ORESTE (῾Ορέστης, Orestes)
La figura di O., già nota in Omero come l'eroico vendicatore della morte del padre, assume una grandissima importanza con i grandi tragici, specialmente con Eschilo, la cui trilogia porta a successive rielaborazioni e ampliamenti del mito dell'eroe e influenza l'arte figurativa, specie la pittura, stabilendo iconografie che perdurano inalterate sino in epoca romana.
Il primo episodio del complesso mito di O. si svolge in Aulide: le vicende di O. bambino sono strettamente connesse con quelle di Telefo (v.). O. viene poi allevato nella reggia paterna, sino al momento del ritorno, e quindi dell'uccisione, del padre Agamennone (v.): in quella circostanza O. abbandona precipitosamente la reggia fuggendo con l'aiuto della sorella Elettra (o, secondo altre versioni, della nutrice, o del pedagogo o di un servo fedele) in Focide, dove viene ospitato da Strophion che lo educa insieme a quello che sarebbe divenuto poi l'amico inseparabile: Pilade. Insieme a questi O., ormai adulto, parte per compiere la vendetta della morte del padre, come Apollo, interprete della volontà di Zeus, comandava. O. e Pilade giungono ad Argo, alla tomba di Agamennone dove avviene il riconoscimento del giovane con Elettra; insieme giungono alla reggia, in cui ora regnano Clitennestra ed Egisto: qui O. mediante il terribile atto del matricidio e l'uccisione di Egisto, vendica il padre: "è la giustizia divina che trionfa" proclama Eschilo (Choeph., 9495). Ma immediatamente inizia per O. la persecuzione delle Erinni, che contro Apollo si contendono il destino dell'eroe: e O. infatti non potrà essere liberato dalla sua grave colpa a Delfi, dove il dio, alla presenza delle Erinni assopite, può solo promettergli la speranza della liberazione, che potrà avvenire soltanto ad Atene. In questa città perviene O. dopo lungo errare, al cospetto di Atena, la quale, troppo debole per giudicare un così grave atto, non può che "raccogliere dei giudici. Giureranno, e il tribunale così istituito avrà valore per l'infinito tempo futuro" (Aisch., Eum., 681 ss.). Con queste parole Atena, nell'elaborazione eschilea, annuncia l'istituzione del tribunale dell'Areopago. Si svolge lo iudicium Orestis, presenti le Erinni, Apollo, i giudici ateniesi e Atena: O. viene assolto, e le Erinni accusatrici, use da tempo ad esprimersi solo con maledizioni, imparano ora un nuovo canto pieno di voti augurali. Al mito eschileo, che si conclude con l'assoluzione di O., vennero in seguito aggiunti altri episodî. In Euripide sono trattate le avventure dell'eroe con Pilade, posteriori all'assoluzione: il viaggio dei due in Tauride alla ricerca della statua di Artemide e il loro ritorno insieme alla sorella Ifigenia (v.) ritrovata. Ancora più tarda è l'elaborazione dello stabilirsi di O. in Argolide, delle sue nozze con Ermione, già sposa di Neottolemo, dell'uccisione di questi a Delfi, per mano di O. (v. neottolemo), della morte di Oreste. La sua tomba veniva indicata a Sparta (Paus., iii, 11, 10), dopo il trasporto delle ossa dell'eroe da Tegea (Paus., viii, 54, 4).
Le fonti ricordano numerose opere figurative che hanno come protagonista O. in uno o più dei numerosi episodî della sua vita: una statua dell'eroe era nell'Heraion di Argo (Paus., ii, 17, 3); O. e Pilade che uccidono Egisto era il soggetto di un quadro veduto da Pausania (i, 22, 6) nella Pinacoteca di Atene; lo stesso tema era trattato in un altro quadro che Luciano (De domo, 23) dice derivare da scene di Euripide o di Sofocle e che descrive piuttosto particolareggiatamente: l'uccisione di Egisto avviene mentre Clitennestra giace seminuda sul letto e la servitù grida e fugge atterrita (ἀνῃρηται καὶ ἐπ᾿εὐνῆς τινος ἡμίγυμνος πρόκειται καὶ ϑεραπεία πᾶσα ἐκπεπληγμένοι τὸ ἔργον οἱ μὲν ὥσπερ βοῶσιν, οἱ δέ τινες ὅπη ϕύγωσι περιβλέπουσι). Plutarco (De audiend. poet., 3) e Plinio (Nat. hist., xxxv, 144) brevemente accennano alla metroctonia di O. dipinta da Theon, pittore sicionio attivo alla fine del IV sec. a. C. (per la probabile identificazione dei due pittori citati da Plinio: Theon che avrebbe dipinto la pazzia di O. e Theoros, autore di un O. che fa strage della madre e di Egisto, si rimanda alle rispettive voci). E infine ancora Plinio (Nat. hist., xxxiii, 156) ricorda un incisore Zopiros, forse attivo in periodo tardorepubblicano, autore di due coppe su cui apparivano il tribunale dell'Areopago e il giudizio di O., valutate 1.200.000 sesterzi.
Rimandando alle rispettive voci per le opere figurative nelle quali appare O. con Telefo, Elettra, Egisto, Ifigenia e Neottolemo, verranno qui esaminati soltanto i monumenti sui quali figurano l'uccisione di Clitennestra, la purificazione di O. a Delfi e lo iudicium Orestis dinanzi al tribunale dell'Areopago.
