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BIANCHI, Orazio

di Armando Petrucci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)
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BIANCHI, Orazio

Armando Petrucci

Nacque a Roma nell'ultimo quarto del sec. XVII, e a Roma compì gli studi di giurisprudenza sotto la guida di G. V. Gravina, divenendo amico di P. Metastasio e socio dell'Accademia dei Quirini fondata dal maestro. Trasferitosi quindi a Milano, vi esercitò l'avvocatura, occupando contemporaneamente la cattedra di insegnante di greco e latino presso le Scuole Palatine di quella città. Nell'ambiente letterario milanese il B., che pure teneva a sottolineare la sua cittadinanza romana, non tardò ad inserirsi positivamente, soprattutto in virtù della sua buona preparazione retorica e per una non superficiale conoscenza del greco.

L'incontro e l'amicizia con il fervido editore F. Argelati segnarono nel capoluogo lombardo l'inizio della breve, ma ricca carriera letteraria del Bianchi. Egli, infatti, fu sin dal maggio del 1721aggregato alla Società Palatina, che curava la stampa dei Rerum Italicarum Scriptores di L. A. Muratori, con l'incarico di revisore dei testi e delle prove di stampa; il suo stipendio annuo venne fissato in 1.000 lire milanesi.

Sin dall'inizio il B. superò i limiti dell'incarico affidatogli e prese a curare direttamente l'edizione del testo di alcune cronache destinate ai primi volumi della raccolta, quali quelle di Giordanes, Eutropio, Paolo Diacono e l'Historia miscella, che collazionava sui manoscritti ambrosiani per molte ore al giorno, svolgendo inoltre ricerche suppletive nell'Archivio Capitolare di Monza. Tale suo impegno entusiastico, e forse eccessivo, lo pose ben presto in contrasto sia con il bibliotecario dell'Ambrosiana, G. A. Sassi, sia con lo stesso Muratori, che trovò troppo prolisso il suo commentario a Paolo Diacono; il B. rimase inoltre offeso del fatto che nel primo volume dei Rerum l'edizione dei Getica di Giordanes fosse attribuita al Sassi, mentre era praticamente opera tutta sua.

Tali contrasti dovettero contribuire non poco ad allontanare progressivamente il B. dalla Società Palatina e dall'edizione dei Rerum, cuiegli continuò comunque a collaborare, in modo sempre meno rilevante, sino al 1730.

Negli stessi anni al B. venivano intanto affidati importanti incarichi nell'amministrazione statale (di cui si andava riformando il catasto e il sistema fiscale), culminati nel 1732 con la sua nomina a segretario della R. Giunta.

Gli incarichi amministrativi non lo allontanarono però del tutto dalla passione letteraria, cui continuava a spingerlo la sempre viva amicizia con l'Argelati. Questi aveva dato il via intorno al 1730 ad una ampia Raccolta di tutti i poeti antichi latini colla versione nella italiana favella, cui il B. collaborò attivamente, fornendo le traduzioni dell'Achilleide diStazio (nel volume IV, Milano 1732) e delle Lodi di Ercole e Gigantomachia attribuite a Claudiano (nel volume XIII, Milano 1736). Più o meno negli stessi anni un'altra impresa dell'Argelati, la pubblicazione degli Opera omnia di Carlo Sigonio, ricondusse il B. all'erudizione storica. Sua è, infatti, l'edizione della Historia ecclesiastica del grande storico modenese, rimasta fino ad allora inedita, rinvenuta a Roma, e inserita nel quarto tomo della silloge (Mediolani 1734).

Gli interessi culturali del B., nonostante il frequente contatto con la storiografia erudita, rimasero lungo tutta la sua vita vari, spesso superficiali, sempre fra loro contrastanti, tali, comunque, da non togliere mai alla sua attività la caratteristica patina del volenteroso dilettantismo. Occorre infatti ammettere che buona parte della sua operosità letteraria fu condizionata da una naturale inclinazione al culto formale del bel latino e della versificazione accademica, che sempre più appariva in contrasto con i graduali mutamenti della temperie culturale milanese, nella quale pure il "romano" B. continuava ad operare. Non meraviglierà perciò vederlo nelle vesti di curatore di una vuota silloge poetica nel 1743 (Rime di diversi autori in lode della signora Maria della Porta..., Milano 1743), né saperlo l'anno appresso associato alla rinata Accademia dei Trasformati, guidata da G. M. Imbonati, presso la quale nel gennaio del 1745 tenne una relazione, di evidente intonazione giuridico-antiquaria, Sul titolo di pontefice massimo dei Gentili; in tale occasione, come anche nell'elaborazione dell'inedito e perduto trattato De ortu iuris civilis, ilricordo del lontano magistero graviniano avrà certamente guidato la mano del Bianchi.

