onorevole (orrevole)
È presente in Convivio, Inferno e Purgatorio; con sincope e assimilazione (‛ orrevole ') solo nel verso. In If IV 72 concorre alla replicatio di ‛ onore ' (v.) e derivati.
Oltre al significato più ovvio di " degno di onore " (con orrevol gente, in If IV 72, sono indicate anime molto ragguardevoli, gli spiriti magni del Limbo), è da segnalarsi qualche uso particolare, connesso alle varie accezioni di ‛ onore '.
Il banchetto che il poeta si prepara a imbandire col Convivio è da lui definito così onorevole per li suoi convitati (I X 1): infatti ne ha escluso coloro che non possono prender cibo per difetto organico e i viziosi, ammettendovi solo le persone che non si son potute dedicare agli studi perché impedite da cure familiari e civili, e anche coloro che non li hanno seguiti per pigrizia, ma in posizione ad essi subordinata, a li loro piedi (I I 12-13): insomma ha selezionato i suoi convitati e li ha collocati al posto giusto, e l'insieme che ne risulta è armonioso e pieno di dignità. Le condizioni onorevoli di Cv IV XXV 5 sono da riportarsi a un concetto di ‛ onore ' come ricchezza, potenza: li antichi regi ne le loro magioni faceano magnifici lavorii d'oro e di pietre e d'artificio, acciò che quelli che le vedessero divenissero stupidi, e però reverenti, e domandatori de le condizioni onorevoli de lo rege. Tale connessione con le idee di potenza, fasto, abbondanza di mezzi, di suppellettili, è frequente, nella lingua del tempo, per i derivati di ‛ onore ', e in particolare per l'avverbio 'onorevolmente '.
Orrevoli, riferito a nozze (Pg XXII 143), è dai più spiegato " decorose ". Ma forse converrà accentuare il valore attivo della parola: alle nozze di Cana, Maria si preoccupò che il banchetto offerto dagli sposi non finisse, per mancanza del vino, con loro disdoro; doveva invece riuscire o. per essi.
Per contro il corrispondente termine latino ubbidisce a una distinzione ben consapevole: in VE I XII 1 il poeta si propone di trascegliere, fra i volgari, quello che è honorabilius atque honorificentius, più degno di onore in sé e più onorifico per gli altri. Ed è distinzione che a sua volta si collega con altre caratteristiche del volgare illustre: illuminans et illuminatum... sublimatum... sublimat, ecc. (I XVII 2).