CALABRESI, Oreste
Uno dei più noti attori italiani fioriti tra la fine del secolo scorso e l'inizio del nostro. Nacque nel 1857 a Macerata, donde, quand'egli era fanciullo, la sua famiglia dovette per dissesti economici trasferirsi a Roma; morì nel 1915. Alla professione dell'arte drammatica arrivò, come quasi tutti i non figli d'arte, partecipando alle recite di una filodrammatica romana che s'intitolava a Pietro Cossa, ed era diretta da un vecchio e apprezzato dilettante piemontese, il Gerbino. Di lì passò al teatro regolare, prima con lo stenterello Mori a Pitigliano, e poi con la compagnia Regoli-Cappelli. Nella compagnia Cuneo-Villa assunse il ruolo di generico primario, che in seguito tenne anche nelle compagnie Lollio, Salvini (Alessandro), e Serafini. Talvolta recitò, in quest'ultima compagnia, con Ernesto Rossi e Tommaso Salvini. Poi entrò nella celebre Compagnia nazionale; fu con Virginia Marini e Francesco Garzes; con Paladini e Zampieri, dei quali fu socio; con Claudio Leigheb e Virginia Reiter. La sua più memoranda attività la svolse, nei primi anni del '900, come socio e attore caratterista, nella compagnia rimasta la più famosa tra le ultime nostre compagnie di complesso, la Talli-Grammatica-Calabresi, diretta da Virgilio Talli. Infine costituì più compagnie capeggiate da lui: ma negli ultimi anni la sua fibra era visibilmente affievolita.
Il C. fu attore fresco e vivace. Meglio che studio e scrupoli d'interprete, prevalsero in lui bellissime doti di spontaneità; specialmente nel comico, o in quel ruolo tipicamente romantico, misto di comico e di drammatico, denominato promiscuo nel gergo degli attori. Alcune commedie sono rimaste, in Italia, strettamente legate al suo nome: I due blasoni, dove rappresentò simpaticamente, per la prima volta in Italia, il tipo dell'emigrato europeo americanizzato; Il re burlone di Rovetta, in cui creò il tipo del re borbonico, feroce, bigotto. e lazzarone; Papà Eccellenza dello stesso autore, tragedia borghese, storia di un ministro onesto, falsamente accusato; ecc. Ma la maggior prova della sua virtù il C. la diede interpretando per primo, nella citata compagnia Talli-Grammatica-Calabresi, la figura di Lazaro di Rojo ne La figlia di Jorio del d'Annunzio: pacato, vigoroso, brutale, misto di lussuria e di superstizione, di terra e di sangue.