FARINATI, Orazio
Figlio primogenito di Paolo e di Benassuta di Angelo Volpin, nacque tra il 1558 e il 1561 a Verona, dove abitò nella casa paterna in contrada S. Paolo in Campomarzio. Nel 1603 era già sposato con Gentilla di Alvise de' Pesseti ed aveva due figli, Paolo e Candida. Una terza figlia, Libera, sarebbe nata successivamente. La moglie doveva già essere morta nel 1614, mentre al 1616 risalgono le ultime notizie sul F., che in quell'anno era allibrato nell'estimo veronese per 10 soldi. Nel 1627 era già morto, poiché nell'estimo di quell'anno venne allibrato il fratello minore Giambattista.
Dei tre figli di Paolo, il F. fu l'unico a seguire con determinazione le orme paterne, come pittore e incisore e, infine, rilevandone l'avviata bottega. Si tratta peraltro di una personalità artistica del tutto sconosciuta, che richiede una indagine accurata, al fine, perlomeno, di ricostituirne il catalogo completo. Si formò artisticamente in completa dipendenza dal padre, imitandone strettamente lo stile, senza peraltro raggiungerne l'originalità e la grandezza. In linea di massima si possono distinguere due fasi nella sua carriera: la prima, circa tra il 1587 e il 1596, lo vede attivo quasi esclusivamente come frescante, nei palazzi veronesi e nelle ville della campagna, impegnato a tradurre sulle pareti i cartoni forniti dal padre; nella seconda, a partire dal 1596 fino circa al 1616, è impegnato prevalentemente nella produzione di pale d'altare, che in genere firma e data. Si può quindi notare come il F. lavorasse in stretto subordine al padre, essendo relegato al ruolo di mero esecutore delle idee di Paolo; con l'avanzata vecchiaia e la morte (1606) del padre invece acquistò una sua autonomia.
La differenza di qualità tra le opere del padre e quelle del figlio dovette peraltro apparire evidente già ai contemporanei: difatti m un breve giro di anni la bottega sembra decadere, dato che il F. produsse poche opere, destinate per lo più a sedi periferiche, di committenza relativamente modesta.
Dell'attività di frescante del F. abbiamo precisi ragguagli grazie al Giornale, il libro di conti di Paolo Farinati. Dopo avere eseguito, nel 1587, una copia del Ritratto di Matilde di Canossa, di Paolo, oggi nella chiesa di San Benedetto Po (cfr. B. Berenson, Pitture ital. del Rinascimento, Milano 1936, p. 155, che l'assegna a Paolo; l'originale di Paolo è nel Museo di Castelvecchio a Verona), il F. decorò nel 1591 la facciata verso il giardino del palazzo di Agostino Giusti (affreschi perduti); nel 1593 lavorò in palazzo Miniscalchi (affreschi perduti) e nel 1595, insieme col fratello Giambattista, a Mezzane di Sotto, in villa Giuliari Erbici, i cui affreschi sono ugualmente perduti (tranne una figura). Dello stesso anno sono gli affreschi, sempre a Mezzane di Sotto, in villa Della Torre, raffiguranti Divinità e Fatti allegorici e le Quattro parti del mondo, pitture esemplate su disegni paterni. Nel 1596 il F. decorò con affreschi la cappella Tedeschi in S. Maria in Organo, per la quale Paolo aveva eseguito la pala d'altare raffigurante S. Michele arcangelo che caccia Lucifero: di questa decorazione è rimasta sul soffitto una figura di Padre Eterno, malamente leggibile. Nel 1597 il F. ricevette una prima importante commissione, un grande dipinto raffigurante un episodio di storia veronese (La battaglia di Ponte Molino), da collocare nel palazzo del Consiglio della città.
Il dipinto (oggi depositato nel palazzo della Gran Guardia) doveva far parte di un ciclo di più pitture, destinate a celebrare la storia civica di Verona, che erano state commissionate allo stesso Paolo (Labattaglia di Vigasio), a Felice Brusasorci (La battaglia di Desenzano) e ad Alessandro Turchi (La battaglia di Pontalto).
Con questo esordio di tutto rispetto iniziò, per quanto sappiamo, la sua produzione ad olio su tela più consistente. Nel 1599 Paolo e il F. eseguirono e firmarono insieme due dipinti, destinati alla chiesa di S. Sisto a Piacenza, raffiguranti Il martirio di s. Fabiano e S. Benedetto che risuscita un bambino.
