RICASOLI RUCELLAI, Orazio
– Nacque a Firenze il 23 aprile 1604 da Giovan Battista di Giuliano (morto nel 1620) e da Virginia di Orazio Rucellai e di Dianora della Casa (sorella di Giovanni).
Ereditò entrambi i cognomi, giacché per entrare in possesso del patrimonio paterno, sua madre aveva dovuto sottoscrivere una clausola in tal senso. Entrambe erano famiglie della prima nobiltà fiorentina: di origine baronale la prima, che aveva dato i natali a molti uomini d’armi, del popolo grasso la seconda, entrambe legate alla casa Medici fin dalla Repubblica.
Fu probabilmente educato in casa da precettori privati, ed è documentato da diversi ricordi autobiografici che ebbe modo di ascoltare direttamente Galileo quando questi era agli arresti domiciliari ad Arcetri. Nel 1614 ricevette le divise equestri dell’ordine di S. Stefano (gran contestabile nel 1856), nello stesso momento in cui, come tutti i membri della sua famiglia, entrava come paggio alla corte di Cosimo II. Nel 1620 ricevette il titolo di priore di Firenze. Ferdinando I, nel 1627, lo nominò suo gentiluomo di camera. Ferdinando II gli riconobbe anche incarichi diplomatici: nel 1635 lo inviò a Vienna per congratularsi dell’elezione di Ferdinando IV al trono imperiale e quindi a Varsavia da Ladislao IV, per condolersi della morte del cardinale Giovanni Alberto di lui fratello e per trattare del matrimonio della principessa Anna de’ Medici con il principe reale. Al ritorno, gli affidarono la direzione degli studi del principe Francesco. Nel 1657 divenne soprintendente della Biblioteca Laurenziana.
In qualità di letterato cortigiano, Rucellai si trovò a interpretare un ruolo sfaccettato, nello spazio all’intersezione tra gli interessi eruditi della famiglia dei principi, la vita culturale della corte, l’attività delle diverse accademie erudite cittadine sulle quali i Medici esercitavano il loro patrocinio, non senza dirette interferenze. Membro dell’Accademia Fiorentina, ne fu console nel 1653; fu inoltre membro dell’Accademia della Crusca, col nome di Imperfetto e con il motto «Per ammenda»: arciconsolo dal 1650 al 1651, consigliere nel 1652-53 e nel 1660-61, castaldo nel 1659-60. Facente funzione di secondo reggente della «generale adunanza» nel 1650, in assenza di Alemanno Rinuccini. Membro della deputazione per il Vocabolario dal 1650, per la cui terza impressione (1691) spogliò le opere di Della Casa e le Istorie di Machiavelli. In occasione del primo arciconsolato, lanciò l’iniziativa di tradurre nella lingua toscana i classici latini e greci. Probabilmente ignaro del greco, tradusse allora di sua mano l’orazione ad Quintum fratrem di Cicerone (Moreni, 1822, p. 97).
La gran parte della sua produzione, edita tutta postuma, è legata alla sua attività accademica. Nel 1651, in occasione della prima adunanza in onore di S. Zanobi protettore dell’Accademia a Palazzo Strozzi, risulta che ne recitò una orazione panegirica (rimasta manoscritta). Nel luglio 1652 Lukas Holste lo vuole intrattenervisi con Niccolò Hensius e con l’erudito tedesco Lukas Langermann (Palermo, 1872, p. 20). Sono editi, invece, due suoi discorsi accademici: il primo nell’occasione di consegnare (1651) l’arciconsolato in mano di Desiderio Montemagni, il Timido (F. Fiacchi, Collezione d'opuscoli scientifici e letterari ed estratti d'opere interessanti, XXI, Firenze 1817, pp. 59 ss.) e l’altro, dai toni mordaci, in risposta alle accuse rituali mossegli da un suo successore (Ferdinando del Masto), al momento di lasciare la carica (1652, in Moreni, 1822, pp. 15-30), oltre a una Cicalata sulla lingua ionadattica (1662; in Prose fiorentine, I, 3, 1723, pp. 132 ss.), ossia un gergo invalso a Firenze nella prima metà del Seicento. Fu pronunciato pure in Accademia, in occasione della visita del cardinal Giovanni Delfino il 16 ottobre 1667, un suo Discorso del freddo positivo (ibid., pp. 60-96), interessante testimonianza della eco suscitata nei circoli letterari toscani delle discussioni tenute entro l’Accademia del Cimento sulla natura del freddo e sulle ipotesi avanzate in quella sede per spiegare la meccanica della dilatazione in presenza di raffreddamento.
