MARINALI, Orazio.
– Nacque ad Angarano, nel Vicentino, il 24 febbr. 1643 da Anna e da Francesco, scultore e intagliatore in legno da cui ricevette, con ogni probabilità, i primi rudimenti dell’arte. Nel 1665 sposò a Bassano Lucia Bricito, vedova Lanzarini, e tra il 1666 e il 1667 si trasferì a Vicenza, dove era traslocata anche la bottega familiare. Di questa fecero parte con un ruolo subalterno anche i fratelli minori Francesco e Angelo, che si rese indipendente entro il 1684 (Puppi, 1966-67; Saccardo, 1981 e 1999). Lo spirito fiero e il pessimo carattere del M., testimoniato dal fratello Angelo che tuttavia lo ammirava, è visivamente tradotto dalla cruda ed energica registrazione fisionomica dell’Autoritratto in pietra tenera del Museo civico di Bassano (Guerriero, 2003). L’iscrizione alla fraglia vicentina dei muratori e tagliapietra, che autorizzava il M. a esercitare ufficialmente e regolarmente la professione, risale, secondo i documenti reperiti da Fasolo, al 1674 pur avendo egli versato i contributi nel 1671. Nel 1686 passò a seconde nozze con Narcisa Freschi, vedova Battistella, da cui ebbe sei figli tra cui Francesco Antonio, che divenne scultore (Saccardo, 1981).
Tuttora prive di riscontri oggettivi risultano le affermazioni di Verci secondo cui il M. sarebbe stato mandato dal padre a Venezia dove avrebbe appreso i primi rudimenti del fare arte, mentre il completamento della sua formazione artistica si sarebbe svolto a Roma, entro il 1675. Tali notizie hanno trovato seguito nella letteratura critica che, pur manifestando in taluni casi dubbi sul soggiorno romano, ha pressoché unanimemente indicato in Just Le Court il possibile maestro del M., o comunque lo scultore che ne influenzò lo sviluppo.
Invero le opere del M. rivelano uno stile intimamente legato invece, per tipologie fisionomiche, repertorio iconografico e linguaggio formale, all’opera degli Albanese e di Girolamo in particolare. Presso la bottega di questo celebrato scultore, architetto e pittore vicentino, morto nel 1660, e poi al fianco del figlio Francesco Albanese Scamozzi, il M. avrebbe potuto svolgere l’apprendistato, con l’opportunità di assimilare anche quelle nozioni d’architettura che si sa aver fatto parte del suo bagaglio professionale (Saccardo, 1981). Il periodo in cui fu trasferita la bottega a Vicenza verrebbe così a coincidere con l’avvenuta formazione del M., assumendo inoltre il valore di un passaggio di testimone poiché nei fatti i Marinali sostituirono gli Albanese come referenti privilegiati della committenza.
Perdute le statue realizzate con i fratelli nel 1673 per il salone di palazzo Caldogno a Vicenza e le statue di S. Gaetano e S. Carlo Borromeo, eseguite nel 1678 per la parrocchiale di Bolzano Vicentino (Morello; Tua), rimangono a testimoniare la produzione degli anni Settanta le undici figure marmoree sulla facciata della chiesa veneziana degli Scalzi fornite entro il 1680, unitamente alle statue della Prudenza, della Temperanza e di S. Giorgio che ornano la facciata a nordovest della basilica della Salute (De Vincenti, 2006). Furono eseguite dopo il 1683 le sculture della distrutta chiesa veneziana di S. Maria delle Vergini – il paliotto siglato raffigurante l’Incontro di Cristo con la Veronica (oggi conservato negli Staatliche Museen di Berlino) e le statue dei santi Marco e Pietro (poste sul recinto del seminario patriarcale veneziano) – che Verci datava al 1675 circa. La presenza del M. e dei fratelli sulla scena artistica veneziana è comunque attestata intorno alla metà degli anni Settanta dal preventivo di spesa presentato per le statue che s’intendevano porre sul coronamento della punta della Dogana da mar (Lazzari). Tra 1679 e 1681 il M. e i suoi fratelli parteciparono alla prestigiosa impresa decorativa della basilica di S. Giustina a Padova realizzando un Angelo sull’altare dei Santi Innocenti e il S. Paolo sull’altare del Beato Arnaldo (Sartori). Ancora con i fratelli il M. ricevette nel 1681 la commissione pubblica per l’esecuzione della statua di S. Bassiano per la piazza di Bassano del Grappa, mentre tra 1681 e 1683 fu portata a termine la statua di Rettore veneto, oggi sullo scalone del palazzo municipale della stessa cittadina (Verci; Bressan). A Vicenza, mentre fu attivo per il conte Giancarlo Barbieri (1680-83), scolpì pure tra 1681 e 1682 le statue dei santi Faustino e Giovita per la chiesa di S. Faustino su commissione della Confraternita del Ss. Sacramento, opere migrate con i resti dell’altar maggiore nella parrocchiale di Villaverla. Dal febbraio del 1681 il M. risulta in contatto con i Piovene in relazione all’altare che la nobile famiglia eresse nella chiesa dell’isola veneziana di San Clemente tra 1683 e 1684 (Saccardo, 1981).
