ORGANIZZAZIONE INDUSTRIALE
Il termine "organizzazione" può avere diverse accezioni: può definire uno stato o un'azione. Secondo la prima accezione esso esprime il concetto di organismo, di sistema cooperativo e coordinato tendente al conseguimento di un determinato obiettivo. Adottando la seconda accezione esso esprime il concetto di azione o d'insieme di azioni da compiere per realizzare la struttura necessaria per il funzionamento del sistema. Nella scienza economico-aziendale l'o. è vista come uno dei momenti caratteristici dell'attività amministrativa.
Come scrive G. Zappa, "i tre momenti capitali compresi nella scienza economico-aziendale sono: la dottrina economica dell'o., la dottrina economica delle gestioni e la dottrina economica delle rilevazioni (ragioneria)". L'o. è studiata in dottrina sia "in senso stretto" e sia "in senso lato". Quando studiata in senso stretto, l'o. è posta in rapporto principalmente con il lavoro umano e con gli ordinamenti intesi a favorirne la più efficiente esplicazione per l'azienda. Quando studiata in senso lato, essa è posta in rapporto con le principali attività dell'impresa, ivi comprese quelle produttive.
O. e gestione rappresentano due momenti dell'attività amministrativa. La gestione si occupa essenzialmente degli obiettivi dell'attività aziendale e delle scelte negl'impieghi delle risorse disponibili (oggetti delle attività). L'o. identifica i soggetti delle attività aziendali inserendoli in un opportuno ordinamento interno il quale definisce funzioni, struttura, autorità, sistema informativo e sistema decisionale. Mentre da una parte la gestione utilizza l'o. come strumento esecutivo, dall'altra l'o. condiziona variamente la gestione dell'azienda influendo sul suo orientamento e sulla sua efficienza: e pertanto gestione e o. si condeterminano.
Per azienda, secondo il pensiero di G. Zappa, intendiamo "un istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza". Le aziende aventi come attività la produzione di beni e di servizi per il mercato sono anche denominate imprese, in contrapposto alle aziende di erogazione o di consumo (tipo famiglia) in cui l'appagamento dei bisogni umani è ottenuto mediante la destinazione di una parte o di tutto della ricchezza aziendale all'acquisizione dei beni di consumo.
L'o. i. come disciplina studia l'o. in senso lato delle aziende e delle imprese svolgenti attività industriale. La prevalente trattatistica articola la disciplina nelle seguenti principali aree di studio: a) ordinamento generale del sistema aziendale: funzioni, struttura, sistema informativo e sistema decisionale; b) tecniche organizzative: 1) tecniche di o. del lavoro: studio e analisi del lavoro (metodi e tempi) e studio delle modalità di divisione del lavoro (strutturazione del lavoro in funzione del sistema socio-tecnico); 2) tecniche e strumenti organizzativi per la programmazione, esecuzione e controllo delle operazioni industriali; 3) tecniche e strumenti organizzativi per la programmazione, esecuzione e controllo delle altre attività aziendali (tecnologia, approvvigionamenti, distribuzione, amministrazione).
La storia dell'o. è legata alla storia dell'uomo. La prima forma di o. fu senza dubbio la divisione del lavoro che accompagnò l'evoluzione sociale nel Neolitico. Tale evoluzione, denominata la "rivoluzione agricola", ebbe le sue prime manifestazioni in Medio Oriente nel 7000 a. Cristo. L'agricoltura condusse successivamente all'urbanizzazione e alle grandi comunità nelle quali la sottomissione e il rispetto vennero assicurati tramite l'autorità e la disciplina. Nelle prime civiltà, quali l'egizia, la greca e la romana e poi nell'ambito delle istituzioni religiose, l'o. di governo della vita comunitaria adottò strutture gerarchiche formalizzate con autorità attribuita a vari livelli realizzando il principio a noi noto come "principio scalare". Da un punto di vista metodologico è da notare che il "principio dell'analisi quantitativa" formulato da G. Galilei e ripreso da R. Descartes, si ritrovò adottato negli studi dell'o. scientifica del lavoro. Osserva J. Chevalier come siano occorsi due secoli perché il metodo sperimentale enunciato da Galileo e Cartesio venisse applicato alle scienze fisiche da A. L. Lavoisier, padre della moderna chimica, e un ulteriore secolo perché lo stesso metodo fosse applicato nelle scienze sociali a opera di F. W. Taylor.
