ORGIASMO (gr. ὀργιασμός, da ὄργιον "opera, azione")
L'orgiasmo è innanzi tutto la celebrazione di qualunque azione sacra; poi la parola è stata in modo particolare riferita alle cerimonie dei misteri, soprattutto a quelli di Dioniso: e poiché in questi l'azione sacra saliva a un entusiasmo parossistico, orgiasmo ha finito per significare ogni manifestazione religiosa di carattere tumultuoso e sfrenato, anche fino all'oscenità.
Tutti i gruppi umani, specialmente negli stadî primitivi, quando la disciplina sociale è più dura e l'autonomia individuale quasi nulla, hanno di queste celebrazioni orgiastiche collettive, che servono a compensare il ritmo troppo uniforme della vita sociale mediante un'esplosione di vita fisica che esercita tutti i sensi e dà gioia e libertà, sia pur grossolane, allo spirito: si hanno quindi feste caratterizzate da gozzoviglie, luminarie, corse e danze sfrenate, ilarità clamorosa, licenza sessuale, che placano l'energia muscolare e fisiologica troppo compressa del gruppo e restituiscono l'equilibrio psichico. Talora a questo motivo di psicologia collettiva può aggiungersene un altro di carattere magico: ed è il caso delle orge sessuali praticate in vista dell'accrescimento della vegetazione.
Tutti i gruppi umani hanno conosciuto tali celebrazioni: i primitivi in occasione delle loro grandi feste iniziatiche, l'India con le feste dei śākta, settarî dell'induismo śivaitico e del buddhismo tantrico, la Grecia con l'orgiasmo bacchico, e perfino il Medioevo cristiano con le stultorum feriae, e i tempi moderni con il carnevale.
L'orgiasmo greco. - Un caso ben definito di orgiasmo in stretta dipendenza con un rituale sacro offre la Grecia con il culto di Dioniso, il quale aveva già nella Tracia originaria le caratteristiche di un furente entusiasmo. Seguaci precipue del dio sono le donne che costituiscono il thiasos o corteggio suo proprio. Vestite di una pelle di cerbiatto (νεβρίς) e talora di volpe (βασσάρα), coronate di edera, la pianta inebbriante sacra a Dioniso, impugnando il tirso, correvano pazzamente per la montagna stringendo al seno il cerbiatto, incorporazione del dio, al suono assordante di cembali e timpani e flauti. Questa sfrenata corsa notturna, tra gli urli incomposti e il frastuono di quella strumentazione primitna, finiva con il portare al parossismo l'eccitazione delle baccanti, che con la testa arrovesciata e le chiome fluenti si gettavano sull'animale che stringevano al seno o trascinavano seco e lo addentavano crudo (v. omofagia). Le Baccanti di Euripide - scritte a Pella nella Macedonia, tutta piena come la contigua Tracia di celebrazioni bacchiche - sono per eccellenza la tragedia dell'entusiasmo dionisiaco; e giustamente è stato osservato da E. Rohde che dai versi del grande tragico ancora spira qualche cosa della potenza soggiogatrice di anime, propria delle orge dionisiache. Raggiunto lo stato di esaltazione suprema, assimilate al dio attraverso l'omofagia, le baccanti divengono perfino capaci di operare i più mirabili prodigi: "Una con il tirso percuote la roccia e ne fa sgorgare una fonte d'acqua viva, un'altra batte il suolo e il dio ne fa scaturire un torrente di vino; gli assetati della candida bevanda non hanno che a rimuover la terra con le dita per farne uscire rivi di latte, mentre i tirsi intrecciati di edera distillano la dolce rugiada di miele" (Eurip., Bacch., 699-711).
Si capisce che una religione di tale carattere orgiastico dovette trovare grande difficoltà e violenti contrasti prima di acclimarsi presso un popolo come il greco, naturalmente dotato di un migliore equilibrio psichico. E infatti si noverano varî casi di recisa opposizione espressi in miti e leggende nate dopo la vittoria del nuovo culto venuto di Tracia e dirette da un lato a far risaltare la punizione caduta sugli oppositori e dall'altro a dar ragione di riti o di cerimonie andate in disuso. Citiamo i principali. Le Miniadi. Dioniso invita le tre figlie del re Minia di Orcomeno a partecipare ai suoi misteri insieme con le altre donne della città, e poiché si rifiutano si trasforma in toro, in leone, in pantera, sì che le fanciulle spaventate traggono a sorte chi di loro debba partecipare ai misteri. La sorte cade su Leucippe la quale subito pervasa da furore dionisiaco addenta le carni vive del suo figliuolo Ippaso, che anche le altre due sorelle contribuiscono a divorare (Ovid., Met., IV, 1 segg.). Le Pretidi. Anche le tre figlie di Preto re di Tirinto si rifiutano di celebrare i misteri di Dioniso e il dio le punisce con una mania spaventevole, per cui fuggono dalla casa paterna e corrono per i monti gittando urli stranissimi e indulgendo a una libidine insaziabile che le ricopre di ulceri. Sono risanate per i buoni uffici di Melampo (Apollod., II, 2, 2). Penteo re di Tebe si oppone alla celebrazione dei misteri nella sua città; Dioniso per vendicarsi suscita il furore dionisiaco della madre di lui Agave che lo uccide e lo squarcia insieme con le altre baccanti: è questa la trama delle Baccanti di Euripide. Orfeo vuole opporsi anch'egli alla religione dionisiaca ma le baccanti in furore lo sbranano (Esch. Framm. Bassaraì).
Queste leggende, cui si potrebbero aggiungere quelle di Perseo (Paus., II, 23, 7) e di Licurgo (Om., Il., VI, 130 segg.; Apollod., III, 5, 1), servono anche a confermare l'elemento orgiastico del culto di Dioniso: infatti le persone punite o sono prese dal furore dionisiaco (Miniadi, Pretidi, Licurgo) e in questo caso agiscono come baccanti in orgia e praticano l'omofagia o muoiono sbranate come le vittime del sacrificio dionisiaco (Penteo, Orfeo).
Bibl.: v. dioniso; misteri.