CENNI, Orfeo (Orfeo da Ricavo)
Nato probabilmente nel terzo decennio del XV secolo a Ricavo, nel territorio della Repubblica fiorentina, fu noto soprattutto con il nome del suo paese d'origine. Trasferitosi a Cremona in epoca imprecisata, ne ebbe la cittadinanza nel 1456, dopo aver fatto parte negli anni precedenti di una compagnia di ventura. Entrato al servizio del duca di Milano, era a Firenze nell'aprile del 1454, per sollecitare aiuti in uomini ed in denari, necessari al proseguimento della guerra che lo Sforza sosteneva con gli alleati fiorentini contro Venezia, quando fu raggiunto dalla notizia della conclusione della pace separata stipulata il giorno 9 fra il ducato di Milano e la Repubblica veneta. Il C. descrisse quindi in una lettera del 13 aprile il tripudio che la pubblicizzazione della pace aveva generato nella popolazione, anche se, come si sa, i maggiorenti avevano, per la procedura seguita, manifestato qualche perplessità.
Nominato nel 1455 fra i familiari equitanti di Francesco Sforza, nell'agosto 1457 il C. fu agente ducale a Pesaro, e nel 1458 pervenne alla carica di commissario delle genti d'arme ducali. Nello stesso anno, quando Alfonso d'Aragona, i cui rapporti con lo Sforza non si potevano considerare cordiali, si trovò legato a quest'ultimo dal disappunto per la cessione di Genova (avvenuta il 7 febbraio) a Giovanni d'Angio, il C. venne inviato dal duca di Milano, come messo speciale, alla flotta napoletana, che con la speranza di poter unire a sé i fuorusciti della città minacciava Genova. Egli recava promesse di aiuti futuri e sostegno morale immediato da parte del duca. La sua istruzione, però, datata 2 giugno, precedeva di pochi giorni la morte di re Alfonso, che, com'è noto, pose termine ad ogni tentativo di contrastare la presa di possesso della città da parte dell'Angiò. Apertosi subito dopo nel Regno quel delicato periodo che precedette la rivolta dei baroni contro Ferdinando d'Aragona, il bastardo di Alfonso, destinato dal padre a succedergli, lo Sforza inviò con istruzione dell'8 luglio al nuovo sovrano il Cenni.
Questi intraprese il viaggio attraverso l'Abruzzo e il 18 luglio si incontrò con Giosia Acquaviva, signore di Teramo e di Atri, il quale espresse all'ambasciatore, dissimulando tuttavia ogni intenzione di ribellarsi all'autorità regia, il risentimento dei baroni per la fiscalità e per l'accentramento dei poteri esercitati dal re defunto. All'Acquaviva, come pure al conte di Montorio ed agli altri signori riuniti all'Aquila, ove giunse due giorni dopo, il C. illustrò la volontà del duca di Milano di prendere a cuore i loro problemi, facendo mostra nello stesso tempo di non avere il minimo dubbio sulla loro fedeltà al sovrano. Inoltre li indusse a far finalmente partire gli ambasciatori che avevano deciso di inviare a Ferdinando. Lo stesso atteggiamento il C. tenne con A. Caldora, che incontrò il 23 luglio a Pacentro. Arrivato a Capua, ove il re aveva riunito i baroni a parlamento, il C. fu accolto calorosamente dal sovrano, che lo presentò ai baroni ivi raccolti, perché tutti si rendessero conto della benevolenza che gli accordava il duca di Milano. Accanto, al re, cui suggerì di alleggerire la pressione fiscale per ottenere dai sudditi un atteggiamento meno ostile, il C. partecipò quindi al Parlamento ed inviò a Milano una relazione particolareggiata della sua missione. Nel settembre il C., insieme con Bartolomeo da Recanati, si rimise in viaggio per Milano, quando ormai i baroni ribelli avevano trovato in Giovanni d'Angiò il capo che dava loro la forza e la coesione per trasformare in rivolta la confusa opposizione. Durante la vicenda della lotta aragonese-angioina, che si snodò successivamente con alterne vicende, il C. fu inviato di nuovo nel Regno, dove collaborò attivamente con l'Aragonese, il quale era sostenuto, anche militarmente, dallo Sforza, nonostante le minacciose rimostranze di Carlo VII.
Quando scoppiò la guerra del Bene pubblico il duca di Milano, che aveva instaurato con Luigi XI, successo al padre nel luglio del 1461, rapporti di amicizia e di stima, volle inviare a sostegno del legittimo sovrano una spedizione militare, capeggiata dal suo primogenito. Come commissario ducale sulla Sesia nell'estate del 1465, il C. ispezionò a Vercelli le truppe sforzesche, che, scaglionate in più colonne, si avviavano Oltralpe. Nell'agosto del 1466 il C. si trovava in Romagna, ove stanziavano le truppe sforzesche reduci dal Regno, quando il nuovo duca di Milano, il giovane Galeazzo Maria successo al padre da pochi mesi, gli impartiva l'intempestivo ed incauto ordine di portarsi, insieme con Antonio da Pesaro, in aiuto di Piero de' Medici, contro il quale era stata ordita la congiura di Luca Pitti. Mentre questa abortiva in pochi giorni, i due milanesi furono raggiunti da un messaggio del Medici, cui premeva di minimizzare l'episodio, che proibiva loro di entrare nel territorio fiorentino.
