BORGIANNI (Borgiani, Burgiano, Borján), Orazio
Nacque a Roma intorno al 1578 da Giovanni, falegname fiorentino.
Dal testamento del B. risultano suoi "fratelli uterini" Giovanni Domenico e Giulio Lasso. Quest'ultimo è conosciuto come architetto e si proclama "Romano, Reggio Ingegniere..." (Palermo, Bibl. Com., ms. Qq. B. 10: Relatione delle... essequie della Maestà Catholica... Regina di Spagnia... 16 di febraro X3 Indiz. 1612...; cfr. A. Giuliana Alajmo, G. Lasso e i Quattro Canti, in Giglio di Roccia [Petralia Sottana], 1963, 21, pp. 1-6). È molto probabilmente quello che il Baglione chiama Giulio Scalzo, indicandolo come scultore e fratellastro, per parte del padre, del B.: affermazione chiaramente smentita dal testamento.
All'inizio della sua carriera il B. soggiornò in Sicilia: la sua prima opera conosciuta, infatti, è una tela con S. Gregorio, firmata a datata 1593, già in S. Domenico a Taormina e ora nella collezione della principessa di Cerami a Catania: è la debole prova di un ragazzo che riflette la tarda tradizione manieristica (Bottari, 1936 e 1955).
Secondo il Baglione, il B., di ritorno a Roma dalla Sicilia, studiò la pittura e la scultura contemporanee e si esercitò sulle antichità. Quest'ultimo interesse viene confermato dall'introduzione di rovine nei suoi paesaggi come anche, talora, da un certo modo di drappeggiare. Sempre secondo il Baglione, il B. soggiornò per vari anni in Spagna, dove prese moglie, e tornò a Roma subito dopo la morte prematura di lei. È tuttora assai problematica la data di questo soggiorno in Spagna. Si pensa (Longhi, 1914), che un primo viaggio sia avvenuto nel periodo che va all'incirca dal 1598 al 1602. Certo è che nel 1603 il B. era a Roma poiché questa data compare sulla cornice del ritratto del pittore siciliano Tommaso Laureti nell'Accademia di S. Luca di Roma (inv. 439): nella stessa Accademia egli firmava un documento il 18 febbr. 1604 (vol. 42, Libro del Camerlengo, 1593-1623, ff. 105v 106).
Ma il 9 genn. 1605 il B. era sicuramente a Madrid, dove firmò un inventario dei beni del marchese de Poza (Pérez Pastor, Memorias de la Real Acad. Española, XI, Madrid 1914, p. 111). Non sappiamo quanto tempo durò questo secondo soggiomo in Spagna. Secondo alcuni fino al 1607 circa: e il 18 ottobre 1607 il B. pagava la sua quota all'Accademia di S. Luca a Roma (Archivio dell'Accademia, vol. 42, f. 35). Altri (Longhi, 1914) ritengono che abbia dipinto a Roma, all'epoca dell'elezione di Paolo V (aprile 1605), il ritratto del poeta G. B. Guarini (citato dal Baglione, perduto): non si hanno, però, prove sicure di questa affermazione.
Le altre poche date certe relative al B. sono il 1608, anno in cui datò l'Apparizione della Vergine a s. Francesco nella cappella del cimitero di Sezze Romano, il 1610, quando fu eletto membro dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon (Orbaan) presentato da A. Grammatica, che sarà poi tra i testimoni del suo testamento, e il 1615, anno in cui viveva a Roma in via Frattina e fece testamento (Arch. di Stato di Roma; da questo documento si rileva che era in floride condizioni economiche).
Il B. morì a Roma il 15 genn. 1616 e fu sepolto a S. Lorenzo in Lucina. Il suo epitaffio (v. Forcella) sparì dal portale durante i restauri del 1927.