Esposti i pareri degli atomisti (da Democrito a Gassendi) i quali consideravano esistenti, accanto agli atomi calorifici, quelli frigorifici, Ricasoli si pronunciò a favore della concezione platonica, ripresa da Galileo, secondo cui il freddo (inteso come corpo e non come qualità) sia una pura privazione di calore. Adduceva come ragioni probanti gli esperimenti osservati nell’Accademia del Cimento e offriva una soluzione dei meccanismi dell’agghiacciamento (in tutto simile a qiella proposta da Giovanni Alfonso Borelli al Cimento) che rappresentava «una sintesi tra il Platone geometrizzante del Timeo e gli atomi e il vuoto di Democrito-Gassendi, celebrata sotto i solenni e dichiarati auspici di certe pagine galileiane» (Galluzzi, 1981, p. 839). A dimostrazione della collegialità della discussione, ci sono rimaste le difese di Carlo Dati e Lorenzo Magalotti dell’esistenza degli «atomi frigorifici» (ibid., p. 840 nota), nonché una Accusa all’orazione dell’Imperfetto pronunciata in accademia dal cruscante Vincenzio Capponi (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 2117, cc. 87r-89v, cfr. Caroti, 1993, p. 38).
Del Cimento Ricasoli non fu mai membro. Egli diede però il suo contributo all’impresa, allorché fu incaricato insieme con suo figlio Luigi da Ottavio Falconieri per conto di Lorenzo Magalotti, segretario dell’Accademia, di terminare il Proemio dei Saggi di Naturali esperienze per conto di questi (Mirto, 2009, p. 144). Nondimeno, la contiguità dei temi trattati nell’Accademia della Crusca con quelli del Cimento, così come la presenza tra gli ospiti abituali di Ricasoli di Vincenzo Viviani, Lorenzo Magalotti e Carlo Dati, tutti assidui accademici del Cimento, ha suscitato l’impressione che «le "veglie" di quegli anni a Palazzo Rucellai, dove, fuori dalla portata di orecchie indiscrete, si tenevano libere discussioni filosofiche sugli effetti sperimentati nell’Accademia… siano divenuti una seconda Accademia, un luogo dove era possibile trattare delle grandi questioni – l’ordine, il caos, la necessità, gli atomi, il vuoto, la luce etc. – banditi dalla mortificante disciplina imposta da Leopoldo al Cimento» (Galluzzi, 1981, p. 841).
Più di recente, l’analisi comparativa delle opere di carattere filosofico e scientifico composte da Rucellai, Dati, Magalotti e il cruscante Vincenzio Capponi negli anni Sessanta del Seicento ha permesso di ipotizzare «la presenza, all’interno della cultura fiorentina, di un progetto generale di rinnovamento dei quadri generali del pensiero nel segno di Galileo e in funzione di sostegno, su un piano diverso da quello della ricerca scientifica e sperimentale, all’impresa dell’Accademia del Cimento» (Caroti, 1995, pp. 15 s.). Rispondendo, pare, a uno speciale mandato da parte dell’Accademia della Crusca (affinché i membri si adoperassero per pubblicare le loro opere, onde incrementare il numero dei testi in lingua italiana su argomenti di carattere filosofico e scientifico), sarebbe stato proprio Ricasoli a inaugurare questa tradizione letteraria con la composizione dei suoi Dialoghi filosofici.