Furono numerosi i rapporti epistolari diretti dal C., spesse volte definito fiorentino, a Piero prima ed a Lorenzo de' Medici poi, e nell'Archivio di Stato di Firenze sono conservate parecchie sue lettere.Nel 1472 il C., che era stato l'anno prima confermato commissario delle genti d'arme ducali ed il cui ritratto il duca Galeazzo Maria avrebbe voluto affrescato in castello, fu inviato nel settembre, insieme con Pier Francesco Visconti, in missione in Savoia, dove era nato un figlio alla reggente, Iolanda, cui fu posto nome Galeazzo in onore del duca di Milano.
Intervenuto come testimone il 17 genn. 1473 al contratto nuziale fra Caterina Sforza, illegittima del duca, e Girolamo Riario, e nel febbraio dello stesso anno al giuramento di Costanzo Sforza successo al padre nella signoria di Pesaro, il 3 genn. 1474 il C. fu nominato consigliere segreto, ottenendo la facoltà di non intervenire alle sedute.
I rapporti fra lo Sforza ed il re di Francia si andavano intanto fatalmente deteriorando, a mano a mano che il duca di Milano si andava avvicinando a Carlo il Temerario, duca di Borgogna. Anche la duchessa di Savoia accarezzava allora una politica di raffreddamento nei confronti del fratello, Luigi XI, e proprio alla presenza di lei si svolsero nel gennaio 1475 a Moncalieri le trattative finali e la firma della lega fra Milano e la Borgogna. Con un'istruzione datata 18 gennaio partirono per la Savoia il C. e Giovan Angelo Talenti, che, abboccatisi il 22 con Guglielmo di Rochefort, emissario del Borgognone, il 30 stipularono il trattato e lo sottoscrissero, insieme con Antonio Appiano, in nome del duca di Milano. Nello stesso anno il C. fu uno dei testimoni all'atto di investitura di Melzo e Gorgonzola in favore di Lucia Marliani.
Morto tragicamente Galeazzo Maria (26 dic. 1476), il C. entrò a far parte del ristretto numero dei collaboratori, che costituirono il Consiglio di reggenza della duchessa Bona, dell'atto di donazione alla quale della città di Novara il C. era stato il 13 febbr. 1470 a Pavia uno dei testimoni. Questo consiglio ristretto aveva nelle sue mani, come si sa, la somma del governo di tutto lo Stato ed alle riunioni di esso il C. partecipò costantemente, collaborando e determinando così ogni provvedimento o azione politica, che si resero necessari in quei tre anni circa, densi di avvenimenti, che separarono la data della morte di Galeazzo Maria dal ritorno, dopo l'esilio decretatogli dalla cognata, di Ludovico il Moro a Milano nel settembre 1479. Amico e confidente di Cicco Simonetta, il C. fu arrestato con il figlio Alessandro pochi giorni dopo il ritorno dello Sforza e fu rinchiuso con Antonio Simonetta nel castello di Trezzo, mentre la casa del figlio a Pavia subiva il saccheggio. Anche grazie ai reiterati interventi di Lorenzo il Magnifico, il C. fu liberato, dietro pagamento di una forte somma, l'8 apr. 1481 e gli fu inflitto l'esilio ad Arezzo, da dove nel settembre dello stesso anno scriveva ringraziando, perché gli era stato concesso di poter in seguito risiedere a Firenze. Morì in questa città il 5 genn. 1482 e fu seppellito in S. Marco.
Ai suoi figli - aveva avuto, oltre Alessandro, Carlo, Giovan Antonio e forse Galeazzo - fu concesso in seguito di tornare nel ducato.
Fonti e Bibl.: Io. Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae ... commentarii, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. XII-XIV, XXII s., 413; Cronica gestorum in partibus Lombardie..., ibid., XXII, 3, a cura di G. Bonazzi, pp. 55 s., 64; D. Bossi, Chronica, Mediolani 1492, pp. s4v, s9r; J. Dumont, Corps universel diplomatique..., III, Amsterdam 1726, pp. 496 s.; Dépêches des ambassadeurs milanais sur les campagnes de Charles-le-Hardi, a cura di F. Gingins La Sarra, I, Paris-Genève 1858, pp. 17 s.; Gli uffici del dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, p. 12 (che sostiene il C. essere morto a Milano); Archivio di Stato di Firenze, Arch. Mediceo avanti il Principato, I-III, Roma 1951-1957, ad Indices; I diari di Cicco Simonetta, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 5, 25 s., 132, 152, 196, 240, 260; Acta in Consilio secreto, a cura di A. R. Natale, I-III, Milano 1969, ad Indicem; L.Cerioni, La diplom. sforzesca, I,Roma 1970, pp. 90, 93, 102 s., 105, 110, 129, 164 s., 213, 239, 243, 254; C. E. Visconti, Ordine dell'esercito ducale sforzesco, in Arch. stor. lomb., III(1876), pp. 466, 469; P. Ghinzoni, Spediz. sforzesca in Francia, ibid., XVII (1890), pp. 331, 336; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona, in Archivio stor. per le prov. napol., XVII (1892), pp. 760, 762, 774; XVIII(1893), pp. 12-18, 20, 22, 29, 31, 214, 224 s., 412-14; XXI(1896), pp. 270 s.; F. Gabotto, Lo Stato sabaudo ..., II, Torino-Roma 1893, pp. 125-27; G. Franceschini, La morte di Gentile Brancaleoni ..., in Arch. stor. lomb., LXIV(1937), p. 489; C. Santoro, Un codice di Bona di Savoia, ibid., LXXXI(1954-55), p. 275; F. Catalano, La nuova signoria, in Storia di Milano, VII,Milano 1956, p. 115; Id., Il ducato di Milano nella politica dell'equilibrio, ibid., pp. 234, 236.