LIZZADRI, Oreste
Nacque a Gragnano, presso Napoli, il 17 maggio 1896 da Canio, capostazione, socialista riformista, e da Albina Longobardi. Nel 1911, alla morte del padre, abbandonò gli studi per lavorare in un pastificio, dove fece esperienza diretta di quanto il salario e l'orario di lavoro dipendessero dall'arbitrio del padrone. Contro questo stato di cose il L. promosse, nell'aprile 1913, uno sciopero dei pastai conclusosi vittoriosamente, al punto che i suoi compagni lo portarono in trionfo fino alla sede della Camera del lavoro, di cui, appena diciassettenne, divenne segretario. Nello stesso anno fu tra i fondatori della sezione socialista di Gragnano e cominciò a frequentare la vicina Castellammare di Stabia, dove esisteva una numerosa e combattiva classe operaia.
Qui veniva anche pubblicato il quindicinale La Voce, espressione del Circolo Carlo Marx fondato nel 1912 a Napoli da A. Bordiga, del quale il L., come tanti altri giovani socialisti, condivise a lungo l'intransigentismo rivoluzionario.
Nel 1914 fu nominato vicesegretario della Camera del lavoro di Castellammare. Chiamato alle armi allo scoppio del primo conflitto mondiale, prestò servizio come telegrafista nella Marina meritandosi una croce di guerra. Nel 1919, dopo una breve permanenza a Napoli, si trasferì a Roma, assunto da un istituto di credito, dove s'impegnò subito per sviluppare l'iniziativa sindacale tra i bancari. Lontano dall'ambiente bordighiano di Napoli, il L. se ne distaccò politicamente e, in occasione del XVII congresso nazionale del Partito socialista italiano (PSI), svoltosi nel gennaio 1921 a Livorno, decise di non seguire Bordiga nel nuovo partito comunista, aderendo poi alla frazione terzinternazionalista di G.M. Serrati. Durante il fascismo dovette lasciare l'impiego in banca e trovò lavoro come amministratore in un'azienda vinicola, di cui divenne comproprietario e direttore.
Nei limiti imposti dalla situazione, il L. - che anche dopo la scelta dei terzinternazionalisti di confluire, nel 1924, nel partito comunista aveva voluto restare nel PSI - cercò di mantenere i contatti con alcuni esponenti socialisti del Lazio, dell'Umbria e dell'Abruzzo. Fece quindi parte, con O. Vernocchi, N. Perrotti, E. Canevari e G. Romita, del ristretto gruppo romano che nel 1940, dopo l'ingresso in guerra dell'Italia, s'impegnò a ritessere le fila dell'organizzazione del partito socialista.
Dall'inizio del 1942 il L. svolse un intenso lavoro per consolidare ed estendere la rete clandestina tenendo riunioni a Roma e in vari centri del Lazio, quindi in Campania e Basilicata. Il 22 luglio di quell'anno il gruppo romano stilò un documento per la ricostituzione del PSI, che avvenne il 20 settembre. Nominato vicesegretario del partito, dall'autunno del 1942 alla primavera successiva il L. effettuò altri viaggi a Milano, Torino, Trento, Udine, Treviso, dove, oltre ai vecchi quadri e militanti socialisti, volle incontrare, nella prospettiva di una ripresa sindacale su basi unitarie, i lavoratori delle fabbriche, protagonisti dei grandi scioperi del marzo 1943. In casa del L. ebbe luogo, dal 23 al 25 ag. 1943, il convegno che sancì la fusione tra il PSI, il MUP (Movimento di unità proletaria) e l'UPI (Unione proletaria italiana) nel PSIUP (Partito socialista italiano di unità proletaria). Il L. fu chiamato a far parte, insieme con il segretario P. Nenni e con G. Vassalli, dell'esecutivo segreto del nuovo partito. Membro del Comitato di liberazione nazionale centrale, fu incaricato di rappresentarne le posizioni al congresso dei partiti antifascisti che si tenne a Bari il 28 e 29 genn. 1944.
