CLARETTI, Onorato
Figlio di Pietro e di Onorata Caissotti, nacque nell'ultimo decennio del sec. XVI, quasi certamente a Nizza, dove fin dagli inizi del secolo è documentata la residenza della sua famiglia, appartenente al ceto mercantile ma presto nobilitata. Ancora in giovane età il C. si trasferì a Torino, dove ebbe modo di procurarsi una buona cultura, come lasciano intendere i rapporti che in questi anni lo legarono ad alcuni dei più noti letterati italiani del tempo.
Fu a Roma, nel corso del 1618, che il C. frequentò Alessandro Tassoni, al quale propose di adoperarsi per far pubblicare la sua Secchia rapita presso qualche editore lionese. E infatti, facendo ritorno a Torino alla fine dell'anno, il C. recava con sé un esemplare dell'ancora inedito poema tassoniatio, che verrà pubblicato a Parigi nel 1622 non senza un'esplicita menzione del "sagace Claretto" (A. Tassoni, La Secchia rapita. L'Oceano e altre rime, a cura di G. Rossi, Bari 1930, pp. 47 s.; cfr. anche pp. 331 s.). Ma in questi anni il C. fu in contatto soprattutto con Giambattista Marino, che certo ebbe modo di conoscere e frequentare assiduamente negli anni che il poeta trascorse a Torino. Si spiega così come fosse appunto al C. che il Marino affidò il compito di firmare la lettera "a chi legge" premessa alla terza parte delle sue Rime, pubblicata a Venezia nél 1614 dal Ciotti, nella quale si attaccavano duramente gli imitatori e i plagiari del poeta e si forniva un vero e proprio catalogo delle sue opere in prosa e in versi che dovevano essere riconosciute come autentiche. Il testo della lettera è senza dubbio da attribuirsi al Marino stesso, ma resta significativo il fatto che proprio al C. (certo con. il consenso di questo) egli abbia voluto attribuire la paternità di questo deciso intervento a tutela del suo nome e dei suoi scritti. I rapporti epistolari tra i due continuarono anche dopo il 1615, quando il Marino lasciò Torino per trasferirsi a Parigi, e risultano documentati gli sforzi del C. per cercare di Pubblicare una sorta di antologia epistolare di importanti letterati italiani, da stampare a Torino sotto gli auspici del principe Tommaso di Savoia. Il progetto sembrava essere tramontato nel 1621, ma qualche tempo dopo il C. interpellava in proposito il Tassoni e, il 15 luglio 1624, ne scriveva come di qualcosa in avanzata fase di realizzazione al Marino, al quale doveva probabilmente essere dedicata una parte prevalente del volume, nonché affidato il compito di redigere la lettera di dedica. Già il 27 giugno di quell'anno, del resto, il principe Tommaso aveva scritto direttamente al Marino per comunicargli la sua benevola accettazione di quella dedica, del cui progetto affermava di essere stato messo al corrente dal "segretario Claretti".
