ORBITALI MOLECOLARI
Per o. m. s'intende la funzione d'onda associata a un elettrone di una molecola, in un determinato livello energetico e con un particolare valore del momento angolare: tale funzione è collegata, per ogni punto dello spazio, alla probabilità che ha l'elettrone di trovarsi in quel punto, e viene spesso visualizzata come una ''nuvola'' in cui il valore del quadrato della funzione è direttamente proporzionale alla probabilità in questione. Una volta costruiti tali o. m., gli elettroni vanno assegnati ai vari orbitali in modo da rispettare il principio di esclusione di Pauli. Il concetto dell'o. m. e i metodi per il relativo calcolo continuano a rivestire un ruolo di primo piano nella descrizione del legame chimico in ogni stato di aggregazione e per ogni tipo di molecola, di solido o di transiente. L'uso degli o. m. si va anzi estendendo, grazie a un complesso di fattori che lo rende sempre più accessibile, diffuso e affidabile.
L'insieme di questi fattori si può così riassumere:
a) la disponibilità, ormai corrente, di grandi calcolatori che permettono di affrontare e risolvere problemi di grandi dimensioni, cioè descrizioni, in termini di o. m., di molecole sempre più grandi, o di molecole piccole e medie con un grado sempre maggiore di affinamento; per es. è oggi possibile calcolare la struttura elettronica a bande di solidi continui attuando un calcolo MO (Molecular Orbitals) su frammenti di qualche decina fino a qualche centinaio di atomi del solido, cioè su frammenti abbastanza grandi da rappresentare efficacemente la situazione di delocalizzazione sviluppata nel solido esteso;
b) la possibilità di avere delle controparti sperimentali dirette alle previsioni teoriche dei calcoli MO, e ciò specialmente attraverso le recenti tecniche di spettroscopia di fotoionizzazione (UPS, Ultraviolet Photoemission Spectroscopy, o PES, Photo Electron Spectroscopy) che permettono la misura diretta, seppure approssimata, dell'energia degli o. m. occupati, di spettroscopie di cattura di elettroni (per es. ETS) che permettono in modo analogo la misura dell'energia degli o. m. non occupati, e le tecniche di risonanza magnetica nucleare (NMR, Nuclear Magnetic Resonance) ed elettronica (ESR, Electron Spin Resonance) che consentono, laddove applicabili, la conferma dei coefficienti atomici delle combinazioni LCAO (Linear Combination of Atomic Orbitals) su estese strutture molecolari;
c) la sempre maggiore affidabilità e accuratezza delle previsioni dei calcoli, comprovata dai favorevoli risultati di una casistica ormai larghissima, e sostenuta dal continuo sviluppo di varianti nei metodi di calcolo, che tendono a risultare sempre più accurati;
d) la versatilità del metodo, che ne consente anche versioni semplificate adattabili alla descrizione immediata ed evidente di fenomeni chimici sia tradizionali che nuovi, seguendo i concetti fondamentali della chimica sperimentale e senza ricorrere a formulazioni matematiche approfondite. Tipiche al riguardo sono le applicazioni alla struttura e all'interpretazione della reattività di molecole organiche, come per es. i metodi di perturbazione e il concetto di orbitali di frontiera che stanno rivestendo un'importanza sempre crescente nel campo della chimica organica.
I calcoli MO su grandi calcolatori elettronici. − Un primo cenno va fatto sui calcoli di grande precisione per piccole molecole resi possibili dall'uso di moderni potenti calcolatori. Il principio delle variazioni garantisce la possibilità di migliorare l'accuratezza al crescere della dimensione della base di autofunzioni atomiche impiegate; quindi possono venire inseriti nel calcolo MO, fatto su computer di grande capacità e velocità, sviluppi a molti termini nella base impiegata, e al tempo stesso con inclusione di estese interazioni di configurazione e ripetizioni dei calcoli con variazioni sistematiche dei parametri di struttura, in modo da ottenere anche accurate previsioni della geometria molecolare e dello spettro rotazionale. Si ottengono così descrizioni molto precise della struttura elettronica e sterica di piccole molecole, con la possibilità anche di ottenere superfici di potenziale dettagliate e attendibili, dalle quali si ricavano previsioni di costanti di forza, frequenze vibrazionali e altre grandezze molecolari.
