PERUCCI, Orazio
– Figlio di Francesco, nacque nel 1549 a Reggio Emilia e fu battezzato il 23 ottobre nel battistero della cattedrale (Cadoppi - Monducci, 2010, p. 236 doc. I). È ricordato da Girolamo Tiraboschi (1786) per la duplice attività di pittore e di architetto. Tuttavia, dell’attività in campo architettonico-scenografico, esercitata in qualità di «Scrittore insieme e professore», già in quel tempo era scomparsa ogni testimonianza e il suo ricordo era affidato alle sole incisioni incluse nell’opera Porte d’architettura rustica data alle stampe nel 1634 dal figlio Francesco Perucci, protonotario apostolico scomparso tragicamente nel 1646. Per quanto riguarda la produzione pittorica lo storiografo poteva farsi un’idea solo grazie al dipinto con la Madonna con s. Giuseppe e i ss. Alberto e Antonio abate conservato nella chiesa di S. Giovanni Evangelista di Reggio Emilia, essendo andate per lo più distrutte le chiese per le quali l’artista aveva lavorato. Le successive vicende hanno portato alla dispersione anche di quest’ultima testimonianza.
Solo negli ultimi decenni la critica ha ridisegnato il profilo artistico di Orazio Perucci grazie al ritrovamento nell’archivio parrocchiale di Felina di un documento che registra il pagamento in suo favore della pala con la Madonna del Rosario, dipinto tuttora in quella chiesa. Confronti stilistici hanno portato quindi alla formazione di un gruppo di opere sufficientemente unitario che ha fatto emergere il ruolo di protagonista di Orazio Perucci nel campo decorativo a Reggio Emilia dopo la stagione di Giovanni Giarola e di Lelio Orsi, quale si ricava dalle fonti e dalle guide cittadine (Monducci - Pirondini, 1985). La tradizione di cui si fece portavoce Tiraboschi riferiva infatti a Orazio Perucci l’esecuzione di affreschi sulle facciate di casa Casali e di casa Lanzi e interventi decorativi all’interno di numerose abitazioni reggiane.
Alcuni significativi documenti illuminano circa la sua attività: nel 1581 l’artista ricevette l’incarico di eseguire una pala d’altare con Cristo nel Paradiso, seduto tra angeli, con i ss. Francesco e Agata per la cappella di Giovan Francesco Rubini nella chiesa reggiana di S. Francesco, mentre l’anno successivo decorò ad affresco la cappella di Gasparo Scaruffi, per la cui pala con l’Incoronazione della Vergine e s. Francesco il noto mercante-banchiere si era rivolto nel 1580 a Lelio Orsi. La presenza dei due artisti nel medesimo cantiere verrebbe a confermare l’ipotesi della formazione del giovane nella bottega dell’affermato disegnatore pittore e architetto di Novellara, riportata da Luigi Lanzi (1795-1796, 1823, IV, p. 49).
Perucci godette della stima e della protezione dell’influente Gasparo Scaruffi che gli affidò nel 1584 la decorazione ad affresco delle nicchie nell’atrio della propria abitazione in vista dell’imminente collocazione delle celebri statue di Ercole e di Marco Emilio Lepido eseguite da Prospero Sogari, detto il Clemente, in un progetto quasi trentennale, ora poste sulla facciata del palazzo ducale di Modena. La decisione di rivolgersi a Perucci era certamente frutto di una ponderata riflessione, se si considerano l’elevata stima economica, la storia appassionante e inoltre la funzione simbolica e il significato civico riconosciuti pubblicamente a quelle grandi statue in marmo.
Nel 1586 la presenza dell’artista a Reggio è documentata dall’atto di matrimonio con Cecilia Andreoli appartenente a una benestante famiglia che assicurò la dote di 300 ducatoni d’oro versati dal fratello. Altri documenti confermano il largo credito conquistato. Il 28 agosto 1591 si impegnò con il salinaro ducale Giorgio Alpi a portare a conclusione, con l’aiuto di un garzone, gli affreschi di soggetto storico del palazzo di Rivalta. Il risultato incontrò il gradimento del committente, dal momento che questi il 26 ottobre del medesimo anno incaricò il «Magnifico signor Horatio, già di messer Francesco de Peruzi citadino e pitor reggiano» di decorare quattordici ambienti del medesimo palazzo tra camere, logge e camerini (Archivio di Stato di Reggio Emilia, Notarile, Atti dei notai di Reggio Emilia e provincia, Michele Corradini, busta 1098, 26 ottobre 1521, trascritto da Cadoppi - Monducci, 2010, p. 237 doc. XI). Nell’ambito della controversia tra i canonici della basilica di S. Prospero e la vedova di Bernardino Campi, nel 1594 stimò, insieme a Gabriele Lippi, gli affreschi eseguiti dal pittore cremonese nel coro della basilica di S. Prospero, la cui decorazione era stata avviata pochi anni prima da Camillo Procaccini con il Giudizio Universale nel catino absidale e con il Compianto su Cristo deposto al centro dell’abside.