Tra le opere dipinte dal B. durante il primo soggiorno in Spagna è il S.Cristoforo (già Barcellona, coll. Milicua; Madrid, sul mercato antiquario), firmato, dai modi manieristici nei panneggi fluttuanti e nelle rocce frastagliate, forse dipinto per qualche convento della Mercede (il monaco dello sfondo porta le insegne dell'Ordine). Il Cristo in Croce (Cadice, Museo), firmato, rivela qualche influsso del Greco nel corpo allungato e nelle nuvole tempestose. Non può dirsi tuttavia, come è stato spesso affermato, che l'ascendente del Greco sia stato determinante sullo sviluppo pittorico del B., dato che egli potrebbe aver tratto lo spunto per questa opera anche dalla incisione del Bonasone del Crocefisso di Michelangelo per Vittoria Colonna, ora perduto. Una debole copia del Crocefisso di Cadice si trova nel palazzo vescovile di Toledo. Certamente del primo periodo è il S.Francesco che riceve le stigmate (Madrid, coll. privata: vedi Pérez Sánchez, 1964), con firma frammentaria; stilisticamente vicino, anche se di qualità medriocre, il S.Gerolamo in penitenza (Pamplona, coll. Buendia), con firma incerta.
Le nove tele sull'altar maggiore e sui due altari laterali della chiesa del convento di Portacoeli a Valladolid, attribuite al B. da E. Tormo nel 1938e accettate da tutta la critica, sono da considerare, per ragioni stilistiche, anteriori alla tela di Sezze Romano del 1608, e dipinte perciò probabilmente durante il secondo soggiorno in Spagna. Il Pérez Sánchez (1964)suppone, invece, che esse siano state dipinte a Roma intorno al 1612, dato che il lavoro architettonico dell'altar maggiore fu completato intorno al 1613. L'Assunzione rivela, nello schema compositivo, una conoscenza dell'opera dei Carracci, e l'Apparizione della Vergine richiama il S. Giacinto di Ludovico inciso dal Sadeler. Le fonti figurative del B. vanno dal Correggio, per le luci guizzanti, allo stile tardo di Iacopo Bassano e del Tintoretto, a Lanfranco; indiscutibile, in particolare, l'influenza del Tintoretto nella composizione della Presentazione della Vergine, dove lo sfondo architettonico richiama senza alcun dubbio edifici romani e le figure hanno per lo più il modulo allungato dei manieristi, come nella Circoncisione e nella Visitazione (una versione quasi identica della Visitazione, già in Spagna, è ora a Roma, coll. Vitetti; è illustrata in The Burlington Magazine, C. [1958], app., tav. XI).
Anche se l'influsso di queste opere sugli artisti barocchi spagnoli non è stato così profondo come ha ritenuto il Longhi, va notato che l'Assunzione di Valladolid è servita da modello per quelle del pittore italiano A. Nardi nel convento de Las Bernardas a Alcalá de Henares e nella chiesa dello stesso ordine a Jaén. Una delle opere più belle del B. in Spagna, che sembra addirittura spagnola per la sua intensità, è il S.Domenico, firmato, nella coll. Diaz Cordobés a Madrid (Pérez Sánchez, 1964:vedi anche S. Jacob, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, XIII [1967], p. 124 n. 18).
È problematica e ipotetica a un tempo la cronologia delle opere che il B. dipinse dopo il suo ritorno in Italia: sono probabilmente di questo periodo il Davide e Golia (Madrid, Accademia di S. Fernando) e la Morte di s. Giovanni Battista (Dresda, Staatliche Gemäldegalerie) dove predominano, come a Valladolid, le allungate forme manieristiche. Queste e altre opere posteriori al ritorno dalla Spagna sono siglate con le iniziali "O.B.". Il Cristo fra i dottori (Roma, coll. C. e J. Almagià), come anche il Cristo portacroce (Roma, Sacro Cuore a Castro Pretorio), è caratterazzato da un'atmosfera affettuosa e da una romantica fantasia nella scelta dei costumi. Nella Via Crucis (Portici, cappella reale) è riconoscibile una larga partecipazione di bottega. Non è tanto certa l'attribuzione dei Trecento martiri cristiani (Milano, Ambrosiana) dove le imponenti corporature dei soldati più che allo stile del B. farebbero pensare al tardo manierismo, ma i giochi di luce, le pennellate e alcune fisionomie sono riferibili alla sua mano.
