DELLA RENA (Dell'Arena, Rena), Orazio
Nacque a Prato il 30 marzo 1564 (l'atto in Arch. di Stato di Prato, Comunale,n. 2983, C. 55v) da Fulvio di Giuliano di Colle Val d'Elsa e da Aspasia, figlia primogenita dell'umanista di tendenze evangelico-luterane Aonio Paleario.
La parentela con il Paleario, impiccato come eretico a Roma, costituirà per i Della Rena una macchia vergognosa da far dimenticare con cura, sia passandola sotto silenzio nelle rievocazioni genealogiche (come farà Cosimo Della Rena nella sua Della serie degli antichi duchi e marchesi di Toscana, p. 175) sia riaffermando spesso la propria ortodossia (come il D. sentirà bisogno di fare ancora nel proprio testamento). Intorno al 1560la famiglia si trasferì a Prato dove maestro Giuliano Della Rena esercitava la professione di medico della Comunità, assistito dal figlio Fulvio. Al periodo in cui risiedettero in Prato (dove, il 12 dic. 1560,ottennero anche la cittadinanza) risale pertanto la nascita del D. ed anche, con ogni probabilità, l'amicizia con suor Caterina de' Ricci, che nel 1580scriverà a Fulvio Della Rena di aver loro "sempre portato buona affetione" (Di Agresti, p. 99).
Dopo una giovinezza trascorsa tra la villa paterna di Galognano (Colle Val d'Elsa) e la pieve di Giogoli presso lo zio Evandro, e dopo aver seguito gli studi di diritto nell'ateneo pisano, il D. venne introdotto nella segreteria del granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici, grazie alla protezione del conterraneo Pietro Usimbardi, allora primo segretario di Stato. Iniziò la carriera burocratica come segretario di legazione a Ferrara, presso l'ambasciatore residente Raffaello Medici (vi giunse il 27 genn. 1589) e si dimostrò subito attento osservatore dello Stato e della corte, stendendone un'accurata relazione che costituisce una fonte preziosa per la storia del ducato (edito da G. Agnelli, Relazione dello Stato di Ferrara di O. Dalla Rena, in Atti della Deput. ferrarese di storia patria, VIII[1896], pp. 245-321). Durante le numerose assenze dell'ambasciatore residente, occupato in altre missioni, il giovane D. ricoprì la carica di reggente ad interim,e dovette affrontare le turbolenze provocate da Alfonso Piccolomini duca di Montemarciano che proprio nel Ferrarese andava ingrossando il suo esercito di banditi e ribelli. Rientrato definitivamente a Firenze sul finire dell'agosto 1590, l'esito positivo della missione ferrarese indusse il granduca a nominarlo segretario di legazione alla corte di Spagna, al seguito del nuovo ambasciatore Francesco Lenzoni, cui era stato commesso l'incarico di tentare un accordo con don Pietro de' Medici (l'irrequieto fratello di Ferdinando I che in Spagna cercava sostegni alle proprie pretese sull'eredità del granduca Francesco) e di ottenere dal re Filippo II il permesso di libero passaggio nei porti spagnoli per le navi di grario del granduca. Giunse alla corte spagnola nel febbraio 1591. Le sue speranze che all'importante incarico facesse seguito un adeguato corrispettivo economico andarono presto deluse: 'per ordine granducale la depositeria gli confermò il salario di 100 scudi già assegnato al precedente segretario Camillo Guidi. Costretto ad un tenore di vita adeguato al rango ma superiore alle sue possibilità, da questo momento egli si troverà sempre impigliato in assillanti difficoltà economiche, attirandosi anche i rimproveri di Pietro Usimbardi, che già nel maggio 1591 gli raccomandava di "restringere la spesa ... et sfuggire l'occasione d'ingolfarsi ne' debiti ... che potria succedere seguitandosi lo stile incominciato" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 1341, c. 8).