La struttura, che comprendeva una monumentale cornice marmorea con quattro Angeli, fornì il modello per l’altare maggiore della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita a Vicenza, la cui vicenda costruttiva si svolse tra 1681 e 1686. Alla decorazione scultorea di questo altare, commissionato dall’avvocato Giovanni Maria Marchesini, concorsero tutti i fratelli, secondo l’iscrizione sul paliotto eseguito su disegno di Antonio Zanchi, che recita: «Marinalivm ictvs animarvnt 1684». In quel periodo fu forse realizzata anche la cornice marmorea con i due grandi Angeli in volo – uno dei quali reca incisa sulla pianta del piede la scritta «M. opus» – dell’altar maggiore della chiesa muranese di S. Maria degli Angeli (Semenzato Paris; Guerriero, 2003).
Da anticipare ai primi anni Ottanta è pure l’intervento dei tre Marinali (Maffei, 1732) nella chiesa veronese di S. Nicolò all’Arena, collegabile alla realizzazione delle colossali statue in pietra tenera degli Apostoli, attribuite al M. dalle fonti (Lanceni).
La cronologia proposta è confortata dall’analisi stilistica delle opere, sintonizzate sulla poetica dei pittori «tenebrosi», ma soprattutto dalla documentata presenza del M. a Verona nel 1682 e, più a lungo, nel 1683, quando fu raggiunto dai fratelli (Saccardo, 1981). Connotata dal medesimo gusto per il macabro è l’eccezionale testa mozzata di Oloferne delle collezioni civiche patavine (De Vincenti, in O. M.…, 2002), dalla resa anatomica degna di un gabinetto scientifico.
Alla metà degli anni Ottanta potrebbe inoltre risalire il Guerriero firmato del Museo di Castelvecchio, un tempo posto nella loggia del palazzo del Capitanio, completo del piedistallo in forma di Atlante (Dalla Rosa); mentre poco più tarde risultano all’analisi le statue dell’Annunciazione di Colognola ai Colli, provenienti dalla chiesa di S. Domenico, firmate «Marinalibv. bass. opvs» e «Oratii et Franc. fratr.vs». Nel giugno del 1684 il M. ricevette un acconto per i due Angeli e la Beata Vergine Assunta dell’oratorio dei Gesuiti a Venezia: opere ora conservate nel duomo di Mestre (Guerriero, 2003). Da una lettera scritta da Francesco Gherardini al duca di Modena risulta che nell’agosto del 1685 il M. si trovava ancora a Verona, impegnato nella realizzazione della statua della «madre del signor duca della Mirandola» (Puppi, 1999, p. 22).
All’epoca nelle collezioni modenesi era già custodita una sua «Andromeda» di cui si è persa traccia, forse di dimensioni contenute come lo erano le due perdute figure nude sdraiate possedute dai marchesi Capra (Verci). Rimangono tuttavia altri significativi esemplari di tale produzione: il gruppo firmato di Giove e Antiope dell’Ermitage a San Pietroburgo (Barbieri, in I Tiepolo…, 1990), Ercole, Dejanira e il Centauro delle collezioni civiche patavine (Guerriero, in O. M.…, 2002) e il vibrante nudo femminile in terracotta del Museo civico di Vicenza (De Vincenti, in Catalogo…, 2005). All’incirca nel 1685 è collocato pure l’intervento a palazzo Leoni Montanari in Vicenza, ove gli è attribuito l’Ercole nella nicchia della loggia a cui si accompagnavano due busti ora scomparsi (Bellavitis - Olivato). Nella stessa città berica si segnalano inoltre a palazzo Thiene le quattro splendide statue siglate del Giudizio di Paride (Rigon, 2000) e, a palazzo Repeta, l’originale gruppo della Ragione che domina il Senso (Tua).