Un determinante stimolo allo studio dei problemi dell'o. derivò dalla rivoluzione industriale, rivelatasi di tale portata dai punti di vista economico, sociale e culturale da essere anche denominata la "seconda rivoluzione" in contrapposizione alla grande rivoluzione agricola di circa 9000 anni prima.
Gl'impianti produttivi, dalla rivoluzione industriale a oggi, sono andati evolvendosi tecnologicamente e hanno contribuito al notevole incremento di produttività che si è determinato, sia pure in diversa misura, nell'ambito di ogni sistema di produzione. Tale evoluzione è sintetizzabile, seguendo anche lo schema di A. Touraine, nelle seguenti tre fasi: introduzione delle macchine di tipo generico e polivalente (fase della meccanizzazione); introduzione delle macchine specializzate monouso, progettate per una specifica serie di operazioni (fase della produzione di massa); impiego delle macchine automatiche (autocontrollate) di tipo multiplo o complesso (fase dell'automazione). L'evoluzione dei sistemi produttivi verso forme automatizzate ha trasformato i rapporti uomo-macchina, originando addizionali tensioni e alterazioni di natura socio-tecnica, stimolando ulteriormente la ricerca di nuove soluzioni organizzative e di più valide formule nei rapporti di lavoro.
L'interesse per gli studi organizzativi, accentuatosi con lo sviluppo delle attività industriali durante la seconda metà del 19° secolo, assunse sul finire del secolo il carattere e il livello di movimento di studio a opera di F.W. Taylor. Ai primi studi di carattere prevalentemente operativo hanno fatto seguito numerosi altri, orientati secondo nuove e talvolta divergenti linee concettuali. La varietà degl'indirizzi che sono emersi nel volgere di alcuni decenni è notevole. Nonostante le inevitabili influenze e posizioni di transizione negli studi condotti da Taylor a oggi, è possibile individuare alcuni orientamenti di fondo o approcci ai quali ricondursi per un'interpretazione evolutiva della teoria dell'organizzazione. Tali approcci sono fondamentalmente i seguenti: l'operativo (l'o. scientifica del lavoro), il direzionale (i principi di direzione e di o.), lo psico-sociologico e comportamentistico (le relazioni umane e il comportamento nell'o.), lo strutturale (il modello burocratico e gli studi strutturalisti), il decisionale (le informazioni e il processo decisionale) e il sistemico (l'o. come sistema organico aperto).
L'organizzazione scientifica del lavoro (v. lavoro, XX, p. 659). - L'opera di F.W. Taylor influenzò numerosi settori dell'organizzazione. Ricordiamo in particolare: l'utilizzazione di acciai speciali per utensili; lo studio dei tempi e la determinazione degli standard di lavoro; lo studio dei sistemi di retribuzione di tipo differenziale; lo sviluppo di un modello di struttura di tipo funzionale; lo sviluppo e l'applicazione di una tecnica organizzativa (task management) basata sull'assegnazione di compiti prefissi e ben definiti; l'analisi del processo produttivo nelle fasi di programmazione, esecuzione e controllo; l'applicazione del "principio di eccezione" nella compilazione di rapporti per la direzione focalizzati sulle variazioni dai traguardi. Taylor propugnò l'impiego del metodo sperimentale nello studio dei problemi organizzativi ed enunciò una serie di principi che denominò "doveri della direzione aziendale". Tali principi concernevano: lo sviluppo di una coscienza scientifica nell'azienda, la selezione e l'addestramento dei lavoratori, la divisione del lavoro secondo il principio della specializzazione.
