LASSO, Orlando di (Roland de Lattre)
Compositore, nato a Mons, nel Belgio, nel 1530 o nel 1532, morto a Monaco di Baviera il 14 giugno 1594. Era un fanciullo, nel 1544, quando fu conosciuto, in Francia, da Ferrante Gonzaga. Il suo precoce ingegno musicale impressionò il principe, che volle condurlo in Italia. Il giovinetto lo seguì infatti a Mantova, in Sicilia e finalmente a Milano. Nei quali soggiorni egli ebbe occasione di conoscere e di amare lo spirito dell'arte del rinascimento italiano. Nel 1548 passò al servizio d'un nobile napoletano, il marchese G. B. d'Azia della Terza, poeta, letterato e cultore d'arte. Orlando, in tale ambiente, conobbe la letteratura latina e l'italiana; avvicinò l'opera del Sannazzaro, del Tansillo, del Minturno e quella del Petrarca, il poeta del suo cuore. Inoltre, nella Napoli del sec. XVI, poté compiacersi di quell'arguto spirito popolaresco che colse al vivo nei tanti spettacoli offerti per le strade da istrioni e saltimbanchi. Trasse anche largo profitto dalle opere di musicisti locali, come ad es. di un G. Domenico da Nola, dal quale prese a prestito melodie che rivestì di nuove e squisite acconciature armoniche. Passò poi a Roma, da prima ospite dell'arcivescovo di Firenze, Bindo Altoviti; l'8 aprile 1553 il suo nome appare per la prima volta negli Atti lateranensi, come maestro di cappella di quella basilica, posto che conservò probabilmente fino all'estate dell'anno seguente.
A Roma ebbe agio di frequentare un ambiente musicale che, accanto a quello veneziano, appare come il più interessante del suo tempo. Il Palestrina era, allora, nel pieno della sua attività: uno dei suoi più notevoli libri di messe apparve proprio nel 1554 e non c'è dubbio che Orlando abbia dovuto conoscere e stimare il maestro. Intanto doveva tornare precipitosamente in patria, chiamatovi per una grave malattia dei suoi genitori, i quali non trovò più in vita. Se nel frattempo abbia compiuto, o non, un avventuroso viaggio in Inghilterra e in Francia, in compagnia di Giulio Cesare Brancaccio, è voce non corroborata da alcun documento. Ora lo troviamo ad Anversa che, in quel tempo, era la più ricca e vivace città commerciale del mondo. Non sappiamo quale carica ufficiale egli vi abbia occupato, ma è fuori di dubbio ch'egli abbia partecipato al movimento musicale, assai vivo specialmente nella magnifica cattedrale di Notre Dame, allora diretta dal maestro di cappella Antoine Barbé e nelle principali chiese dove s'allestivano, di solito, importanti esecuzioni musicali. Ad Anversa, nel 1555, Orlando pubblicò la sua opera prima, per l'editore Susato: Il primo libro dove si contengono Madrigali, Villanesche, Canzoni francesi e Mottetti a quattro voci.
Il succedersi, nello stesso anno, di altre due edizioni, prova il grande interessamento suscitato dalla pubblicazione di Orlando, musicista già maturo, quantunque contasse appena 25 anni. Interessanti sono alcune osservazioni del Sandberger circa i caratteri salienti di quest'opera: "Motivi e temi sono, spesso, di una plastica grandiosa, d'una espressione parlante, vivacissima. L'essenza sonora è percorsa da riflessi colorati: vi appaiono le tinte chiare, ma predomina il colore oscuro. L'intonazione espressiva dei pezzi è d'una gravità da eremitaggio; il tratto generale è d'una grandiosità che solleva l'anima dell'ascoltatore. Nei madrigali è una compenetrazione perfetta di elementi omofoni e polifonici; il testo viene musicalmente interpretato con scrupoloso riguardo al verso e alla lingua. Anche qui una splendida magnificenza di forme". Naturalmente la singolarità di tale apparizione destò profonda meraviglia. Accanto alla solenne polifonia della scuola fiamminga, tuttora imperante nella patria d'Orlando, e delle fiorenti scuole italiana e spagnola, l'arte d'Orlando appariva di una essenzialità affatto nuova.
