ORCHOMENOS di Arcadia (᾿Ορχομενός, Orchomĕnus)
Antichissima città nella zona N-E dell'Arcadia, dal nome greco, menzionata già nel Catalogo delle Navi (Iliade) e nell'Odissea (e una forma locale Erchomenos accanto a quella più diffusa).
Retta fino alle guerre del Peloponneso da una monarchia che pare avesse tentato di unificare sotto di sé tutta l'Arcadia, O. si divise il predominio della regione con Mantinea, ma dovette poi cedere molti dei suoi territori a Megalopolis. La città dominava le due pianure di Levidi e di Candila con un'acropoli posta quasi al centro in luogo molto elevato (936 m). Secondo Pausania (viii, 13-2) la parte alta della città sarebbe stata abbandonata al suo tempo e la notizia è confermata dall'assenza di tracce romane. I resti di abitazione preistorica sono attestati da frammenti di quella ceramica caratteristica detta Matmalerei (con decorazioni lineari o circolari in color cioccolata su un fondo giallastro o rossastro o su ingubbiatura biancastra); la continuità dell'abitato è provata inoltre da frammenti geometrici e corinzî rinvenuti nella città bassa, fra cui un aröbailos corinzio a forma di scimmia e un rilievo arcaico di significato probabilmente dionisiaco con due figure ignude di uomini con un kàntharos, che si tengono per mano (cfr. rilievo di Dermys e Kitylos, al museo di Atene).
Già nel V sec. a. C. la città fu munita di mura di cui non restò però alcuna traccia: così che al tempo della fondazione della lega arcadica necessitò di una nuova cinta. Di tipo isodomico trapezoidale a faccia quadrata le mura del IV sec. circondarono solo la parte superiore dell'acropoli, con andamento rettilineo ad E e più sinuoso ad O e un percorso di 2300 m; questa cinta possedeva numerose torri, spaziate ad intervalli di circa 30-50 m e due porte, l'una ad O verso la sella fra l'acropoli e il monte S. Elia e l'altra a S-E verso il sito detto la "Charadra", ove sgorgava la principale fonte della città. Entro il perimetro delle mura gli scavi della Scuola Francese (1913) hanno messo in luce l'agorà, di forma quasi quadrata, aperta a S e ad O e un grande porticato con colonne e pilastri ad E e N. Il porticato N (70 × 11,40 m) dorico all'esterno e ionico internamente è contemporaneo alle mura, quello E (41 × 8,20 m) ha finestre ad E e una porta ad O, verso S, sull'agorà e 12 colonne interne non scanalate. A S dell'agorà su una terrazza, sono i resti del principale santuario della città, quello di Artemide Mesopolitis, che fungeva anche da archivio. Il tempio ionico, orientato ad E, probabilmente databile intorno alla seconda metà del VI sec., appare molto stretto; era forse prostilo con quattro colonne di facciata e due di lato, le fondamenta e lo zoccolo dei muri in calcare, la parte superiore in mattoni. Davanti al tempio restano tracce dell'altare.
A N-E dell'agorà, nella curvatura naturale della collina, fu ricavato il teatro; gli scavi della scuola francese ne hanno messo in luce parte dell'edificio della scena e del proscenio e un seggio marmoreo per la proedria con una iscrizione del iv-iii sec. a. C. Nella parte più alta a N sono probabilmente tracce di altri due templi e sulla cima del monte i ruderi di una torre medievale appare costruita con materiale antico.
Nella città bassa, ove è l'odierno villaggio di Kalpali, Pausania ricorda la fonte e i templi di Posidone e Afrodite. Si sono riconosciuti i resti di tre templi, uno dei quali periptero allungato con 6 × 13 colonne, della fine del VI sec. a. C. e un rifacimento della copertura del tetto operato nel iv-iii secolo. Un frammento di acroterio arcaico in terracotta a disco con bordo dentato appartiene a un tempio ancora precedente. Alla pianta della città bassa - che fu poi la città romana - appartengono ancora cisterne, fontane, case private, una base per Settimio Severo, ecc. nonché resti architettonici e plastici dell'abitato greco arcaico.
Pausania ricorda poi ancora presso la città un'immagine lignea di Artemide Kedreatis sopra un albero, evidentemente retaggio di un culto antichissimo. Entro il territorio di O. era altresì il tempio di Artemide Imnia che la città spartiva con Mantinea.
Bibl.: D. Levi, in Enc. It., s. v.; E. Meyer, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, cc. 887-905, s. v. Orchomenos, n. 4; H. Lattermenn, Arkadische Forschungen, in Abh. Berl. Ak., Phil. Hist. Kl., 1911, p. 18 ss.; G.Blum-A. Plassart, in Bull. Corr. Hell., 1914, 71-88; ibid., 1915, pp. 52-127; D. Fimmen, Die Kret. Myk. Kultur, Lipsia-Berlino 1924, pp. 10, 77; C. Weickert, Typen der archaischen Architectur in Griechenland u. Kleinasien, Augusta 1929, pp. 150-51; 166-67; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge 1941, p. 171.