Altri studiosi hanno ulteriormente sviluppato i principi dell'o. scientifica. Tra i principali contributi citiamo: lo studio dei tempi elementari, sulla fatica e sul taglio dei metalli (C.G. Barth); la definizione dell'o. e delle funzioni dell'ufficio programmazione (H.K. Hathaway); i sistemi a incentivo (task and bonus system), l'utilizzazione di grafici nella programmazione e controllo delle operazioni (progress chart o diagramma di Gantt, da H.L. Gantt); l'applicazione dei metodi dell'o. scientifica nei settori della pubblica amministrazione (M.L. Cooke); l'o. dell'industria edile, lo studio dei "micromovimenti", l'enunciazione dei "principi di economia dei movimenti", la definizione dei "movimenti elementari" (F.G. Gilbreth). Tra gli studiosi dell'o. scientifica ricordiamo inoltre H. Le Chatelier (Francia), M. Mauro e L. Palma (Italia).
L'o. scientifica è stata definita la "teoria dell'efficienza e del determinismo". Essa ha teso, infatti, a massimizzare l'efficienza operativa attraverso una procedura logico-tecnica (programmazione), nell'ipotesi di obiettivi noti, attività di tipo ripetitivo e risorse temporalmente e spazialmente disponibili. Un'influenza determinante è stata esercitata da questa scuola sull'o. del lavoro esecutivo. Al fine di realizzare una specializzazione del lavoratore i singoli compiti sono stati derivati dalle attività principali tramite un minuto "processo di parcellizzazione". È stato successivamente rilevato come la definizione dei compiti in termini ridotti abbia limitato in pratica l'utilizzazione dell'esperienza e dell'abilità degli operai riducendo nel contempo la loro attiva partecipazione e motivazione.
I principi di direzione e di organizzazione. - In posizione critica rispetto a Taylor, H. Emerson cercò la via dell'efficienza guardando all'azienda nel suo complesso. Egli orientò la sua azione secondo una serie di principi di efficienza (The twelve principles of efficiency, 1912) e adottò un modello di struttura nel quale la linea gerarchica veniva integrata da staff di specialisti (struttura di line and staff).
L'ingegnere francese H. Fayol, indipendentemente da Taylor, enunciò una serie di "principi di amministrazione", considerando l'impresa a livello globale. Nella sua opera dottrinale Administration industrielle et générale (1916), Fayol analizzò le funzioni dell'impresa enucleando quella che egli denominò la funzione amministrativa o funzione direttiva, studiandone lo svolgimento in aziende di varie dimensioni e a diversi livelli gerarchici. Questa funzione viene definita come comportante le fasi di pianificazione, o., comando, coordinamento e controllo. Egli evidenzia 14 principi di amministrazione concernenti gli aspetti ("critici" della direzione aziendale. Tra gli esponenti più noti di questa corrente citiamo: L. Gulick, J.D. Mooney, V.A. Graīcunas, L.F. Urwick, B. Alvin e, più di recente, R. Dale, R.C. Davis e H.H. Koontz. Le varie trattazioni hanno inteso avviare un arduo processo di razionalizzazione a livello globale d'impresa (ricordiamo in particolare i 96 principi di A. Brown).
I princìpi enunciati assumono nella letteratura carattere di validità universale; quelli di più generale elaborazione furono: il principio della specializzazione, il principio scalare, il principio funzionale, il principio dell'eccezione, il principio del coordinamento. L'universale validità dei principi di organizzazione verrà successivamente criticata rilevando l'arbitrarietà e le contraddizioni di alcune generalizzazioni talvolta non verificate tramite ricerche e sperimentazioni in azienda.