Per attraversare le linee tedesche il L., che aveva assunto il nome di Oreste Longobardi, si imbarcò il 23 gennaio ad Ansedonia su una barca a vapore. In quell'occasione fu anche latore di una lettera di B. Buozzi e Nenni indirizzata ai socialisti dell'Italia liberata, nella quale veniva posto tra le priorità l'avvento della Repubblica. Fu tuttavia lo stesso L., preoccupato di mantenere il rapporto unitario con i comunisti, a spingere affinché il proprio partito accantonasse la pregiudiziale repubblicana aderendo alla cosiddetta "svolta di Salerno" promossa da P. Togliatti.
La nuova linea fu approvata dal consiglio nazionale socialista, riunito a Napoli il 15-16 apr. 1944, che nominò il L. segretario del partito per l'Italia liberata.
In quel periodo il L. svolse un ruolo rilevante anche in campo sindacale, nel commissariamento delle organizzazioni fasciste prima, e nella costituzione della CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro) unitaria poi. Nominato dal governo Badoglio vicecommissario della Confederazione dei lavoratori agricoli (commissario era il sindacalista cattolico A. Grandi), rivestì anche la carica di segretario del Comitato fra i commissari delle confederazioni dei lavoratori, presieduto da Buozzi. Insieme con quest'ultimo, per conto dei socialisti, il L. condusse le trattative per l'unità sindacale, che portarono al patto di Roma, sottoscritto il 4 giugno 1944 da G. Di Vittorio, Grandi e, per i socialisti, da Canevari, poiché Buozzi era stato appena ucciso dai nazisti in fuga dalla capitale e il L. si trovava al Sud. Rientrato a Roma dopo la liberazione, il L. prese subito il posto di Canevari, affiancando Di Vittorio e Grandi al vertice della CGIL.
Fautore della fusione tra PCI e PSIUP, il L. favorì un sostanziale appiattimento della corrente sindacale socialista sulle posizioni comuniste suscitando malumori e dissensi in vasti settori del suo partito.
Mentre la CGIL era attraversata da forti tensioni che avrebbero portato alla scissione, la posizione del L. si indeboliva al punto che nel giugno 1947 fu sostituito da F. Santi alla guida dei sindacalisti socialisti. Già membro della Consulta e dell'Assemblea costituente, il L. ritornò all'attività di partito, battendosi per la fusione o comunque per uno stretto rapporto con il PCI anche dopo la sconfitta del Fronte popolare alle elezioni del 18 apr. 1948. Eletto alla Camera per la circoscrizione di Roma, Viterbo, Latina, Frosinone, il L. fu responsabile dell'Ufficio sindacale e lavoro di massa del PSI, prima di riprendere, nel febbraio 1952, il suo posto nella segreteria della CGIL in sostituzione dello scomparso L. Cacciatore.
Ai vertici della confederazione visse la fase critica seguita alla grave sconfitta della CGIL alla FIAT nel 1955 e, l'anno dopo, ai tragici fatti d'Ungheria.
Lasciò definitivamente la CGIL nel 1957 per concentrarsi nell'attività parlamentare (nel 1953 e nel 1958 fu rieletto alla Camera) e di dirigente del PSI.
Negli anni dell'affermazione dell'autonomia socialista e dell'avvio del centrosinistra il L. contrastò la politica di Nenni, che riteneva portasse a una divaricazione a sinistra e allo scivolamento nella socialdemocrazia. Non aderì tuttavia alla scissione da cui, nel gennaio 1964, nacque il nuovo PSIUP, ma, insieme con il gruppo Sinistra unitaria, andò a infoltire i ranghi dell'opposizione interna guidata da R. Lombardi.
Candidato alle elezioni politiche del 1963 nella circoscrizione di Roma, non risultò eletto, ma il 20 ott. 1967 subentrò alla Camera a un deputato deceduto. Contrario all'unificazione socialista, nel 1966 decise di passare al PSIUP, ma il fallimento dell'unificazione e la ricostituzione del PSI lo indussero nel 1969 a rientrare nel vecchio partito.
Il L. morì a Roma il 30 luglio 1976.
Opere: Problemi del mondo del lavoro in Italia, Roma 1948; Quel dannato marzo '43, Milano-Roma 1962; Il regno di Badoglio, ibid. 1963; Il socialismo italiano dal frontismo al Centrosinistra, Milano 1969; Il potere ai sindacati?, Roma 1972; Il regno di Badoglio e la Resistenza romana, ibid. 1974; La boje! Lotte del lavoro in Italia dalle origini al fascismo, Milano 1974; L'Internazionale del lavoro, ibid. 1976.
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