Anche se non firmata, l'Apparizione della Vergine a s. Francesco (Sezze Romano, datata 1608) è uno dei capolavori del B., che a una straordinaria bravura compositiva seppe unire effetti di luce squisiti e drammatici allo stesso tempo, riecheggianti il Correggio, Lanfranco e i Veneti, più che il Caravaggio, e raggiunse risultati che a Valladolid erano appena accennati. Nel S.Carlo Borromeo avanti la Trinità (Roma, S. Carlino alle Quattro Fontane), citato la prima volta dal Baglione, il B., che qui usa un colore particolarmente brillante, conferisce intensità drammatica all'immagine del santo, ritratto con fedeltà; il suo amore per l'antico è rivelato nella rappresentazione del famoso rilievo con le Nozze di Peleo e Teti, oggi al Louvre. Longhi (1914) ha datato questa tela, siglata "O.B.", al 1611-12; molto vicini nel tempo sono la grande tela con S.Carlo fra gli appestati (Roma, chiesa della Curia generalizia dei pp. mercedari) e il Ritratto di un cardinale (Los Angeles, Ed. N. Simon). Un'altra fase dell'arte del B. è indicata dalla Natività della Vergine (Savona, santuario della Misericordia), citata per la prima volta dal Ratti (1780) e databile intorno al 1612, sia per lo stile sia per il fatto che la facciata e le nuove cappelle della chiesa furono ricostruite a quell'epoca. La straordinaria opulenza del colore e della pennellata, l'ampio respiro della composizione fanno di quest'opera una tra le più alte del B.; il realismo domestico della scena e le bianche lumeggiature del colore provano che egli aveva appena ristudiato le opere di Iacopo Bassano, benché si individui anche il ricordo del Tintoretto nella massiccia figura femminile di schiena in primo piano.
Nei suoi ultimi anni (c. 1612-15) il B. fu influenzato dalle opere romane del Caravaggio, come appare evidente nella Sacra famiglia con s. Anna (Roma, Gall. Naz.), già in S. Silvestro in Capite: l'alto sfondo buio, i realistici bambini dai corpi modellati solidamente, e in qualche modo anche l'angelo, riflettono un gusto caravaggesco in un'opera che d'altra parte è originale sia per composizione sia per spirito. Tutti i critici hanno ammirato il bel brano di natura morta costituito dal cestino di vimini in primo piano. Contemporanee e strettamente collegate sono la Sacra Famiglia con s. Anna, siglata "O. B." (Firenze, coll. Longhi), e una, quasi identica, a Vienna in una collezione privata (Benesch).
L'incisione con la Pietà siglata "H.B." e datata 1615, è dedicata a Francesco de Castro ambasciatore di Spagna a Roma: dovette riscuotere grande successo, dal momento che fu ripetuta più volte dal Borgianni. La stampa è relativamente contemporanea a due tele con il Cristo morto (Firenze, coll. Longhi; Roma, Museo di palazzo Venezia), dipinto di scorcio con la Madonna dolente a sinistra e a destra la Maddalena e s. Giovanni; ripresa dal Cristo morto del Mantegna (Milano, Brera), la composizione appare per la prima volta in un affresco molto danneggiato nella sacrestia di S. Salvatore in Lauro, già nominato dal Baglione e dal Titi, che però non menziona la sovrastante testa di S.Girolamo, chiaramente del Borgianni. La stessa composizione della Pietà a fresco, che è senza la Maddalena, è ripetuta in una versione a olio, nella Galleria Spada di Roma, e in una grande tela (inedita) della cattedrale di Segovia, che, se non è un originale molto danneggiato del periodo spagnolo del B., è una copia; copie più tarde sono due piccole repliche di qualità inferiore (Épila, coll. Alba; Napoli, S. Domenico Maggiore, sacrestia). Lo stesso soggetto compare nel 1635 nella collezione del duca di Buckingham a York House (The Burlington Magazine, X [1906-1907], p. 379) e negli inventari del palazzo reale di Madrid (1666 n. 631, 1686 n. 308: vedi I. Bottineau, L'Alcázar de Madrid et l'inventaire de 1686, in Bulletin hispanique, LX [1958], p. 163).