Le relazioni umane e il comportamento nell'organizzazione. - Una prima organica analisi del problema delle relazioni umane fu svolta da E. Mayo presso la Western electric company durante il periodo 1926-32. Il movimento di studi che da tali ricerche derivò assunse una posizione polemica rispetto alla concezione razionalistico-meccanicistica dell'uomo e nei confronti del modello di struttura razionale basato sulla specializzazione dei posti di lavoro. I contributi di E. Mayo e del suo assistente F.J. Roethlisberger posero in rilievo la dimensione umana e sociale dell'o. accanto a quella economico-tecnica. La motivazione individuale, la partecipazione e la comunicazione, il gruppo e la struttura informale furono i principali elementi concettuali introdotti dalla nuova scuola, la quale condusse allo sviluppo di un modello naturale e aperto dell'organizzazione. Un esponente di rilievo di questo movimento fu Ch. Barnard, le cui idee hanno influito notevolmente sulle elaborazioni moderne della teoria organizzativa. Barnard definisce l'o. come un sistema cooperativo basato, tra l'altro, su norme e strutture "non formali".
I meccanismi d'interazione tra uomo e o. formale sono stati oggetto di particolare attenzione negli studi più recenti in quanto considerati forme di adattamento reciproco tra individuo e organizzazione. Questi studi, definiti "Studi sul comportamento organizzativo" (Organizational behavior), riguardano l'analisi delle tensioni e dei conflitti nell'azienda e le forme più idonee per il loro superamento. Tra i contributi più importanti rammentiamo: la teoria sociale della struttura, dei processi e delle funzioni dei piccoli gruppi (G.C. Homans); gli studi sulla dinamica di gruppo (K. Lewin); il processo di adattamento reciproco dell'individuo e dell'o. (Ch. Argyris) e la realizzazione del cosiddetto "processo di fusione" (W.E. Bakke); l'analisi delle motivazioni a livello individuale e di gruppo; la teoria della gerarchia dei bisogni umani e il problema della self actualization (A.H. Maslow); i rapporti interpersonali nell'azienda e la loro classificazione nelle forme di tipo passivo (teoria X) e attivo (teoria Y, D. McDouglas); l'atteggiamento della supervisione rispetto alla produttività; i modelli employee centered e production centered; il superamento del tradizionale rapporto autoritario "superiore-subordinato" attraverso un nuovo tipo di supervisione e di dialettica di gruppo, basati sulla stima e la comprensione (R. Likert).
Il modello burocratico e gli studî strutturalisti. - Gli studi sulla burocrazia e i più recenti studi strutturalisti trovano un classico riferimento nell'opera dottrinale del sociologo tedesco M. Weber, Wirtschaft und Gesellschaft (1922). La trattazione di Weber è una costruzione analitica dell'o. formale, concepita come un sistema legale-razionale, sviluppata su un piano di generale validità per ogni sistema sociale.
Weber ha trattato il problema del controllo nell'o. sviluppando i concetti di potere, legittimazione e autorità. Weber concepisce un "modello ideale di burocrazia", organizzativamente perfetto, basato sui seguenti punti: conoscenza precisa degli obiettivi del sistema; derivazione automatica di norme, procedure e regole decisionali; assegnazione di compiti secondo competenza; creazione di una struttura scalare di tipo piramidale; selezione del personale sulla base della competenza tecnica. Il modello burocratico appare statico e chiuso verso l'esterno, esente da influenze socio-emotive, basato sul comportamento razionale degl'individui, sull'impersonalità nelle relazioni e sulla routine delle operazioni.