Nel 1686 e nel 1688 il M. ricevette due commissioni pubbliche: la prima dalla città di Crema per una statua – forse il Ritratto di Carlo Vincenzo Giovanelli (Fasolo) – e un gruppo allegorico; la seconda da Brescia per tre statue non meglio specificate (Saccardo, 1981). Ancora a Vicenza tra il 1687 e il 1688 il M. realizzò con i fratelli il tabernacolo della chiesa delle Grazie e nel 1689 eseguì uno dei suoi capolavori: la commovente Pietà della chiesa di S. Vincenzo.
Da una lettera del fratello Angelo, datata 23 marzo 1689 (Verci), risulta che il M., allora a Brescia, aveva ricevuto la commissione per l’altare del Rosario del duomo di Bassano da erigersi su suo stesso progetto.
Il M. non curò in seguito la costruzione dell’altare, ma dal 1704 eseguì le statue dei quattro santi e dei due angeli sul fastigio. Il soggiorno bresciano del 1689 è forse da porre in relazione con i due monumenti a papa Alessandro VIII eretti l’uno al duomo e l’altro nel cortile del seminario episcopale, che Chizzola affermava essere stato scolpito dal M. insieme con i fratelli. La stessa fonte assegna inoltre al M. una serie di statue e busti perduti. Dei busti di marmo, che un tempo componevano – unitamente alle teste a rilievo – una parte rilevante del catalogo, rimangono, dopo le accurate disamine di Guerriero (2002; 2003), pochi esempi fra i quali il busto di Cleopatra, già sul mercato antiquario di Parigi (Il conoscitore…, 1989), è l’unico siglato. Chizzola ricorda inoltre, sull’altare della cappella del Rosario di S. Domenico a Brescia (1693), le statue di S. Pio V e di S. Rosa da Lima, che si conservano ora nella chiesa del Cuore Immacolato di Maria (Brompton Oratory) di Londra (Zanuso). Ai primi anni Novanta risalgono gli scomparsi monumenti a Nicolò Manin in Vicenza (1691; Saccardo, 1981) e a Benedetto Selvatico nel duomo di Padova (1692; Semenzato). A Vicenza, poco dopo, si registra un intervento del M. nel giardino di palazzo Querini dalle Ore (1694), dove si trova una statua siglata (ibid.); mentre al 1695 risale la realizzazione dell’Annunciazione dell’Arco delle Scalette (Barbieri, 1963).
Reca la data 1696 il fastoso, scenografico altar maggiore della chiesa vicentina dell’Aracoeli, progettato da Tommaso Bezzi, su cui spiccano le figure angeliche tra le quali quelle poste sulla mensa sono siglate dal M. (Arslan). Almeno dal 1692 si pose mano alla decorazione scultorea della basilica di Monte Berico, l’impresa più spettacolare del barocco vicentino, nella quale la critica assegna al M. un ruolo egemone (Barbieri, 1960; Galasso).
All’esterno del tempio sono marcati con il monogramma a lettere intrecciate i santi Matteo e Andrea della facciata settentrionale, il S. Bartolomeo della facciata occidentale e i tre rilievi sopra i portali; mentre all’interno appaiono siglati solo due dei quattro Angeli sui pilastri, ma sono tuttavia ritenute autografe anche le restanti figure angeliche; oltre alle quattro acquasantiere e ai rilievi dei pennacchi della cupola, di cui per quelli raffiguranti Mosè e Giona si conservano nel Museo civico di Vicenza i bozzetti in terracotta (De Vincenti, in Catalogo…, 2005).
Negli anni Novanta si pone anche l’esecuzione dell’apparato scultoreo dell’altar maggiore della chiesa veronese di S. Sebastiano, progettato da Andrea Pozzo, ora nella parrocchiale di Cellore d’Illasi, composto dalla statua colossale del santo titolare, due Angeli inginocchiati e, sopra le porte laterali, due medaglie con busti bronzei dei santi Ignazio e Francesco Saverio sorrette da coppie di angioletti, per le quali il M. riscosse nel marzo del 1699 un acconto di 186 lire tron (Saccardo, 1981).
