TESTACEA, OPERA (testaceum opus)
I Romani chiamarono così ogni opera muraria eseguita con materiale di terracotta, sia spezzato nell'interno dell'opus caementicium, sia posto in cortina come paramento esterno (structura testacea).
L'uso di costruire muri con mattoni cotti in fornace, in luogo di quelli cotti al sole, sembra che avesse origine nella Campania, gli esempî più antichi trovandosi a Pompei e ad Ercolano. Durante la repubblica si tratta generalmente di tegole frantumate, alle quali sono commisti non di rado frammenti di doli, anfore e coppi; nei tempi più antichi il materiale testaceo non fu usato solo, ma alternato col tufo, in modo da formare piani regolari di posa, e di preferenza negli stipiti delle porte e delle finestre, negli archi, nelle lesene e nelle colonne di muratura a piccolo pietrame. Soltanto nelle pareti delle stanze termali, nei forni, nelle suspensurae caldariorum e nelle cisterne fu adoperato in modo esclusivo, per le qualità specifiche che ha la terracotta di fronte al calore e all'umidità.
Non è possibile stabilire quando si cominciassero a costruire muri di soli mattoni, oppure di tegole tagliate in forma di mattoni, triangolari o trapezoidali. In Pompei varî edifici intorno al Foro presentano una cortina rosso-bruna e di sottile spessore ricavata da tegole displuviali, che sembra appartenere alla fine della repubblica (le cosiddette curie, la scena del teatro, ecc.).
Anche in Roma una simile opera costruttiva si trova nel periodo che intercede fra Cesare e Augusto.
Ma l'uso di fabbricare mattoni con lo scopo precipuo di porli come paramento esterno del muro comincia sotto Tiberio (castra praetoria e domus Tiberiana), e diviene d'allora in poi il sistema preferito durante tutto l'impero.
Per i varî tipi di mattoni e il loro impiego, v. laterizî (Appendice).
Bibl.: E. B. Van Deman, Methods of determining the date of Roman concrete monuments, in American Journal of Archeology, s. 2a, XVI (1912), pagina 388 segg.