Alla fine della sua vita il B. si dedicò a una serie di cinquantadue incisioni dalle Scene bibliche delle logge di Raffaello (molte di esse recano la sigla "H. B." e la data 1615); ricordate anche nel suo testamento, mostrano uno strano affievolimento della sua potenza creativa (Bartsch). Disegni sono conservati nel Gabinetto degli Uffizi di Firenze, all'Albertina di Vienna, nell'Ashmolean Museum di Oxford e nella Biblioteca Nazionale di Madrid.
Sono perduti molti quadri citati dal B. nel suo testamento e dal Baglione, come anche in inventari di collezioni italiane e spagnole: per esempio l'Ercole filante nella Galleria del Cavalier Marino (Venetia 1620, pp. 31-35); o l'Ecce Homo nell'inventario del 1662 di quadri e statue in palazzo Rondinini (L. Salerno, Palazzo Rondinini, Roma 1964, p. 280). È probabilmente perduta l'Assunzione, citata dal Baglione in S. Elena dei Credenzieri, che si è creduto d'identificare con quella nella chiesa del Sacro Cuore a Castro Pretorio. Dal testamento si apprende che Giovanni de Lescano, segretario dell'ambasciatore di Spagna conte de Castro, fu l'esecutore testamentario del B., che a lui dedicò l'incisione con S.Cristoforo che deve essere datata tra il 1610 e 1615, periodo in cui il de Castro era ambasciatore. La tela con S.Cristoforo della National Gallery of Scotland di Edimburgo deve anch'essa essere collocata verso la fine della carriera pittorica dell'artista, visto che corrisponde a questa incisione; questa versione potrebbe essere il dipinto con S. Cristoforo che nel testamento il B. lasciava alla sua parrocchia, S. Lorenzo in Lucina e che, citato dal Baglione e dal Titi, sparì nel secolo scorso. La popolarità di questo soggetto è attestata dalle repliche di bottega, forse dell'allievo e nipote Pietro Cemfiglia: Edimburgo, depositi; Würzburg, Museo. Un esemplare, perduto, già a Wiesbaden, è stato pubblicato dal Voss nel 1929 (v. anche Wethey, p. 153 n. 37). Una copia spagnola della stampa è nella chiesa di S. Vicente a Siviglia. Nel suo testamento infine il B. lasciava al Cemfiglia una Maddalena, un S. Francesco, un Salvatore, un ritratto della madre del Cemfiglia Vittoria Lassi e un Autoritratto.
Gli autoritratti del B. costituiscono uno dei punti più problematici della sua produzione. Supponendo che il disegno del contemporaneo Ottavio Leone (Vienna, Albertina) lo ritragga fedelmente, deve essere considerato notevolmente idealizzato l'Autoritratto nell'Accademia di S. Luca, citato dal Baglione, la cui data, 1617, sulla cornice, posteriore alla morte del B., può essere stata posta per errore alla fine del secolo, quando i ritratti degli accademici furono incorniciati di nuovo (copia di questo ritratto è agli Uffizi).Il Ritratto di artista (Madrid, Prado, n. 877), definito autoritratto del B. (Longhi, 1927), non corrisponde né al disegno del Leone né al quadro dell'Accademia di S. Luca (è probabilmente un autoritratto di L. Tristán: vedi S. Jacob, Ein Selbstbildnis von Luis Tristán, in Kunstgeschichtliche Studien für K. Bauch, Berlin 1967, pp. 181-188).
