SCALETTA, Orazio
SCALETTA, Orazio. – Nacque presumibilmente a Crema o a Bergamo nel sesto decennio del Cinquecento.
Documentato in centri musicali della Repubblica veneta e del Ducato di Milano tra il 1583 e il 1622, le notizie su di lui derivano in primis dalle dedicatorie e dai frontespizi della dozzina di libri musicali pervenuti (spesso dotati di titoli ‘parlanti’): in essi, dal 1585 al 1595, il compositore si qualifica «Oratio Scaletta da Crema». Donato Calvi nel 1664 lo incluse tra gli «scrittori bergamaschi»: e in effetti nel Timpano celeste del 1611 Scaletta allude a Bergamo sua «carissima patria». Dal nome imposto al figlio avuto dalla moglie Lucia, in Crema, il 19 novembre 1583 (atto di battesimo 21 novembre; Arpini, 1996, p. 78), Guido Natale, si può ipotizzare che il genitore di Orazio fosse Natale Scaletta, di una famiglia in vista a Crema negli anni Quaranta (pp. 89-93), «governatore in più luoghi, in Candia, in Famagosta, in Bergamo ed in Brescia» (Fino, 1844-1845).
La formazione del musicista dovette avvenire a Bergamo, alla scuola dei chierici (l’‘Accademia’) istituita dalla Congregazione della Misericordia Maggiore nel 1566 presso S. Maria Maggiore. Lì fu anche allievo di ‘arpicordo’ del cremonese Giovan Battista Morsolino (Baroncini, 2014, p. 33, n. 33). Nel Primo libro de’ madrigali (Venezia, eredi Scotto, 1585), condotti su rime madrigalesche perlopiù adesposte, Scaletta si dichiara maestro di cappella della chiesa della Passione in Milano, retta dai canonici lateranensi. Le dediche di singoli madrigali nel libro – come pure la presenza di un brano di Paolo Caracciolo, musicista siciliano intrinseco del magistrato ispano-milanese Antonio Londoño – rivelano i legami che Scaletta doveva aver intessuto con l’ambiente musicale cittadino (sono citati Orazio Nantermi e Orazio Vecchi, forse un lapsus dell’editore veneziano per il milanese Orfeo Vecchi) e con figure di spicco della vita musicale milanese, in primis il dedicatario del libro, Ottaviano Scotto, e suo fratello, il giurista Bernardino. A quest’ultimo è dedicata l’opera seguente di Scaletta, Amorosi pensieri: il secondo libro de madrigaletti a cinque voci [...] con una canzone francese a quattro (Venezia, eredi Scotto, 1590), che di nuovo ospita un madrigale di Caracciolo e un altro di Agostino Corona, musicista trevigiano in contatto con i canonici lateranensi. Nella raccolta, che reca la data 30 aprile 1590, Scaletta si qualifica maestro di cappella nel duomo di Lodi: ma tale impegno doveva essere prossimo a risoluzione, se il 25 ottobre sottoscrisse da Venezia la lettera dedicatoria del suo libro I di Vilanelle alla romana a tre voci (Venezia, Amadino), da cui si evince ch’egli soggiornava in laguna da un certo tempo. Il musicista dichiara l’influenza di Giovanni Gabrieli, dal quale era forse stato introdotto nei ridotti dei committenti cittadini: un’occasione concretata nell’offerta di questo libro al potente mercante fiammingo Guglielmo Helman (Baroncini, 2012, pp. 135 s.). A questo libro di canzonette a tre voci, che godette di vasta fortuna (cinque brani furono accolti in una collettanea di Canzonette per cantar et sonar di liuto, Venezia, Vincenti, 1591), ne dovettero seguire altri due, perduti, citati in cataloghi librari del 1596 e del 1605 (Mischiati, 1984); due canzonette attribuite a Scaletta, altrimenti ignote, figurano nel libro II dell’intavolatura di liuto del bergamasco Giovanni Antonio Terzi (Venezia, Vincenti, 1599).
Anche il Diletto musicale: primo libro de madrigali a quatro voci (Venezia, Amadino, 1593), dove l’autore figura privo di qualifica, andrà ascritto al periodo veneziano. La raccolta, dedicata il 1° febbraio al conte Girolamo Porto, poi principe dell’Accademia Olimpica, deve riferirsi a un periodo di attività in Vicenza, da collocare all’epoca del podestà Girolamo Priuli, 1590-91, al quale accennano poi le stampe del 1595 e del 1611 a lui dedicate. Altri madrigali nel libro sono dedicati a Pirro Visconti Borromeo e a Marfisa d’Este; e di nuovo compare con due madrigali il già citato Corona.
