FIDANI, Orazio
Nacque a Firenze, nella parrocchia di S. Frediano, il 10 luglio 1606, da Matteo di Domenico e da Bernardina di Filippo Amadori (Innocenti, 1983, p. 42).
II Baldinucci non dà che un breve accenno dell'attività del F. menzionandolo tra i discepoli di Giovanni Bilivert e precisando che il maestro lo aveva "assuefatto a bozzar franco e a fare alla prima" e se n'era più volte servito "per bozzare le sue opere" (Baldinucci [1681-1728], 1846, p. 315). Un'ulteriore precisazione sul discepolato del F. si ricava da una vita del Bilivert (conservata manoscritta presso la Bibl. nazionale di Firenze, e ora pubblicata da Matteoli, 1970) di per sé anonima, ma che la critica ritiene, ormai concordemente, dello stesso F. (Bigongiari, 1974, p. 83 n. 2; P. Barocchi, in F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno..., appendice all'edizione anastatica, VII, Firenze 1975, pp. 69-78).
In questa biografia è scritto che "Orazio Fidani" si era trattenuto nella bottega del Bilivert "per lo spazio di dodici anni continui. ... lavorando per il maestro continuamente" e tenuto "con grandissima affezione" (ibid., p. 69). Non sappiamo però in quali anni precisamente cadesse questo discepolato, piuttosto lungo, che divenne ben presto una vera e propria collaborazione specialmente per quanto atteneva alla bozzatura, di vari quadri che il Bilivert stesso poi terminava; al momento della sua morte il F. completò inoltre due dipinti rimasti incompiuti (ibid., pp. 77 s.).
La permanenza presso il Bilivert ha sicuramente stimolato nel F. anche una riflessione critica sui fini della pittura e il valore dell'arte, come traspare da varie osservazioni sparse nella biografia del maestro. Se da una parte è evidente la centralità che egli riconosce alla verosimiglianza, la quale talvolta può destare anche meraviglia nello spettatore, dall'altra sono la morbidezza e l'espressività i valori di modellato e di capacità comunicativa che rendono particolarmente apprezzabile un'opera d'arte; qualità tutte che il F. riconosceva all'opera del Bilivert, ma che, in differente misura e con diversa accentuazione, erano proprie pure alla maggior parte dei pittori fiorentini del Seicento.
Nel 1630 il F. firmò per la chiesa di S. Maria a Pulicciano, presso Ronta in Mugello (Innocenti, 1983, p. 43), la sua prima opera oggi nota, un'Annunciazione che deriva dal famoso affresco trecentesco della Ss. Annunziata di Firenze. In questo dipinto il F. si mostra palesemente legato ai modi del Bilivert; a questa data egli aveva dunque già iniziato, e certo da qualche anno, il suo alunnato presso il maestro, come del resto ci attesta un altro importante documento dello stesso 1630: l'atto di iscrizione all'Accademia del disegno (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del Disegno, n. 58, c. 58), dal quale risulta che egli era allora nella bottega del Bilivert. Con tale atto il F., tuttavia, poteva dare inizio ufficialmente anche a un'attività in proprio.
La collaborazione con il maestro dovette comunque durare per tutto il quarto decennio, periodo nel quale opere del F. sono piuttosto rare e in ogni caso chiaramente influenzate dallo stile bilivertiano. L'individuazione di numerosi dipinti, molti dei quali firmati e datati (Innocenti, 1983, 1985, 1986; Contini, 1988), ha recentemente permesso di ricostruire la cronologia dell'attività del Fidani. Il Baldinucci si limitava infatti a ricordare che "del Fidani sono infiniti quadri in Firenze in casa di particolari cittadini", menzionando di seguito, però, un limitato elenco di opere di destinazione prevalentemente ecclesiastica (Baldinucci [1681-1728], 1846, p. 316).
Risale al 1634 la grande tela del Congedo di Angelica e Medoro dai pastori (Firenze, Galleria degli Uffizi), il cui soggetto - tratto dall'Orlando Furioso - sottolinea la piena partecipazione del F. ai temi della o favola barocca", tanto in voga a Firenze, derivati sia dagli scrittori antichi. sia dai poemi cavallereschi del Rinascimento. Del 1635 è un Battesimo di Cristo nella parrocchiale di Celle presso Pistoia. In ambedue le opere il F. si mostra stilisticamente debitore del Bilivert, ma, mentre nel quadro di tema cavalleresco già è presente una certa spigliatezza, inventiva e compositiva, che nelle opere di soggetto profano acquisterà ulteriore libertà in prosieguo di tempo, nel Battesimo più forti si mostrano i legami con la tradizione.
Con il 1640, anno della Morte di Didone del Museo Tencalla a Bissone (Canton Ticino), inizia un decennio fecondo di opere che ormai denotano, insieme con la raggiunta autonomia stilistica, la ricerca di un linguaggio personale, teso a immettere nelle scene una maggiore circolazione di aria e di luce, di ricordo ancora lontanamente caravaggesco e guercinesco, attento tuttavia alle novità di artisti come il Furini o il Ficherelli e alla loro pittura morbida e talvolta sfatta, che darà i risultati più apprezzabili nei dipinti di soggetto profano.
