ORNATOR-ORNATRIX
Il femminile ornatrix è largamente testimoniato dagli autori oltre che dalle iscrizioni, e sappiamo che significava acconciatrice (Ovid., Ars am., iii, 259; Am., i, 14, 16; Suet., Glaud., 40, 2 e altri) e anche ricamatrice (Blümner, op. cit., in bibl. i, p. 209); il maschile ornator invece è rarissimo, e l'unica testimonianza epigrafica (C.I.L., vi, 8956) non si accorda con quella letteraria, assai più tarda, di Firmico Materno.
L'iscrizione di un Diopantius Ti. Caesaris ornator glabr(orum) (C.I.L., vi, 8956) si può avvicinare ad altre due di ornatrices puerorum (C.I.L., vi, 33099; x, 1941, la prima delle quali pure della casa imperiale) forse tutti e tre addetti agli schiavi fanciulli del servizio del vino (Senec., Epist., 47, 7, cfr. C.I.L., vi, 8817). Firmico Materno allude invece ad un'attività fabbrile e anche artistica, poiché una volta raggruppa gli ornatores coi musici, poetae, sculptores, mechanici (Mathes., x, 2, 12), altre volte accenna agli ornatores aut sculptores simulacrorum (Mathes., iv, 14, 20), e agli ornatores deorum assieme ai fabricatores degli stessi dèi e agli himnologi (Mathes., iii, 5, 33). Anche considerando il significato di completamento decorativo artistico degli edifici, monumenti ed oggetti che la parola ornamentum ha nelle iscrizioni, nei testi letterari ed in quelli giuridici (per esempio le pitture, ornamenta aedium, Dig., xxxiii, 7, 12, 16), pare giustificabile comprendere tra gli ornatores anche gli addetti alla ratio ornamentorum della casa imperiale: dai semplici schiavi ab ornamentis (C.I.L., vi, 3991-2; 8952-3), ai vari liberti: ab ornamentis (C.I.L., vi, 8954-5), adiutores proc(uratoris) rationis ornamentorum (C.I.L., vi, 8950), adiutor a commentariis ornamentorum (C.I.L., vi, 8951), adiutor proc(uratoris) ab ornamentis (C.I.L., vi, 4228, dell'anno 126 d. C.). Numerose sono invece le iscrizioni funerarie di ornatrices, sia della domus imperiale, liberte (C.I.L., vi, 3993-4; 4717; 8944; 8957-8) e schiave (C.I.L., vi, 5539; 8879-80; 8959-60; 33099; 33370 a; 33784; Dessau 1785), sia di schiave di privati a Roma (C.I.L., vi, 7296-7; 7656; 9345; 9462 a; 9726-35; 33101; 33425), ad Ostia (C.I.L., xiv, 5306), a Pozzuoli (C.I.L., x, 1935; 1941); a Spalato (C.I.L., iii, 2116), in Spagna (C.I.L., ii, 1740), ma anche di liberte che hanno abitato a Roma nel vicus Zongus: col marito aurifex (C.I.L., vi, 9426, cfr. vi, 9736), col marito to(n)sor (C.I.L., vi, 37811), o presso Cremona (C.I.L., v, 4194), a Pozzuoli (C.I.L., x, 1942). Un'iscrizione forse di un'ingenua (C.I.L., vi, 37811 a). In un passo del Digesto relativo ai legati (xxxii, i, 65, 3) si definisce che la qualifica di ornatrix si acquistava con più di due mesi di scuola.
Bibl.: H. Blümner, Technologie u. Terminologie d. Gewerbe u. Künste bei Griechen u. Römern, I, Lipsia 1875, p. 209; A. Hug, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, c. 1122-23, s. v. Ornatrix; E. Saglio, in Dict. Ant., IV, p. 239-40, s. v.