Si tratta di due opere fondamentali per capire e valutare affinità e differenze tra le due mani. Sempre disinvolta e sostenuta, anche se infiacchita quella di Paolo, più goffa e incerta quella del F., al quale dovrebbero spettare, nel primo dipinto, lo sfondo ed i personaggi in secondo piano e, nel S. Benedetto, il gruppo della madre con il bambino.
Nel 1604 il F. dipinse la prima delle sue pale datate e firmate, La Madonna del Rosario della chiesa di Mori, la cui commissione è registrata sul Giornale (p. 67). Del dipinto esiste un disegno preparatorio (inv. 317) nelle raccolte grafiche della Pinacoteca naz. di Atene, che la critica, in genere e con ragionevolezza, è propensa ad assegnare a Paolo (cfr. Puppi, in Farinati, Giornale, p. 67 n. 3; cfr. anche Baldissin Molli, 1989-90, p. 54, fig. 10). Un altro caso in cui ad un disegno di Paolo fa riscontro un dipinto del F. è costituito dal piccolo dipinto su lavagna del Museo civico di Vicenza, raffigurante Ilgiudizio di Salomone.
L'operetta, con i personaggi dalle caratteristiche fisionomie rotondeggianti e imbambolate, con qualche pretesa di eleganza nel trattamento delle vesti trasparenti e dei gioielli, è ascrivibile al F., mentre il disegno dell'Albertina di Vienna (inv. 1588), di qualità superiore al dipinto, mostra quell'andamento in chiave pittorica e quei modi un po' sfatti caratteristici dell'ultima produzione grafica di Paolo.
Nel 1605 il F. ricevette l'ordinazione di un dipinto da collocarsi nell'oratorio della Disciplina di Villafranca, raffigurante La Visitazione, tuttora nella chiesa (oggi intitolata a S. Maria Elisabetta o alla Visitazione), e firmato e datato 1607. Del 1606 è il S. Bartolomeo che libera un'indemoniata, già nella chiesa di S. Bartolomeo della Levata a Verona e oggi a Castelvecchio. Firmata e datata 1608 è la macchinosa pala di S. Maria del Paradiso, raffigurante I ss. Gregorio e Rocco che intercedono per le anime purganti. Infine il F. firmò e datò un dipinto realizzato attraverso una pubblica sottoscrizione per festeggiare l'elezione, avvenuta il 24 luglio 1612, a doge di Marcantonio Memmo, già podestà a Verona nel 1581.
Del dipinto diede notizia il Cicogna (1834), aggiungendo che i Veronesi festeggiarono la elezione di Memmo con una pubblica festa.
Dell'opera non esistono altre notizie, tuttavia un dipinto che raffigura Il doge Memmo presentato alla Vittoria, firmato dal F. e datato 1612, si trova in una collezione privata inglese (cfr. Dizionario encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori, fig. 278). Potrebbe trattarsi dell'opera descritta dal Cicogna, anche se quest'ultimo afferma che il dipinto era datato 1614.
Non è più rintracciabile la pala, raffigurante La Madonna con s. Luca che la ritrae, già in S. Francesco di Paola a Verona, poi nella parrocchiale di Tomba, dove la ricordano lo Zannandreis e lo Hadeln (1891 e 1915). Oltre a queste opere, è possibile attribuire al F. qualche altro dipinto, e già negli anni Novanta del Cinquecento il suo intervento a fianco del padre, in opere comunemente ritenute autografe di Paolo, dovette essere più esteso di quanto normalmente si ritenga.
Nel 1591 Paolo firmò e datò La Crocifissione della chiesa di S. Zaccaria a Venezia, dove, nella parte inferiore del dipinto, si registra una caduta di qualità così netta (figura della Maddalena) da doversi supporre un intervento del Farinati. Al 1597 spetta il ciclo di tre tele, firmato da Paolo, per la cappella di S. Giacinto in S. Giovanni in Canale a Piacenza (oggi nella casa canonica). La mano del F. è individuabile in due delle tre tele, e precisamente nel gruppo delle tre donne a destra nel S. Giacinto che ridà la parola ad una muta e nello sfondo con l'infelice cavallo, nella figura del santo e nell'astante in piedi a destra nel dipinto raffigurante S. Giacinto morto che ridà la vita ad un giovane. Interamente di mano del F. è il dipinto della parrocchiale di Mezzane di Sopra raffigurante Le ss. Agnese, Caterina e Lucia, da Hadeln (1915) e Dal Forno (1965), ritenuto di Paolo, come pure la Pentecoste della chiesa di S. Stefano, della quale è registrata la commissione sul Giornale. L'opera venne in effetti affidata dal committente Bernardino Scaramuccia a Paolo e il dipinto venne consegnato alla chiesa nel 1597. Tuttavia la storiografia artistica sette-ottocentesca concordemente assegna l'opera al Farinati.