La pubblicazione degli Effetti d’Amore, libro I delle ‘canzonette a quattro voci’ (Venezia, Amadino, 1595), attesta un nuovo trasferimento: datata 1° giugno, la dedica di questi madrigaletti (parecchi su rime di Angelo Grillo) è rivolta appunto a Priuli, divenuto nel frattempo podestà di Bergamo, che Scaletta ringrazia «degl’infiniti favori fattimi mentre [...] reggeva [...] Vicenza, e che ora si compiace [...] andarmi facendo in questo suo felicissimo reggimento di Bergamo, ove al presente io abito». Scaletta potrebbe aver prolungato tale dimora fino al 1598, quando concorse per il magistero in S. Maria Maggiore. L’esito fu però negativo, visto che il 25 giugno venne eletto Giovanni Cavaccio (Padoan, 1983, pp. 57 s.).
Risalgono a quest’epoca le prime edizioni note di una succinta opera teorica (14 carte), la Scala di musica molto necessaria per principianti, destinata a una fortuna straordinariamente duratura: la prima edizione sarebbe anteriore al 1597, data della prima ristampa nota, pubblicata a Como da Frova e già «ampliata di novo»; viene spesso menzionata una princeps veneziana del 1585, ma la notizia è del tutto incerta. Il trattatello, che introduce ai rudimenti della solmisazione, della notazione mensurale e del canto, fu riedito almeno 37 volte fino al 1698; nel 1652 Michelangelo Grancini, maestro di cappella in duomo a Milano, ne curò un aggiornamento. Nel 1622 Scaletta a Milano diede fuori un compendio di sole 8 carte, il Primo scalino della Scala di contrapunto destinato ai principianti, dedicandolo a Galeazzo Maria Visconti.
Svanite le prospettive nella basilica bergamasca, il compositore tornò a Crema probabilmente già dal 1598-99, approfittando della prassi allora vigente in cattedrale di arruolare due maestri di cappella che si alternavano di mese in mese. La presenza di Scaletta in città è confermata da due atti parrocchiali risalenti al 6 luglio 1602 e al 4 giugno 1603, che registrano l’uno il battesimo della figlia Angela Caterina avuta dalla moglie Susanna de Maffeis, padrino il conte Uberto Visconti, e l’altro il decesso della piccina (4 giugno; Arpini, 1996, pp. 85 s.). Scaletta dovette cessare la propria collaborazione in duomo prima della fine del 1607, giacché dal dicembre di quell’anno risulta in carica il solo collega Giovanni Battista Caletti, detto il Bruno (p. 84).
In questo lasso di tempo videro la luce diversi lavori importanti. Negli Affettuosi affetti: madrigali a sei voci (Venezia 1604) la dedica a Tolomeo Gallio, conte delle Tre Pievi (Gravedona, Sorico e Dongo), è curiosamente datata «dalla Scaletta, 1° aprile 1604» (un’allusione alla dimora paterna in Crema? cfr. Arpini, 1996, p. 86). La raccolta illustra da un lato la collaborazione con il collega cremasco Giovan Battista Leonetti, di cui compaiono tre madrigali, e dall’altro la pluralità di occasioni in cui il musicista veniva coinvolto: vi figurano infatti, accanto a madrigali concettosi su rime di Cesare Rinaldi e Giovan Battista Marino, un brano epitalamico per le nozze di Galeazzo Maria Visconti, un «Capriccio per cantar il carnevale in ridutti di dame», e La Gallia, canzone per sonare dedicata a Onorio Gallio.
Due pubblicazioni del 1605 testimoniano ulteriori connessioni milanesi. I sacri concerti della Cetra spirituale, acordata a due, tre e quattro voci, per concertar nel organo [...] accomodata con la sua partitura, stampata a Milano nel 1605 e completata dalla Partitura (1606), rivelano svariati aspetti originali: è la prima opera in stile moderno apparsa a Milano, e tra le primissime ad adottare la prassi di una «partitura» staccata; è dedicata al celebre cantore basso Francesco Lucino, con altre dediche di singoli brani a cantanti milanesi; contiene due mottetti del milanese Giovan Paolo Cima; è corredata di istruzioni pratiche ed espressive per gli esecutori. Nello stesso anno, un madrigale di Scaletta venne incluso nella partitura Della nova metamorfosi de diversi autori (Milano 1605; facsimile Stuttgart 1996), il secondo di tre libri di madrigali parafrasati in latino dal monaco basiliano Geronimo Cavaglieri, milanese: il brano di Scaletta fu contraffatto con versi dal Cantico dei cantici (Surge, propera, amica mea). Sempre a Milano apparve nel 1607 la Cetra temporale: madrigali a due voci et canzonette a tre, per cantare nel chiterone, leuto et clavicimbolo, che Scaletta dedicò al bergamasco Pietro Moratello (un brano è dedicato a un Giovanni Antonio Malaguzzi valtellinese o forse bresciano).
