Oreste
La vicenda più drammatica del mito greco
I miti antichi ci mettono spesso di fronte a vicende tragiche, in particolare quando
il dramma si consuma nel nucleo familiare. Spesso questi racconti alludono simbolicamente all’avvicendarsi del potere da una generazione a un’altra. Oreste, dopo aver compiuto scelte drammatiche, rompe la catena di violenze familiari e diviene il simbolo positivo di un nuovo equilibrio
La vicenda degli Atridi, con le lotte tra Atreo e Tieste prima e le sanguinose vendette incrociate che ne derivano, rappresenta uno dei miti più significativi dell’antica Grecia, uno dei più cantati e frequentati dai poeti di ogni età.
Da Agamennone, figlio di Atreo, e Clitennestra, figlia di Tindaro e sorella di Elena, nascono Ifigenia, Elettra, Crisotemide e Oreste. Per propiziare la partenza delle navi achee da Aulide verso Troia, Agamennone deve sacrificare alla dea Artemide (la romana Diana) la prima figlia Ifigenia. Clitennestra non lo perdona e, insieme a Egisto, cugino del marito, trama la vendetta. Dopo il ritorno da Troia, infatti, Agamennone è accolto con l’inganno dalla moglie e ucciso a colpi di scure. Clitennestra ed Egisto prendono così il potere a Micene (o, secondo altre versioni, ad Argo). Elettra allora, per salvare l’unico discendente maschio della famiglia, manda Oreste presso lo zio Strofio, in Focide. Passano otto anni e Oreste, cresciuto insieme al cugino e fidato amico Pilade, può consumare la vendetta. Giunto a palazzo insieme a Pilade, sotto false vesti, si accerta prima dei soprusi compiuti dalla madre e quindi, rivelata la sua identità alla sorella Elettra, che lo abbraccia in lacrime, adempie al vaticinio di Apollo e uccide la madre ed Egisto per vendicare il padre.
La giustizia, voluta dagli dei, è così ristabilita, come ristabilito è l’ordine nella famiglia. Ma l’individuo, e con esso la comunità cittadina, possono accettare queste durissime leggi? Oreste è stretto dai rimorsi, personificati dalle terribili Erinni che lo rincorrono. Giunto a Delfi, l’oracolo gli impone di recarsi ad Atene dove un tribunale cittadino lo giudicherà. Prima però deve impossessarsi di una statua di Artemide che si trova nella lontana e barbara regione dei Tauri, in Asia Minore.
Parte con Pilade per questa nuova avventura e giunge nelle terre selvagge dei Tauri: subito catturati, i due dovrebbero essere sacrificati proprio ad Artemide; ma la sacerdotessa, prima del sacrificio, propone di risparmiare uno dei due stranieri purché porti un suo messaggio a Micene. Ed ecco il colpo di scena: la sacerdotessa non è altri che Ifigenia, salvata in realtà dalla morte e sostituita dalla stessa Artemide con un’immagine finta prima del sacrificio, dieci anni prima. Oreste, Ifigenia e Pilade si riconoscono e insieme progettano il ritorno in Grecia. Dopo varie peripezie i tre giungono ad Atene e qui un tribunale umano giudica il matricidio di Oreste. L’uomo però è incapace di valutare un’azione simile, pur voluta dagli dei; è Atena in persona, a questo punto, a votare per l’assoluzione di Oreste e a porre in tal modo fine alla lunga catena di delitti e fatti di sangue. Tornato a Micene Oreste sposerà la cugina Ermione, figlia di Menelao, mentre Elettra sposerà Pilade.
Il mito degli Atridi è uno dei più frequentati dai poeti tragici dell’Atene classica. Oreste, in particolare, oltre a dare il nome all’unica trilogia del teatro greco pervenuta intera fino a noi, l’Orestea di Eschilo (Agamennone, Coefore, Eumenidi), è protagonista di diverse tragedie e, in queste, di alcune delle scene più famose del teatro di tutti i tempi. Nelle Coefore, per esempio, è lui a prendere l’iniziativa di uccidere la madre. Quando egli sguaina la spada, però, Clitennestra si scopre il seno gridando: «Figlio, osi rivolgere il pugnale contro il seno che ti ha allattato»; Oreste è preso dall’incertezza ma Pilade gli ricorda il duro volere divino. Prende allora coraggio e compie il matricidio.
Nell’Elettra di Sofocle Oreste, sotto false spoglie, finge di recare a Elettra le proprie ceneri: Elettra, a cui tutto sembra perduto, eleva uno dei più struggenti lamenti che la poesia greca ci ha lasciato; Oreste, colpito da così grande amore, si rivela allora alla sorella. L’Oreste di Euripide, infine, si apre con la lugubre scena del matricida distrutto dai rimorsi, che nella forma delle Erinni si introducono nella coscienza dell’uomo ponendo irrisolvibili interrogativi sulla giustizia divina e umana.