Viceversa nei quadri sacri della prima metà del quinto decennio - Resurrezione, 1642, nella pieve di Montopoli Val d'Arno; Estasi di s. Francesco, 1644, in S. Verdiana a Castelfiorentino; Visione di s. Antonio, 1644, in S. Francesco a Pietrasanta; Angelo Custode, in S. Regolo a Montaione - il F. si attiene ancora a schemi iconografici strettamente cigoleschi e bilivertiani, anche se l'intensità emotiva ivi espressa ha caratteri più personali.
Nell'ambito della tematica sacra i quadri del 1645 mostrano, tuttavia, una maggiore originalità, sia dal punto di vista stilistico che per l'invenzione compositiva, più autonoma e più ampiamente orchestrata. Se lo Sposalizio mistico di s. Caterina, della pieve di S. Pancrazio a Celle (Pistoia), denota ancora una dipendenza da una tela di analogo soggetto del Bilivert del 1642 (Firenze, ss. Annunziata), l'Ospitalità di s. Giuliano, della parrocchiale di Casciana Alta, e l'Incontro alla Porta Aurea, in S. Francesco a Cortona, quadro di eccezionali dimensioni, ci pongono dinanzi a opere in cui alla scioltezza e alla felicità della composizione si unisce una ricca gamma cromatica impregnata di caldi valori chiaroscurali, tesi a esaltarne anche il senso paesaggistico. Il forte contrasto luministico e ancor più determinante nei Funerali di s. Alberto da Trapani, della carmelitana chiesa di S. Lucia alla Castellina nei dintorni di Firenze, sempre del 1645, nuovo e "sorprendente" (Moreni, 1791, p. 123) per l'eccezionale scorcio prospettico.
Tra i quadri da stanza, ispirati soprattutto alla mitologia classica, risale alla metà del quinto decennio il Cefalo e Procri (Firenze, Coll. privata; Innocenti 1986, p. 380), dove gli apporti degli artisti dell'epoca, e in particolare del Furini, sono ridefiniti con originale sensibilità. Più avanti, nel 1652, troviamo Eco e Narciso (Firenze, Coll. privata; ibid., p. 90), che deriva ancora, pur variandone le qualità pittoriche nel senso di una maggiore pastosità e morbidezza, da un dipinto di analogo soggetto del Bilivert. Firmata e datata 1654 è quindi una grande tela, ispirata al Pastor fido di G. B. Guarini, raffigurante Amarilli, Mirtillo, Corisca e le ninfe (già sul mercato antiquario londinese; Baldassari, 1992, p. 125) che faceva coppia con un Rinaldo nella foresta stregata del Ficherelli.
L'attività ritrattistica del F., attestata dalle fonti (Baldinucci [1681-1728], 1846, pp. 316), è testimoniata da due ritratti a figura intera di personaggi della famiglia da Verrazzano (Innocenti, 1985, p. 94), l'uno del famoso esploratore Giovanni (morto nel 1528), l'altro, eseguito con tutta probabilità "al naturale", del cavaliere Lodovico, morto nel 1647; la qualità di questi dipinti è decisamente scadente; di miglior fattura è il piccolo dipinto su rame, Ritratto di giovane, già ritenuto autoritratto, della Galleria degli Uffizi, firmato e datato 1654. Altri ritratti il F. eseguì per la famiglia Galli (Innocenti, 1985, p. 100): presso le oblate di Careggi (Brasioli, 1989, p. 75) si trova, attribuito al F., un Ritratto di giovane proveniente dalla collezione Galli Tassi.
Tra le opere di tema sacro, dopo le importanti tele del 1645, va innanzitutto ricordato il Martirio di s. Erasmo (Firenze, Depositi delle Gallerie fiorentine), firmato e datato 1646, e il quadro con I ss. Michele Arcangelo, Giacomo, Stefano e Domenico, che il F. eseguì nel 1647 per la chiesa di S. Stefano a Montefioralle (presso Greve in Chianti), dove tuttora è conservato.
Nell'ultimo periodo della sua attività, il F. fu impegnato soprattutto per la certosa del Galluzzo, negli immediati dintorni di Firenze, che fu certamente la sua impresa più complessa (Leoncini, in Chiarelli-Leoncini, 1982, pp. 36, 251-253). Per commessa dei monaci eseguì numerose pitture per la chiesa del monastero. Innanzitutto otto grandi tele collocate al di sopra degli stalli del coro (due con gli evangelisti S. Matteo e S. Giovanni, quattro con i Dottori della Chiesa; un quadro ottagono con l'Esaltazione di s. Bruno, e un altro pure ottagono con l'Elemosina di s. Lorenzo) eseguite tutte tra la fine del 1649 e l'estate del 1650. A questo gruppo si aggiungono altri quattro quadri più piccoli con Quattro santi penitenti (Giovanni Battista, Gerolamo, Antonio abate, Benedetto) del 1653. Nella medesima chiesa il F. dette inizio nell'agosto 1653 alla decorazione della volta eseguendo entro il dicembre di quell'anno l'Esaltazione dei simboli della Passione di Cristo, nelle vele della campata centrale, quindi, nel 1655, la Gloria dei cori angelici, nella prima campata.
