Vedi ORANGE dell'anno: 1963 - 1996
ORANGE
ORANGE (v. vol. V, p. 703)· - Gli studi sulla città si sono fatti sempre più intensi, sia per quanto riguarda la planimetria di insieme, sia per quanto riguarda l'organizzazione del territorio circostante la colonia, sia, infine, per ciò che concerne i singoli monumenti.
Territorio. - Prima della conquista romana, un territorio assai esteso era stato sotto il controllo di una delle più potenti tribù della Gallia sud-orientale, quella dei Cavares, punto di riferimento anche per i Menini, i Segovellauni, i Tricastini. Roma assegnò questo territorio a una federazione di civitates: i centri più importanti, oltre a O., erano Valence, Saint-Paul-Trois-Chateaux, Carpentras, Avignone.
Strumento formidabile per la conoscenza delle ripartizioni delle terre coltivabili nei dintorni di O. è il celebre catasto. All'edizione fondamentale di A. Piganiol si sono aggiunti numerosi altri lavori. Il catasto era costituito da una grande pianta raffigurante la divisione in appezzamenti, incisa in una tabula di notevoli dimensioni posta nel 77 d.C., per iniziativa di Vespasiano, in un monumento non distante dal teatro (tabularium): il documento fu rinvenuto rotto in innumerevoli frammenti (probabilmente predisposti per una calcina), ma è stato in notevole misura ricomposto. Sono stati così individuati tre catasti, detti convenzionalmente A, B, C: sulla loro interrelazione cronologica si è a lungo discusso. Le iscrizioni che compaiono in ogni appezzamento riportato in pianta documentano la confisca di terra fertile alle popolazioni locali al momento della deduzione della colonia, la «restituzione» di appezzamenti (in realtà di terra meno fertile) ai Tricastini e agli altri gruppi, e così via. Il catasto B, il più ampio, è anche quello per cui si sono trovati più precisi riscontri sul terreno: p.es., a S di Montélimar, dove è stato rilevato il «modulo» degli appezzamenti stessi (708 m), e dove è stato individuato un decumano di particolare ampiezza e importanza (il «decumano 8»), che collegava la colonia con il corso del Rodano. Piganiol datava questo catasto al 35 a.C., anno di fondazione della colonia; studi più recenti (Bel, Benoit, 1986), pur mantenendo questa data per quanto riguarda la pianificazione, pensano che l'attuazione sia da scaglionare fra l'ultimo quarto del I sec. a.C. e l'inizio del I d.C.
Nel catasto C troviamo la menzione delle Insulae Furiarne (piccolo arcipelago fluviale, oppure area a S di
o., ai limiti di una zona di stagni e paludi), della Fossa Augusta (un canale artificiale, che è anche messo in pianta), e anche di Quinto Curzio Rufo, lo scrittore e uomo politico che nella maturità compose a Roma la vita di Alessandro Magno, ma che in precedenza era stato in Narbonense, frequentando anche, forse (come Petronio, Favorino e altri uomini di lettere) le rinomate scuole di Marsiglia.
Planimetria. - Da indagini compiute qua e là sotto la città attuale, e dall'orientamento dei monumenti noti, è stato ricostruito per O. il seguente schema: circuito delle mura ad andamento approssimativamente esagonale; all'interno di questo, impianto urbanistico ad assi ortogonali, con isolati di dimensioni costanti. Va ricordato che tale schema è ampiamente congetturale. L'andamento delle mura è riscontrabile in taluni tratti a SE, e soprattutto a O, dove sono stati individuati, presso la strada di Roquemaure, resti di una porta a un fornice fiancheggiato da torri (quella di sinistra è completamente scomparsa). Altre torri dovevano essere distribuite lungo l'andamento della cinta: quest'ultima inglobava anche la collina di Saint Eutrope, mentre lasciava all'esterno l'arco onorario, da interpretarsi perciò come limite simbolico e non fisico dell'abitato.
