ORACOLO (lat. oraculum, ossia responso uscito dalla bocca della divinità debitamente consultata, poi anche il luogo dove questo responso viene dato; in gr. χρησμός [da χράω "faccio sapere"] per il responso, χρηστήριον e anche μαντεῖον per il luogo)
Gli oracoli costituiscono la forma psicologicamente e socialmente più elevata della divinazione (v.). Si sa che la divinazione si divide in due grandi sezioni: la divinazione da segni esterni, detta anche induttiva, e dai Greci τεχνική in quanto suppone la conoscenza dei mezzi pratici con cui interpretare il volere degli dei e divinare il futuro, e la divinazione per ispirazione del nume o intuitiva, detta dai Greci ἄτεχνος in quanto la divinità ispira direttamente al suo ministro o rappresentante il responso da dare a chi la consulta. Negli oracoli possono funzionare tutte due le specie di divinazione, ma nei più famosi e moralmente autorevoli, p. es. in quello delfico era in uso quella intuitiva. Si possono riannodare, come sottospecie, alla mantica intuitiva due altre forme di divinazione; la necromanzia o divinazione da parte dei defunti e l'oniromanzia o divinazione per mezzo dei sogni, nelle quali, sebbene non si verifichi la possessione da parte del dio, è inclusa tuttavia una comunione diretta con esseri sopranormali. Non basta che vi sia rivelazione perché si abbia un oracolo: carattere essenziale di questo è: 1. di essere fissato in un luogo; 2. di avere un sacerdozio che disciplini e interpreti la rivelazione del nume.
La pratica oracolare, ossia l'uso d'interrogare la divinità, è antica quanto l'uomo e la si trova anche presso le popolazioni primitive. Il capo della tribù, re e sacerdote insieme, come era stato dotato di poteri superiori in vita, così dopo morto seguita a dirigere e consigliare il suo gruppo; la sua tomba diventa un oracolo. Così presso i Baganda dell'Uganda (Africa centrale) gli spiriti dei re morti vengono periodicamente consultati dal re vivo nei luoghi di loro sepoltura. Questi luoghi sono collocati in genere su una collina e contengono un trono per lo spirito del defunto, il quale parla per bocca del suo interprete. Questi, salito presso il trono, eccita il suo estro fumando una o due pipe e poi comincia a parlare con il tono e il gesto del re defunto, di cui incarna lo spirito. A Borneo e allo stretto di Torres gl'isolani si recano, per consultazione, alla capanna dove sono raccolti i teschi degli antenati. In Grecia molte tombe di eroi erano oracoli e lo stesso oracolo delfico cominciò con essere una comunicazione del regno dei vivi con quello dei morti attraverso la famosa fenditura del suolo.
I modi di consultazione. - Sono varî, specialmente nel caso della divinazione induttiva, ma si possono ridurre ai seguenti: fonti sacre, che, venendo dalle viscere della terra, sono in comunione con il mondo sotterraneo: il loro mormorio, l'effetto su oggetti gettativi dentro dànno il responso; alberi sacri, che dànno il responso soprattutto attraverso il mormorio del fogliame agitato dal vento; celebri a questo proposito le querce del santuario di Dodona nell'Epiro, la quercia da cui gli antichi Lituani traevano responsi per bocca del capo supremo del sacerdozio, situata nel centro di un sacro recinto, e le foglie attraverso le quali si spargeva a Cuma la sentenza della Sibilla; caverne sacre, ritenute in comunicazione con il mondo sotterraneo; le sorti, interrogate per mezzo di dadi che si gettavano sopra una tavola appositamente scompartita; il fuoco, a seconda della direzione della fiamma, del fumo, degli effetti su pelli o altri oggetti posti a bruciare; le anime dei morti, evocate con appositi sacrifici presso la loro tomba; l'incubazione (v.), praticata oltre che nei santuarî di Esculapio (v.) e nei Serapei anche in varî altri oracoli (v. oltre).