Divenuto podestà perpetuo di Milano, il B. ridusse progressivamente l'operosità letteraria e i legami col mondo culturale milanese, che rimasero poi del tutto troncati quando nel 1753 un colpo apoplettico lo rese invalido. Morì all'inizio del 1756, e nello stesso anno la Raccolta milanese dell'anno 1756 pubblicò una sua breve lettera latina a Bernardo Andrea Lama, nella quale veniva ricordata l'antica amicizia che aveva in altri tempi legato i due studiosi. La moglie e il figlio Marco, rimasti per la sua morte in difficili condizioni economiche, si rivolsero per aiuto al Metastasio, che rispose loro il 26 luglio 1756, ricordando affettuosamente l'amico scomparso, ma praticamente rifiutando ogni concreto appoggio.

Fra le opere già ricordate del B. occupano un posto di grande rilievo le due edizioni critiche da lui curate ed inserite nel I e nel IV volume dei Rerum Italicarum Scriptores del Muratori. La prima è quella della Historia Langobardorum di Paolo Diacono, che figura, sotto il titolo De gestis Langobardorum, nel I volume (Mediolani 1723), alle pp. 395-511, ed è preceduta da una praefatio del Muratori e da una premessa del B. (pp. 399 s.), nella quale si sottolinea l'importanza dell'opera per la comprensione della storia italiana altomedioevale e, con un accenno tipicamente graviniano, della stessa legislazione longobarda. La Historia di Paolo Diacono era già stata più volte edita; ma il B., pur accettando come fondamentale l'edizione curata da F. Lindebrogh (Hamburgi 1611), volle procedere alla collazione del testo con un codice dell'Ambrosiana e uno della Capitolare di Monza: "acceptiorem praeterea futuram fore literatis viris putavi, si ex nova mea collatione cum aliis veteribus codicibus genuina lectio cognosceretur" (p. 399); ma i due manoscritti prescelti erano tutt'altro che "veteres": quello monzese, ritenuto dal B. e dai "periti" da lui consultati, del decimo secolo (p. 399) è invece della seconda metà del XII; l'altro ambrosiano dell'XI. La fatica filologica del B. fu dunque del tutto vana; utile, invece, quella erudita impiegata nella stesura di un commentario forse troppo ampio, ma preciso, acuto, ricco di riuscite identificazioni di fatti, nomi, luoghi, fonti storiche, e di ampi raffronti con storici coevi greci e latini (i passi greci, tratti anche da non comuni autori bizantini, sono tutti tradotti in latino), nonché bibliograficamente bene aggiornato (cfr. il lusinghiero giudizio che del commento del B. diede G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores Rerum Langobardicarum et Italicarum, Hannoverae 1878, p. 45). La valutazione dell'opera del B. come editore della Historia Mediolanensis di Landulfo seniore pubblicata nel IV volume dei Rerum (Mediolani 1723) deve essere ben diversa; l'opera, infatti, era inedita, e il B., anche se poté utilizzare il materiale già raccolto da G. P. Puricelli, ebbe il merito di stabilire un testo correttamente basato sul testimone più antico (ora Ambrosiano H89 P inf., del XII sec.: cfr., per i manoscritti della cronaca di Landolfo e per l'edizione del B., Landulfi senioris Mediolanensis Historiae libri IV, a cura di A. Cutolo, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., IV, 2, pp. XVI-XVIII); più stringato, invece, risultò il suo commentario, qui limitato alle necessarie identificazioni dei fatti, luoghi, persone.

Il gusto dell'inedito guidò il B. anche alla scoperta della Historia ecclesiastica del Sigonio, che egli fece rintracciare a Roma e di cui studiò a Milano due manoscritti, inviatigli sul posto per esplicito permesso di Clemente XII. La sua ammirazione per l'Historia dello storico modenese, che egli giudicava superiore agli Annales del Baronio, sembra indicare nel B., che avrebbe dovuto pubblicare e commentare anche le opere giuridiche del Sigonio, un atteggiamento ideologico e storiografico assai prossimo a quello del Muratori, che della riedizione degli Opera omnia del Sigonio si era fatto significativamente promotore.

Bibl.: F. Argelati,Biblioteca de' volgarizzatori…, III, Milano 1767, pp. 135, 235; G. Mazzuchelli Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1770, pp. 1160-1; P. Metastasio,Opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, pp. 1131, 1283; L. Vischi,La Società Palatina di Milano, in Arch. stor. lombardo, VII (1880), pp. 392, 449, 452-455, 458, 475-479, 485-6, 494, 500-502, 507; C. A. Vianello,La giovinezza di Parini,Verri,Beccaria, Milano 1933, p. 83; A. Annoni, Gli inizi della dominazione austriaca, in Storia di Milano, XII, Milano 1959, p. 149; G. Seregni,La cultura milanese nel Settecento,ibid., pp. 574, 575; S. Bertelli,Erudizione e storia in L. A. Muratori, Napoli 1960, p. 264.

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