Ricordato nel 1598 come proprietario di un podere a Villa Mancasale, negli anni 1606-07 Perucci ricevette incarichi dal letterato e poeta Rodolfo Arlotti e dalla Confraternita del Rosario della chiesa parrocchiale di Felina. Rodolfo Arlotti, intermediario in più occasioni tra la nobiltà reggiana e gli artisti, come rivelano i contatti con Palma il Giovane per il Compianto su Cristo morto della cattedrale di Reggio voluto dalla contessa Camilla Ruggeri Brami, affidò al pittore la decorazione di una sala della propria abitazione con «Donne famose antiche, hebraiche, greche, romane, e barbare» (Monducci - Pirondini, 1985, pp. 154-163, 228-233; Cadoppi - Monducci, 2010, pp. 236 s.).
La citata pala di Felina, come prevedeva l’impostazione convenzionale ha al centro le figure della Madonna e del Bambino sulle nubi nell’atto di consegnare le corone del rosario a S. Domenico e a S. Caterina da Siena e attorno, disposti a cornice, i quindici misteri del rosario con l’iscrizione che dichiara l’appartenenza dell’opera alla Confraternita del Santissimo Rosario. Le invenzioni, tutte ispirate a criteri di equilibrio e di nobiltà, rivelano una disposizione del tutto rispettosa della tradizione tardomanieristica nell’adeguamento alla semplicità del linguaggio didascalico proprio della pittura di Controriforma. L’omogeneità stilistica nella rappresentazione, pur nella varietà tematica dei diversi episodi, dispiega le doti di facile narratore: le medesime che caratterizzano l’analoga serie dei Misteri del rosario nella chiesa parrocchiale di Roncocesi, così come le decorazioni di villa Magawli di Reggio Emilia.
Confronti di natura stilistica hanno legittimato l’accorpamento sotto il nome di Orazio Peruzzi di un certo numero di opere che, esenti dall’estrosa bizzarria di Lelio Orsi, riflettono piuttosto gli aspetti stereotipati del riformato linguaggio di Camillo Procaccini, espresso a Reggio Emilia grazie agli affreschi da questi eseguiti tra il 1597 e il 1598, dopo il primo decennio del soggiorno in Lombardia, a completamento della decorazione della basilica di S. Prospero, in uno stile pacificato, lontano dalle intemperanze grottesche del Giudizio Universale.
Altre tele di Perucci sono: S. Pancrazio nella chiesa parrocchiale di Castelnuovo Monti, riferito al primo decennio del Seicento, S. Giacomo pellegrino nella chiesa di S. Croce a Reggio Emilia e S. Matteo nella chiesa di S. Maria della Fossa a Novellara (Monducci - Pirondini, 1985, pp. 155-163); inoltre, verosimilmente, una copia in piccolo formato della celebre Notte del Correggio allora nella basilica di S. Prospero, che fu donata nel 1641 da Francesco Perucci, figlio del pittore, alla medesima basilica ove tuttora si conserva. In realtà l’artista era maggiormente preso dalle richieste dei committenti privati. La critica gli ha modernamente riconosciuto fregi affrescati al piano nobile della Rocca di Novellara con paesaggi e putti, e, nel palazzo Rocca Saporiti detto il 'Casinazzo' a Reggio Emilia fregi con storie di Adamo ed Eva e scene mitologiche (Sarchi, 1999). È stata inoltre prospettata la partecipazione, in anni giovanili, alla decorazione di palazzo Vicedomini, di cui non restano che gli affreschi strappati nel 1958, poco prima della demolizione dell’edificio (Pirondini, 2000). Rientrano inoltre nel suo raggio d’azione le pitture recentemente emerse sotto scialbo nelle lunette di una sala al piano nobile di palazzo Scaruffi a Reggio Emilia, ora sede della Camera di commercio, a quel tempo di proprietà dei fratelli di Gasparo Scaruffi, nei quali sono rappresentati episodi del mito di Amore e Psiche segnati dall’ascendente dei modelli di Nicolò dell’Abate nella Rocca di Scandiano e ispirati dalle soluzioni inventive di Perin del Vaga in Castel Sant’Angelo a Roma. Ancora a Perucci spettano gli affreschi strappati della villa Minghella di Sabbione di Reggio Emilia, ora in collezione privata, con soggetti epici e mitologici intervallati da putti, probabilmente eseguiti – come suggeriscono anche gli argomenti trattati – in occasione del matrimonio celebrato nel 1610 tra Giovanni Minghelli e Chiara Pagani, i cui blasoni sono riuniti nello stemma affiancato da due putti (Mazza, 2010, pp. 124-137).