La maggior parte dei monumenti giunti sino a noi che presentano l'uccisione di Clitennestra, derivano, per contenuto, dalla scena eschilea delle Choephorae, e iconograficamente, con ogni probabilità, dal dipinto di Theon (o Theoros): nessun monumento di questo gruppo, infatti, è anteriore al III sec. a. C. (e sappiamo che l'attività di Theon si pone alla fine del IV sec.). La scena del matricidio appare innanzi tutto in ambiente etrusco: si tratta di urne funerarie, nelle quali lo schema, evidentemente semplificato rispetto all'archetipo, di O. che infuria sulla madre già a terra, è posto accanto ad uno schema analogo di un'identica figura (ancora O. o Pilade ?) che si avventa su Egisto (v.). Più complessa, e probabilmente più vicina all'originale pittorico del IV sec., è la scena che appare a decorazione di alcuni sarcofagi romani (II e III sec. d. C.): O., fatta strage di Egisto, volge la sua furia su Clitennestra, ed è immediatamente assalito dalle Erinni. Da questa iconografia si differenziano soltanto i rilievi di due sarcofagi: l'uno è il sarcofago romano Circi, già a Roma, ora a Leningrado, dove la scena del matricidio è posta accanto all'uccisione di Egisto in trono (v. egisto), e denota una derivazione da un modello di età precedente a quello da cui discende l'iconografia più consueta; l'altro è il sarcofago etrusco da Tarquinia, ora nei Musei Vaticani su un lato lungo del quale figurano O. e Pilade sul cadavere di Egisto, il cadavere di Clitennestra steso su un'ara, attorniato da O., Elettra e un personaggio vecchio, e infine O. perseguitato dalle Erinni: è stata avanzata l'ipotesi (Fogolari) che la scena centrale derivi da una composizione pittorica di Timomachos di Bisanzio, non ricordata però da alcuna fonte. Si differenziano anche dallo schema più comune alcuni vasi attici a figure rosse, nessuno dei quali è anteriore allo stile severo: in essi la scena del matricidio denota una derivazione dall'opera eschilea, ma l'incertezza nella disposizione dei personaggi e la varietà iconografica, indica l'assenza di un famoso originale comune. Altri monumenti su cui figura la morte di Clitennestra sono alcuni vasi di epoca e provenienza diversa, ma per lo più italioti, qualche pittura (ad esempio Pompei, Casa di Sirico), specchi etruschi.
L'episodio della purificazione di O. a Delfi appare su numerosi vasi attici, anche questi posteriori al periodo severo, e su vasi italioti (talvolta la scena è una vera e propria illustrazione del testo eschileo: v. Tavola a colori) e continua con leggere varianti (lo schema si ritrova su specchi etruschi, monete e rilievi fittili) sino in epoca imperiale romana.
E infine troviamo rappresentato su numerosi monumenti l'episodio delle Eumenidi eschilee della liberazione morale di O. fatta dal tribunale ateniese. La scena più completa è quella che decora la coppa argentea di Palazzo Corsini, rinvenuta dal Winckelmann nel 1759 nel porto di Anzio: Atena, ultima dei giudici, depone il suo voto risolutivo nell'urna: le sono accanto O., le Erinni ormai mutate in Eumenidi e altri personaggi. Singole figure di questa scena appaiono su cammei (Leningrado, Vienna), rilievi (Museo Capitolino), sarcofagi (Madrid, Beirut, Palazzo Giustiniani a Roma), lampade di terracotta (Vienna). Analoga alla coppa Corsini doveva essere la coppia di tazze argentee del cesellatore Zopiros. È stata postulata una derivazione comune da un originale pittorico, databile stilisticamente alla fine del V sec. a. C.: è stato avanzato il nome di Timanthes contemporaneo di Parrasio, che sappiamo autore di un dipinto in cui appariva il sacrificio di Ifigenia.
Monumenti considerati. - Uccisione di Clitennestra: urne etrusche: E. Brunn, I rilievi delle urne etrusche, i, Roma 1870, p. 93 ss. Sarcofagi romani: C. Robert, Die antiken Sarkophag-Reliefs, ii, Berlino 1890, p. 165 ss. Sarcofago etrusco da Tarquinia: G. Fogolari, in Rend. Pont. Acc., xxii, 1946-7, p. 67 ss.; R. Herbig, Die Jüngeretruskischen Steinsarkophage, Berlino 1952, p. 43, n. 79. Pittura della Casa di Sirico, Pompei: C. Robert, in Arch. Zeitung, xli, 1883, C. 259 s., tav. 9, 1. Vasi: L. Sechan, Tragédie grecque et la céramique, Parigi 1926, p. 86 s. Specchi etruschi: E. Gerhard, Etruskische Spiegel, ii, Berlino 1840, tav. 237 ss. Purificazione di O. a Delfi: per l'elenco completo delle rappresentazioni vascolari: L. Sechan, op. cit., p. 94 ss. Per l'elenco degli altri monumenti: A. Lesky, in Pauly-Wissowa, xviii, 1939, s. v. Processo di O. ad Atene: l'elenco completo dei monumenti è in Hafner, op. cit. in bibliografia.
Bibl.: A. Lesky, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, c. 966 ss., s. v.; G. Hafner, Iudicium Orstis, in 113. Berliner Winckelmannspr., Berlino 1958.