Dal 15 giugno 1608 al 12 giugno 1611 Scaletta fu maestro di cappella nel duomo di Salò: con questa qualifica pubblicò Sacra armonia a quattro-otto voci con basso continuo (Venezia 1610), con dediche e omaggi a regolari somaschi e vallombrosani dell’Accademia salodiana di san Benedetto, e il Timpano celeste a una-quattro voci, con il basso continuo per uno o due chitarroni (Venezia 1611), di nuovo dedicato a Priuli. Quest’ultima edizione, unitamente a una perduta Messa breve da morti a quattro voci apparsa a Venezia e documentata in cataloghi librari tedeschi e italiani dal 1613 in poi, servì forse da trampolino per il ritorno a Bergamo: Scaletta fu a capo della nutrita cappella di S. Maria Maggiore dal 1615 al 1620, quando venne di nuovo sostituito da Cavaccio. Furono anni cruciali e difficili per una compagine improntata a modelli ormai antichi, poco adatti al nuovo stile concertato a poche voci; del resto, il non più giovane Scaletta stentò pure a garantire la disciplina – era già avvenuto così a Salò – e dovette assistere, forse non senza responsabilità, al tracollo dell’organico consumatosi nel 1617-18, quando il coro venne molto ridotto, assumendo peraltro una dimensione e una fisionomia consona ai sopravvenuti mutamenti stilistici nel genere ecclesiastico corrente. Del resto, già da molti anni le opere di Scaletta riflettevano l’evoluzione in atto: lo conferma l’ultima pubblicazione nota, Messa et il Vespro della Beatissima Vergine [...] a tre voci: Per concertar nell’Organo, con alcuni Motetti nel fine, a una e tre voci (Milano 1615). La dedica, da Bergamo il 12 aprile, è rivolta ad Amante Bonvicino, priore di S. Alessandro in Brescia: indizio, forse, di altri impegni, o segno di un nuovo progetto dell’autore, che sul frontespizio compare senza qualifiche.
Decisamente oscuri gli ultimi anni del compositore, segnati solo da una discreta fortuna dei suoi mottetti in antologie germaniche tra il 1616 e il 1628. Soccorre, unica, la testimonianza di Calvi che lo dice morto nel contagio della peste a Padova nel 1630, quand’era «maestro di capella in S. Antonio».
Il breve profilo che gli dedicò Calvi nel 1664 allude a due episodi non altrimenti documentati nella vita di Scaletta: a Mantova, presso i Gonzaga, gli sarebbe stata dedicata una medaglia d’oro con la sua effigie; in Francia, Luigi XIII lo avrebbe gratificato di una catena d’oro e di uno stemma gentilizio recante tre gigli.
Fonti e Bibl.: D. Calvi, Scena letteraria de gli scrittori bergamaschi, I, Bergamo 1664, pp. 330 s.; A. Fino, Storia di Crema raccolta dagli Annali di M. Pietro Terni, a cura di G. Solera, Crema 1844-1845, f. 7, pp. 215 s.; C. Sartori, Giulio Cesare Monteverde a Salò: nuovi documenti inediti, in Nuova rivista musicale italiana, I (1967), pp. 688 s.; R. Schaal, Die Kataloge des Augsburger Musikalien-Händlers Kaspar Flurschütz, 1613-1628, Wilhelmshaven 1974, ad ind.; J. Kurtzman, An early 17th-century manuscript of canzonette e madrigaletti spirituali, in Studi musicali, VIII (1979), pp. 149-171; M. Padoan, La musica in S. Maria Maggiore a Bergamo nel periodo di Giovanni Cavaccio, 1598-1626, Como 1983, pp. 57 s.; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, ad ind.; F. Arpini, “Scientia musicae” e musicisti a Crema fra ’500 e ’600, Crema 1996, pp. 73-94; E. Simi Bonini, Il primo libro delle villanelle alla romana di O.S., in Villanella, napolitana, canzonetta: relazioni tra Gasparo Fiorino, compositori calabresi e scuole italiane del Cinquecento, Atti del Convegno internazionale di studi... Arcavata di Rende-Rossano... 1994, a cura di M.P. Borsetta - A. Pugliese, Vibo Valentia 1999, pp. 183-207; R. Kendrick, The sounds of Milan (1585-1650), Oxford 2002, pp. 56, 80, 91, 108, 187, 234 s., 487; A. Bornstein, Two-part Italian didactic music: printed collections of the renaissance and baroque (1521-1744), I, Bologna 2004, pp. 174-178; M. Toffetti, «Lucino è un lampo, e la sua voce è un tuono»: Francesco Lucino cantore a Milano nel primo Seicento, in Rivista italiana di musicologia, 2004, vol. 1, n. 39, pp. 20-25; R. Baroncini, Giovanni Gabrieli, Palermo 2012, pp. 135 s.; Id., Giovanni Gabrieli e la committenza privata veneziana: i ridotti Helman e Oth, in Spazi veneziani. Topografie culturali di una città, a cura di S. Meine, Roma-Venezia 2014, pp. 32-34.