Un'applicazione significativa, tra molte altre, è quella relativa alle molecole degli spazi interstellari, delle quali alcune sono ben note anche sulla terra (HCN, NH3, CH4), mentre altre (HCNH+, HCO+, HNC, HC3N, HC2N2+, HC9+) sono meno comuni sulla terra e sono state identificate e caratterizzate in base al confronto tra i loro spettri rotazionali sperimentali e le previsioni di calcoli MO molto accurati. A titolo di esempio riportiamo in tab. i confronti tra valori sperimentali e previsioni MO con metodi accurati per alcune frequenze vibrazionali di molecole/ione triatomiche nonlineari, e per le distanze di equilibrio e la costante rotazionale della molecola/ione lineare HCNH+.
I metodi MO in chimica organica. - Altro settore di sviluppo del metodo degli o. m. è quello della chimica organica. Gli sviluppi, più che nel senso di approfondimenti matematici e computazionali, vengono in quello della ricerca di nuovi modelli o varianti di modelli che consentano l'interpretazione, talora solo semiquantitativa e senza aggravi di complicati algoritmi, di fatti o tendenze ben stabilite sperimentalmente nel campo della struttura e della reattività di sostanze organiche. Il fondamento è sempre quello del metodo MO-LCAO semplice, spesso addirittura nella versione semplificata di Hückel, che qui mantiene intatta la sua validità di approccio iniziale. A esso vengono sovrapposti effetti di perturbazione, variamente interpretati, e sviluppati in modo da rendere il metodo particolarmente adatto alla descrizione dell'una o dell'altra classe di proprietà sperimentali.
Metodi MO perturbati. Uno sviluppo di carattere generale in tale direzione è rappresentato dai metodi di o. m. perturbati (PMO, Perturbed Molecular Orbitals), dovuti principalmente a M.J.S. Dewar. Il principio è che si possano sempre trovare, per una data molecola organica coniugata, una o più molecole di riferimento, di struttura più semplice e descritte adeguatamente dal metodo MO di Hückel nella sua forma primitiva. La molecola reale può quindi venire ricostruita apportando variazioni strutturali alle molecole semplici di riferimento, e modificando con un'opportuna parametrizzazione (spesso semiempirica) i valori degli integrali che concorrono all'espressione dell'energia totale della molecola o del suo sistema di elettroni coniugati. Così la piridina può considerarsi derivata dal benzene per sostituzione di un gruppo CH con l'isoelettronico atomo di N (perturbazione monocentrica; viene descritta modificando opportunamente gli integrali coulombiani αk e di risonanza βki relativi all'atomo sostituito k rispetto ai valori degli atomi i nella molecola di riferimento: αk=αi+δαk e βki=βii+δβki). Altro tipo di perturbazione è la unione intramolecolare che consiste in un cambio di connettività rispetto alle molecole campione, con rottura e/o formazione di nuovi legami, e modifica della rete di coniugazione π. Un esempio potrebbe essere il passaggio da 1, 3, 5 esatriene CH2=CH-CH=CH-CH=CH2 a benzene, con rottura di due legami σC-H, perdita di 2H e formazione di un nuovo legame σC-C (unione intramolecolare); nella descrizione MO del sistema, due atomi m, n prima separati (βmn=0) diventano uniti e il loro integrale di risonanza passa dal valore 0 al valore βii; l'energia totale del sistema π passa da Eπ a Eπ+δEπ=Eπ+2pmnβmn.
Infine un terzo tipo di perturbazione è la unione intermolecolare nella quale la molecola in esame è ricostruita con la fusione ideale di due o più molecole coniugate più semplici (un esempio è il difenile visto come risultato dell'unione di due unità benzeniche). In tal caso la formazione di un nuovo legame σ tra atomi di carbonio delle due unità benzeniche non altera l'energia e la configurazione degli elettroni π in prima approssimazione; vi sono però effetti secondari non trascurabili e descrivibili come effetti di seconda perturbazione del tipo ΔE=β2ab/(Ea− Eb) con a, b atomi delle due subunità di riferimento. Anche per strutture più complicate si può operare nello stesso modo, sommando in modo additivo diverse perturbazioni, salvo gli effetti di seconda perturbazione che non sono in genere semplicemente additivi e richiedono trattamenti particolari.
