CARLANDI, Onorato
Figlio di Francesco e di Camilla Castellani, nacque a Roma, in piazza di Spagna, il 15 maggio 1848. La madre proveniva dalla nota famiglia di orefici. Dopo aver frequentato il Collegio Romano, grazie all'appoggio della madre, che ne difendeva la precoce vocazione artistica in contrasto con il desiderio del padre che avrebbe voluto avviarlo agli studi giuridici, il C. poté iscriversi all'Accademia di S. Luca, dove seguì i corsi di A. Capalti, di F. Coghetti e di G. De Sanctis. Mortogli precocemente il padre, fu costretto a guadagnarsi da vivere e a mantenere la famiglia dipingendo su commissione quadretti che vendeva a mercanti d'arte.
Nel 1866, diciottenne, seguì Garibaldi nella campagna del Trentino. Al suo ritorno a Roma, la madre, timorosa dell'entusiasmo patriottico del giovane (un altro figlio era stato arrestato e condannato a una dura pena), lo inviò a proseguire gli studi all'Accademia di belle arti di Napoli, alla scuola di D. Morelli. Qui egli rimase, dal 1867 al 1870, quando, abbandonati gli studi, rientrava, come Nino Costa, a Roma con le truppe italiane.
Nel 1869, durante il soggiorno all'Accademia di Napoli, aveva cominciato a dipingere il quadro La barca dei fratelli Cairoli, ispirato agli eventi storici del 1867. Il dipinto, presentato a Roma all'Esposizione artistica internazionale nell'anno 1871 (cfr. Roma artistica, 1871, n. 2), riscosse successo e fu acquistato dal principe Ruspoli, allora sindaco di Roma (ora in collez. privata a Montecatini). Probabilmente nel 1872, e certamente nel 1871, all'esposizione della Società amatori e cultori di belle arti in Roma (cat. n. 65) il C. espose I prigionieri di Mentana: per dipingere il quadro aveva lavorato all'aperto, raggruppando i modelli in una vigna del quartiere Ludovisi (Scarpa, 1955, p. 33). Egli seguiva perciò la corrente storico-patriottica, ma la ricerca del vero si manifestava già, sia nel tema, legato ad avvenimenti tanto recenti, sia nello studio dei personaggi e del paesaggio. Il dipinto gli valse un premio e gli elogi pubblici del Morelli, ma non fu venduto, e il C. soltanto anni dopo ne fece dono al Museo di Roma (nel 1888 fu esposto a Londra, all'Esposizione d'arte italiana: cat. n. 558).
Il successo di queste due prime opere diede al C. la notorietà, e gli fu richiesto dall'impresario Filipperi di dipingere i fondali e il sipario per il teatro Politeama di Roma, in Trastevere. Il tema scelto, caro ai trasteverini, fu Orazio sol contro Toscana tutta; ma l'ispirazione per il quadro storico staccato dalla realtà mancava all'artista, e il risultato scontentò sia lui sia l'impresario. Terminata questa commissione, egli cominciò a recarsi in campagna a dipingere paesaggi e studi dal vero; aveva nel frattempo preso uno studio assieme allo scultore A. Cencetti, in Prati. Verso il 1874, un'insperata possibilità di dare lezioni di disegno, offertagli da una giovane inglese, lady Grey, lo liberò dalla necessità di lavorare su commissione (in quegli anni aveva venduto molti paesaggi a un mercante d'arte di via Condotti, tale d'Atri), e con gli amici E. Coleman e G. Ferrari egli poté ormai liberamente dedicarsi alla pittura dal vero nell'Agro romano. Nel 1875, all'esposizione degli Amatori e cultori in Roma, vinceva un premio di pittura ex aequo con A. Ceccarini. Nel 1876, assieme a V. Cabianca, P. Joris, C. Biseo, C. Maccari, E. Ferrari, fondava la Società degli acquarellisti di Roma, di cui fu segretario (Roma artistica, IV [1878], 3, p. 112). Nel 1877 partecipò alla mostra di via del Babuino 139, al negozio Dovizielli, e alla Esposizione nazionale di Napoli, dove presentò il dipinto Ilquattro novembre (cat. n. 604), vincitore di un premio.
Nel 1880 il C. si recò a Londra; rimase affascinato dalla pittura di paesaggio inglese ed ebbe inoltre l'occasione di conoscere la nipote di Peter de Wint, miss Tatlock, che gli aperse lo studio del nonno, ove era conservata una vasta raccolta di acquarelli.
L'acquarellista inglese lo interessò moltissimo, e lo studio degli altri paesisti inglesi (Turner, Constable, ecc.) affinò la sua pittura e schiari la sua tavolozza: "Solamente dopo la mia permanenza a Londra, patria del paesaggio moderno, i miei occhi si aprirono alla luce. Una volta quivi, io passai da Turner a Constable e da questi a David Cox e a tutti gli altri con l'ansietà della scoperta: ma uno soprattutto rimase nella mia mente: Peter de Wint" (in Ojetti, 1906).
Dal 1880 quasi ogni anno il C. soggiornò a lungo a Londra, ed espose regolarmente alla Royal Academy dal 1882 al 1889. Nel 1881, all'Esposizione degli acquarellisti in Roma, presentava ventuno acquarelli intitolati Ricordi d'Inghilterra (cat. nn. 20-36; 53-56).