Naturalmente vi era un rito preparatorio alla consultazione: purificazione del consultatore con abluzioni e sacrifici espiatorî; esame preliminare circa la buona volontà del dio a concedere la consultazione; pagamento della tassa relativa; fissazione, per sorteggio, dell'ordine di precedenza, salvo il caso che taluno possedesse il diritto di preconsultazione (προμαντεία); preparazione del profeta o della pitonessa con abluzioni, astensioni, ingestione di vino o di sangue degli animali sacrificati, ecc. I fedeli si tenevano fuori dell'adito sacro ove si manifestava la voce del dio. Il profeta o la pitonessa scendevano per la consultazione e ne riportavano l'oracolo che scrivevano in genere su una lamina di piombo (molte ne sono state trovate a Dodona) che consegnavano all'interessato, arrotolata e debitamente sigillata. In Grecia la forma più antica del responso era in versi, in genere esametri, assai più raramente in trimetri giambici; soltanto più tardi si ebbero responsi in prosa. Talora l'oracolo parlava in prima persona, p. es. quello di Apollo, talora in terza, come quello di Zeus a Dodona: "Zeus manifesta che...". I responsi erano sovente ravvolti in un velo di oscurità (onde Apollo era detto λοξίας "obliquo"), che li rendeva più misteriosi e venerandi e insieme opportunamente elastici. Le consultazioni, se fatte da privati, riguardavano la salute, l'eventualità di figliolanza, la paternità vera di un nascituro, il ritrovamento di una persona o di un oggetto, ecc.; se fatte da città riguardavano fondazioni di templi, uso di rendite sacre, modificazioni cultuali, fondazioni di colonie, esito di imprese militari, ecc. L'oracolo di Delfi (v.) ebbe inoltre una funzione unificatrice della vita religiosa e nazionale dei Greci ed elevatrice della legislazione e dello stato morale del popolo, mediante il concetto del dio che esige l'espiazione del delitto.
Il Sacerdozio degli oracoli. - Gli oracoli funzionavano mediante l'assistenza di una corporazione sacerdotale, la quale anzi era per l'appunto quella che manteneva il luogo nella sua efficienza e ne perpetuava la tradizione: senza una corporazione sacerdotale non si ha un oracolo vero e proprio. Conosciamo i nomi di molte di queste corporazioni: gli Asclepiadi nei varî santuarî di Esculapio; i Bessi a Satres in Tracia; i Branchidi, gli Evangelidi nel tempio di Apollo Didimo a Mileto; i Gali nel Plutonio di Ierapoli; i Selloi o Helloi a Dodona; i Ciniradi e i Tamiradi a Pafo; gli Iamidi, i Clitiadi e i Telliadi a Olimpia, i Trachidi e i Deucalionidi a Delfi, da entrambe le quali corporazioni si sorteggiavano i membri del collegio degli Hosioi ("Οσιοι). Questi sacerdoti avevano cura dell'archivio dell'oracolo, dove veniva conservata copia dei responsi.
Esegeti e cresmologi. - Alcune città poi avevano degli esegeti ufficiali che interpretavano il responso riportato dagl'inviati (ϑεοπρόποι). Tali esegeti a Sparta erano detti πύϑιοι e ad Atene πυϑόχρηστοι, con riferimento all'oracolo delfico. Non mancavano poi gli esegeti liberi (χρησμολόγοι) che interpretavano i responsi sia pubblici sia privati; di essi il più famoso è Onomacrito (v.). A tali cresmologi si debbono le collezioni di oracoli (χρησμοί) che vanno sotto il nome di poeti o profeti leggendarî: quali Abaris, Amfilto, Bacide, Lino, Lisistrato, Museo, Orfeo, o di persone storiche, quali Epimenide ed Esiodo.
Caduta l'indipendenza greca e quindi venuta a cessare la funzione precipua dell'oracolo delfico, sviluppatesi durante l'epoca ellenistica le correnti filosofiche più varie, stoica, neopitagorica, evemeristica, con le relative critiche alla tradizione religiosa di cui fino allora la Grecia aveva vissuto, cominciò per gli oracoli un lento periodo di decadenza. Quelle voci e quei segni che dalla Focide, dalla Beozia fertilissima di oracoli (πολύϕωνος), dall'Asia Minore e fino dalla lontana Libia erano stati devotamente provocati e abilmente interpretati, non echeggiano più. Plutarco se ne domanda la ragione, e in un opuscolo Sulla cessazione degli oracoli la spiega con lo spopolamento della Grecia che ha reso inutili tanti centri di consultazione, con la sparizione e la morte dei genî (δαίμονες) che presiedevano all'oracolo. Mnasea di Patre, autore di una raccolta degli oracoli di Delfi, interpreta il fenomeno oracolare alla luce della teoria evemerista da lui seguita. Con lo sviluppo del neoplatonismo nel sec. III gli oracoli trovano un efficace difensore in Porfirio, il quale, nell'intento di sublimare teologicamente e filosoficamente il paganesimo, scrisse un'opera Sulla filosofia degli oracoli (i frammenti in Eusebio, Praep. evang.), dove, basandosi, come su testi sacri, su formule oracolari da lui raccolte, ne deriva tutta una teoria sull'essenza della divinità e sul modo di onorarla. Da ultimo, lo stile oracolare fu adottato durante l'impero da scrittori giudeocristiani per scagliare maledizioni e preannunziare catastrofi contro il paganesimo. Questi diversi sfoghi religioso-politici portano il titolo complessivo di Oracoli sibillini (v. Sibilla).