L'applicazione del metodo PMO porta a formalismi diversi per la trattazione di sistemi coniugati alternanti con numero di centri coniugati pari o dispari. In quest'ultimo caso il sistema di o. m. non comprende solo orbitali leganti pieni e antileganti vuoti, ma anche un orbitale non-legante (NBMO, Non Bonding Molecular Orbital) che è particolarmente significativo, e i cui coefficienti atomici possono essere in genere ricavati con modelli di calcolo semplificati. Il metodo PMO viene applicato per la previsione di energie π, energie di ionizzazione, distribuzioni atomiche della carica degli elettroni π, effetti di sostituenti, effetti degli eteroatomi, effetti di risonanza ed effetti sterici in molecole coniugate comunque complesse. Ulteriori applicazioni riguardano l'interpretazione di equilibri chimici (variazioni di calore e di entropia di reazioni in sistemi perturbati) e della reattività chimica delle sostanze organiche (variazioni di energia e di entropia di attivazione). In queste applicazioni non si ricercano previsioni di valori assoluti di energie di reazione o di attivazione, che coinvolgono in genere grossi termini di repulsione tra orbitali occupati e che sono difficili e incerti da valutare. Si cerca invece di valutare le variazioni di energia del sistema di elettroni coniugati; tali variazioni sono bensì piccole in assoluto, però sono quelle più sensibili agli effetti di struttura, e quindi quelle che possono rendere conto delle differenze di comportamento riscontrate lungo serie omologhe o serie di composti affini. Inoltre si fa largo uso di estrapolazioni per descrivere gli aspetti critici degli equilibri e della reattività; così per es. nella reazione diretta tra due specie, l'energia del complesso attivato non viene valutata direttamente, ma si calcolano le variazioni dell'energia del sistema di elettroni coniugati π per distorsioni crescenti nella struttura dei reagenti e dei prodotti, e si assume che l'energia del complesso attivato sia quella del punto d'incrocio delle due curve calcolate (v. es. in fig. 1). Questo modello, noto come modello di Bell-Evans-Polanyi (BEP), si usa con successo nel caso di reazioni dirette descrivibili in termini di rottura e riformazione di legami. Esso non è più valido in quanto tale e va sostituito da trattamenti più complessi nel caso di reazioni che avvengano attraverso intermedi.
Fra i numerosi problemi trattati con successo nell'ambito del principio PMO vanno citati l'effetto dei solventi sulla reattività (Hellmann e Feynman), le reazio ni prototropiche, la razionalizzazione degli effetti quantitativi di nucleofilicità ed elettrofilicità, le sostituzioni elettrofiliche aromatiche, le reazioni radicaliche di sostituzione, le reazioni di eliminazione, le reazioni complesse di sistemi π, i meccanismi di polimerizzazione, e altri.
Metodi MO Self-Consistenti (SCMO). Affinamenti quantitativi nella trattazione del sistema di elettroni π coniugati sono richiesti quando si voglia raggiungere un miglior grado di approssimazione, specie nell'interpretazione di dati spettroscopici. Il progresso rispetto al metodo MO primitivo di Hückel si può realizzare tenendo conto: a) di valutazioni esplicite delle repulsioni interelettroniche (che non sono esplicitate nel modello di Hückel); b) del principio di self-consistenza secondo Hartree-Fock espresso dalle equazioni integrodifferenziali di Roothaan; c) delle modifiche ai risultati del calcolo della struttura elettronica dello stato fondamentale derivanti da piccoli mescolamenti dell'autofunzione della configurazione fondamentale con quelli di varie configurazioni mono- e bi-eccitate (metodo dell'interazione di configurazione: CI, Configuration Interaction). La versione più usata per realizzare un metodo di MO self-consistente è quello dovuto a R. Pariser, R.G. Parr e J.A. Pople e correntemente conosciuto come metodo self-consistent PPP, caratterizzato da un insieme di criteri semiempirici per la scelta delle basi di funzioni atomiche e per l'approssimazione parametrica degli integrali monocentrici di core α1, bicentrici di core βij, e bicentrici di repulsione interelettronica. Il metodo PPP può venire definito come un metodo SCMO, specializzato per sistemi organici coniugati π, che fa uso del formalismo di Roothaan del campo self-consistente, e di alcune regole semplificative per il calcolo degli elementi di matrice, nei quali, a differenza del metodo semplice di Hückel, compaiono esplicitamente integrali bielettronici. Le principali applicazioni sono nell'interpretazione accurata di spettri elettronici e delle valutazioni strutturali connesse.
Orbitali di frontiera. Uno sviluppo recente, ispirato al principio dei PMO ma di semplicità ancora maggiore nella formulazione matematica, è quello dei cosiddetti orbitali di frontiera, dovuto principalmente a K. Fukui, e applicato soprattutto all'interpretazione delle reattività delle molecole organiche. Nel sistema dei livelli elettronici π di una molecola coniugata, vi è normalmente un certo numero di orbitali molecolari leganti occupati da coppie elettroniche, dei quali il più alto in energia è chiamato HOMO (Highest Occupied Molecular Orbital), e altri orbitali, più alti in energia e non occupati da elettroni, il più basso dei quali è chiamato LUMO (Lowest Unoccupied Molecular Orbital). Il metodo di Fukui si concentra sul ruolo svolto dai soli due orbitali estremi HOMO e LUMO, chiamati complessivamente orbitali di frontiera, che da soli sono responsabili di gran parte della reattività delle molecole organiche, e che possono venir trattati in modo altamente semplificato rispetto ai metodi completi.