La cronologia della composizione dei Dialoghi non è chiara. Nel maggio 1665 egli ne inviava alcuni al granduca di Toscana Ferdinando II, su sua espressa richiesta, accompagnandoli con una lettera nella quale si dava conto del progetto nel suo complesso e del suo stato di realizzazione, ancora ben lungi dall’essere completo e parzialmente diverso da quello pervenutoci (cfr. Palermo, 1868, pp. IV s.; Alfani, 1872, p. 122). I Dialoghi ci sono tramandati in quattro esemplari (Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Pal., 1085 e II.III.261-269; due presso la biblioteca privata dei baroni Ricasoli Firidolfi). Sono divisi in tre parti, o Villeggiature. La prima, denominata Tuscolana, è composta di sedici dialoghi dedicati ai principi naturali secondo i pensatori presocratici, alla filosofia di Epicuro con particolare riguardo al tema della Provvidenza, alla filosofia di Platone con riguardo alla dottrina dell’Anima del mondo (parzialmente edita in Palermo, 1868, pp. 247-675 e in Turrini, 1868). Quattro tra questi, i più lunghi (nn. 9-12) trattano il tema della luce, presentata come sostanza corpuscolare e come principio di tutte le cose. Questa tesi è presentata come un’opinione considerata probabile da Galileo e sentita professare da lui stesso ad Arcetri. Il binomio Galileo-Platone (esibito qui per rimarcare la distanza di Galileo da Aristotele) si estende a Descartes (le cui opere erano tutte ben note all’autore), il cui etere è assimilato al fuoco di Platone e alla luce, al fine di favorire una concezione atomistica della natura (Caroti, 1995, p. 235). La seconda parte, la villeggiatura Albana ha per soggetto l’anima e l’anatomia; la Tiburtina infine tratta di temi morali.
Obiettivo dei Dialoghi (e dei successivi analoghi scritti del quadrumvirato fiorentino dei cruscanti) era quello di proporre a un pubblico non specialista un sistema filosofico alternativo, se non ostile, ad Aristotele, fondato sul presupposto della distinzione tra scienza e fede e della limitatezza della conoscenza umana, ed esplicitamente radicato nell’eredità galileiana. I Dialoghi, come anche, ad es., i successivi Trattati accademici di Capponi che hanno molto in comune con questi, non videro mai la luce della stampa vivente l’autore, forse a causa del clima sfavorevole alla libertas philosophandi causato nel Granducato dalla condanna a Pisa dell’insegnamento "a la galileista" negli anni Settanta. Essi vennero pubblicati in maniera frammentaria, e tuttora solo parziale, nel corso dell’Ottocento.
Ricasoli fu anche autore di versi: rime filosofiche e morali; versi di ispirazione religiosa e d’amore; sonetti in lode di principi; poesie contro la corte; canzoni immorali ispirate a concetti platonici armonizzati con il cristianesimo; poesie lubriche (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VII.363-364). Fu grandemente stimato come letterato petrarchista da Francesco Rombai, Francesco Redi, Sforza Pallavicino, Giovanni Mario Crescimbeni. Il suo carteggio documenta rapporti con Giacomo Altoviti, Ottavio Falconieri, Giovanni Delfino, Vincenzo Viviani, Michelangelo Ricci e altri.
Nel 1670, Cosimo III, pur confermandolo nell’incarico di maestro di camera, lo allontanò però progressivamente dalla corte.
Morì a Firenze il 16 febbraio 1674 e fu sepolto nella tomba di famiglia in S. Maria Novella.
Nel 1632 saveva sposato Maria Felice Altoviti, figlia del senatore Luigi, dalla quale ebbe più figli. Il primo, Luigi, gli succedette alla Crusca.
L’Accademia della Crusca ne celebrò l’attività in ritardo. Il marchese Carlo Rinuccini ne recitò un elogio (oggi perduto) in una seduta solenne dell’Accademia della Crusca a Palazzo Strozzi nel 1699. Ne fu appeso il ritratto tra gli uomini illustri dell’Accademia. Nel 1711 fu coniata una medagli di bronzo con la sua effigie.