Con l'accentuarsi della politica antispagnola di Ferdinando 1, la legazione del Lenzoni e del D. si trovò impegnata ad attenuare i sospetti cresciuti nella corte spagnola contro il granduca e a tentare di impedire, ma senza successo, il matrimonio di don Pietro de' Medici con la nobile portoghese Beatrice Meneses. Il nuovo ambasciatore Francesco Guicciardini, giunto il 20 ag. 1593 a sostituire il Lenzoni, fece fronte all'insuccesso diplomatico affidando al D. il compito di recarsi in Portogallo a rendere omaggio alla sposa di don Pietro con missive e doni da parte dei granduchi. Nell'ottobre del 1593 a Leiria, il D. venne ricevuto con tutti gli onori da donna Beatrice e la missione venne portata a termine con successo, come testimoniano le due dettagliate relazioni da lui inviate al granduca e alla granduchessa (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 4934, cc. 84 s., 105 ss.).
Negli anni che seguirono, dal 1594 al 1599, l'attività dei Guicciardini e del D. fu resa ancor più difficile dal crescente clima di sospetto seguito alle trattative del granduca per il matrimonio fra la principessa Maria de' Medici ed Enrico IV, re di Francia. Anche la situazione personale del D. subì un peggioramento: stanco della lontananza dalla patria, indebitato con gli amici e con lo stesso ambasciatore Guicciardini, chiese più volte il permesso di tornare a Firenze.
Il permesso venne prima accordato ma poi subito revocato e solo il favore della granduchessa Cristina di Lorena poté ottenergli un donativo di 200 scudi che risollevò solo in minima parte la sua dissestata economia. Costretto a seguire la corte nei suoi spostamenti (a Valenza dal marzo al settembre 1599, a Saragozza dal settembre al novembre 1599, a Madrid dal dicembre 1599 all'agosto 1600, a Valladolid dal 1601 al 1603) e quindi a sostenere sempre nuove spese, nel gennaio 1600 si trovò sul punto di dover abbandonare il servizio e nel luglio 1601 solo l'aiuto del Guicciardini impedì che venisse imprigionato per debiti.
Risalgono a questi anni i suoi primi tentativi storico-letterari, rimasti tutti manoscritti: la Relazione dell'oro e argento che portò la flotta dal Perù e Nuova Spagna (1594:Bibl. naz. di Firenze, Magliabechiano XXIV,cod. 53, n. 21), ricca di dati e notizie spesso raccolte dai diretti testimoni ma talvolta incline al fantastico, ed il Compendio della vita di Filippo Secondo Re di Spagna (1600:Bibl. nat. di Parigi, Mss. Ital., 446),compilazione dal tono puramente apologetico in cui alla narrazione cronachistica dei fatti si alternano giudizi stereotipati o comunque di scarsa originalità. Di una relazione sulla Monarchia spagnuola, cioè Osservazioni della potenza e Stati del Re Cattolico e della sua Casa e sua Corte (1602) di cui dà notizia il Negri (Istoria degli scrittori fiorentini, p. 436) non abbiamo potuto trovare traccia tra i suoi scritti, molti dei quali sono andati dispersi alla fine del sec. XVIII con l'estinguersi della famiglia. Le sue relazioni scritte con stile vivace lo dimostravano uomo di vasta cultura e incontravano il favore dei sovrani, in particolare della granduchessa Cristina di Lorena che le leggeva "con indicibile gusto et lode" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato,1341,non cart.). Ella talvolta gliele commissionava espressamente, come forse avvenne per la Descrizione della America o vero Indie Occidentali (Valladolid, 13sett. 1604),composta attingendo "da diversi scritti et da proprii Indiani et da molti spagnoli che hanno habitato gran tempo in quei paesi" (Bibl. naz. di Firenze, Magliabechiano, XXIV,cod. 53, n. 20) e per il Ritratto del re Filippo III e della regina Margherita sua moglie, del duca di Lerma e di tutti gli altri consiglieri di Stato, già data per dispersa dal Negri.