Nella reazione tra due sostanze, la collisione tra le molecole dei reagenti a e b porta in genere allo sviluppo di tre termini di energia
dove qi sono le cariche elettriche su singoli orbitali atomici di a e di b; Qi è la carica totale sugli atomi a e b; ε è la costante dielettrica locale.
In questa relazione, formulata per la prima volta da Salem e da Klopman nel 1968, l'energia di attrazione appare composta da un primo termine dovuto alla repulsione tra i gusci elettronici occupati delle molecole che reagiscono; tale termine può anche essere grande, ma è invariabilmente repulsivo e poco sensibile agli effetti di struttura. Il secondo termine descrive interazioni elettrostatiche tra le cariche positive e negative eventualmente presenti sui vari atomi delle molecole reagenti; questo termine varia evidentemente in modo individuale da caso a caso, e può essere comunque calcolato facilmente come somma di attrazioni e repulsioni coulombiane. Il terzo termine dipende principalmente dalle interazioni HOMO-LUMO tra le molecole reagenti; esso causa sempre un effetto attrattivo, che, anche se di entità quantitativa secondaria, risulta in genere il più discriminante per le differenze di comportamento lungo serie omologhe o tra composti simili.
La fig. 3 mostra schematicamente come le interazioni tra orbitali occupati (e in particolare HOMO-LUMO), che appartengono al primo termine, non portino a variazioni sensibili nell'energia totale degli elettroni coniugati dalle due molecole; c'è semmai un certo prevalere di effetti antileganti, cioè repulsivi, che diventano sempre maggiori a basse distanze (repulsione tra shell complete). Invece l'interazione tra il LUMO di una molecola e l'HOMO dell'altra molecola, compresa nel terzo termine, porta sempre a un guadagno complessivo di energia elettronica, e quindi favorisce la reattività con l'abbassamento dell'energia del complesso attivato; questa è un'interazione del secondo ordine (orbitali atomici interagenti generalmente lontani nella scala di energie), e quindi non molto grande in assoluto, ma tuttavia decisiva per definire differenze individuali di reattività chimica passando da una specie a un'altra simile od omologa. Questo modello non identifica con precisione la struttura e l'energia del complesso attivato, ma fornisce, attraverso la previsione di interazioni HOMO-LUMO (come in fig. 3B), dati semiquantitativi per la previsione di andamenti e gradienti di energia lungo il cammino di reazione (fig. 4) orientandosi con il postulato di Hammond, secondo il quale lo stato attivato di transizione si può approssimare come una distorsione della struttura dei reagenti nel caso di reazioni esotermiche, ovvero una distorsione della struttura dei prodotti nel caso di reazioni endotermiche.
Il metodo è stato applicato con successo alla razionalizzazione di molte classi di reazioni organiche. Un primo caso è quello delle reazioni ioniche, dove il concetto degli orbitali di frontiera può essere usato per ridefinire il carattere hard e soft di acidi e di basi, ossia di elettrofili e di nucleofili. Si può cioè definire un elettrofilo hard (es. Mg2+) come un'entità generalmente dotata di carica positiva e con LUMO di alta energia, mentre un elettrofilo soft (es. Au+) ha o no la carica positiva, e ha un LUMO di energia non troppo alta, cioè in grado di dare un'interazione covalente efficace con l'HOMO di energia abbastanza alta di un corrispondente nucleofilo. Per contro, un nucleofilo è caratterizzato da energie di HOMO abbastanza basse, e precisamente HOMO molto basso con carica negativa per i nucleofili hard (per es. F−), e HOMO relativamente alto con o senza cariche negative per i nucleofili soft (per es. I−, H−). Si comprende quindi come siano favorite le reazioni hard-hard nelle quali prevale il termine attrattivo elettrostatico carica positiva-carica negativa (il secondo termine della [1]), oppure le reazioni soft-soft per una favorevole interazione covalente fra l'HOMO del nucleofilo e il LUMO dell'elettrofilo (terzo termine della [1]) (fig. 5). In altri termini, reazioni hard-hard sono favorite dalla forte inte razione elettrostatica (a tal fine è molto importante la conoscenza dei coefficienti atomici degli orbitali di frontiera) e portano alla formazione di legami più ionici, mentre reazioni soft-soft sono favorite dalla forte interazione covalente HOMO (nucleofilo)-LUMO (elettrofilo) e portano alla formazione di legami più covalenti nei prodotti di reazione; reazioni di tipo hard-soft sono sfavorite perché ambedue i citati meccanismi di attrazione risultano deboli. Il modello è stato applicato con successo alla spiegazione di correlazioni con le energie di ionizzazione, e all'interpretazione di molte classi di reazioni, tra le quali le sostituzioni aromatiche elettrofile, le sostituzioni ad atomi di carbonio saturi, gli effetti di iperconiugazione.
