La nascita dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) può essere fatta risalire al periodo della Guerra fredda, e in particolare all’approfondimento della distensione tra i due blocchi dei primi anni Settanta. Nel 1973 vide infatti la luce la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), che ospitava tutti i paesi europei all’epoca indipendenti, assieme a Canada, Stati Uniti e Unione Sovietica (Urss). La Csce sarebbe dovuta servire da forum multilaterale per incoraggiare il dialogo e i negoziati politici in materia di sicurezza tra l’Europa occidentale e quella orientale. La partecipazione di tutti i paesi del continente europeo alla Conferenza, inclusi quelli appartenenti al blocco sovietico e l’Unione Sovietica stessa, dimostrava il carattere originale e inclusivo del foro. Al termine di due incontri a cadenza annuale, nel 1975 i membri della Csce deliberarono in favore dell’adozione dell’Atto finale di Helsinki. In questo documento, non vincolante dal punto di vista giuridico ma dal grande valore politico e simbolico, tutte le parti si impegnavano in una serie di promesse politico-militari ed economiche. L’Atto segnò l’inizio di quel processo di distensione e dialogo tra Est e Ovest che sarebbe divenuto famoso come ‘processo di Helsinki’. Assieme all’Atto finale furono inoltre stabiliti dieci principi fondamentali (il cosiddetto ‘Decalogo’), ai quali i governi degli stati membri si sarebbero dovuti ispirare nel tracciare la fisionomia dei rapporti con gli altri paesi e con i propri cittadini. Tra i principi più importanti erano inclusi quelli del pieno rispetto della sovranità di tutti gli stati membri (e, dunque, della non ingerenza negli affari interni degli altri stati), dell’inviolabilità dei confini nazionali e della garanzia dell’integrità di ciascun paese firmatario.
Sotto il profilo dei rapporti politico-strategici, la Csce sanciva dunque in maniera formale il congelamento delle frontiere europee, prendendo atto della divisione dell’Europa in due blocchi sì contrapposti, ma da quel momento immutabili e ‘pacificati’. Dal punto di vista diplomatico, invece, la previsione del principio di non ingerenza negli affari interni dei paesi membri veniva almeno in parte controbilanciata dall’impegno assunto da tutti i paesi a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali. Era evidente che ai governi dell’Europa centrale e orientale facenti parte del Patto di Varsavia questo riportasse alla memoria gli interventi sovietici per sedare le rivolte del 1956, in Ungheria, e del 1968, in Cecoslovacchia, e più in generale le repressioni militari tanto in quei due paesi quanto in Polonia, Romania e in altri stati del blocco comunista.
Tra il 1975 e i primi anni Novanta la Csce fu principalmente utilizzata dai paesi membri come struttura istituzionale attraverso la quale organizzare incontri e conferenze, con il preciso intento di mantenere e rafforzare gli impegni presi da tutti gli stati partecipanti. Nel 1992, ad esempio, la Csce si impegnò nella ricerca di una risoluzione pacifica al conflitto tra Azerbaigian e Armenia per la regione del Nagorno-Karabakh. Il risultato fu la creazione del Gruppo di Minsk, una struttura di lavoro co-presieduta da Francia, Russia e Stati Uniti, tuttora impegnata in una difficile opera di mediazione fra le parti in causa.
Con la fine del confronto bipolare, l’adozione della Carta di Parigi per una nuova Europa (firmata nel 1990 da tutti i paesi membri della Conferenza fatta eccezione per Iugoslavia, e le repubbliche sovietiche di Turkmenistan e Tagikistan) indirizzò la Csce verso un nuovo corso. Per questo, la Csce si dotò negli anni successivi di strutture permanenti e avviò un processo di trasformazione da foro diplomatico in organizzazione. Nel 1995 mutò il suo nome in Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Oggi, assieme a Stati Uniti e Canada, all’Osce partecipano tutti i paesi europei, i paesi del Caucaso e dell’Asia centrale.