Negli oracoli non si deve vedere con il Fontenelle il risultato di una frode sacerdotale: essi sono stati certo opera del sacerdozio, ma esercitata in relazione con la vita politica del paese e sulle basi della credenza animistica, dalla quale né sacerdoti né popolo potevano sottrarsi.
La loro massima fioritura in Grecia è nei secoli VII-VI a. C., quando il sentimento religioso crebbe assai d'intensità.
I riti dei principali oracoli greci. - Intorno ai riti praticati nei principali oracoli del mondo greco si ha una sostanziale esposizione alle singole voci (v. anfiarao; delfi; dodona; trofonio). Qui si dà un cenno dei riti in uso presso altri oracoli, distribuiti secondo i quattro fondamentali modi di divinazione sopra accennati: per rivelazione del nume; per segni esterni sia naturali sia artificiali; da sogni; dai morti.
Per rivelazione del nume. - Dopo l'oracolo delfico, nel quale la sacerdotessa (πυϑία, ϕοιβάς) profetava da un tripode ed entrava in eccitazione per i vapori che uscivano da una fessura del suolo, nessun altro oracolo di Apollo era più insigne di quello di Branchidae (o Didima) a 12 km. da Mileto, con un tempio distrutto dai Persiani nel 494 a. C. e rifabbricato in maggiori proporzioni. Gli avanzi ce lo mostrano perittero, con l'interno occupato nel mezzo da un rettangolo di nudo suolo, l'adyton dei responsi, a cui si scendeva per mezzo di una scala. Da quell'adito la pitonessa profetava dopo aver bevuto da una fonte sacra ed essersi assisa sopra una pietra rotonda tenendo in mano una verga (lambl., De myst., III, 11). Presso Acraifia in Beozia v'era un oracolo di Apollo che parlava per bocca di un profeta (πρόμαντις); durante la seconda guerra persiana fu interrogato da un inviato di Mardonio e rispose in lingua caria; dopo la distruzione di Tebe l'oracolo tacque e ai tempi di Pausania non esisteva più. In Argo ai piedi dell'acropoli v'era un tempio di Apollo, detto perciò δειραδιώτης (sul colle). La profetessa doveva esser vergine e prima di entrare nell'estasi doveva bere il sangue di una pecora sacrificata (Paus., II, 24). A Claro presso Colofone il sacerdote di Apollo dopo aver appreso il nome e il numero dei consultatori scendeva in una grotta e, dopo aver bevuto a una fonte sacra di effetto eccitante e nocevole alla salute, dava i suoi responsi in versi. A Patara l'oracolo di Apollo funzionava solo nell'inverno; la sacerdotessa riceveva la rivelazione del dio nel tempio durante la notte.
Alla mantica intuitiva di Apollo si riannodano le Sibille (v.), la cui figura profetica è affine a quella della pizia delfica. Anche le Sibille infatti sono connesse con il culto di Apollo e profetizzano quando il nume le investe. Le Sibille hanno avuto tuttavia carattere più popolare, il che spiega la molteplicità delle loro localizzazioni (Sibilla cumana, persica, libica, eritrea, ecc.) nonostante l'unità della concezione.
