Orfeu negro
(Francia/Italia/Brasile 1958, 1959, Orfeo negro, colore, 106m); regia: Marcel Camus; produzione: Sacha Gordine per Dispat/Gemma/Tupan; soggetto: dal testo teatrale Orfeu de Conceição di Vinícius de Moraes; sceneggiatura: Jacques Viot, Marcel Camus; fotografia: Jean Bourgoin; montaggio: Andrée Feix; musica: Luiz Bonfá, Antônio Carlos Jobim.
Durante il carnevale di Rio, Orfeo, giovane musicista nero che lavora come conducente di tram, incontra Euridice, bella ragazza di campagna in fuga da un fidanzato vendicativo. È amore a prima vista. I due si ritrovano grazie alla cugina di Euridice, Serafina, amica di Orfeo. Nella notte, però, vengono scoperti dal fidanzato della ragazza, travestito da Morte, e dalla fidanzata di Orfeo, Mira. Euridice balla un samba sensuale con Orfeo, ma il fidanzato la aggredisce ed è lo stesso Orfeo, cercando di salvarla, a provocarne involontariamente la morte. Deciso a strapparla agli Inferi, Orfeo seguirà Euridice; ma dovrà stare attento a non guardare mai indietro, o anche lui morirà per sempre.
Il mito di Orfeo ed Euridice rivive su grande schermo, a colori e ambientato nella Rio degli anni Cinquanta, nelle favelas dei neri poveri e nel trionfo del carnevale e dei nuovi ritmi della Bossa Nova. Anche se non venne amato né dalla critica più colta del tempo né dai brasiliani, che lo vedevano come un'operazione folkloristica destinata a volgarizzare il loro mondo e la loro musica, il film vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes e l'Oscar per il miglior film straniero nel 1959; ebbe poi un successo strepitoso in tutto il mondo, funzionando anche da grande operazione turistica per il Brasile e per il suo carnevale. Fu anche tra i primi film con protagonisti neri a diventare popolare tra il pubblico bianco, soprattutto tra il pubblico femminile bianco. Lanciò anche il suo regista, Marcel Camus, francese, assistente di Henri Decoin, Alexandre Astruc (Les mauvaises rencontres, 1955), Luis Buñuel (Cela s'appelle l'aurore, 1956), già autore di un corto, Renaissance du Havre, e di un lungometraggio sulla guerra d'Indocina. Camus non ottenne mai più un successo simile anche se realizzò altri film, tra i quali due in Brasile, Os bandeirantes (1960) sulla costruzione di Brasilia e Os pastores da noite (1975) dall'opera omonima di Jorge Amado. Orfeu negro deve però grandissima parte del suo successo all'opera Orfeu da Conceição del poeta e musicista brasiliano Vinícius de Moraes e alle musiche di Antonio Carlos Jobim e di Luiz Bonfá, già presenti nell'edizione teatrale del 1956.
Anche se è inevitabile il confronto con i due film-opera degli anni Cinquanta dedicati al mito di Orfeo scritti e diretti da Jean Cocteau, Orphée (1950) e il suo seguito Le testament d'Orphée (1960), va detto che Vinícius de Moraes scrisse il suo Orfeo in un arco di oltre dieci anni a cominciare dal 1942. Solo a metà degli anni Cinquanta Lucio Rangel e Haroldo Barbosa gli presentarono il giovane compositore Antônio Carlos Jobim, insieme al quale diede vita alla prima rappresentazione dell'opera nel Teatro Municipal di Rio nel 1956, con le scenografie dell'architetto Oscar Niemeyer e l'accompagnamento alla chitarra di Luiz Bonfá. Orfeu, opera e film, fece in modo da elevare il samba a lingua nazionale della cultura brasiliana in tutto il mondo. Fu dopo aver visto l'opera a teatro e averne constatato il successo e le alte possibilità di trascrizione cinematografica che il produttore francese Sacha Gordine chiese allo stesso Vinícius di scriverne una versione per il grande schermo. Anche se i rapporti non furono dei migliori, e a più riprese lo scrittore dichiarò che Camus stava rovinando il suo Orfeu, basterebbe la colonna sonora del film, molto più ricca di quella dell'opera originale, a sancirne per sempre l'importanza. Alle canzoni già scritte da Jobim e de Moraes, come Se todos fossem iguais a você, Lamento no morro, si aggiungono così le celebri A felicidade (di Jobim e Vinícius), Manhã de carnaval e Samba do Oreue (di Luiz Bonfá e Antônio Maria). Le accuse al film di Camus furono legate al fatto di essere puro 'esotismo per turisti', accuse pesanti soprattutto negli anni che vedevano nascere i primi capolavori di quel Cinema Nôvo brasiliano allineato alle nouvelles vagues internazionali; ma resta innegabile ancora oggi il fascino di Orfeu negro. Fascino di colori (la fotografia di Jean Bourgoin), di luoghi, di corpi, e fascino della grande idea di partenza di Vinícius, ovvero trasformare il carnevale di Rio e le sue povere favelas nel set di un mito greco come quello di Orfeo ed Euridice, portato a nuova vita dalla musica brasiliana di futuri maestri quali Jobim, Bonfá e João Gilberto. Il film, infatti, funziona meglio quando esce dalla commedia e dall'esotismo per lanciarsi nel gioco equilibristico tra magia e realtà, legato proprio al viaggio negli Inferi di Orfeo, dove la musica meglio si lega alle immagini. Rispetto alla visione del mito europea e intellettualistica di Cocteau, quella proposta dal film di Camus è un'esplosione di vitalità sudamericana che cerca di mettere in scena le intuizioni di de Moraes. Tutto questo, premi compresi, non poteva piacere agli intellettuali brasiliani che stavano definendo le linee del loro cinema rivoluzionario degli anni Sessanta e Settanta. Non a caso proprio un autore del Cinema Nôvo, Carlos Diegues, girerà nel 1999 Orfeu, un remake non tanto del film di Camus quanto dell'opera di de Moraes, con tanto di supervisione musicale di Caetano Veloso. Ma visto oggi Orfeu negro è più di una cartolina, di una "visione europea allegra ed esotica delle nostre usanze e costumi", come sosteneva Salvyano C. Paiva. È anche un primo tentativo di capire il Brasile e la sua cultura.
Interpreti e presonaggi: Breno Mello (Orfeo), Marpessa Dawn (Euridice), Ademar da Silva (la Morte), Lourdes de Oliveira (Mira), Lea Garcia (Serafina), Alexandro Constantino (Hermes), Waldemar de Souza (Chico), Jorge dos Santos (Benedito), Aurino Cassiano (Zeca).
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