Tornato nel paese natio, Orlando ebbe un periodo di raccoglimento assai fecondo di composizioni musicali, nel quale egli elaborò le impressioni degli anni passati in Italia, tra il gusto del Rinascimento avanzato e dell'incipiente Barocco. "Aveva conosciuto città quali Milano e Roma" osserva il Sandberger, "ed aveva avvicinato una nazionalità di natura poliedrica, un popolo dalla fantasia senza travagli e ricercatezze crepuscolari, e senza fumo, ma tutto chiarezza, senso della forma, naturalezza, volontà di vita, un popolo così artista come dalla decadenza dei Greci nessun altro era stato". Tante e profonde impressioni ricevute non potevano rimanere estranee al suo cuore d'artista. Nella libertà e nell'ampiezza di questo grande musicista fiammingo bisogna scorgere rapporti intimi con lo spirito e la cultura dell'Italia contemporanea.
Nel 1556 Orlando ha un nuovo e definitivo cambiamento di residenza, si reca a Monaco di Baviera, chiamatovi da Alberto V al servizio della sua cappella. Monaco era una città di grande sensibilità artistica, nella quale il gusto italiano aveva impresso orme durature, il Sandberger afferma che Orlando poté avere l'illusione di trovarsi un'altra volta in Italia. L'accoglienza che gli fecero i principi bavaresi fu davvero magnifica. Nei primi tempi anche a Monaco l'arte di Orlando conserva il medesimo indirizzo degli anni precedenti. Il piacere di vivere e le gioie della natura dànno il segno predominante a ogni sua manifestazione; l'ispirazione profana si manifesta anche nelle espressioni della sua musica religiosa. Il madrigale e la villanella fanno sentire la loro efficacia anche nei mottetti e nelle messe. Ma subito sopravviene un grande mutamento spirituale in tutti gli atteggiamenti della vita di Orlando. Era il tempo in cui la politica dei duchi di Baviera volgeva decisamente a favore del cattolicismo e della Chiesa di Roma. Monaco divenne in breve il più forte puntello della Chiesa romana, al nord delle Alpi. Orlando fu preso nel pieno di questo movimento cattolico. Nel suo spirito si verifica una crisi profonda: il suo temperamento di solito allegro e spensierato, diventa malinconico e triste; rifugge dalla vita mondana, diventa pio e caritatevole, i suoi guadagni gli sembrano quasi profitto di usura, si dedica all'assistenza dei bisognosi, va in pellegrinaggio a Loreto nel 1585; accetta senz'altro le decisioni del Concilio di Trento per la riforma della musica ecclesiastica, è ricevuto amorevolmente dal papa che lo nomina cavaliere dello Speron d'oro "de numero participantium". Allo stato d'animo della Rinascenza ne segue un altro ispirato dalla Controriforma; di questo nuovo orientamento spirituale, in prevalenza ascetico e religioso, risente tutta l'ulteriore produzione musicale di Orlando. Fino al 1564 aveva scritto più opere profane che religiose, dal 1564 in poi il rapporto si capovolge. I Salmi penitenziali, tra il 1559 e il 1560, sono già il primo segno della trasformazione. Egli stesso, nella dedica, al vescovo di Augusta, delle sue Cantiones sacrae a sei voci (1593), accenna al vultus gravior delle sue composizioni. Anche nell'intonazione espressiva dei suoi madrigali avviene un mutamento: non più testi d'amore e accese ed eleganti fantasie estetiche, ma un tono grave e rigoroso. Gli argomenti che egli ora predilige volgono intorno alla caducità di questa vita, alla vanità delle gioie del mondo. I mottetti offrono largo campo a questa nuova e infervorata espressione religiosa: opere d'una grandiosità stupenda, che sarà presa a modello da J. S. Bach.
