BUONFIGLIO, Orazio
Originario di Nizza (ignota è la data di nascita), entrò al servizio di Carlo Emanuele I nel gennaio 1619 a Chambéry in qualità di tesoriere generale di Savoia. Da questa carica egli si dimetteva due anni dopo, nel febbraio 1621, nel corso di un'inchiesta ducale, provocata da gelosie e invidie di emuli e avversari personali, che ebbe a comportare in un primo tempo il sequestro precauzionale dei suoi stessi beni e l'arresto a domicilio, ma che si concludeva cinque mesi dopo con esito positivo e la reintegrazione nel precedente ufficio. Iniziava, anzi, da quel momento una carriera che doveva portare il B. a raggiungere alcune delle massime dignità amministrative nell'organizzazione dello Stato sabaudo e ad accrescere considerevolmente le sue fortune private, originariamente assai modeste. Nominato nel 1622 consigliere di Stato e promosso al grado di secondo presidente della Camera dei conti di Savoia, il B. veniva chiamato a Torino, il 29 luglio 1623, a succedere al conte Coardo di Rivalba nell'incarico di presidente generale delle Finanze di qua dei monti, del contado di Nizza e del principato di Oneglia. Fuori dai rancori faziosi della nobiltà savoiarda e dalle ricorrenti discordie di mestiere delle magistrature d'oltralpe, egli riusciva infine a farsi valere anche nella gara ai benefici e agli appannaggi di corte, giungendo ad assumere, il 28 ag. 1627, in sostituzione di Cesare Cernusco, la carica di primo presidente ordinario delle Finanze. Ma già negli anni precedenti aveva avuto modo di accumulare una lauta pensione e sostanziosi donativi. Una patente del 2 ag. 1623 gli riconosceva infatti emolumenti annuali per più di 2.000 scudi; di altri 1.000 egli beneficiava, "per meriti particolari", con atto del 14 ottobre. E ancora il 3 giugno 1624 Carlo Emanuele I gli assegnava, dopo la donazione di beni e censi confiscati a Bra, una cascina e 25 giornate di terra a Isola Monferrato con diritto di successione per i figli ratificato con patenti del 2 marzo 1625, cui si aggiungeva, il 12 settembre, la cessione di una casa a Nizza. D'altra parte, con la promozione alla carica di primo presidente delle Finanze, la sua pensione annua veniva elevata a più di 2.461 ducatoni, ed essa sarà integrata tra il 1628 e il 1629 da ulteriori prebende ducali, in occasione di varie requisizioni decretate dal fisco su merci, censi e beni immobili, e da altri benefici materiali ed esenzioni tributarie a titolo di favore personale.
Esecutore puntuale e devoto delle direttive ducali, il B. avrà modo del resto di mettersi in luce in un momento particolarmente delicato per le finanze dello Stato, come quello coincidente con la preparazione militare e gli ingenti impegni sostenuti nel corso dell'invasione del Monferrato. Appunti, resoconti e consuntivi sul recupero di beni usurpati, sui redditi della gabella generale, di dogana e tratte, sull'applicazione o revisione di tributi feudali e di esenzioni fiscali, o su ritardi nei pagamenti, ma anche in tema di sovrintendenza e di organizzazione delle "tappe" militari, di provvista di presidi e guarnigioni occupano gran parte del carteggio intercorso in quegli anni fra il B. e il sovrano; anche se non mancano ripetute richieste per congrui donativi personali e petizioni per parare gelosie e intrighi d'ufficio o dispute di giurisdizione.
Altre ricompense, spesso troppo minute per farne un elenco esauriente, segnavano comunque la solida carriera del B. durante l'ultimo periodo dell'avventuroso governo di Carlo Emanuele I. Né le sue fortune mutavano dopo la morte del sovrano. Onde il 16 ott. 1630 Vittorio Amedeo I, con la conferma nell'incarico di consigliere di Stato, gli conferiva la nuova dignità di gran conservatore del Patrimonio (il suo posto alle Finanze sarà occupato da Giovan Domenico Fumo). Tre mesi prima, il 30 luglio, il B. era stato insignito del titolo baronale e investito del feudo di La Turbie, sulle estreme pendici delle Alpi Marittime, nel contado di Nizza (confermatogli poi con diritto di successione per i figli, il 25 luglio 1631). E aveva coronato così, con l'ingresso nella nobiltà di toga, in maniera quanto mai rapida e autorevole una carriera nei ranghi della burocrazia ducale segnata peraltro più da una routine zelante e scrupolosa che da vivace ingegno e fiuto politico.
E, tuttavia, cominciava proprio da allora il suo graduale declino nella cerchia delle supreme magistrature sabaude. Già in contrasto nel febbraio del 1633 con l'entouragedel fratello naturale di Vittorio Amedeo I, don Felice di Savoia, il B., caduto in disgrazia del sovrano all'inizio del 1636, era incarcerato, non estraneo il clima politico di avvento di nuovi rapporti di forza e di cabale di corte, determinato dai primi pronunciamenti a Torino tra lo schieramento filofrancese e il "partito spagnolo". Qualche mese dopo, nel giugno 1636, moriva senza lasciare prole.
Inutilmente la vedova Francesca, anch'essa coinvolta nel processo iniziato a carico del B., invocava, ancora nel gennaio 1639, larestituzione dei beni familiari confiscati a suo tempo. D'altra parte, nel corso del conflitto dinastico che opporrà madamisti e principisti, il feudo di La Turbie veniva assegnato dal principe Tommaso, il 13 marzo 1640, a uno dei suoi seguaci, il vescovo di Nizza Giacomino Marenco. Soltanto il 30 marzo 1644 la vedova del B. riuscirà a ottenere dalla duchessa Cristina l'usufrutto di metà dei beni confiscati, per il resto già distribuiti ai nuovi protetti della reggente, e la grazia per le imputazioni più gravi, di falsità e di complicità con il marito nel tentativo comune di evasione dal carcere otto anni prima.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, voll. 40, ff. 110, 212; 41, f. 139; 44, f. 91; 45, ff. 3, 39, 43, 195; 46, ff. 127, 229, 232; Controllo Finanze, registri 1623, 1, ff. 273, 283; 1623, 2, f. 44; 1624, 1, f. 149 c. 2, ff. 148-149; 1625, 1, f. 52 e 3, ff. 27, 54, 80; 1626, 2, ff. 51, 56; 1627, 3, ff. 78, 96, 105; 1628 in 1629, ff. 93-94, 102, 133; 1630 in 1631, ff. 64-65; 1631 in 1632, ff. 2, 4, 60; 1634 in 1635, f. 60; 1635 in 1636, f. 173; 1638, 2, ff. 108, 139; 1639, ff. 147, 161; 1643 in 1644, f. 282; Ibid., Sezione prima, Lettere particolari, B, mazzo 130, corrispondenza dal 1619 al 1634, da Chambéry, Cuneo e Torino; G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte, Torino 1798, III, pp. 138, 142; G. Quazza, Guerra civile in Piemonte 1637-1642, in Boll.storico-bibliografico subalpino, LVII (1959), p. 324; A. Manno, Il patriziato subalpino, Firenze 1906, II, p. 362.