In quell’anno cade il contratto per la realizzazione delle statue di S. Domenico e S. Caterina per l’altare del Rosario nella chiesa di S. Nicolò di Treviso, poste ai lati della Madonna con il Bambino di Le Court; gli appartengono tuttavia per evidenza stilistica anche gli Angioletti tra le nubi sotto l’arco. Poco dopo lo scultore siglò la Madonna con il Bambino, nella chiesa veneziana di S. Alvise sull’altare del Rosario eretto tra 1698 e 1702 (si conserva il modellino in terracotta a Bassano; Moschini; De Vincenti, in Catalogo…, 2005). In questo arco temporale furono compiute anche le sculture dell’altar maggiore della chiesa di S. Antonio Abate di Schio, di cui si conservano due progetti grafici nel cosiddetto Album Marinali del Museo civico di Bassano (Galasso), oltre alle statue siglate del Beato Pellegrino Laziosi e della S. Giuliana Falconieri della facciata della chiesa vicentina di S. Maria in Foro (Arslan).
Tra il 1702 e il 1704 il M. eseguì per l’altar maggiore, eretto da Pietro Cavaliere, della chiesa vicentina di S. Giuliano cinque statue raffiguranti il Salvatore e i santi Giuliano, Francesco di Paola, Vincenzo e Gaetano – quest’ultima unica statua non siglata – e otto puttini (Saccardo, 1999), da considerarsi tra le sue più raffinate opere sacre.
Tale altare, di cui è pervenuto il progetto (Lodi), servì forse da modello per quello della chiesa veronese di S. Francesco di Paola, il cui assetto complessivo rimane sconosciuto. Ci rimangono infatti solo le cinque statue del Redentore, di S. Francesco di Paola, di S. Francesco di Sales (siglato), di S. Zeno e di S. Marco, ora collocate nelle nicchie della navata di S. Maria del Paradiso.
Dopo la morte improvvisa di Angelo nel 1702, il M. dovette rilevare la bottega del fratello e i collaboratori Angelo De Putti, Lorenzo Mattielli e Giacomo Cassetti, il solo che non si allontanò da Vicenza e divenne suo genero e suo più fedele seguace. Nel 1704, infatti, fu il M. a portare a termine i quattordici Angeli commissionati dai Manin nel 1702 ad Angelo per il presbiterio della chiesa veneziana degli Scalzi (Frank).
Tali opere non soddisfecero invero i committenti, tuttavia due di esse (due angeli) trovarono infine collocazione sul fastigio dell’altar maggiore essendo state donate da Antonio Manin nel 1717 all’architetto Giuseppe Pozzo.
Recano la data 1704 le figure dell’Arcangelo Gabriele, siglato «O.M.V.», e dell’Annunciata della parrocchiale di Corbolone, mentre nel 1705 fu eseguito il S. Giovanni Battista dell’oratorio di Montebello Vicentino di cui è giunto il modellino preparatorio (De Vincenti, in O. M.…, 2002). Tra il 1704 e il 1707 fu invece realizzato il basamento marmoreo del candelabro della cappella dell’Arca nella basilica padovana del Santo, pendant di quello già eseguito da Filippo Parodi (Sartori). Nel 1709 fu posta in opera, nella distrutta chiesa vicentina di S. Bortolo, l’ancona marmorea con l’Adorazione dei pastori, oggi conservata nella chiesa dell’ospedale omonimo (Saccardo, 1981). Nell’ottobre di quell’anno il M. nominò suo procuratore a Venezia un certo Paolo Romano, in relazione alla controversia con la fraglia vicentina dei tagliapietra a causa di contributi da lui non versati; alla stesura del documento fu presente come testimone l’architetto Francesco Muttoni (Fasolo; Puppi, 1966-67). Nel 1711 furono collocate, sul parapetto del sagrato della chiesa udinese di S. Maria delle Grazie, le due statue firmate della Vergine e di S. Filippo Benizzi (Tua). Tra il 1715 e il 1717 fu realizzato l’apparato scultoreo dell’altare e della cappella del Ss. Sacramento nella chiesa di S. Giovanni Battista a Bassano del Grappa, composto dalle statue siglate dell’Angelo custode e dell’Arcangelo Michele – i cui modellini in terracotta si conservano nella sagrestia della chiesa vicentina di S. Girolamo degli Scalzi (Galasso) –, e dai rilievi sulle sovrapporte circondati da putti (De Grassi, 1998). Nel secondo decennio del secolo si pone anche la decorazione scultorea dell’esterno dell’arcipretale di Sandrigo con i santi Filippo e Giacomo in facciata, siglati, e i quattro Angeli sulla balaustra del sagrato (Galasso, 1999). Considerato frutto della produzione tarda è pure l’altare con l’Immacolata tra i santi Giuseppe e Antonio di S. Anastasia a Verona, assegnato al M. da Lanceni, originariamente posto nell’oratorio della Concezione presso la chiesa di S. Maria in Chiavica. Nell’imponente numero di statue destinate alla decorazione di parchi e giardini assegnate al M. e alla sua bottega sarà giocoforza segnalare solo i cicli più significativi.