Come risulta chiaramente da queste parole e come, d'altra parte, suggeriscono la stessa corrispondenza con il Marino e l'amicizia con Lorenzo Scoto, anch'egli poeta nonché cappellano del cardinal Maurizio, il C. già da qualche tempo era entrato al servizio della corte sabauda, presso la quale infatti, il 2 apr. 1621, aveva ottenuto la nomina a segretario ducale. L'anno seguente, il 25 ottobre, ebbe accresciuto il proprio stipendio, mentre in seguito, il 1º ott. 1626, divenne segretario del principe Tommaso, ufficializzando così una posizione che doveva probabilmente occupare già da qualche tempo, come la documentazione segnalata in precedenza sembra indicare. La morte di Carlo Emanuele I non interruppe la sua brillante carriera, che con il passare degli anni pare anzi aver assunto funzioni e significato più chiaramente politici. Nel 1636, infatti, fu nominato primo segretario di corte e l'anno seguente, in data 24 ottobre, ascese alla carica di consigliere di Stato, figurando così come autorevole personaggio dell'amministrazione sabauda, incaricato di affari importanti e di delicate missioni. Le caotiche vicende della vita politica piemontese nell'età della reggenza sembrarono per un attimo travolgerlo nel novembre del 1638, a causa della scoperta di una presunta congiura intesa a far entrare in Torino il cardinal Maurizio, nella quale si ritenne implicato anche il Claretti. Arrestato e rinchiuso in carcere, fu tuttavia liberato pochi giorni dopo "per essersi trovato innocente", come scriveva l'infanta Maria di Savoia al fratello, il principe Tommaso. Il C. fu così scagionato dalle accuse e poté riprendere le sue cariche, anche se certamente l'episodio conferma che la sua collocazione politica in questo periodo deve essere individuata più a fianco del partito spagnolo di Tommaso e Maurizio che di quello francese della reggente. Nel 1642, proposto in funzione di consigliere della principessa Luisa, era definito come persona benvoluta, imparziale, disinteressata e profondamente addentro agli affari del paese. 20 maggio 1649, infine, ottenne un nuovo accrescimento di stipendio e a partire da questa data non si possiedono ulteriori notizie sulla sua carriera politica.
Parallelamente a questi notevoli successi, il C. poté accumulare un sostanzioso patrimonio privato, che gli consentì in un tempo relativamente breve di entrare nei ranghi della più alta aristocrazia piemontese.
Già nel 1624 si era rivolto al principe Emanuele Filiberto, terzogenito del duca, per sollecitarne l'intervento al fine di ottenere dal conte Provana di Frossasco l'assenso alla sua aggregazione a quel casato, cosa che secondo il C. si rendeva necessaria a causa del fatto che esistevano altre persone di nome Onorato Claretti le quali, per la inevitabile confusione che ne nasceva, "cagionavano discordie et equivoci notabili". Evidente è la sua ambiziosa volontà di ascesa sociale, che raggiunse un obiettivo importante già nel 1631, quando poté acquistare i feudi di Gorrino e Pozzolo dai fratelli Luigi e Prospero Ponzone, con la facoltà di assumere casato e arma unitamente ai suoi fratelli Francesco e Andrea. Negli anni seguenti il C. estese ancora le sue proprietà comperando nel 1632 il feudo di Castiglione Falletto, nel 1634, per 4.100 ducatoni, quelli di Thierry, Toetto di Boglio e Lieuca da Gabriele de Villane, barone di Bois in Tarantasia, e infine, nel 1642, per 2.200 scudi d'oro, quello di Gassino presso Torino. Alle porte della città era anche la cascina della Valetta, che il C. acquisì nel 1634 pagando una cospicua somma di denaro, mentre contemporaneamente era in grado di destinare altri notevoli investimenti all'acquisto di case nel centro cittadino, una nel 1635 per 4.250 ducatoni e un'altra nel 1640, per 2.425 ducatoni, presso il palazzo di città.
Sposatosi due volte, l'11 luglio 1622 con Anna Pianca di Asti, poi morta nel 1636, e con Brigida Camilla-Guerillo nel giugno del 1640, il C. ebbe sedici figli (nove dalla prima moglie e sette dalla seconda), dei quali soltanto tre sopravvissero alla sua morte, avvenuta a Torino il 26 sett. 1673.
Fonti e Bibl.: A. Tassoni, Lettere, a cura di G. Rossi, II, Bologna 1910, pp. 90, 105 s., 178 s.; G. Marino, Epistolario, a cura di A. Borzelli - F. Nicolini, II, Bari 1912, p. 99; Id., Lettere, a cura di M. Guglielminetti, Torino 1966, pp. 199, 202, 244, 288, 302, 313, 558, 602; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, I, Torino 1868, pp. 73 s., 357 ss., 367 s., 429; app., p. 107; II, ibid. 1869, pp. 4, 590-93; Id., Il primo segretario del duca di Savoia Carlo Emanuele I e uno schiavo a Torino nel 1628 in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXIX (1893-94), pp. 561-75; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino, VII (datt.), subvoce.