Gli studi sulla burocrazia hanno ricevuto un nuovo impulso attraverso le analisi recentemente svolte sui rapporti tra o. formale e informale ("studi strutturalisti"). Gli strutturalisti sostengono l'inevitabilità dei conflitti nelle o. ponendo in evidenza la funzione delle tensioni come mezzo per evidenziare contrasti d'interesse e di valori e permettere aggiustamenti nel sistema organizzativo. Aspetti di rilievo elaborati da questa corrente di studio sono: la burocrazia intesa come sistema aperto interscambiante risorse e informazioni con l'ambiente esterno (T. Parsons); l'effetto frenante esercitato dalle norme burocratiche sul ritmo amministrativo e la spinta derivante da tali norme verso misure cautelative (R.K. Morton); l'importanza del carattere funzionale della burocrazia nella traduzione delle decisioni in azioni (A. Touraine); la possibilità di ridurre le tensioni interne mediante un controllo a distanza attuato attraverso opportuni filtri e livelli (A.W. Gouldner); l'opportunità di una leadership basata su un controllo "temperato" (equilibrando opportunamente la "vicinanza sociale" e la "distanza sociologica" tra capo e dipendente) e l'indipendenza dalle pressioni provenienti dall'alto e dal basso della scala gerarchica (P. M. Blau e W. R. Scott); la trasformazione del contenuto dell'autorità a seguito delle reazioni dell'ambiente e degli atteggiamenti individuali (l'autorità concepita come risultato di un insieme di decisioni elementari e come un derivato dei valori e della cultura della comunità nella quale essa si esercita, M. Crozier e A. Touraine).
Le informazioni e il processo decisionale. - Gli orientamenti e le teorie esaminate finora compongono nell'insieme un quadro eterogeneo di difficile integrazione, data anche la differente impostazione dei vari studi (operativa, sociologica, psicologica, economica). Tra i problemi studiati, quello relativo al processo decisionale appare nel complesso sviluppato in forma indiretta e astratta. Eccezioni di rilievo sono le trattazioni di M. Weber e di Ch. Barnard, svolte rispettivamente dal punto di vista sociologico e manageriale. Una teoria dell'o. che potesse collegare struttura organizzativa e processo decisionale in uno schema organico e comporre il dilemma della razionalità e dell'incertezza nell'impresa è stata delineata a opera di H. A. Simon e successivamente di R.M. Cyert e di J.G. March.
Simon, nel suo lavoro Administrative behavior (1948), effettua una profonda revisione del concetto tradizionale di uomo economico e del suo comportamento razionale in condizioni di conoscenza perfetta, contrapponendo a esso un concetto più aderente alla realtà che egli denomina "uomo amministrativo". L'uomo amministrativo, secondo Simon, si comporta in modo intenzionalmente razionale, in quanto tendente al raggiungimento di determinati obiettivi, ma limitatamente razionale (principio di razionalità limitata). Simon sottolinea l'importanza delle premesse che orientano il processo decisionale ponendo in rilievo l'autorità, la comunicazione delle informazioni, la formazione e l'addestramento, il criterio di efficienza e l'identificazione organizzativa (intesa come processo di "interiorizzazione" degli obiettivi organizzativi da parte dei membri dell'organizzazione). Nel suo lavoro The new science of management decisions (1960), Simon analizza le decisioni aziendali distinguendo due tipologie estreme: le decisioni programmate e le decisioni non programmate. Una decisione è definita programmata "se è ripetitiva e di routine, e se una specifica procedura è stata definita cosicché essa non dev'essere trattata ogniqualvolta occorra". Una decisione è non programmata "quando è insolita, non strutturata e consequenziale". Non esistendo un prestabilito metodo per affrontarla essa richiede un trattamento specifico. A questa differenziazione nel tipo delle decisioni corrisponde una differenziazione nelle tecniche adottate per la determinazione delle relative soluzioni.
La teoria dell'o. di J.G. March e H.A. Simon, esposta in Organizations (1958), offre uno sviluppo logico di alcuni temi delineati da Simon nella sua opera Administrative behavior, tra cui: struttura e innovazione; struttura e conflitti organizzativi; struttura e motivazione. Infine la Teoria del comportamento dell'impresa di R.M. Cyert e J.G. March (1964) appare un notevole contributo alla comprensione e definizione del processo decisionale nelle imprese. Cyert e March individuano quattro concetti base attraverso i quali intendono modificare gli assiomi classici della razionalità: la risoluzione non esauriente dei conflitti; la tendenza a evitare l'incertezza; la ricerca attuata per singoli problemi; l'apprendimento delle o. sulla base della propria esperienza.