Le origini della formazione artistica di Orlando di Lasso vanno ricercate principalmente nella grande efficacia su lui esercitata dalla cultura italiana. Egli viene fuori dalle correnti della Rinascenza e per ciò nettamente si distacca dalla precedente scuola fiamminga alla quale appartiene per nazionalità ma non per stile. Dopo Josquin de Prés, per effetto degli studî umanistici, la parola, nei confronti del testo musicale, aveva assunto una grande importanza. E anche la formazione individuale delle singole parti vocali rispecchia lo spirito del Rinascimento. L'educazione umanistica di Orlando si rileva, oltre che dai suoi discorsi latini, anche dalla scelta dei testi da mettere in musica, ch'egli attinge a tutte le letterature, con una varietà che non ha riscontro in nessun altro musicista: sono odi di Orazio nell'originario testo latino, episodî virgiliani, egloghe; sono canti popolari tedeschi e poesie di Hans Sachs o autori francesi quali C. Marot, P. de Ronsard, J. A. de Baïf, A. Chartier, F. Villon. Degl'italiani preferisce il Petrarca e l'Ariosto, ma è sempre al primo che ritorna con particolare predilezione. Del resto tutta l'opera di Orlando rispecchia momenti della poesia italiana del sec. XVI, non solo nelle sue linee generali, ma anche nelle manifestazioni locali; particolarmente da Mantova, Napoli e Venezia gli venne la materia poetica per le sue villanelle. È interessante notare come anche nel periodo propriamente religioso della sua vita artistica, quantunque fuori d'Italia, Orlando sia stato attratto nell'orbita di avvenimenti spirituali che avevano avuta la loro origine in Italia. Ma è singolare come la sua musica, ligia agl'ideali della Controriforma, sia riuscita ad appagare anche gli spiriti religiosi della Chiesa protestante. Nella profondità drammatica e contemplativa della sua musica poté soddisfare due confessioni religiose apertamente in dissidio.
Altro punto importante, nel considerare la figura di Orlando di Lasso, è quello della sua posizione storica nei confronti del Palestrina. Più che nel ricercare quale sia superiore tra l'uno e l'altro, la qual cosa non è agevole stabilire per le grandi figure della storia, la vera differenza tra il carattere e l'importanza artistica di queste due personalità sta nel vario contenuto spirituale dell'arte di entrambi. Tanto sull'uno quanto sull'altro ha esercitato efficacia lo spirito del Rinascimento, ma in relazione a due psicologie decisamente diverse. Nel sentimento religioso del Palestrina è viva la tradizione medievale, il Rinascimento gli dà figura d'individuo, è un soffio nuovo che suscita faville di bellezza da un contenuto profondamente religioso, che dà forma e personalità al sentimento estatico venutogli dal religioso Medioevo. Orlando di Lasso, invece, fu un prodotto diretto degli avvenimenti attuali e della cultura contemporanea; tutto, in lui, è vivente e del giorno. Attinse a tutte le fonti della bellezza, alla natura e alla contemplazione intellettuale. Fu un musicista michelangiolesco, mentre in Palestrina la somma delle esperienze medievali può far pensare a qualche aspetto della poesia dantesca.
La produzione musicale di Orlando di Lasso è grandiosa, per qualità ed anche per numero. Tra le sue opere più significative vanno ricordate le seguenti: Psalmi Davidis poenitentiales a 5 voci, Patrocinium musices a 5, in cinque volumi apparsi tra il 1573 e il 1576 (Cont. 21 Mottetti, 5 Messe, 10 Magnificat, Uffici, Passioni, Vigilie ecc.). Il numero dei Mottetti e Sacrae Cantiones composti da Orlando ascende a 1200, il Magnum Opus musicum pubblicato nel 1604 ne contiene 516. Nel 1619 una raccolta di 100 Magnificat apparve in edizione curata dal figlio Rodolfo. Canzoni, Madrigali e Villanelle apparvero anche nel 1581. Un catalogo delle opere stampate di Orlando venne compilato da R. Eitner (Verzeichnis der gedruckten Werke von H. L. Hassler und Orlandus de Lassus, Berlino 1874). Importante è il fondo di manoscritti conservati presso la Biblioteca di Monaco; notevoli sono le Messe, tra le quali Je suis deshéritée a 4 voci; Triste départ a 5; Il me l'a dict a 4, Jesus ist ein süsser Mann a 6; Domine Dominus noster a 6.
Bibl.: Il migliore contributo agli studî su O. di L. fu dato da A. Sandberger in Beiträge zur Geschichte der bayerischen Hofkapelle unter O. di L., Lipsia 1894, rist., con altri saggi sul L., in Ausgew. Aufsätze zur Musikgesch., Monaco 1921; O. di L. und die geistigen Strömungen seiner Zeit, Monaco 1926. Saggi biografici: H. Delmotte, Vie de O. de L., Valenciennes 1836; E. von Destouches, O. di L., Monaco 1894; R. Casimiri, O. di L. maestro di Cappella al laterano nel 1553, Roma 1920 e Ch. v. der Borren, O. de L., Bruxelles 1919.