Tra i più grandiosi e meglio conservati sono i complessi scultorei di villa Cornaro «al Paradiso» a Castelfranco Veneto con cinquantadue statue sopravvissute, delle quali sei poste dinanzi al duomo cittadino, che raffigurano Divinità olimpiche, Stagioni, Allegorie e Condottieri romani (Barea Toscan); delle ville Trissino a Trissino, popolate da una folla di Divinità, Virtù, Stagioni, Continenti con esemplari d’elevata qualità; della villa di Pietro Conti a Montegaldella, dove si trovano forse i soggetti più originali: le Maschere della commedia dell’arte e l’eccezionale macchina delle quattro parti del mondo, di cui si conservano due studi con varianti (Camerlengo). Provenienti dal territorio vicentino sono pure le Divinità, alcune delle quali siglate dal M. – il Fiume Eridano e un’altra figura maschile –, del giardino di villa Acton «La Pietra» di Firenze (Sonsis); mentre non si conosce l’originale ubicazione delle cinque figure mitologiche, siglate, del parco di villa Coronini Cronberg (De Grassi, 1995). Furono invece espressamente commissionate da Raimondo Buonaccorsi, con il tramite di Mario Capra, per il giardino della sua villa a Potenza Picena le due figure firmate di Flora e di Bacco (?) – quest’ultima purtroppo danneggiata – (Barbieri, 1989-90). Del cospicuo arredo scultoreo del giardino di palazzo Soranzo a Padova – menzionato da Verci ed eseguito con la collaborazione di Angelo – non rimarrebbe che uno dei due giganti da tempo indicato nell’Ercole, proveniente dal castello del Catajo a Battaglia Terme, custodito nel Kunsthistorisches Museum di Vienna (Planiscig).
Alla fine del 1717 il M. redasse il suo testamento in cui dispose che il proprio studio – con i modelli, i libri e i disegni – restasse in uso comune a Francesco Antonio e a Giacomo Cassetti.
Il M. morì a Vicenza il 6 apr. 1720 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo «in una Arca particolare eretta dai suoi Heredi per grata memoria di un Huomo il più eccellente nella sua Arte», sulla quale fu posto l’epitaffio composto dal canonico Giovanni Checcozzi (Fasolo, p. 73).
Fonti e Bibl.: G.B. Lanceni, Ricreazione pittorica… della città e diocesi di Verona, Verona 1720, coll. 51, 64, 106; S. Maffei, Verona illustrata, III, Verona 1732, col. 185; L. Chizzola, Le pitture e le sculture di Brescia…, Brescia 1760, pp. 5, 12, 90, 106, 149; G.B. Verci, Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori scultori e intagliatori della città di Bassano, Venezia 1775, pp. 278-296; S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803-06), a cura di S. Marinelli - P. Rigoli, Verona 1996, ad ind.; F. Lazzari, Notizie di Giuseppe Benoni architetto ed ingegnere della Veneta Repubblica, Venezia 1840, p. 39; B. Bressan, Della famiglia Marinali, Vicenza 1892; L. Planiscig, Die Estensische Kunstsammlung, I, Skulpturen und Plastiken des Mittelalters und der Renaissance, Wien 1919, p. 104; C. Tua, O. M. e i suoi fratelli, in Riv. d’arte, XVII (1935), 3, pp. 281-322; G. Fasolo, I Marinali, in Odeo olimpico. Memorie dell’Accademia Olimpica di Vicenza, II (1942), pp. 45-75; W. Arslan, Le chiese di Vicenza. Cataloghi delle cose d’arte e d’antichità d’Italia, Roma 1956, ad ind.; A. Semenzato Paris, Per un catalogo degli scultori Marinali, in Critica d’arte, 1956, n. 18, pp. 589-591; F. Barbieri, L’attività dei Marinali per la decorazione della basilica del Monte Berico, Vicenza 1960; M. Sonsis, Il giardino di villa Acton alla «pietra», in Arte figurativa antica e moderna, 1960, n. 46, pp. 40-48; F. Barbieri, Per la cronologia di O. M. L’Annunciazione dell’Arco vicentino delle Scalette, in S. Maria di Monte Berico. Misc. stor. prima, Vicenza 1963, pp. 101-109; V. Moschini, Una Madonna di