I modelli utilizzati a fine normativo, a seconda del metodo risolutivo adottato, sono classificabili in modelli algoritmici, simulativi ed euristici. I modelli algoritmici e simulativi hanno una forma strutturata, matematica o comunque rigorosamente logica. I modelli algoritmici possono essere analizzati tramite idonei algoritmi risolutivi; in tal modo è possibile determinare una soluzione corretta od ottima in un numero finito di operazioni. I modelli simulativi vengono invece studiati attraverso calcoli di tipo iterativo volti a verificare l'effetto di un limitato numero di soluzioni alternative. Questi modelli, quindi, non producono necessariamente soluzioni ottime. Problemi non definibili in forma matematica o attraverso rigorose situazioni logiche richiedono l'applicazione di metodi di ricerca di tipo euristico. Anche questi metodi non garantiscono un risultato ottimale, ma forniscono solo una soluzione "soddisfacentemente buona". A differenza della simulazione, i metodi euristici non tentano di prendere in considerazione tutti i possibili fattori del problema, e pertanto sono applicabili quando la costruzione di un modello simbolico-strutturato non è possibile. Mentre l'utilizzazione di modelli algoritmici e simulativi ha permesso di estendere la gamma di decisioni di tipo programmabile, l'impiego di modelli euristici ha condotto a un primo progresso nella soluzione di decisioni non programmabili di tipo tattico e strategico. Tra i modelli algoritmici di tipo tattico (stocastico lineare) ricordiamo quello progettato per la regolazione del sistema produzione-vendita-scorte da C. C. Holt, F. Modigliani, J. F. Muth, H. A. Simon. Alcuni modelli euristici sono stati sviluppati imitando la logica decisionale dell'uomo e utilizzati in connessione particolarmente con decisioni di tipo tattico. Tra i modelli euristici utilizzati per la regolazione del sistema produzione-vendita-scorte ricordiamo il modello di E. H. Bowman (Management coefficients model), il modello di C.H. Jones (Parametric production planning) e quello di W. H. Taubert (Search decision rule). In situazioni di tipo strategico, comportanti una complessa attività sociale ed euristica, si trova utile impiegare modelli globali per prevedere, spesso impiegando tecniche simulative, le conseguenze di determinate decisioni tattiche e strategiche sui risultati globali dell'impresa. La complessità dei modelli globali, particolarmente in termini di interrelazioni interne, tende a far preferire modelli di tipo modulare sui quali l'elaboratore elettronico possa operare in forma parziale e sequenziale.
L'azienda come sistema organico aperto. - Un orientamento di studio di recente diffusione, basato sul concetto di sistema aperto, è derivato dalla "teoria dei sistemi aperti" in fisica e in biologia, formulata nel 1950 dal biologo L. von Bertalanffy. Questi ha sottolineato come una delle proprietà degli esseri viventi sia quella di operare come sistemi aperti in condizioni di equilibrio dinamico e di scambio con l'ambiente esterno. La formulazione di una teoria dei sistemi è stata motivata dall'impossibilità di trattare problemi di tipo biologico, comportamentistico e sociologico seguendo l'approccio delle scienze tradizionali. A.D. Hall e R.E. Hagen in Definition of systems (1966) dànno la seguente definizione di sistema: "Un sistema è un insieme di oggetti, di relazioni tra gli oggetti stessi e di relazioni tra i loro attributi". La definizione è affatto generale e implica che il sistema abbia delle proprietà, funzioni e scopi distinti da quelli dei suoi oggetti costituenti, relazioni e attributi.