Questi, formatosi a contatto del padre, non sembra aver superato i limiti imposti dalla sua stessa posizione fifiale. Ciò si riscontra agevolmente anche controllando la sua attività di incisore, il cui catalogo raggruppa cinque incisioni, tutte eseguite da disegni paterni, per quanto caratterizzate da un segno meno sottile ed elegante. Due di queste incisioni, Il passaggio del Mar Rosso e La deposizione dalla Croce, godettero di notevole fama (Albricci, 1980). Ossequiente continuatore dell'opera paterna, il F. non seppe immettere nuova linfa e nuovi stimoli nell'accademia tardomanierista ereditata da Paolo, sicché gli elementi più nuovi che una personalità come quella di Felice Brusasorci poteva aver introdotto nella pittura veronese rimasero a lui estranei. Difatti in un breve giro di anni, dopo la morte del padre, tra il 1604 e il 1608 si concentrano le maggiori opere del F. e lo stesso Giornale, dopo la commissione di una Annunciazione nel 1610 e di un gonfalone nel 1612, non riporta altre notizie. Solo dall'estimo del 1616 si apprende che il pittore era encora in vita.
La data di morte non è nota.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Verona, Anagrafi comunali, S. Paolo in Campomarzio, Comune, n. 905 (1583), n. 907 (1603); Estimo, 1616, n. 271, p. 625r; Estimo, 1627, n. 272, p. 647r.; P. Farinati, Giornale (1573-1606), a cura di L. Puppi, Firenze 1968, passim; B. Luchino, Cronica della vera origine et attioni della ill.ma et fam.ma contessa Matilda..., Mantova 1592, p. 46; B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori, degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, pp. 123, 129, 221, 311 s.; G. B. Biancolini, Notizie stor. delle chiese di Verona, III, Verona 1750, p. 301; IV, ibid. 1752, p. 356; G. B. Da Persico, Descriz. di Verona e della sua provincia, Verona 1820, II, pp. 60, 127, 222; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni venez., IV, Venezia 1834, p. 501; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architettiveronesi (circa 1831-34), a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 151, 156 ss.; P. M. Tua, Per un elenco delle opere pittoriche della scuola veronese prima di Paolo, in Madonna Verona, V (1912), p. 156; D. von Hadeln, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, Leipzig 1915, pp. 270 s.; G. Gerola, Le attribuzioni delle opere d'arte in rapporto colla scuola pittorica veronese, in Atti e Mem. dell'Acc. di agricoltura scienze e lettere di Verona, s. 4, XIX (1919), p. 219; L. M. Da Rovigo, I cappuccini a Villafranca, Villafranca 1936, p. 43; L. Crosato, Gli affreschi nelle ville venete del Cinquecento, Treviso 1962, pp. 45, 151 s.; F. Dal Forno, P. Farinati, Verona 1965, p. 49; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti, Firenze 1972, p. 143; Il Museo francescano (catal.), a cura di P. Gerlach-S. Gieben-Mariano D'Alatri, Roma 1973, p. 52, fig. 16; G. F. Viviani, La villa nel Veronese, Verona 1975, ad Indicem; G. Albricci, Le incisioni di Paolo e O. Farinati, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XII (1980), pp. 7-30, 113-121; Beni culturali nel Trentino (catal.), a cura di E. Chini, Trento 1983, p. 48; G. Baldissin Molli, Il ritratto di Matilde di Canossa e l'esordio pittorico di O. F., in Civiltà mantovana, 1989, nn. 23-24, pp. 55-65; Id., Appunti su O. F., in Arte veneta, XLIII (1989-90), pp. 49-60; Diz. encicl. Bolaffi, IV, p. 312 fig. 278.