Oracoli da segni esterni. - Quello di Dodona, nell'Epiro, dedicato a Zeus, è il più vetusto della Grecia, fondato secondo la tradizione dai preistorici Pelasgi entro un bosco di querce. Dallo stormire delle fronde, dalle colombe, dalla fonte sacra e dal suono di un bacino di rame i sacerdoti (Selloi) traevano i responsi (v. dodona). A Tebe nel santuario di Apollo Ismenio le predizioni si traevano dai visceri delle vittime, dall'esame delle quali il profeta non solo preannunziava genericamente eventi prosperi o avversi, ma faceva predizioni particolareggiate che venivano redatte in forma poetica (Herod., VIII, 134; Plut. Lys., 29). Presso Ciane nella Licia nell'oracolo di Apollo Tirseo i responsi si ottenevano da una fonte sacra (Paus., VII, 21 23). In Olimpia sull'altare delle divinazioni di Zeus", come lo chiama Pindaro, si praticava la ieroscopia. Dalle viscere degli animali e dalla loro pelle messa sul fuoco, gli Iamidi, sacerdoti del dio, traevano le predizioni. Ricorrevano ad essi in particolare i partecipanti ai giuochi olimpici per sapere se avrebbero ottenuto la vittoria (Pind., Olymp., VI, e schol.; Paus., VI, 8, 2). A Fere in Acaia v'era sulla piazza la statua di Ermete avanti alla quale stava l'ara dei sacrifici con tre lampade. Il consultatore la sera le riempiva d'olio, bruciava incensi, poneva un obolo dinnanzi alla statua alla quale diceva in un orecchio ciò che desiderava conoscere. Indi attraversava la piazza tenendo turate le orecchie, e non le apriva che a piazza attraversata: la prima parola che allora udiva era il responso del dio (Paus., VII, 22, 2). A Bure in Acaia nel santuario di Eracle si usava il sorteggio; il consultatore prendeva quattro dei dadi segnati che stavano innanzi al simulacro del dio e li gettava su una tavola: un'apposita tabella spiegava il significato dei segni (Paus., VII, 25, 20).
Altro oracolo famoso di questo tipo, che divenne per i Greci il terzo per importanza dopo quelli di Delfi e di Dodona, fu quello di Zeus Ammone nell'oasi di Siwa nella Libia, egizio di fondo poiché si tratta di Amon-Rîe, dio solare di Tebe a corna di ariete, cui sono venuti ad aggiungersi elementi culturali greci. La sua statua ornata di pietre preziose veniva portata in processione da 24 preti entro un'edicola, conforme all'uso egizio. I movimenti del capo, il luccichio vario delle gemme costituivano la rivelazione del dio, che veniva poi interpretata dal capo del sacerdozio. Accanto a questo elemento egizio ve n'erano altri che sembrano greci: la fontana del sole, gli alberi e gli uccelli (Herod., IV, 181; Diod., XVII, 30-51; Strab., XVII,1, 43; Sil. Ital., III, 690-99). Da Cirene, dalla Grecia, dall'Asia Minore, da Cartagine si veniva a consultare l'oracolo di Ammone. Il quale ebbe la sua consacrazione di celebrità da Alessandro Magno che nel 332 vi si recò e vi fu salutato dal capo del sacerdozio, conforme all'uso egizio, figlio del dio. L'oracolo fu in auge fino al tempo della dominazione romana sull'Egitto e sull'Africa.
Oracoli dai sogni. - Famoso era quello di Anfiarao (v.) a Oropo nell'Attica, nel quale il consultatore, dopo aver digiunato 24 ore, essersi astenuto per tre giorni dal vino e aver sacrificato un ariete, si addormentava sulla pelle dell'animale e riceveva in sogno la rivelazione (Paus., I, 34, 2; Philostr., Vit. Apoll., II, 37). Celebre era pure quello dell'eroe Trofonio (v.) a Lebadea nella Beozia, situato in un antro sotterraneo dove il consultatore debitamente purificato, unto di olio, biancovestito, e tenendo in mano focacce di miele, scendeva a ricevere la visione o la voce rivelatrice (Paus., IX, 39). In Epidauro poi e in tutti i santuarî di Asclepio (v. esculapio) la rivelazione, riguardo specialmente alla guarigione da malattie, si aveva mediante il rito dell'incubazione nel portico del santuario, durante la quale i malati ricevevano il sogno rivelatore, spiegato poi dal sacerdote che era un perito nell'arte medica (Paus., II, 27, 3). Ma anche altre divinità inviavano nei loro santuarî sogni datori di guarigione: così Dioniso ad Anficlea nella Focide (Paus., X, 33, 10); così Pluto nel suo santuario fra Tralli e Nisa nella Caria, dove però il sogno invece che ai malati veniva ai sacerdoti (Strab., XIV).