Un elenco delle proprietà dei sistemi, originariamente formulata da J.A. Litterer, è il seguente: interrelazione e interdipendenza di oggetti, attributi, eventi; globalità (l'approccio dei sistemi non è analitico ma di tipo globale gestaltiche); ricerca degli obiettivi; entrate e uscite; trasformazione; entropia (i sistemi viventi, in quanto sistemi aperti, neutralizzano la loro propensione verso la degenerazione - e assicurano in tal modo la loro sopravvivenza - introducendo materia, energia e informazioni dall'esterno, "alimentandosi", come dice von Bertalanffy, di entropia negativa); regolazione (è l'azione di adattamento richiesta per assicurare il raggiungimento dello stato finale od obiettivo del sistema); gerarchia (i sistemi possono avere natura complessa ed essere composti da subsistemi di livello funzionalmente inferiore e strutturalmente più semplici. K.E. Boulding in General system theory, 1967, ha elaborato una scala di complessità dei sistemi comprendente 9 livelli: da quello della semplice struttura statica come il cristallo, a quello cibernetico, animale, umano, sociale e infine a quello dei sistemi trascendenti); differenziazione (nei sistemi complessi composti di più subsistemi si attua il principio della specializzazione); equifinalità (i sistemi aperti, partendo da un determinato stato iniziale, possono raggiungere uno stesso stato finale seguendo diverse vie).
R. Ashby, studiando il problema della stabilità e della regolazione, ha introdotto il concetto di omeostasi inteso come meccanismo di adattamento interno del sistema; di fondamentale importanza per l'omeostasi è il concetto di retroazione (v. cibernetica, App. III, 1, p. 369). Il concetto di varietà è stato introdotto da Ashby per misurare il grado di regolazione di un sistema. La varietà di un sistema è definita come il numero di stati che il sistema può assumere (o anche il numero degli elementi distinguibili nell'insieme considerato). Affinché un sistema possa essere sottoposto a efficace regolazione occorre che sia possibile esercitare un controllo almeno in relazione allo stesso numero di "stati" potenzialmente assumibili dal sistema (legge della requisite variety di Ashby). Con il crescere del numero di stati assumibili dal sistema cresce anche il grado d'incertezza delle situazioni affrontabili. Secondo S. Beer "l'incertezza è una funzione della varietà, la varietà è una misura del numero di possibili stati del sistema, mentre una decisione è la selezione di uno dei possibili stati da tutti gli altri". Un tipo di controllo, che si dimostra idoneo all'inerente incertezza dei sistemi naturali, è quello euristico.
Alcune implicazioni organizzative di rilievo, derivanti dal concetto di regolazione e da quelli connessi di omeostasi, varietà e incertezza, sono le seguenti. Un aumento della capacità di regolazione del sistema aziendale deve cercarsi, in contrapposto all'approccio tradizionale basato sulla semplificazione e la disaggregazione organizzativa (tecniche dei metodi e dei tempi, definizione di procedure, di manuali e di organigrammi), attraverso un aumento della capacità del sistema a far fronte alla varietà delle situazioni complesse comportanti un'elevata molteplicità di stati. Ciò può realizzarsi trasformando le unità di lavoro in "microsistemi aperti", aumentando la loro capacità di adattamento alle situazioni incerte, il grado di varietà degli stessi meccanismi di regolazione, la partecipazione, l'impegno e il grado di autocoordinamento e autoregolazione.