Tramite i certosini di Firenze il F. eseguì anche una grande tela per la certosa di Pavia, raffigurante S. Bruno nel deserto, opera firmata e datata 1651, dalla profonda intensità espressiva (Giacomelli Vedovello, 1992, p. 214). Al 1654 appartiene il Tobiolo che rende la vista al padre (Firenze, Depositi delle Gallerie), citato dal Baldinucci ([1681-1728], 1846, p. 316) ed eseguito per la Compagnia della Scala su commissione di alcuni membri della famiglia Galli. Probabilmente a questo periodo risale anche una Decollazione di s. Giovanni Battista nella canonica di S. Pietro a Ripoli, presso Firenze, che, nonostante le cattive condizioni, rivela l'alta qualità delle più tarde opere dell'artista (Contini, 1988, p. 142).
II F. morì a Firenze il 10 genn. 1656 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Apostoli (Innocenti, 1983, p. 59).
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino E. B. 9.5: F. M. N. Gabburri, Vite di pittori (c. 1714-1741), ad vocem; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno..., [1681-1728], a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, pp. 315 s.; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Firenze 1788, p. 994; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, Firenze 1754-62, ad Indicem; D. Moreni, Notizie istor. dei contorni di Firenze, I, Firenze 1791, p. 123; II, ivi 1792, p. 119; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1808), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 167; W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, Frankfurt am M. 1940-54, ad Indicem; M. Gregori, 70 pitture e sculture del '600 e '700 fiorentino, Firenze 1965, pp. 13, 49; S. Meloni, Biografia di una chiesa: S. Lucia alla Castellina, in Antichità viva, VI (1967), 5, p. 4; A. Matteoli, Una biografia inedita di Giovanni Bilivert, in Commentari, XXI (1970), pp. 330-336; Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze (catal.), a cura di E. Borea, Firenze 1970, pp. 106 s.; L. Bellosi, O. F., in Comma, VII (1971), 2, pp. 12-17; G. Cantelli, Precisazioni sulla pittura fiorentina del Seicento: i furiniani, in Antichità viva, X (1971), 4, p. 8; P. Bigongiari, O. F. e la favola barocca fiorentina, in Il Seicento fiorentino tra Galileo e il "recitar cantando", Milano 1974, pp. 77-88; M. Gregori, A Cross-Section of Florentine Seicento Painting. The Piero Bigongiari Collection, in Apollo, C (1974), p. 219; La Quadreria di Don Lorenzo de' Medici (catal.), a cura di E. Borea, Firenze 1977, pp. 45-47; C. Thiem, Florentiner Zeichner des Frühbarock, München 1977, pp. 396 s.; G. Cantelli, Il disegno fiorentino del Seicento nella Biblioteca Marucelliana di Firenze, in VI Biennale internazionale della grafica d'arte (catal.), Firenze 1978, pp. 24 s.; C. Chiarelli - G. Leoncini, La certosa del Galluzzo a Firenze, Milano 1982, pp. 36, 251-253; C. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Firenze 1983, pp. 80 s.; C. Innocenti, Gli inizi di O. F. e lo sviluppo della tematica sacra, in Paradigma, n. 5, 1983, pp. 35-62 (con bibl. precedente); Eadeni, O. F.: caratteri ed evoluzione della tematica profana, ibid., n. 6, 1985, pp. 85-105 (con bibl. precedente); G. Leoncini, La vita nella certosa di Firenze tra XVII e XVIII secolo, in Kartäuserregel und Kartäuserleben, III, Salzburg 1985, pp. 162-166; M. C. Improta, La chiesa di S. Verdiana, Castelfiorentino 1986, p. 42; C. Innocenti, in Il Seicento Fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III (catal.), Firenze 1986, I, pp. 378-380; II, pp. 317 s.; III, pp. 89-90; R. Contini, Un apice "caravaggesco" fiorentino (con un dizionarietto di inediti), in Paradigma, n. 8, 1988, p. 142; Id., in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1988, II, p. 740; F. Brasioli - L. Ciuccetti, S. Maria Nuova. Il tesoro dell'arte nell'antico ospedale fiorentino, Firenze 1989, p. 75; C. Caneva, in Arte e restauri in Valdarno (catal.), a cura di C. Caneva, Firenze 1991, pp. 71 s.; G. Giacomelli Vedovello, in Il Museo della Certosa di Pavia. Catalogo generale, Firenze 1992, p. 214; F. Baldassari, Postille a Felice Ficherelli e a O. F., in Paradigma, n. 10, 1992, p. 125; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 533.