Per questo periodo è interessante consultare l'Archivio Cabianca, presso la Gall. naz. d'arte moderna di Roma; il 15 maggio 1882, Cabianca scriveva da Londra alla moglie: "C. si è preso una casetta con giardino per sette anni dalle parti del Sig. Leighton, cioè a dire nella parte più aristocratica di Londra"; e ancora: " avrei in progetto di partire con C. per la Scozia per una ventina di giorni… per fare studi e quindi con lui tornare in Italia a Sestri e a Verona a fare un altro mese di studi sempre con C.; ma ci vogliono molti danari. Qui si spende orribilmente, e C. ha le mani bucate…" (maggio 1882). In quell'estate del 1882 erano a Londra, oltre al Cabianca e al C., anche N. Costa e M. De Maria. Da questa corrispondenza si deduce che il C. viveva ormai nell'agiatezza, frequentava la buona società londinese, introdottovi dal musicista abruzzese F. P. Tosti, era ricercato nei migliori salotti; la sua notorietà gli procurava molti allievi, ed egli organizzò una scuola di pittura all'aperto per signorine.
Dopo aver divorziato dalla prima moglie, Carolina Cairoli, sposò una nobile irlandese, Selina Haverty, che divenne pittrice anch'essa (di lei è il Ritratto del C. all'Acc. di S. Luca). A Roma aveva preso studio in via Margutta ed alternò ai periodi londinesi soggiorni romani: la sud amicizia con il gruppo costiano, che in quegli anni si andava configurando e assumeva un atteggiamento nuovo di insofferenza sia per la pittura tradizionale sia per lo spagnolismo alla Fortuny, imperante a Roma, si faceva più stretta; il C. era assiduo frequentatore del caffè Greco, luogo di convegno del gruppo dei pittori della campagna romana, e con essi continuò i vagabondaggi per l'Agro romano.
Nel 1886, assieme con il Costa, il Cabianca e gli altri, fondava la Società "In Arte Libertas". Alla prima mostra, tenutasi nello studio Giorgi in via S. Nicola da Tolentino, espose cinque acquarelli (recensioni in L'Italia, IV[1886], p. 6). Continuò a esporre regolarmente fino all'ultima mostra sociale, tenutasi nel 1897 a Venezia, in occasione della II Biennale. Frattanto partecipava alle esposizioni nazionali (Milano, 1881; Torino, 1884; Venezia, 1887; Roma, 1893). Nel 1902, all'esposizione degli Amatori e cultori a Roma, presentò cinquantatré acquarelli; nel 1904, assieme a Coleman, Biseo, Parisani, G. Cellini, fondava il gruppo dei "XXV della Campagna romana", di cui divenne presidente con il nomignolo di "Capoccetta".
Dopo aver esposto nel 1906 a Milano ottantaquattro acquarelli sulla Vitadel Tevere dalle sorgenti al mare, l'anno seguente partecipò alla Biennale di Venezia; nel 1910, alla IX Biennale, presentava più di cinquanta acquarelli con Impressioni della campagna inglese e della campagna romana (cfr. anche, del C., Le Nord du pays de Galles, nel numero spec. Sketching grounds di The Studio [1909], pp. 49-51). Nel 1922 partecipava alla mostra dei "XXV della Campagna romana" (catal. di C. Galassi Paluzzi) e contemporaneamente, alla galleria Pesaro di Milano, esponeva un centinaio di opere (catal. di F. Sapori). Nel febbraio 1933 alla galleria Antonina di Roma furono vendute pitture, disegni, acquarelli, in una sua grande retrospettiva.
Il C. morì a Roma l'11 apr. 1939.
Nel primo anniversario della morte fu allestita una grande mostra al Museo di Roma, al quale la vedova donò centocinquanta opere dell'artista scomparso (sei acquarelli sono conservati nella Galleria nazion. d'arte moderna: cfr. U. Fleres, in Boll. d'arte, I[1907], pp. 12-14; cfr. catal. 1972).
Fonti e Bibl.: Oltre ai catal. delle mostre citate all'interno della voce e alla bibl. in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 602, si veda: R. Pantini, Some Modern Italian Artists, in The Studio, XXII (1901), pp. 162, 169; U. Ojetti, L'arte all'Espos. di Milano, Milano 1906, p. 35; F. Sapori, Artisti contemporanei: O.C., in Emporium, L (1919) pp. 283-295; C. Galassi Paluzzi, I XXV della Campagna romana, Roma 1922, pp. 19-29; D. Angeli, in Giornale d'Italia, 15 maggio 1922; Jesurum, in IlMondo, 21 febbr. 1922; D. Angeli, Cronache del caffè Greco, Milano 1930, pp. 121 ss.; A. Lancellotti, Un cantore della campagna romana: O.C., in Capitolium, XIV(1939), pp. 313-326 (lo stesso in La cultura moderna, LII[1943], pp. 1-8); P. Scarpa, in IlMessaggero, 15 aprile 1939; R. Strinati, in Regime fascista, 16 maggio 1940; P. Scarpa, Mostra di O.C., Roma 1941; F. Sapori, O.C., in I maestri di Terracina, Roma 1954, pp. 17-22; P. Scarpa, Artisti contemp. ital. e stranieri residenti in Italia, Milano 1955, pp. 33-36; V. Martinelli, Paesisti romani dell'Ottocento, Roma 1963, pp. 53 ss.; C. Belloni, I pittori di Olevano, Roma 1970, p. 108; Aspetti dell'arte a Roma dal 1870 al 1914 (catal.), a cura di D. Durbé, Roma 1972, pp. 17 ss.