L'attesa del ritorno in patria, iniziata fin dal 1599, verrà ancora più volte delusa e dilazionata per vari anni: nel settembre 1601 gli venne negato per la seconda volta il permesso di rientrare e l'anno seguente, dopo che era già stato designato a sostituirlo il segretario Domizio Peroni, fu costretto a differire ancora la partenza per la morte del Guicciardini (27 sett. 1602), dovendo curare gli affari relativi all'eredità ed assistere l'ambasciatore straordinario Rodrigo Alidosi de Mendoza (in Spagna dal marzo al dicembre 1602). Con l'arrivo del nuovo ambasciatore residente, mons. Cosimo Concini - inviato nel novembre 1602 per seguire la pratica dell'investitura di Siena che Filippo III tardava a concedere e per definire con don Pietro un accordo che sembrava finalmente possibile grazie alla mediazione del papa - la presenza del D. fu dapprima temporaneamente richiesta per curare alcuni affari di natura finanziaria, ma divenne poi indispensabile in seguito alla malattia e alla morte del Concini (12 nov. 1603) che lo costrinse a prendere la direzione della trattativa con don Pietro. Trovatosi presente, il 29 apr. 1604, alla morte di costui, ne fece al granduca un'esatta relazione entrando nel merito del problema dei figli che egli lasciava e della loro posizione nei confronti delle leggi spagnole. Ricevuto dal nuovo ambasciatore mons. S. Tarugi l'ordine di vigilare su di loro e di provvedere al loro trasferimento in Toscana, lasciò la Spagna nel febbraio 1605. Nei due anni che seguirono fu introdotto a diretto servizio della granduchessa, che mostrava di apprezzarne lo spirito erudito ed eclettico. Il 23 febbr. 1607 venne di nuovo impiegato in compiti di rappresentanza ed inviato a Roma come ambasciatore residente reggente, in aiuto dell'ormai anziano Giovanni Niccolini, con un'assegnazione mensile di 60 scudi e con l'incarico di conquistarsi la confidenza dei cardinali spagnoli e dell'ambasciatore di Filippo III. Giunto a Roma il 14 marzo 1607, venne ricevuto da Paolo V tre giorni dopo. Rimase presso la corte pontificia fino al 19 marzo 1611, data in cui venne richiamato a Firenze per poi succedere a Lorenzo Usimbardi nell'importante carica di segretario per gli affari di Siena, ufficio che dovette reggere degnamente, se il 21 ott. 1622 il Collegio di balia di Siena deliberava di concedergli la cittadinanza "riconoscendo ... il merito ed il valore del signor Oratio" e "quanto egli abbia sempre affettuosamente adoperato in pro di questo universale" (Gamurrini, p. 477). Cosimo II gli affidò inoltre la responsabilità dell'ufficio delle Possessioni e lo nominò segretario della moglie, la granduchessa Maria Maddalena d'Austria. Il 2 giugno 1613 il D : sposò la nobile fiorentina Margherita di Francesco Quaratesi e di Porzia Belfredelli che gli portò una dote di 3.800 fiorini, ma morì prematuramente nel 1617 dopo avergli dato due figli: Cosimo (nato l'8 genn. 1615) e Ferdinando (nato il 27 maggio 1616). In considerazione del fedele servizio prestato, il 7 genn. 1614 un decreto del Magistrato supremo lo restituì agli onori della cittadinanza fiorentina, di cui già sembra avessero goduto i suoi antenati prima di essere banditi come ghibellini, come egli era riuscito a dimostrare attraverso minuziose ricerche genealogiche.