La diffusione dell'orientamento sistemico e la conseguente influenza che esso ha avuto sulle ricerche organizzative è notevole; la produzione scientifica nella materia è in continua evoluzione secondo varianti difficilmente riconducibili a semplici classificazioni. Tra gli esponenti delle impostazioni più recenti citiamo: T. Burns e G. M. Stalker (contrapposizione del "sistema meccanico" aziendale di tipo tradizionale, non idoneo in situazioni altamente innovative, a un "sistema organico" basato sulla cooperazione, la motivazione e l'accettazione dei valori alla base degli obiettivi perseguiti dall'azienda); F. E. Emery e E. L. Trist (sviluppo di un modello di o. inteso come un sistema socio-tecnico aperto); P.R. Lawrence e J. W. Lorsch (studio della differenziazione organizzativa a livello di settore funzionale derivante dalle caratteristiche evolutive dei relativi subambienti e identificazione dei necessari meccanismi integrativi); A. Chandler (rapporto tra evoluzione ambientale e strategie di sviluppo dell'impresa); C. Perrow (sviluppo di un concetto di efficienza globale, intesa come capacità di adattamento ai cambiamenti dell'ambiente e di gestione dell'incertezza, da realizzare attraverso maggiore flessibilità e prevedibilità); A. K. Rice (studio del compito primario della direzione inteso come gestione delle relazioni sistema-ambiente e gestione del "cambiamento" nell'impresa); J. D. Thompson (studio del problema dell'incertezza e della razionalità nelle imprese; sviluppo di un concetto di o. complessa intesa come sistema aperto soggetto all'incertezza, ma guidato da criteri di razionalità); J. A. Seiler (studio del comportamento degl'indidividui nell'organizzazione secondo gli schemi della teoria dei sistemi); J. Woodward (studio della tipologia organizzativa industriale in funzione delle caratteristiche tecnologiche dell'impresa e del grado di certezza e di prevedibilità delle attività produttive).
Bibl.: F. W. Taylor, L'organizzazione scientifica del lavoro (trad. it.), Milano 1954; A. Touraine, L'évolution du travail aux usines Renault, Parigi 1955; J. Chevalier, Organisation, vol. I e II, ivi 1957; G. Zappa, Le produzioni nell'economia delle imprese, tomo I, II, III, Milano 1957; H. A. Simon, Il comportamento amministrativo (trad. it.), Bologna 1958; F. J. Roethlisberger, La cooperazione nell'azienda (trad. it.), Milano 1960; H.A. Simon, The new science of management decisions, New York 1960; H. Fayol, Direzione industriale e generale (trad. it.), Milano 1961; R. Likert, new patterns of management, New York 1961; M. Weber, Economia e società (trad. it.), Milano 1961; L.F. Urwick, I principi di direzione e la teoria della organizzazione (trad. it.), ivi 1963; E. Dale, La struttura organizzativa delle aziende (trad. it.), ivi 1963; J. Woodward, industrial organization. Theory and practice, Londra 1965; J. G. March, H. A. Simon, Teoria dell'organizzazione (trad. it.), Milano 1966; P. R. Lawrence, J. W. Lorsch, Organization and environment. Managing differentiation and integration, Cambridge (Mass.) 1967; J. Thompson, organizations in action, New York 1967; J. A. Litterer, Organizations: systems, control and adaptation, ivi 1969; S. Beer, Cibernetica e direzione aziendale (trad. it.), Milano 1969; Ch. Argyris, Personality and organization: the conflict between the system and the individual, New York 1970; R.M. Cyert, J. G. March, Teorie del comportamento dell'impresa (trad. it.), Milano 1970; R. Ashby, Progetto per un cervello (trad. it.), ivi 1970; J. Woodward, Industrial organization. Behavior and control, Londra 1970; L. von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi (trad. it.), Milano 1971; R. Ashby, introduzione alla cibernetica (trad. it.), Torino 1971; P. M. Blau, W. R. Scott, Le organizzazioni formali (trad. it.), Milano 1972; S. Beer, l'azienda come sistema cibernetico (trad. it.), ivi 1973; P. Saraceno, La gestione dell'impresa alla luce dell'analisi dei sistemi, in La scienza dei sistemi, Accademia nazionale dei Lincei, parte prima, Roma 1975, p. 11; K. D. C. Vernon, Management and business literature (testo di indicazione bibliografica), Londra 1975.