Oracoli dai morti. - Tiresia, evocato già nell'Odissea da Ulisse come vaticinatore, aveva in Aliarto in Beozia, dove si diceva fosse morto, un oracolo che funzionava attraverso vapori che emanavano dal suolo. A Cichira (antica Efira) nell'Epiro v'era un oracolo di Plutone presso il lago Aorno che si riteneva in comunicazione con il mondo infero. Erodoto narra che Periandro vi evocò l'anima della moglie Melissa da lui uccisa (Herod., V, 92,7). Ad Eraclea nel Ponto v'era un altro oracolo funerario dove si recò lo spartano Pausania per evocare l'anima di una fanciulla da lui uccisa e placarne l'ira (Plut., Cim., 6). Anche a Cuma in Italia esisteva presso il lago di Averno, tutto chiuso da ripe scoscese, un oracolo funerario dove sì evocavano le anime dei morti. Queste comparivano sotto forme indistinte, ma rispondevano alle domande che venivano loro rivolte. Al tempo di Strabone l'oracolo non funzionava più (Strab., V, 4; Diod., IV, 22).
Elenco dei principali oracoli dell'epoca classica. - Si elencano qui, per ordine alfabetico delle divinità o degli eroi, gli oracoli del mondo greco e quelli d'Italia.
Oracoli del mondo greco: Afrodite Aphakis, ad Afaca in Siria; Afrodite, A Pafo. Anfiarao a Oropo. Api a Menfi. Apollo, ad Abe nella Troade A., ad Adrastea nella Focide; A. Ptoo, ad Acrefia in Beozia; A. Miriceo, ad Antissa in Lesbo; A. Deiradiote, ad Argo in Argolide; A. Licio, ad Argo; A., a Calcedone nella Bitinia; A. Clario, a Claro nella Lidia; A. Granno, in Dacia; A., a Dafne presso Antiochia di Siria; A. Delio, a Delo; A. Delfico, a Delfi nella Focide; A. Coropaio, a Demetriade in Tessaglia; A., a Derea presso Abdera in Tracia; A., a Eutresi in Beozia; A., a Gryneion nella Misia; A., a Hylae presso Magnesia sul Meandro; A., a Hysiae in Beozia; A. Didimeo, a Mileto; A. Maloeis, a Mitilene; A. Napeo, a Metimna in Lesbo; A. Selinunzio, a Orobie in Eubea; A., a Patara in Licia; A. Sarpedonio, a Seleucia in Cilicia; A. Spodio, a Tebe in Beozia; A. Ismenio, a Tebe in Beozia; A., a Tegira in Beozia; A. Sminteo o Timbreo, a Timbre nella Misia; A., a Zelea in Frigia. Atena Chalinitis, a Corinto. Autolico, a Sinope nel Ponto. Dioniso, ad Anficlea nella Focide; D., presso i Satri nella Tracia. Era Acrea a Corinto. Eracle a Bure in Acaia; E., a Gades nella Betica; E., a Hyettos in Beozia; E., a Tespie in Beozia. Esculapio, ad Atene; E., a Cos; E., a Epidauro; E., a Pergamo; E., a Tricca in Tessaglia. Ermete, a Fare in Acaia. Gea, a Egira in Acaia; G., a Delfi; G. (Demetra), a Patre in Acaia; G., a Olimpia. Glauco, a Delo. Glicone, ad Abonotico in Paflagonia. Ino Pasifae, a Epidauro Limera in Laconia; I. P., a Talame in Laconia. Menesteo, presso Gades nella Betica. Mopso e Anfiloco, a Mallo in Cilicia. Neryllinos, ad Alessandria nella Troade. Ninfe Sfragitidi, sul Citerone. Nyx, a Megara. Pan, a Cesarea Panea in Siria; P., a Licosura in Arcadia; P., a Trezene nell'Argolide. Plutone-Ade, ad Acharaca nella valle del Meandro; P.-A., ad Eana in Macedonia; P.-A., a Ierapoli di Frigia. Podalirio (e Macaone), ad Adrotta in Lidia. Posidone Ippio, a Onchesto in Beozia. Protesilao, ad Eleonte in Tracia. Sarpedone, nella Troade. Temi, a Delfi. Tiresia, a Orcomeno in Beozia. Trofonio, a Lebadea in Beozia. Zeus Ammone, in Libia; Z. Aphytis, nella penisola Calcidica; Z. Dodoneo, a Dodona nell'Epiro; Z. Olimpico, a Olimpia nell'Elide.
Oracoli d'Italia: Albunea, a Tivoli. Calcante, sul monte Drione in Apulia. Le Camene, a Roma. Clitunno, a Mevania. Esculapio, nell'Isola Tiberina a Roma. Fauno, a Tivoli. Fortuna Primigenia, a Preneste. Fortuna, ad Anzio. Gerione, a Padova. Pico, a Tiora Matiene nel paese degli Equi. Podalirio, sul monte Drione in Apulia. La Sibilla, a Cuma.
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