Il matrimonio e le varie cariche ricoperte negli anni seguenti (nel 1615 verrà chiamato a far parte dei Dodici buonuomini; nel 1616 sarà uno dei quattro conservatori dell'Archivio; nel 1615 verrà eletto fra i capitani di Parte guelfa; dal 17 ag. 1621 siederà nel Consiglio dei duecento; nel 1622 farà parte dei Nove conservatori del dominio; nel 1624 entrerà fra i procuratori di palazzo e, nel 1629, di nuovo fra i conservatori dell'Archivio) attestano lo stabilizzarsi della vita pubblica e privata del D., che finalmente gli permise di dedicarsi agli studi storico-eruditi. Dei lavori di questi anni resta un manoscritto intitolato Prosapia del Salvatore del genere umano et di tutti i re et maggior principi del mondo ... (1620), con allegate quindici lettere di vario argomento, opera di cronologia che mostra una larga cognizione dei libri biblici e della storiografia classica e che manifesta un gusto erudito sostanziato di fonti documentarie. Al D. sono inoltre attribuiti dal Negri i seguenti scritti: Vita di Ferdinando granduca di Toscana; Serie breve de' vescovi ed arcivescovi della Chiesa fiorentina dal 313 al 1574; Discorso sopra l'occorrenza de' signori veneziani l'anno 1607; Rappresentazione sagra in versi sciolti della vita del b. Pietro Belfredelli; Rappresentazione in versi sciolti della vita di S. Galgano.
Abbandonate le cariche pubbliche, il D. si ritirò nella villa di Galognano dove morì il 12 ag. 1630. Fu sepolto a Firenze nella chiesa di S. Francesco al Monte.
Fonti e Bibl.: La maggior parte delle notizie sul D. e sulla famiglia sono state desunte da fonti manoscritte conservate nei seguenti fondi dell'Arch. di Stato di Firenze: Carte Pucci, 9, ins. 26; Giustificazioni di nobiltà,16; Magistrato Supremo, 2920 non cart. (decreto del 29 nov. 1689) e 4318, cc. 138-139v; Manoscritti,581 (2 giugno 1613); Ibid., 587 (confr. 12 ag. 1630); Tratte, 962, c. 155v; Ibid., 1112, c. 64v; Carte Sebregondi, sub voce. Confronta anche Archivio di Stato di Prato, Comunale,2983, c. 55v; Diurni,151, c. 25; Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano,c.XXV,cod. 795 (alle cc. 504-507 si trova copia del testamento). Le varie corrispondenze diplom. del D. sono anch'esse conservate nell'Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato 1341, 1342, 2905, 2906, 3640, 3641, 4934 (nella filza 2683, c. 23 sono le istruzioni per l'ambasceria del D. a Roma); S. Caterina de' Ricci, Epistolario,a cura di G. M. Di Agresti, IV, Firenze 1974, p. 99; E. Gamurrini, Istoria geneal. delle famiglie nobili toscane et umbre,I,Firenze 1668, pp. 476 s.; C. Della Rena, Serie degli antichi duchi e marchesi di Toscana, I, Firenze 1690, pp. 174 s.; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini,Ferrara 1722, pp. 436 s.; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana..., Firenze 1805, 11, p. 244; F. Inghirami, Storia della Toscana,XIV, Biografia,Fiesole 1843-1844, p. 163; Invent. dei manoscriti italiani delle Biblioteche di Francia, a cura di G. Mazzatinti, Roma 1886-88, I, p. 94; Ministero dell'Interno, Archivio Mediceo del Principato. Inventario sommario, Roma 1951, ad Ind.;M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737),Roma 1953, sub voce; F.Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici,Torino 1976, pp. 282, 364, 404; S. Caponetto, Aonio Paleario (1503-1570) e la Riforma protestante in Toscana, Torino 1979, pp. 164, 206; G. Pansini, Le Segreterie nel Principato Mediceo,in Carteggio univ. di Cosimo I de Medici,a cura di A. Bellinazzi-C. Lamioni, Firenze 1982, 1, p. XXXVI.