Ordet
(Danimarca 1954, 1955, Ordet ‒ La parola, bianco e nero, 124m); regia: Carl Theodor Dreyer; produzione: Tage Nielsen per Palladium; soggetto: dall'omonimo testo teatrale di Kaj Munk; sceneggiatura: Carl Theodor Dreyer; fotografia: Henning Bendtsen; montaggio: Carl Theodor Dreyer, Edith Schlüssel; scenografia: Erik Aaes; costumi: N. Sandt Jensen; musica: Poul Schierbeck.
Morten Borgen vive da benestante nella propria fattoria sulla costa ovest dello Jutland. Vedovo e devoto patriarca, ha tre figli: Mikkel, l'ateo primogenito, sposo di Inger, che gli ha dato due bambine ed è prossima a partorire un terzo figlio ‒ un maschio, si spera; Anders, il minore; e Johannes che, dopo gli studi di teologia (il padre sperava potesse diventare un 'riformatore'), crede di essere Gesù Cristo, vaga nella notte tra le dune e predica la conversione. Al vecchio Borgen, che non crede ormai più che Johannes possa ritrovare il senno, Inger ricorda che a Dio nulla è impossibile. Anders si innamora di Anne, figlia di Peter, il sarto, ma dispera che il proprio padre acconsenta al matrimonio. Morten e Peter sono infatti divisi da fedi diverse, benché entrambe luterane: Morten è seguace di Grundtvig, Peter di una rigida corrente pietista, la Indre Mission. Anders decide tuttavia di chiedere Anne in sposa, ma Peter lo respinge: non è della loro fede. Appresa la notizia, Morten va su tutte le furie: da contrario che era, decide ora di sostenere la richiesta andando personalmente da Peter. Al nuovo rifiuto di Peter scoppia un litigio, interrotto da una telefonata: Inger sta malissimo, madre e nascituro rischiano la vita. Morten si precipita a casa. Il piccolo (un maschio) muore e anche Inger, dopo un illusorio miglioramento, perde la vita. Johannes fa un vano tentativo di resuscitarla, poi fugge di casa. Arrivano i funerali, si sta per chiudere la bara; Mikkel, dopo lungo autocontrollo, urla dal dolore; appare all'improvviso Johannes, ritornato in sé. La piccola Maren, figlia di Inger, si precipita da lui e gli chiede di sbrigarsi a svegliare la madre. Di fronte alla fede della bambina Johannes, tra lo scandalo dei presenti, chiede a Cristo 'la parola' che può risuscitare i morti e ordina a Inger di alzarsi. Inger si alza: ora può "cominciare la vita".
Ordet, 'la parola', 'il verbo' (con ordet si apre il Vangelo secondo Giovanni in danese), è uno dei massimi film sulla fede, meglio, sulle fedi e sull'unica fede in cui i personaggi si trovano uniti alla fine, la fede nel "vecchio Dio… il Dio di Elia, eterno e uguale". Per ciascuno dei principali personaggi maschili, il punto di partenza è una fede contrabbandata ed esclusiva, o l'assenza di fede. Il vecchio Borgen, nonostante l'orgogliosa coscienza del proprio ruolo di evangelizzatore, non crede più nei miracoli ora che al termine dell'esistenza si sente abbandonato e tradito dai figli e dalla nuora, falliti ormai i suoi tentativi di addomesticare la vita. Il calzolaio Peter si crede eletto ma è incapace di perdonare. Mikkel protesta la propria fedeltà alla terra e alla corporeità di fronte al silenzio di un Dio assente. Ma un percorso di fede è quello dello stesso Johannes: finché si crede Cristo egli è incapace di richiamare Inger alla vita, tenta inutilmente e sviene sul letto di morte di lei. Solo al rientro dal suo viaggio solitario, quando ritorna ad essere Johannes e a chiamare padre il proprio padre carnale, solo allora può chiedere a Cristo 'la parola' che possa ridare la vita ai morti. Estranei a questo percorso sono coloro che sembrano del tutto refrattari alla fede o coloro che l'hanno sempre avuta. Da un lato, Inger e la piccola Maren, la madre e la bambina, che sempre hanno creduto in un Dio capace di intervenire qui e ora e che in tal modo sono il perno carnale (e femminile) del percorso altrui. Dall'altro il pastore e, in parte, il medico, funzionari di una religione e di una scienza che vorrebbero spartirsi la cura del corpo e dell'anima, ma che nulla sanno di quella 'vita' che Inger invoca in chiusura di film.
Ordet è il film di Carl Theodor Dreyer più fedele al suo soggetto originale, tanto che in apertura del film leggiamo solo un sorprendente ‒ e umile ‒ "Kaj Munk/ Ordet". Tuttavia il regista scarnifica e radicalizza il testo teatrale; per esempio Munk lascia ambiguamente indeciso se la morte di Inger sia vera o apparente, Dreyer fa invece una scelta inequivoca per il miracolo. Il ritmo del racconto è lento e maestoso. Lunghe e lente panoramiche e piani-sequenza orizzontali sia negli interni che negli esterni seguono i movimenti e i dialoghi tra i personaggi, che in tal modo disegnano lo spazio in cui si muovono. Il montaggio senza taglio è portato all'estremo; spesso a una scena corrisponde una sola inquadratura. La lunghezza media delle inquadrature è di circa 65 secondi, e nelle sezioni centrali giunge fino a sette minuti. La distanza narrativa dalla Passion de Jeanne d'Arc, con il suo dialogo serrato di campi e controcampi in primo e primissimo piano, non potrebbe essere maggiore. Nelle inquadrature degli interni, spesso in campo totale e a figura intera, le figure umane si compongono con raro equilibrio pittorico e si disgiungono a lento passo di danza. L'unico primissimo piano è dedicato al volto di morte di Inger. I riferimenti pittorici sono in primo luogo alla pittura danese di fine Ottocento e inizi del Novecento: il gruppo di pittori e pittrici di Skagen ‒ su tutti Anna Ancher ‒ e Vilhelm Hammershøj. Gli esterni, in campo lungo o totale, che spesso cuciono il racconto, presentano una semplice e rigorosa divisione orizzontale tra cielo e terra, che contrasta con i bassi soffitti degli interni. Il realismo di Dreyer si esprime nei paesaggi spazzati dal vento della costa occidentale dello Jutland, nella cura dei costumi e nella recitazione dialettale degli attori, nei versi degli animali della fattoria, nella nuda scenografia degli interni. Ordet è il proprio film che Dreyer giudicava più vicino alla perfezione. Conquistò il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1955.
Interpreti e personaggi: Henrik Malberg (Morten Borgen), Emil Hass Christensen (Mikkel Borgen), Preben Lerdorff Rye (Johannes Borgen), Cay Christiansen (Anders Borgen), Birgitte Federspiel (Inger Borgen), Anne Elisabeth Hansen (Maren Borgen), Susanne Rud (Inger), Ejner Federspiel (Peter Skraedder), Sylvia Eckhausen (sua moglie), Gerda Nielsen (Anne Borgen), Ove Rud (pastore), Henry Skjær (medico), Hanne Ågesen (Karen), Edith Trane (Mette Maren), pescatori e contadini della contrada di Vedersø.
U. Barbaro, Una resurrezione segna la fine di Dreyer, in "Vie nuove", 4 settembre 1955, poi in Servitù e grandezza del cinema, Roma 1962.
N. Ghelli, Ordet, in "Bianco e nero", n. 9-10, settembre-ottobre 1955.
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Sceneggiatura: in C.Th. Dreyer, Fire Film, København 1964 (trad. it. Torino 1967).