Altro campo di fruttuosa applicazione del metodo degli orbitali di frontiera è quello delle reazioni pericicliche, dove le regole di Woodward e Hoffmann possono venire spiegate in modo semplice e diretto in base alla natura dell'interazione tra HOMO e LUMO delle due molecole che prendono parte alla reazione ciclica concertata.
Così, in una cicloaddizione [4+2], cioè del tipo Diels-Alder, tra una molecola etilenica e un diene, la sovrapposizione tra i lobi esterni dell'HOMO e del LUMO dei due reagenti nei punti di ciclizzazione è comunque positiva, cioè di tipo legante, e favorisce la reazione ''permessa in simmetria'' (fig. 6); al contrario una cicloaddizione [2+2] è ''proibita in simmetria'' perché l'interazione HOMO-LUMO è legante in un sito di ciclizzazione e antilegante all'altro, e quindi non favorisce la reazione concertata (fig. 6). Con questo approccio si possono razionalizzare molti casi di reazioni pericicliche, spiegando le velocità di cicloaddizione al variare dei sostituenti sia nei dieni che nei dienofili, e gli aspetti regioselettivi delle reazioni pericicliche.
Anche le reazioni fotochimiche organiche possono essere interpretate in modo semplice in base al comportamento degli orbitali di frontiera. L'eccitazione fotochimica può portare alla promozione di un elettrone dall'HOMO al LUMO (fig. 7), e ciò modifica sostanzialmente la reattività della molecola. Una molecola fotoeccitata può per es. reagire facilmente con una molecola non eccitata della stessa specie, dando una specie di dimero (''eccimero'' o ''ecciplesso'') (fig. 7, centro), in quanto le interazioni rilevanti sono ora di i ordine tra HOMO e ''HOMO'' e tra LUMO e ''LUMO'' (le virgolette si riferiscono alla specie fotochimicamente eccitata B), e sono tutte energeticamente favorevoli e intense (primo termine nella [1]).
Alternativamente, una molecola fotoeccitata del tipo B di fig. 7 può reagire con un'altra specie in stato fondamentale; appartengono a questo tipo le reazioni pericicliche fotochimiche, per le quali le regole di Woodward e Hoffmann prevedono un comportamento inverso a quello delle reazioni pericicliche termiche; infatti, come mostra la fig. 8, il passaggio di uno dei due reagenti alla configurazione fotochimicamente eccitata rovescia le modalità di interazione degli orbitali di frontiera, che non sono più di ii ordine (tra orbitali distanti), ma diventano di i ordine mettendo in evidenza le forti interazioni HOMO-''HOMO'' e LUMO-''LUMO'', che ora favoriscono le cicloaddizioni concertate [2+2], e sfavoriscono invece le cicloaddizioni [4+2] (fig. 8). Studi in questo campo hanno permesso un'estesa razionalizzazione di reazioni fotochimiche pericicliche tipo Woodward-Hoffmann, con particolare riguardo agli aspetti regioselettivi delle fotocicloaddizioni, e di reazioni fotochimiche di sostituzione atomatica di tipo sia nucleofilo che elettrofilo e radicalico.
Bibl.: J.A. Pople, in Farady Society Transactions, 49 (1953), p. 1375; R. Pariser, R.G. Parr, in Journal of Chemical Physics, 21 (1953), pp. 466 e 767; R.L. Flurry, Molecular orbital theories of bonding in organic molecules, New York 1968; L.P. Hammett, Physical organic chemistry, ivi 1970; K. Fukui, in Accounts of chemical research, 4 (1971), p. 57; R.E. Lehr, A.P. Marchand, Orbital symmetry, Londra 1972; W.T. Borden, Modern molecular orbital theory for organic chemists, Englewood Cliffs (N.J.) 1975; I. Fleming, Frontier orbitals and organic chemical reactions, New York 1977; M.J.S. Dewar, R.C. Dougherty, The PMO theory of organic chemistry, ivi 1979; P. Botschwina, in Ion and cluster ion spectroscopy and structure, a cura di J.P. Maier, Amsterdam 1989.