Nell’aprile 1614 il «magnifico signor Horatio Perucci pittore» ricevette pagamenti dalla Fabbriceria della Ghiara «per il modello dell’altare ch’ha dipinto nella muraglia della chiesa del brazzo destro» e «per fattura di disegni per servizio dell’altare della Santissima Madonna», e, l’anno seguente, per «avere ombrato l’oro delle otto cartelle della cupola»; nel luglio del 1618, infine, risulta quale testimone nell’atto formale di incarico all’architetto Francesco Pacchioni di costruire la cappella, sempre in quel santuario, voluta da Giorgio Gabbi e in quello che impegnò Ludovico Carracci a eseguire la pala con il Martirio di s. Giorgio per l’altare della medesima cappella (Monducci, 1998, pp. 134, 200, 297, 343).
Sono infine da ricordare altre opere, andate disperse, registrate dal canonico Gaetano Rocca, autore nel 1782 della più antica guida artistica della città di Reggio Emilia (Descrizione delle chiese, 2010, p. 67 nota 115): una Madonna di Reggio con i ss. Crisante e Daria nella chiesa di S. Pietro Martire e un’Annunciazione nella chiesa di S. Spirito.
Morì a Reggio Emilia nel 1624 e fu sepolto nella basilica di S. Prospero il 4 settembre (per l’iscrizione lapidaria cfr. Tiraboschi, 1786, p. 298).
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. A.2834: G. Rocca, Descrizione delle chiese di Reggio di Lombardia, 1782, pp. 133, 137, 149, 160, 164.
G. Tiraboschi, Notizie de’ pittori, scultori, incisori, e architetti natii degli Stati del serenissimo Signor Duca di Modena, Modena 1786, p. 298; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo (1795-1796), IV, Milano 1823, p. 49; E. Monducci - M. Pirondini, La pittura del Cinquecento a Reggio Emilia, Milano 1985, pp. 52 s., 154-163 e Regesto; U. Nobili, O. P., in La lezione di un maestro: allievi e collaboratori di Lelio Orsi. La cultura pittorica del manierismo tra Reggio e Novellara (catal.), a cura di U. Nobili - S. Ciroldi, Novellara 1988, pp. 79-83; E. Monducci, Il tempio della Madonna della Ghiara a Reggio Emilia nei documenti d’archivio, Reggio Emilia 1998, pp. 134, 198-200, 254 s., 297, 343; A. Sarchi, I cicli pittorici: un’ipotesi interpretativa del salone cubico e gli inediti del piano terra, in Palazzo Rocca Saporiti: storia, arte, architettura, a cura di G.A. Bertani - F. Vezzali, Reggio Emilia 1999, pp. 21-30; M. Pirondini, La decorazione di Palazzo Vicedomini, in L’honorato et gran palaggio. I Vicedomini a Reggio Emilia: la famiglia, la dimora, gli affreschi, a cura di Id. - E. Monducci, Reggio Emilia 2000, pp. 28-35; A. Cadoppi - E. Monducci, Regesto e documenti, in Palazzo Scaruffi. Storia, arte, restauri, a cura di A. Mazza - E. Monducci - M. Zamboni, Parma 2010, pp. 236 s.; A. Mazza, Gasparo Scaruffi, Prospero Clemente e O. P. Il banchiere e gli artisti, ibid., pp. 111-143; Descrizione delle chiese di Reggio di Lombardia di Gaetano Rocca, a cura di M. Montanari, Reggio Emilia 2010, ad indicem.