O. M., in Arte veneta, XVII (1963), pp. 193 s.; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 33-37, 96-100; L. Puppi, Nuovi documenti sui Marinali, in Atti dell’Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXXV (1966-67), pp. 195-215; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, Milano 1971, ad ind.; A. Sartori, Documenti per la storia dell’arte a Padova, a cura di C. Fillarini, Vicenza 1976, pp. 145 s.; M. Saccardo, Notizie d’arte e di artisti vicentini, Vicenza 1981, ad ind.; G. Bellavitis - L. Olivato, Il palazzo Leoni Montanari di Vicenza della Banca cattolica del Veneto, Vicenza 1982, ad ind.; Il conoscitore d’arte (catal.), a cura di A. Bacchi, Milano 1989, p. 46; F. Barbieri, Gli ignorati Marinali del giardino Bonaccorsi: una precisazione su Giovanni Bonazza a Macerata, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Univ. di Macerata, V (1989-90), 22-23, pp. 121-133; I Tiepolo e il Settecento vicentino (catal.), a cura di F. Rigon - M.E. Avagnina - F. Barbieri, Milano 1990, pp. 226-229; F. Barbieri, ibid., pp. 230-244; M. De Grassi, O. M. a villa Coronini Cronberg, in Arte in Friuli - Arte a Trieste, 1995, n. 15, pp. 179-186; M. Frank, Virtù e Fortuna. Il mecenatismo e le committenze artistiche della famiglia Manin tra Friuli e Venezia…, Venezia 1996, ad ind.; M. De Grassi, La decorazione plastico-pittorica della cappella del Ss.Sacramento, in La restaurata cappella del Ss.Sacramento nella chiesa di S. Giovanni Battista di Bassano del Grappa, Bassano 1998, pp. 29-41; L. Camerlengo, Il giardino della scultura, in Scultura a Vicenza, a cura di C. Rigoni, Cinisello Balsamo 1999, pp. 293-321; G. Galasso, O. M. e la sua bottega: opere sacre, ibid., pp. 225-264; F. Lodi, Le sculture e gli altari nella chiesa di S. Giuliano, in La chiesa di Sanzuliàn in Vicenza, Vicenza 1999, pp. 184-197; M. Saccardo, Itinerario d’archivio, ibid., pp. 49-52; F. Morello, I Caldogno committenti di Giulio Carpioni, in Arte veneta, LV (1999), pp. 165 s., 175; L. Puppi, Da Parma, da Modena e da Mantova. Per la storia dell’arte veneta, in Venezia arti, 1999, n. 13, p. 22; F. Rigon, O. M. e Andrea Palladio: il Giudizio di Paride in palazzo Thiene di Vicenza, in Studi in onore di Renato Cevese, a cura di G. Beltramini, Vicenza 2000, pp. 401-420; S. Zanuso, O. M., in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi, Milano 2000, pp. 750-759; F. Barea Toscan, I Marinali e le statue del giardino di villa Cornaro «al Paradiso» di Castelfranco, in La scultura veneta del Seicento e del Settecento. Nuovi studi… Atti della giornata di studi…, a cura di G. Pavanello, Venezia 2002, pp. 151-219; S. Guerriero, Le alterne fortune dei marmi: busti, teste di carattere e altre «scolture moderne» nelle collezioni veneziane tra Sei e Settecento, ibid., pp. 73-150; O. M. e la scultura veneta fra Sei e Settecento (catal.), a cura di M. De Vincenti - S. Guerriero - F. Rigon, Cittadella 2002; S. Guerriero, Scultori veneziani in Trentino: Alessandro Malamocchino e Antonio Negri, in Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, a cura di A. Bacchi - L. Giacomelli, I, Trento 2003, pp. 412 s.; S. Guerriero, Ritratti e vedute di scultura (secoli XV-XX), in Theatrum urbis. Personaggi e vedute di Vicenza, a cura di S. Marinelli - C. Rigoni, Verona 2003, pp. 165-173; Catalogo scientifico delle collezioni, III, Pinacoteca civica di Vicenza. Scultura e arti applicate dal XIV al XVIII secolo, a cura di M.E. Avagnina - M.Binotto - G.C.F. Villa, Vicenza 2005; M. De Vincenti, «Domino Horatio et Fratelli Marinali bassanesi, illustri scultori della città di Venezia», in Arte veneta, LXIII (2006), pp. 97-121; U. Thieme - F. Becker, in Künstlerlexikon, XXIV, pp. 101-103.