I ritratti della Madre e del Padre del B., che egli lasciò per testamento al conte de Castro, appaiono, assieme a un Autoritratto, nell'inventario (1638) dei quadri di Vincenzo Giustiniani (L. Salerno, The picture Gallery of V. Giustiniani, in The Burlington Magazine, CII [1960], pp. 143-145). Al de Castro lasciò pure il ritratto del Guarino. Le quattro teste in gesso che lasciò al suo servitore potrebbero essere state di sua mano; nel testamento non è specificato se "tutti i rilievi" che erano nella sua camera da letto, e che lasciò all'Accademia di S. Luca, fossero opere sue o frammenti antichi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Not. Capit. Off. 19, vol. XCVIII(1615), cc. 954r-959v (testamento del B.); G. Baglione, Le vite de' pittori..., Roma 1642, pp. 140-143; J. Martinez, Discursos practicables... [1675], in F. J. Sánchez Cantón, Fuentes literarias..., III, Madrid 1934, p. so; F. Titi, Ammaestramento... di pittura,scoltura... nelle chiese di Roma, Roma 1686, pp. 113, 178, 270, 336, 379; T. de Montalvo, Crónica de la provincia... de N. P. San Francisco [1708], in F. J. Sánchez Cantón, cit., V, Madrid 1941, p. 513; C.G. Ratti, Descrizione delle pitture... dello Stato ligure, Genova 1780, p. 44; J. A. Ceán Bermúdez, Diccionario histórico..., I, Madrid 1800, pp. 161 s.; A. Bartsch, Le peintre graveur [1870], XVII, Würzburg 1920, pp. 177-180; V.Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Roma, Roma 1874, V, n. 361; J. A. F. Orbaan, Virtuosi alPantheon, in Repert. für Kunstwissenschaft, XXVII (1914), p. 37; R. Longhi, O.B., in L'Arte, XVII (1914), pp. 7-23; Id., Gentileschi padre e figlia,ibid., XIX (1916), pp. 246-248 (ristampati con aggiornamenti in Scritti giovanili, Firenze 1961, pp. 111-128 e 219 s.); H. Voss, Die Malerei desBarock in Rom, Berlin 1924, pp. 464 s.; R. Longhi, Un S. Tomaso del Velázquez e le congiuntureitalo-spagnole, in Vita artistica, II (1927), pp. 6-8 (ristampato in Saggi e ricerche..., Firenze 1967, pp. 121-123); H. Voss, Elsheimers... Neuerwerbung, in Berliner Museen, L (1929), p. 26; O. Benesch, Ein Bild vonO. B., in Belvedere, IX (1930), pp. 220 s.; S. Bottari, Un'opera primitivadiO.B., in Critica d'arte, I (1936), pp. 141 s.; E. Tormo, Un pittore romano in Ispagna..., in Quadrivio, VI (1938), n. 26, p. 7; M. L. Caturla, B. en Valladolid, in Boletín del Seminario,Universidad de Valladolid, X (1943-1944), pp. 99-102; R. Longhi, Ultimi studi sul caravaggio, in Proporzioni, I (1943), pp. 42-44; M. L. Caturla, El coleccionista madrileño Don Pedro de Arce, in Archivo español de arte, XXI (1948), p. 301; R. Longhi, Volti della Roma Caravaggesca, in Paragone, II (1951), n. 21, p. 37; Mostra del Caravaggio (catal.), Milano 1951, pp. 46-49; S. Bottari, Il primo B., in Commentari, VI (1955), pp. 108-110; F. Zeri, O.B.: un'osservazione e un dipinto inedito, in Paragone, VII (1956), n. 83, pp. 4954; I. Toesca, Due tele del 1609, in Boll. d'arte, XLV (1960), pp. 283-286; H. Voss, Inediti diO.B., in Antichità viva, I (1962), n. 2, pp. 9-12; C. Pemán y Pemartin, Catálogo del Museo Provincial de Bellas Artes de Cádiz, Madrid 1964, pp. 13-15; H. E. Wethey, O.B. in Italy and inSpain, in The Burligton Magazine, CVI(1964), pp. 147-159 (vedi anche lettera di I. Toesca e replica di Wethey, ibid., pp. 378-380); I. Toesca, O.B.,ibid., CVII (1965), pp. 33 s.; A. E. Pérez Sánchez, B.,Cavarozzi y Nardi en España, Madrid 1964; Id., Más sobre B. y Nardi, in Archvo español de arte, XXXVIII (1965), pp. 105-110; A. Moir, The Italian followers of Caravaggio, Cambridge 1967, I, pp. 43-48, 77-80; II, pp. 47-50; A. E. Pérez Sánchez, Pintura italiana del sigloXVII en España, Madrid 1965, pp. 240-245; L. Salerno, Pinac. romana,indice delle pittureesistenti a Roma, in Palatino, XI (1967), p. 247; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 357; Encicl. Ital., VII, p. 479.