AUGENIO, Orazio
Nacque attorno al 1527 a Monte Santo (Marche) da Luigi, archiatra di Clemente VII. Si addottorò in medicina a Camerino o a Fermo. Ma sia prima sia dopo la laurea studiò con l'Argenterio a Pisa, con G. B. da Monte e F. Frigimelica a Padova e infine con G. Finetti a Roma.
Per un biennio fu lettore di logica a Macerata; nel 1559 passò alla cattedra di medicina teorica straordinaria in Roma, che tenne fin verso il 1563, quando si trasferi a Osimo e, quindi, a Cingoli nel I570 e a Tolentino nel 1573. Nel 1578 fu chiamato a coprire la prima cattedra di medicina pratica nell'ateneo torinese, che occupò fino al 1592. Il 22 luglio di quell'anno ascese alla cattedra "ad theoricam ordinariam Medicinae" nello Studio padovano, e vi fu riconfermato l'8 ott. 1599.
Nel 1600 avanzò ai Riformatori dello Studio un'importante proposta, che venne accolta l'anno successivo, perché l'insegnamento "de morbis morborum. causis et symptomatibus et de pulsibus et urinis", fondamento della medicina "curativa et preservativa", avesse uno svolgimento regolare e ad esso fosse deputato un lettore apposito.
L'A. morì a Padova nel 1603.
L'A. non si interessò alla ricerca anatomica, allora tanto in auge nello Studio di Padova. I temi della sua indagine rientravano nell'ambito di quella medicina umoralistica a base filosofico-naturale, che nell'Ottocento fu definitivamente defenestrata dall'incalzante affermazione dei nuovi postulati della patologia naturalistica. Tuttavia certe sue brillanti osservazioni cliniche come alcune sue intuizioni etiopatogenetiche rivelano l'acutezza, se non l'indipendente originalità, di un medico in posizione ideale forse più avanzata di quanto possa trasparire dai suoi scritti.
Tra le opere di lui più notevoli meritano ricordo anzitutto gli Epistolarum et consultationum libri XXIV, Venetiis 1592, nei quali si discetta della genesi dei calcoli vescicali e del cancro della mammefia, di ostruzioni epatiche e di terapie dell'ittero, di diabete e di isterismo. Risultano in armonia con i gusti e le concezioni dell'epoca, ma in pari tempo rispecchiano una penetrante capacità dialettica e uno sfoggio di vasta dottrina il De curandi ratione per sanguinis missionem..., Venetiis 1570, ch'ebbe diverse edizioni (la prima in tre libri; la seconda in dieci fu edita a Torino nel 1584; una terza in sette vide la luce a Venezia nel 1597, con l'aggiunta di una confutazione dell'A. alle accuse mossegli da alcuni suoi colleghi; una quarta edizione in 17 libri, priva degli errori che deturpavano le precedenti, fu edita a Francoforte nel 1598), e il De febribus, febrium signis, symptomatibus et prognostico libri VII, comparso a puntate tra il 1568 e il 1572 e successivamente a Francoforte nel 1604 e a Venezia nel 1607. Meritano ancora un ricordo i tre libri Del modo di preservarsi dalla peste, Fermo 1577, e l'opera Quod homini certum non sit nascendi tempus, Venetiis 1595.
Il salasso costituì uno dei principali argomenti di studio e di polemica per l'A., che vi dedicò epistole, consulti e un trattato. Ravvisò con chiarezza la sua indicazione in quegli stati pletorici ove occorra raggiungere con rapidità un'azione decongestionante, e considerò quell'intervento alla stregua di un rivulsivo, precisando una vasta gamma di malattie, in cui esso può rivelare la sua straordinaria efficacia e mettendo viceversa in guardia dalla sua applicazione in caso di tisi.
Sulla febbre l'A. scrisse le pagine più acute che siano state pubblicate nel Cinquecento sull'argomento: dichiarò che la febbre è semplicemente un sintomo e provvide a dare una classificazione delle varie forme d'essa. Lasciò pagine interessanti sulla peste e, a proposito del contagio, accettò le tesi fondamentali di Fracastoro. Cercò inoltre d'interpretare taluni aspetti della fenomenologia clinica connessa con l'alterazìone febbrile.
Altri argomenti attrassero la vivida attenzione dell'A.: la calcolosi urinaria e taluni problemi di neuropatologia. L'A. rivelò rara acutezza in talune precise osservazioni sul feto settimestrale e ottimestre come sul parto, sulla gravidanza e sulla verginità. S'interessò vivamente pure alle affezioni del tubo gastroenterico e a problemi di dietetica.
Fonti e Bibl.: Rotulus et matricula Iuristarum et Artistarum gymnasii Patavini, a cura di B. Brugi e L. Andrich, Padova 1892, pp. 25, 42, 54; E. Morpurgo, Lo studio di Padova, le epidemie ed i contagi durante il governo della Repubblica veneta (1405-1797), in Memorie e documenti per la storia della Università di Padova, Padova 1922, pp. 144 s.; M. Chiaudano, I lettori dell'Università di Torino ai tempi di Emanuele Filiberto, in Studi pubblicati dalla Regia Università di Torino nel IV centenario della nascita di Emanuele Filiberto, Torino 1928, pp. 76, 79; N. Spano, L'Università di Roma, Roma 1935, p. 341; L. Thomdike, A History of magic and experimental Science, VI, New York 1951, pp. 211 s.; A. Simili O. A. da Monte Santo (Vita e opere), in Minerva Medica, LI (1960), n. 73, pp. 1613-1636.