Monumenti. - Anche sull'arco, dopo l’editio princeps del 1962, non sono mancati numerosi interventi. La lettura dell'iscrizione, e perciò la datazione al 26-27 della «restituzione» a Tiberio, sono ormai generalmente accettate (con qualche eccezione: J. Anderson è tornato a proporre, come a suo tempo il Mingazzini, una datazione bassa). Ma perché l'iscrizione parla di «restituzione»? Secondo P. Gros, l'arco in un primo tempo, su iniziativa dei Secundani (i soldati della Legio II Augusta), sarebbe stato dedicato a un principe molto ben voluto (al contrario dell'imperatore Tiberio): Germanico, morto nel 19 d.C., di cui si sa che aveva ristabilito la situazione nella Gallia, riportando fra l'altro una grande vittoria fra le Alpi e i Pirenei. Solo più tardi, in un clima di ortodossia ristabilita, il monumento sarebbe stato nuovamente dedicato all'imperatore stesso.
Sono stati studiati anche i rilievi che costituivano i fregi dei varî ordini della scena del teatro (N. e M. Janon, M. Kilmer, 1992): un primo fregio presenta corteggi convergenti, uno di Centauri, l'altro di Vittorie alate: probabilmente si incontravano al centro della scena. Un secondo fregio presenta invece un'Amazzonomachia, mentre in un terzo è raffigurato un thìasos bacchico: quest'ultimo sembra eseguito da una mano diversa. Resta aperto il problema se queste sculture siano tutte dovute a un intervento adrianeo (come aveva ipotizzato G. Picard) oppure no: certo, il thìasos sarebbe un tema particolarmente adatto al tempo e ai temi di Adriano, che si presentava come novello Dioniso.
Il teatro, comunque, faceva parte in origine di un unico grande complesso monumentale interpretabile come Augusteum. Le rovine individuate sulla sommità della collina di Saint-Eutrope non sarebbero pertinenti a un tempio (come si era ipotizzato), ma a una torre-segnacolo visibile da lunga distanza; e il grande emiciclo adiacente al teatro stesso, che comprendeva al suo interno un tempio e che si raccordava con altre strutture che risultano oggi di difficile interpretazione (foro?), sarebbe il vero e proprio santuario. Avremmo perciò una concatenazione di elementi (segnacolo-santuario-teatro) che ricorda, sia pure con una disposizione diversa, l’Augusteum ricostruibile anche a Nîmes (v.).
Bibl.: O. A. W. Dilke, The Amasio Cadasters, in Akten des 6. internationalen Kongresses für griechische und lateinische Epigraphik, Monaco 1973, pp. 455-457; Α. Pelletier, La superficie des exploitations agraires sur le cadastre d'orange, in Latomus, XXXV, 1976, pp. 582-585; F. Salviat, orientation, extension et chronologie des plans cadastraux d'orange, in RANarb, 1977, pp. 107-118; I. Paar, Der Bogen von orange und der gallische Aufstand unter der Führung des Iulius Sacrovir 21 n. Chr., in Chiron, IX, 1979, pp. 215-236; F. Salviat, Le cadastre B d'orange, la route antique au sud de Montélimar, le problème de Dourion et le cours inférieur de la Bene, in RANarb, XVIII, 1985, pp. 277-287; V. Bel, J. Benoit, Les «limites» du cadastre B d'orange. Etude sur les régions de Montélimar et Saint-Paul-Trois-Château, ibid., XIX, 1986, pp. 79-100; P. Gros, Une hypothèse sur l'arc d'orange, in Gallia, XLIV, 1986, 191-201; R. Peters, Dekorative Reliefs an römischen Ehrenbögen in Südgallien (diss.), Bochum 1986; J. C. Anderson Jr., The Date of the Arch at orange, in BJb, CLXXXVII, 1987, pp. 159-192; A. G. Magdinier, P. Thollard, L'enceinte romaine d'orange, in Bulletin de l'École antique de Nîmes, XVIII, 1987, n. speciale, pp. 77-96; F. Gasparri, Notes médiévales sur les documents cadastraux de la colonie romaine d'orange, in BAntFr, 1988, pp. 147-152; M. E. Bellet, orange antique. Monuments et musée (Guides archéologiques de la France, 23), [Parigi] 1991; Ν. e M. Janon, M. Kilmer, Les frises d'orange. Le pouvoir mis en scène, in Spectacula, 2. Le théâtre antique et ses spectacles, Lattes 1992, pp. 149-162; B. Meissner, Meris VI ad ludum neronianum. Beobachtungen und Überlegungen zu einer Inschrift des Katasters von orange, in ZPE, XC, 1992, pp. 167-192.