel Principato di Taranto. Nonostante tali ampie concessioni, anche nel periodo seguente i rapporti con Ferdinando rimasero caratterizzati dalla diffidenza, poiché Orsini Del Balzo esigeva ripetutamente un’ulteriore revisione a suo favore del trattato. Nell’aprile 1463 appoggiò inoltre la ribellione in alcune città della Capitanata.
All’alba del 15 novembre 1463 morì ad Altamura per un grave attacco di malaria quartana. Fu sepolto nella chiesa di S. Caterina d’Alessandria a Galatina.
Voci insistenti sostenevano che in realtà fosse stato ucciso da Antonio d’Agello e Antonio Guidano, due persone di sua fiducia corrotte da Ferdinando: un’evidente ‘teoria della cospirazione’, diffusa in ambienti filoangioini per diffamare il re, che era stato l’unico a trarre vantaggio dalla morte del principe. In effetti l’improvvisa morte di Orsini Del Balzo, privando Giovanni d’Angiò del suo alleato e finanziatore più importante, diede una svolta definitiva a favore di Ferdinando alla guerra di successione. per il Regno di Napoli. Inoltre, poiché non lasciava eredi, dal momento che suo figlio Bartolomeo e altre tre figlie erano illegittimi e quindi esclusi dalla successione, i suoi estesi feudi tornarono sotto il dominio della Corona. Il re si appropriò anche del suo leggendario tesoro, stimato, probabilmente fin dall’inizio con una certa esagerazione, in più di un milione di ducati.
Pur essendo stato anche un importante mecenate della scienza e dell’arte, Orsini Del Balzo fu giudicato in modo molto negativo dagli umanisti suoi contemporanei, come Enea Silvio Piccolomini (Pio II), Antonio Beccadelli (Panormita) e Giovanni Pontano o Paracleto Malvezzi, a causa delle sue congiure contro Ferdinando e della sua condotta durante il bellum neapolitanum.
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