Dopo la fine della Guerra fredda, i problemi di insicurezza in Europa non scomparvero, limitandosi a cambiare forma. Un nuovo periodo di instabilità venne infatti inaugurato da un lato dallo scoppio della guerra e delle crisi di instabilità nei Balcani occidentali, dall’altro dai conflitti etno-territoriali divampati nello spazio della ex Unione Sovietica. Per far fronte a queste nuove sfide, la Conferenza andò trasformandosi e istituzionalizzandosi, fino alla decisione di fondare l’Osce al summit di Budapest del 1994. Da quel momento, l’Osce iniziò a creare organi ausiliari con l’obiettivo di prevenire i conflitti in Europa, partecipare a missioni di pace, e contribuire a risolvere, attraverso la ricostruzione e pacificazione post-conflitto, i conflitti già in corso. Alla firma degli Accordi di Dayton, che nel 1995 posero fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina, all’Osce vennero per esempio assegnati i compiti di promuovere misure che aumentassero la percezione della sicurezza e la fiducia tra gli attori fino a poco tempo prima belligeranti, e al contempo di negoziare un accordo per il controllo degli armamenti nella regione.
Nel 1999, a Istanbul, venne poi firmata la Carta per la sicurezza in Europa. In essa i paesi membri ribadivano il proprio «forte impegno alla creazione di un’area Osce libera, democratica e maggiormente integrata». I membri Osce si impegnavano ad approfondire il ruolo che l’Organizzazione avrebbe dovuto svolgere nelle operazioni di peacekeeping, istituendo anche un Centro per il coordinamento delle operazioni. Nel dicembre 2002, infine, la nuova minaccia del terrorismo internazionale spinse l’Organizzazione ad adottare la Carta per la prevenzione del terrorismo. I problemi di instabilità in Europa hanno tuttavia continuato a provenire da tensioni e conflitti tra gli stessi paesi membri dell’Organizzazione: la crisi del Nagorno-Karabakh, la questione della Transnistria, o, ancora, il conflitto del 2008 tra Russia e Georgia per le regioni di Abkhazia e Ossezia meridionale. Lo scoppio della crisi in Ucraina, nel 2014, ha dato nuovo impulso all’Organizzazione, che si è impegnata in prima persona per la mediazione tra le parti in conflitto e l’implementazione degli Accordi di Minsk.
Il Segretariato è il primo organo ad essere stato fondato, nel 1993, quando ancora non c’era un’organizzazione permanente, ed è stato poi inglobato all’interno dell’Osce dal 1995. L’organo supremo dell’Osce è il Summit dei capi di stato, che si riunisce per discutere e approvare le proposte più importanti. I summit hanno cadenza irregolare, e sono convocati soltanto quando la maggioranza dei paesi membri lo ritiene necessario. L’ultimo summit ha avuto luogo nel dicembre 2010 in Kazakistan. Nel periodo che intercorre tra i vari summit, l’organo decisionale dell’Osce è il Consiglio ministeriale, che si riunisce a cadenza annuale e che raccoglie tutti i ministri degli esteri dei paesi membri. Un Consiglio permanente composto da plenipotenziari si incontra settimanalmente a Vienna, con un ruolo decisionale delegato dal Consiglio ministeriale. Vi è infine un’Assemblea parlamentare, che approva risoluzioni non vincolanti su materie politiche e di sicurezza, economiche e ambientali, e sui diritti umani. Meritano menzione i due organi collegati all’Osce. Nel 1991 fu infatti costituito in seno alla Csce l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr), poi incorporato nell’Osce, che prepara le missioni di osservazione elettorale, attraverso le quali l’Osce certifica il libero e corretto svolgimento dei processi elettorali negli stati membri. Nel 1997 è stato poi istituito il Rappresentante per la libertà dei media.
Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaigian, Bielorussia, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Canada, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan, Ucraina, Ungheria, Uzbekistan, Vaticano.