Opere. Descrizione della presa d'Argo e de gli amori di Linceo con Hipermestra; Festa teatrale rappresentata dal signor principe cardinal Gio. Carlo di Toscana generaliss. del mare... per celebrare il natale del sereniss. principe di Spagna, Firenze 1658; T. Bonaventuri, Prose e Rime inedite d'Orazio Rucellai, Firenze 1822; Saggio dei dialoghi filosofici d'Orazio Rucellai. Testo di lingua inedito, a cura di D. Moreni, Firenze 1823; Saggio di lettere d'Orazio Rucellai e di testimonianze autorevoli in lode dell'accademia della Crusca, Firenze 1826; Degli officii per la società umana: dialogo filosofico inedito d'Orazio Ricasoli-Rucellai, pubblicato per le fauste nozze del nobil giovine signore Enea Arrighi colla nobil donzella signora Caterina Medwin, Firenze 1848; Della morale: dialogo filosofico inedito d'Orazio Ricasoli-Rucellai, pubblicato per le faustissime nozze della nobile donzella signora Livia Ricasoli col nobile giovane signor Pietro Leopoldo Buoninsegni, Firenze 1849; Della providenza: dialoghi filosofici; con aggiunta d'una lettera sulla Polonia d'Orazio Ricasoli Rucellai, pubblicati per cura di Giuseppe Turrini, Firenze 1868; I manoscritti palatini di Firenze, ordinati ed esposti da Francesco Palermo, III, Firenze 1868; Cicalata in lode dell'uccello, s.l. e d.; Proemio alla Villeggiatura tiburtina che è la terza parte de' Dialoghi filosofici del priore Orazio Ricasoli Rucellai, s.l. e d.
Fonti e Bibl.: L’ingente materiale manoscritto depositato presso la Biblioteca nazionale di Firenze, frutto di diversi acquisizioni successive, è dettagliatamente descritto in Truci - Lazi, 1995. Le stesse autrici danno conto in quella sede delle minute delle opere di R. tuttora presenti presso l’Archivio privato della famiglia Ricasoli Firidolfi di Firenze. All’indirizzo http://opac.bncf.firenze.sbn.it è possibile visualizzare tutte le opere di R. manoscritte e a stampa possedute dalla Biblioteca nazionale di Firenze (ivi comprese le lettere che lo riguardano nei manoscritti galileiani). Altrettanto può farsi presso la Biblioteca digitale del Museo Galileo di Firenze: http://colombo.imss.f.it. Una sua scheda biografica in quanto cruscante inhttp://www.accademicidellacrusca.org.
L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, Firenze 1861, pp. 84-92; A. Alfani, Della vita e degli scritti di O. R.R., Firenze 1872; F. Palermo, O. R.R. e i suoi dialoghi filosofici: considerazioni, Prato 1872; P. Galluzzi, L'Accademia del Cimento: gusti del principe, filosofia e ideologia dell'esperimento, in Quaderni storici, XVI (1981), n. 48, f. 3, pp. 788-844; A. Favaro, Una conversazione con Galileo circa l'utilità della geometria, in Id., Scampoli galileiani, a cura di L. Rossetti - M. L. Soppelsa, II, Trieste 1992, pp. 621-636; S. Caroti, Nel segno di Galileo: erudizione, filosofia e scienza a Firenze nel secolo XVII: i Trattati accademici di Vincenzio Capponi, Firenze 1993, passim; Le carte di O. R.R. acquistate dalla Biblioteca nazionale di Firenze, a cura di G. Lazzi - I. Truci, in Nuncius, X (1995), pp. 293-305; S. Caroti, O. R.R.: un galilèen platonicen, in Géométrie, atomisme et vide dans l'école de Galilée, a cura di E. Festa - V. Jullien – M. Torrini, Fontenay-Saint Cloud 1999, pp. 229-250; A. Mirto, Genesis of the Saggi and its publishing success in the seventeenth through nineteenth centuries, in The Accademia del Cimento and its European context, a cura di M. Beretta - A. Clericuzio - L. M. Principe, Sagamore Beach 2009, pp. 135-149; Alessandro Segni e gli accademici della Crusca : carteggio (1659-1696), a cura di Alfonso Mirto, Firenze 2016, ad indicem.