FIANI, Onofrio
Ultimogenito di Giuseppe e di Marianna Maffei, nacque a Torremaggiore (od. prov. di Foggia) il 10 sett. 1761.
Compiuti i primi studi, privatamente nella casa paterna di Torremaggiore, successivamente si trasferì a Napoli, dove frequentò il seminario e il collegio ecclesiastico, fino all'ordinazione sacerdotale. Uomo di vastissime letture, acquisì una profonda cultura giuridica, ma raggiunse ottimi livelli anche nel campo degli studi archeologici e filosofici. Conoscitore delle lingue classiche, ebbe anche interessi scientifici, avvicinandosi con curiosità alla cultura sensistica e illuministica. All'inizio degli anni Novanta fu chiamato ad insegnare diritto presso l'università di Castro.
Per i suoi meriti scientifici fu invitato a far parte dell'Accademia Sebezia di Napoli; fu subito annoverato nelle sezioni dei Sinceri e dell'Arcadia reale con il titolo di Sincero e con il nome di Atenodoro Lastenio. Nell'Arcadia napoletana il F. si distinse per dottrina e intelligenza con relazioni e scritti particolarmente apprezzati. Diede alle stampe una raccolta di tre Opuscoli (Napoli 1796) dedicata a F. A. Duca, vescovo di Castro (Sul vero sito del Gerione di Annibale. Lettera dell'abate Fiani in risposta al signor d. Francesco De Sanctis; Le remissioni che si accordano a' rei, esaminate col vero spirito della religione cristiana e del diritto sociale; Su' le nozze di Cana Galilea).
L'attività politica clandestina svolta insieme con i fratelli e il suo sincero spirito liberale procurarono al F. non pochi problemi all'indomani della congiura del 1794. Due anni dopo, infatti, fu allontanato dall'università per le sue idee politiche. La polizia sapeva delle sue simpatie per le idee democratiche che si erano sviluppate su un sostrato anticuriale. Tra il 1796 e il 1798 fu più volte in Puglia, presso la sua famiglia, sia per dedicarsi con tranquillità ai suoi studi sia per discutere con il fratello Giambattista di questioni politiche. Durante i mesi della Repubblica napoletana fu vicinissimo al fratello Nicola che abitava con lui a Napoli al collegio de' crociferi al Chiatamone. All'arrivo delle truppe sanfediste si rifugiò a Castel Sant'Elmo. Dopo la capitolazione seguì il calvario di tanti patrioti sulle navi mercantili nelle acque di Posillipo e di Chiaia, fino al tragico ritorno nella città il 3 ag. 1799. In carcere fu in compagnia del fratello Nicola, della cui tragica fine ebbe notizia da un tal Gusler, di nazionalità tedesca.
La giunta di Stato il 19 nov. 1799 lo condannò a 20 anni di lavori forzati. La pena gli fu commutata nell'esilio perpetuo. Liberato dalla galera di Castelnuovo, fu tradotto a Gaeta in attesa di essere imbarcato per la Francia, dove giunse nei primi mesi del 1800.
Risiedette a Parigi, Marsiglia, Tolone, Lione e poi di nuovo nella capitale francese, dove restò fino al 1805. Nel 1801 fu a Milano, dove pubblicò presso lo stampatore C. Tamburini il volumetto Il genio d'Italia ovvero ricerche filosofiche su gli acquisti inutili alla Francia.
L'opera è una protesta contro l'ingiusto trasferimento in Francia di grandi opere d'arte italiane, trafugate da musei e chiese dalle truppe napoleoniche. Attraverso "prologhi filosofici", il F. vuole dimostrare che "la Francia si è resa inutile a sé stessa e rovinosa al genio della pittura coll'aver tolti all'Italia i capi d'opera dell'arte" (Croce, p. 296).
Nella città lombarda risiedette ancora dopo l'incoronazione di Napoleone a re d'Italia, nel 1805. Nei tre anni successivi ritornò a Parigi, dove portò a termine l'opera, Carattere de' napoletani, quadro istorico politico, scritto in Francia... (ms. inedito conservato nella Bibl. della Soc. napoletana di storia patria).
Dedicato all'arcivescovo G. Capecelatro con una lettera datata Napoli 1808, il lavoro si compone di una prefazione e di tre parti divise in capitoli. La prima composta di dieci capitoli s'intitola "Politica del gabinetto napoletano"; la seconda, costituita da tre capitoli, discute di problemi religiosi; la terza, suddivisa in due capitoli svolge il tema "Sugli effetti della politica e della religione di Ferdinando IV sui popoli del Regno di Napoli".
Alla fine del 1808, incoraggiato dal nuovo clima politico instaurato da Gioacchino Murat, il F. fece finalmente ritorno a Napoli. Il governo lo reintegrò nelle sue funzioni di docente di diritto, chiamandolo a ricoprire la cattedra presso l'università della capitale. Al F., per i suoi notevoli meriti scientifici, la comunità accademica affidò anche l'officina dei papiri ercolanesi. Gli anni dell'esilio erano stati impiegati per continuare studi e ricerche nelle più ricche biblioteche francesi e italiane. Il decennio francese costituì per il F. un periodo di serenità e di lavoro, ma con il ritorno dei Borboni nel 1815 si ripresentarono gravi problemi finanziari e morali. Allontanato da tutti gli incarichi, il F. dovette rifugiarsi a Lucera. Avendo perso tutti i beni di famiglia nella tragedia del 1819, fu costretto a vivere gli ultimi anni della propria vita in notevoli difficoltà economiche. Ignorato dalla società borghese e malvisto dalla Curia, il F. morì a Lucera il 14 febbr. 1821.
Fonti e Bibl.: Autografi degli scritti del F. - alcuni sono oggi dispersi - si conservano presso la Biblioteca nazionale e la Società napoletana di storia patria di Napoli. Una biografia del personaggio è in P. Ricciardelli, G. e O. Fiani: due vittime dei sanfedisti e dei borbonici (1799), Foggia 1983. Riferimenti sono anche in M. D'Ayala, Vite degl'italiani benemeriti della libertà..., Torino-Roma-Firenze 1883, p. 274. Per una lettura critica dei suoi scritti cfr. G. Beltrani, Un ms. inedito di O. F. da Torremaggiore sui fatti del Novantanove in Napoli, in Arch. stor. per le prov. napol., XXI (1896), pp. 397-405; B. Croce, Un patriota esuleche difende il patrimonio artistico dell'Italia, in Aneddoti di varia letteratura, III, Bari 1954, pp. 294-298. Notizia del suo volume di Opuscoli è riportata nel Catalogo del libraio Dura, Napoli 1857, p. 282. Un riferimento al suo studio su Il genio d'Italia ... è in P. Hazard, La Révolution Française et les lettres italiennes: 1789-1815, Paris 1910, pp. 150 ss. Il suo nome figura infine nelle Filiazioni dei rei di Stato asportati dai Reali Domini, Napoli 1800, p. 67.